Ricorso  per conflitto di attribuzioni della regione siciliana, in
 persona del presidente  della  giunta  regionale  Francesco  Martino,
 autorizzato  con  deliberazione  della  giunta regionale n. 88 del 16
 marzo 1994, rappresentato e difeso dagli avv.ti prof.  Valerio  Onida
 di  Milano  e Francesco Castaldi, ed elettivamente domiciliato presso
 l'avv. Gualtiero Rueca in Roma, largo della Gancia 1, coma da  delega
 a  margine  del  presente atto contro il presidente del Consiglio dei
 Ministri pro-tempore in relazione alla nota della Banca  d'Italia  in
 data 10 febbraio 1994, n. 00036497, pervenuta alla regione ricorrente
 il  15  febbraio  1994,  e  avente  ad  oggetto  "regione  siciliana.
 Competenze in materia di sportelli".
    La  regione  siciliana  ha  competenza  legislativa  ripartita,  e
 competenza  amministrativa  propria,  in  materia  di "disciplina del
 credito, delle assicurazioni e del risparmio" (art. 17,  lett.  e,  e
 art. 20 dello statuto speciale).
    Le  norme  di  attuazione  dello  Statuto  in materia di credito e
 risparmio sono state dettate con d.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133. Esse
 stabilirono fra  l'altro  che  gli  organi  regionali  esercitano  le
 attribuzioni   in   materia   di   "autorizzazione  all'apertura,  al
 trasferimento, alla sostituzione  ed  alla  chiusura  nel  territorio
 regionale".   degli   istituti   ed   aziende   di  credito  operanti
 esclusivamente  nel  territorio  regionale  (art.  2,  lett.  c,   in
 relazione  alla  lett. a), nonche' di autorizzazione all'apertura, al
 trasferimento, alla sostituzione  ed  alla  chiusura  nel  territorio
 regionale  di  sportelli  di istituti ed aziende di credito aventi la
 sede centrale in Sicilia, ma  operanti  anche  fuori  del  territorio
 regionale"  (art.  2  lett. d); e che "la richiesta di autorizzazione
 all'apertura, al trasferimento o alla  sostituzione,  nel  territorio
 della regione, di sportelli bancari di istituti di credito di diritto
 pubblico,  banche  di interesse nazionale e aziende di credito aventi
 la sede centrale fuori della regione siciliana deve essere presentata
 all'Assessorato delle finanze della regione, il quale ove non ritenga
 respingerla, la inoltra alla Banca d'Italia per  i  provvedimenti  di
 sua  competenza,  ai  sensi del regio decreto legge 12 marzo 1936, n.
 375, e successive modificazioni" (la legge  bancaria,  ora  in  larga
 parte  abrogata  e  sostituita dal testo unico delle leggi in materia
 bancaria e creditizia approvato con d.lgs 1 settembre 1993, n. 385).
    L'esercizio delle competenze della regione in materia di  apertura
 degli  sportelli  bancari  nel  territorio  regionale  e'  continuato
 pacificamente anche dopo che,  in  ottemperanza  ai  nuovi  indirizzi
 comunitari e nazionali di liberalizzazione del mercato creditizio, la
 Banca   d'Italia   detto'  nuove  disposizioni  in  base  alle  quali
 l'apertura  di  nuovi  sportelli  non  veniva  piu'  subordinata   al
 preventivo  rilascio  di  un'autorizzazione, ma era consentita a meno
 che la Banca d'Italia stessa non intervenisse  con  un  provvedimento
 sospensivo (c.d. silenzio-assenso).
    In  piena  conformita' con tali disposizioni della Banca d'Italia,
 anche la regione ricorrente emano' analoghe  disposizioni  (circolare
 dell'Assessore per il Bilancio e le finanze in data 16 novembre 1990,
 n.  303811) le quali disciplinavano la competenza della regione sia a
 sospendere l'esecuzione delle  iniziative  per  l'apertura  di  nuovi
 sportelli assunte dalle banche operanti esclusivamente nel territorio
 regionale  o  aventi  sede centrale in Sicilia (ai sensi dell'art. 2,
 lett. c e lett. d del d.P.R. n. 1133 del 1952: cfr. punti 2 e 3 della
 citata circolare 16 novembre 1990),  sia  a  sospendere  l'esecuzione
 delle  iniziative  per  l'apertura  di  nuovi  sportelli delle banche
 aventi sede centrale fuori della  regione,  in  via  concorrente  con
 l'analogo  potere  di sospensione spettante in questi casi alla Banca
 d'Italia (ai sensi dell'art. 6 del d.P.R. n. 1133 del 1952:  cfr.  il
 punto 4 della citata circolare del 16 novembre 1990).
    Il  sistema  delle  competenze  non  e' mutato nemmeno dopo che il
 d.lgs 14 dicembre 1992, n. 481, sulla base della delega in  cui  agli
 artt. 1 e 25, primo comma, della legge 19 febbraio 1992, n. 142, ebbe
 dettato  una  nuova  disciplina  della  materia,  in base alla quale,
 portandosi   a   compimento   il   processo    di    liberalizzazione
 dell'attivita'  bancaria,  lo  stabilimento  di  succursali  di  enti
 creditizi nazionali e' generalmente consentito ma la  Banca  d'Italia
 puo'  vietare tale stabilimento "per motivi attinenti all'adeguatezza
 delle  strutture  organizzative  o  della   situazione   finanziaria,
 economica   e  patrimoniale  degli  enti",  con  obbligo  degli  enti
 creditizi di attenersi alle procedure indicate nelle istruzioni della
 Banca d'Italia (art. 13, primo comma 1, d.lgs n. 481/1992).
    Anche per tutto l'anno 1993 (il d.lgs n. 481 del 1992  e'  entrato
 in  vigore  il  1  gennaio  1993, ai sensi dell'art. 50 del medesimo)
 l'apertura di nuovi sportelli delle banche aventi sede in Sicilia  ha
 continuato  ad  essere  attuata  nell'osservanza  delle  disposizioni
 regionali, e le relative procedure hanno continuato  pacificamente  a
 far   capo  all'amministrazione  regionale,  cui  la  Banca  d'Italia
 trasmetteva il proprio parere: come  risulta  dai  documenti  che,  a
 titolo esemplificativo, si producono in questa sede.
    A  seguito  dell'entrata  in vigore del d.lgs 1 settembre 1993, n.
 385, contenente il nuovo testo unico delle leggi in materia  bancaria
 e  creditizia,  emanato  sulla  basa  della delega di cui all'art. 25
 secondo comma, della legge n. 142/1992 - entrata in  vigore  avvenuta
 il  1  gennaio  1994,  ai  sensi  dell'art.  162 dello stesso decreto
 legislativo  -  la  Banca  d'Italia  ha  ora  inviato  alla   regione
 ricorrente  la  nota  10 febbraio 1994, qui impugnata, nella quale si
 ricorda che l'art. 13 del d.lgs n.  481/1992  ha  "ridisciplinato  la
 materia  dell'apertura  di  succursali in armonia con il principio di
 liberta' di stabilimento" e che "le relative disposizioni  hanno  poi
 trovato  definitiva  sistemazione  nell'art.  15 del testo unico"; si
 sostiene che  "nel  nuovo  contesto  normativo  non  e'  previsto  il
 rilascio  di provvedimenti autorizzativi", ma "alla Banca d'Italia e'
 peraltro attribuito il potere di vietare  lo  stabilimento  di  nuove
 succursali   solo   per   motivi   di   vigilanza,   cioe'  attinenti
 all'adeguatezza delle  strutture  organizzative  o  della  situazione
 finanziaria,  economica  e patrimoniale delle banche interessate"; si
 rileva che l'art. 159 del testo unico  "ribadisce  il  principio  che
 nell'ambito   dell'intero  territorio  nazionale  le  valutazioni  di
 vigilanza sono riservate alla Banca d'Italia e precisa, tra  l'altro,
 che  la  disposizioni dell'art. 15 in materia di sportelli bancari e'
 inderogabile e prevale sulle disposizioni contrarie gia' emanate"; in
 relazione e tutto cio', prosegue la nota, "si ritiene, doverosamente,
 che siano da considerare superate le  attribuzioni  finora  spettanti
 alla  regione  a statuto speciale in materia di sportelli"; e che "di
 conseguenza, anche le banche  operanti  in  tali  regioni  dovrebbero
 d'ora   innanzi   avere  la  possibilita'  di  procedere  liberamente
 all'apertura   di   nuove   dipendenze,    salvo    che    sussistono
 controindicazioni  di vigilanza". Conclusivamente si fa presente "che
 la Banca d'Italia non  potra'  piu',  per  il  futuro,  provvedere  a
 fornire il consueto parere tecnico a codesta regione, ma intratterra'
 direttamente  le  banche  interessate all'apertura di nuovi sportelli
 ove ritenga di  esercitare  il  potere  di  veto  attribuitole  dalla
 legge".  La  riportata  nota, ad avviso della regione ricorrente, da'
 pero'  un'interpretazione  errata  del   sistema   costituzionale   e
 legislativo,   e   risulta   pertanto   illegittima  e  lesiva  delle
 attribuzioni spettanti alla regione ai sensi dello  statuto  e  delle
 norme di attuazione, per i seguenti motivi di
                             D I R I T T O
    Violazione  dell'art. 17, lett. e), dello statuto speciale e degli
 artt. 2, lett. c) e d), e 6, delle norme  di  attuazione  di  cui  al
 d.P.R.  27 giugno 1952, n. 1133, in relazione agli artt. 15 e 159 del
 d.lgs 1 settembre 1993, n. 385.
    Come si e' ricordato, la Banca  d'Italia,  nella  nota  impugnata,
 muove  dalla  premessa  che  le  competenze  regionali  in materia di
 sportelli bancari siano "superate" a seguito dell'entrata  in  vigore
 del nuovo testo unico approvato con il d.lgs n. 385/1993, onde "d'ora
 innanzi"  in  questa  materia  dovrebbe esercitarsi esclusivamente il
 diritto di veto della Banca d'Italia medesima, la quale  "non  potra'
 piu', per il futuro" fornire invece pareri alla regione.
    Ma  l'art. 15, primo comma, del testo unico, secondo cui le banche
 italiane  possono   stabilire   succursali   nel   territorio   della
 Repubblica, ma "la Banca d'Italia puo' vietare lo stabilimento di una
 nuova succursale per motivi attinenti all'adeguatezza delle strutture
 organizzative   o   della   situazione   finanziaria,   economica   e
 patrimoniale della banca", non costituisce, su questo punto,  che  la
 letterale  riproduzione  di  quanto  gia'  disponeva  l'art. 13 primo
 comma, del d.lgs n. 481/1992.
    Se fosse dunque vero che tale disposizione abbia la portata di far
 venir meno le competenze regionali in materia di  sportelli,  non  si
 comprenderebbe  perche'  fino ad oggi, e pur nel vigore di detto art.
 13 del d.lgs n. 481/1992, tali  competenze  invece  non  siano  state
 affatto  ritenute  "superate",  e  anzi  abbiano continuato ad essere
 esercitate pacificamente.
    In realta' l'art. 15 del testo unico (come gia' il  corrispondente
 art.  13  del  d.lgs  n.  481/1992)  non  consente per nulla siffatta
 interpretazione.
    Esso si limita a trasformare il vecchio potere di "autorizzazione"
 all'apertura  di  sportelli  - gia' esercitato, da ultimo, sulla base
 delle  disposizioni  regionali,  nella  forma  del  silenzio-assenso,
 dunque  in  regime  di sostanziale liberalizzazione - in un potere di
 vietare lo stabilimento delle nuove succursali, per gli stessi motivi
 - o quanto meno per alcuni dei motivi - per  i  quali  in  precedenza
 poteva   essere   negata   l'autorizzazione   o  essere  disposta  la
 "sospensiva" che impediva la formazione del silenzio assenso.
    Cio' che e' cambiato, con l'attuazione  delle  norme  comunitarie,
 non   e'  tanto  ne'  principalmente  la  procedura  da  seguire  per
 l'apertura di nuovi  sportelli,  che  vede  pur  sempre  l'intervento
 necessario   dell'autorita'   pubblica   in  funzione  di  controllo,
 autorita'  alla  quale  le  iniziative  di  apertura  debbono  essere
 comunicate,  e  che ha il potere di vietarle. Cio' che e' cambiato e'
 il  contenuto  e  l'ambito  del  potere   esercitato   dall'autorita'
 pubblica,  che,  in  coerenza  con  il  nuovo  regime  dell'attivita'
 bancaria,  vede  espressamente  limitate  le  ragioni   che   possono
 giustificare  il  provvedimento  negativo,  e  non  puo'  piu' essere
 esercitato come potere largamente discrezionale in nome di  interessi
 pubblici indifferenziati o genericamente individuati.
    Ma la sostanza e la portata del potere non cambiano. Si tratta pur
 sempre di un potere attribuito all'autorita' pubblica per controllare
 l'insediamento delle imprese bancarie onde verificare che esso non si
 svolga  in  contrasto  con  gli  interessi pubblici che nella materia
 debbono  essere  salvaguardati,  e  attinenti  all'affidamento  della
 clientela,  alla  solidita', al buon ordine e alla "buona salute" del
 sistema delle imprese creditizie operanti sul mercato.
    Tra il vecchio potere autorizzativo e il nuovo potere  di  divieto
 non  esiste  dunque  una  radicale  differenza di natura, tale da far
 ritenere che al secondo non possa applicarsi il sistema di riparto di
 competenze che caratterizzava il primo; sussiste solo una differenza,
 per cosi' dire, quantitativa, nel senso della minore  intensita'  del
 potere    di    divieto   rispetto   a   quello   di   autorizzazione
 preventivamente.
    Del resto anche il potere di autorizzazione, quando si esplica nei
 confronti  di  attivita'   dei   privati   oggetto   della   garanzia
 costituzionale  e  comunitaria  di  liberta' di impresa, non e' e non
 puo' essere potere latamente discrezionale di  consentire  o  di  non
 consentire,   per   qualunque   motivo   di  pubblico  interesse,  lo
 svolgimento di  dette  attivita'.  Esso  puo'  esercitarsi  in  senso
 negativo,  cioe'  attraverso  un  diniego  di  autorizzazione, solo a
 seguito di  una  motivata  determinazione  dell'autorita',  la  quale
 riscontri  in  concreto una ragione di impedimento riconducibile agli
 interessi pubblici tipizzati dalle norme che disciplinano il settore.
    Lo stesso accade, in forma diversa,  quando  l'autorita'  non  sia
 piu' chiamata a rilasciare una preventiva autorizzazione, ma abbia un
 potere di vietare l'attivita'.
    Cio'  vale  a  dimostrare la perfetta omogeneita' che sussiste fra
 siffatti poteri  di  autorizzazione  e  di  divieto:  questo  secondo
 costituisce solo una forma diversa attraverso la quale possono essere
 fatti valere i medesimi interessi pubblici.
    Anche   sul   piano   degli  effetti  giuridici,  fra  diniego  di
 autorizzazione e provvedimento di divieto non sussiste  una  radicale
 differenza.
    In entrambi i casi sussiste una preesistente situazione di diritto
 del privato, che pero' nel primo caso non puo' esercitarsi fino a che
 non   intervenga   l'autorizzazione,   nel   secondo  caso  non  puo'
 esercitarsi quando intervenga il divieto.
    Questa sostanziale omogeneita' delle situazione, sotto il  profilo
 della  configurazione  sostanziale dei poteri autoritativi, emerge in
 ancora piu' chiara luce se si considera' l'ipotesi in cui  il  potere
 autorizzatorio  -  come e' avvenuto anche nella materia in esame - si
 esercita nella forma  del  c.d.  silenzio-assenso.  In  questo  caso,
 sostanzialmente,  il  privato  che  chiede  l'autorizzazione si trova
 nella stessa situazione di chi sia soggetto a un potere  di  divieto:
 sa che entro un determinato lasso di tempo prestabilito potra' essere
 emesso un provvedimento interdittivo dell'autorita'.
    La  omogeneita'  sostanziale,  e la relativa intercambialita', del
 regime autorizzatorio, di quello del "silenzio-assenso" e  di  quello
 del possibile divieto, risultano nel modo piu' esplicito, ad esempio,
 nella  disciplina  dettata  dagli  artt. 19 e 20 della legge 7 agosto
 1990, n. 241, in tema di semplificazione dell'azione  amministrativa.
 L'art.  19  prevede  che  i  regolamenti  determinino  "i casi in cui
 l'esercizio di un'attivita' privata, subordinata  ad  autorizzazione,
 licenza,  abilitazione, nulla osta, permesso o altro atto di consenso
 comunque denominato, puo' essere intrapreso  su  denunzia  di  inizio
 dell'attivita'  stessa  da parte dell'interessato all'amministrazione
 competente",  spettando  a  quest'ultima  "verificare  d'ufficio   la
 sussistenza  dei  presupposti  e  dei  requisiti di legge richiesti e
 disporre, se del caso, con  provvedimento  motivato,  il  divieto  di
 prosecuzione  dell'attivita' e la rimozione dei suoi effetti"; l'art.
 20 a sua volta prevede che i regolamenti determinino "i casi  in  cui
 la  domanda di rilascio di una autorizzazione, licenza, abilitazione,
 nulla osta, permesso o altro atto di  consenso  comunque  denominato,
 cui  sia  subordinato  lo  svolgimento  di  un'attivita'  privata, si
 considera accolta qualora non  venga  comunicato  all'interessato  il
 provvedimento di diniego entro il termine fissato".
    Come  si  vede,  lo  stesso  interesse  pubblico,  nell'ambito del
 medesimo procedimento, puo' essere curato vuoi attraverso  l'istituto
 dell'autorizzazione,   vuoi   attraverso  quello  dell'autorizzazione
 tacita per silenzio-assenso, vuoi attraverso l'istituto  dell'obbligo
 di comunicazione e dell'eventuale divieto.
    Orbene,  cio' che e' accaduto nel caso dell'arpertura di sportelli
 bancari e' precisamente il passaggio da un regime  di  autorizzazione
 espressa ad uno di autorizzazione tacita per silenzio-assenso, ed ora
 ad  un  regime  di potesta' di divieto per ragioni determinate: ma si
 tratta sempre di poteri autoritativi  conferiti  per  la  cura  degli
 interessi pubblici ritenuti prevalenti nel settore.
    Dunque,  se  le  norme statutarie e di attuazione conferiscono, in
 determinate ipotesi, alla  regione  il  potere  di  autorizzare,  dal
 momento  in  cui  tale potere si e' trasformato in potere di vietare,
 questo non puo' che spettare alla stessa regione.
    Se la regione, in altri termini, era competente  a  esercitare  il
 potere "maggiore" di autorizzare, non puo' essere competente anche ad
 esercitare  il  potere  "minore"  - in esso logicamente compreso - di
 vietare l'attivita'.
    L'interpretazione  affermata  dalla  Banca  d'Italia comporterebbe
 d'altronde  il  completo  venir  meno  di  una  competenza  regionale
 espressamente contemplata dallo statuto e dalle norme di attuazione.
    Ora,  prima di attribuire alla legge statale una siffatta portata,
 un corretto criterio  interpretativo,  ispirato  al  principio  della
 conservazione dei valori giuridici magis ut valeat, e all'esigenza di
 dare  alle leggi un significato conforme alla Costituzione, impone di
 domandarsi se non sia un'altra l'interpretazione esatta,  quella  che
 consente  di  rispettare l'ordine delle competenze costituzionalmente
 stabilito.
    Tale  e'  l'interpretazione  -   l'unica   corretta,   ad   avviso
 dell'esponente  - che comporta l'esercizio da parte della Regione del
 potere di divieto in questione, nei casi, e  con  le  modalita'  e  i
 raccordi,  previsti  dalle  norme  di attuazione dello Statuto che si
 riferiscono alla autorizzazione all'apertura degli sportelli.
    Del resto, sul piano letterale, non si puo' non  rilevare  che  le
 competenze    attribuite    alla    Regione   concernono   non   solo
 l'autorizzazione all'apertura, ma anche la  "chiusura"  di  sportelli
 bancari (art. 2, lett. c e d, d.P.R. n. 1133/1952). Ora, il potere di
 "vietare lo stabilimento di una nuova succursale", previsto dall'art.
 15  del  testo  unico,  se  per  un verso e' del tutto assimilabile e
 compreso in quello di autorizzare l'apertura, per altro verso, ove si
 esercitasse dopo l'avvenuta apertura, si configurerebbe  propriamente
 come provvedimento di chiusura dello sportello.
    In  altri termini le norme di attuazione chiaramente attribuiscono
 alla regione la competenza  per  qualsiasi  provvedimento  idoneo  ad
 incidere   sulla   possibilita'   per  la  banca  di  esercitare  una
 succursale.
    Sotto  ogni  profilo,  dunque,  il  potere   in   questione   deve
 riconoscersi di competenza della regione.
    Sostiene   la   Banca   d'Italia  che  il  potere  di  vietare  lo
 stabilimento di nuove succursali puo'  essere  esercitato  "solo  per
 motivi  di  vigilanza",  e  che le valutazioni di vigilanza, ai sensi
 dell'art. 159, primo comma, del  testo  unico,  sono  riservate  alla
 Banca    d'Italia.    Nell'intendimento    della    Banca   d'Italia,
 evidentemente, i motivi per i quali puo' essere esercitato il  potere
 di  divieto  coinciderebbero  senza  residui  con  le  valutazioni di
 vigilanza strettamente riservate alla Banca d'Italia stessa.  Ma  non
 e' cosi'.
    L'interesse  pubblico  a  garantire  la "sana e prudente gestione"
 delle banche non si esaurisce negli interessi per i quali alla  Banca
 d'Italia   e'  affidata  la  specifica  vigilanza  sull'attivita'  di
 raccolta del risparmio e di esercizio del credito.
    Tanto e' vero che lo stesso testo unico, il  quale  configura  una
 serie  di  poteri  pubblicistici esercitati sulle banche e diretti ad
 assicurare  appunto  la  "sana  e  prudente  gestione"  del   sistema
 bancario,  per  vari  di  questi poteri prevede espressamente un loro
 esercizio da parte delle regioni aventi  attribuzioni  statutarie  in
 materia, sia pure previo parere della Banca d'Italia espresso "a fini
 di vigilanza" (art. 159, secondo comma): e' il caso del provvedimento
 di   autorizzazione   all'attivita'  bancaria  (art.  14,  comma  2),
 dell'accertamento di compatibilita'  delle  modificazioni  statutarie
 (art.  56,  primo  comma),  dell'autorizzazione  alle funzioni e alle
 scissioni alle quali prendono parte banche (art. 57, primo comma).
    Si   tratta  infatti  di  provvedimenti  che  attengono  non  solo
 all'attivita' bancaria, anche se  hanno  riflessi  su  di  essa,  ma,
 ancora  prima, all'ordinamento del credito e cioe' ai soggetti e alla
 loro organizzazione. E, come e'  noto,  proprio  all'ordinamento  del
 credito si riferiscono per lo piu' le competenze attribuite in questa
 materia  alle  Regioni  a  statuto speciale (la regione siciliana ha,
 piu' ampiamente, competenza in materia di "disciplina del  credito  e
 .. del risparmio": art. 17, lett. e dello statuto).
    Orbene,  anche  il  potere  di vietare l'apertura di succursali si
 esercita non solo e non tanto in funzione di vigilanza sull'attivita'
 bancaria,   quanto   soprattutto    in    funzione    di    controllo
 sull'adeguatezza dei soggetti e della loro organizzazione.
    Cio'  e'  testualmente  confermato  dall'art. 15, primo comma, del
 testo unico il quale prevede che il divieto possa essere  pronunciato
 "per motivi attinenti all'adeguatezza delle strutture organizzative o
 della situazione finanziaria, economica e patrimoniale della banca.
    E'  dunque  palese  che  non  solo motivi attinenti alla vigilanza
 sull'attivita' bancaria, di competenza della Banca d'Italia, ma anche
 altri  motivi,  attinenti  agli  interessi  cui  e'  finalizzato   il
 controllo  pubblicistico  del  sistema  del credito e dei soggetti in
 esso operanti, pur dopo il  processo  di  liberalizzazione  innescato
 dalle norme comunitarie.
    Che  poi  l'art.  159  del  testo  unico  dichiari inderogabile, e
 prevalente sulle disposizioni contrarie gia' emanate, la disposizione
 dell'art. 15 (come gia', del  resto,  l'art.  46,  terzo  comma,  del
 decreto  legislativo  n.  481  del  1992  dichiarava  inderogabile  e
 prevalente sulle contrarie  disposizioni  gia'  emanate  quella,  fra
 l'altro,  dell'art.  13 dello stesso decreto, corrispondente all'art.
 15 del testo unico),  non  puo'  avere  alcun  rilievo  ai  fini  del
 problema qui discusso.
    Il problema non e' infatti quello dell'applicabilita' o meno della
 disciplina di cui all'art. 15, cui il legislatore regionale - che sta
 per  dare  attuazione  per  l'ambito  della  propria  competenza alla
 direttiva CEE n. 98/646, ai sensi  dell'art.  46,  primo  comma,  del
 decreto  legislativo  n.  481 del 1992 e dell'art. 159, quarto comma,
 del testo unico  -  dovra'  conformarsi;  ma  e'  solo  quello  della
 competenza a esercitare i poteri amministrativi nelle materie e sugli
 oggetti  che  le  norme statutarie e di attuazione attribuiscono alla
 regione.
    Fra questi poteri non  puo'  ritenersi  incluso  anche  quello  di
 vietare  lo stabilimento di nuove succursali secondo la previsione di
 cui all'art. 15 del testo unico.  Il potere di divieto per le ragioni
 di cui a detto art. 15 dovra' dunque essere esercitato, per le banche
 aventi sede in Sicilia, dalla regione, ai sensi dell'art. 2,  lettere
 c) e d), del d.P.R. n.  1133/1952, col parere tecnico che nell'ambito
 e  per  i  fini  della  propria attivita' di vigilanza sull'attivita'
 bancaria la Banca d'Italia continuera' ad esprimere, anche  ai  sensi
 dell'art.  3  dello  stesso  d.P.R.  n.  1133/1952.    Per quanto poi
 riguarda le altre banche, in ordine allo stabilimento  di  succursali
 nel  territorio  della  regione siciliana dovra' continuare a trovare
 applicazione - mutatis mutandis - l'art.  6 delle norme di attuazione
 di cui al d.P.R. n. 1133/1952; onde  le  comunicazioni  delle  banche
 dovranno  pervenire anche alla regione, la quale potra' esercitare il
 medesimo potere di divieto, che potra' essere altresi' esercitato, in
 via concorrente, da parte della Banca d'Italia, anche nei casi in cui
 la  regione non abbia ritenuto di esercitarlo. Infatti il citato art.
 6 prevede che sia la regione che la  Banca  d'Italia  abbiano  poteri
 impeditivi in ordine all'apertura di nuovi sportelli di tali banche.
    Si  tratta,  in definitiva, di una materia nella quale le norme di
 attuazione  gia'   apprestano   gli   strumenti   di   una   efficace
 collaborazione  fra  Regione  e  organi centrali, in ispecie la Banca
 d'Italia, e in cui quindi non puo' verificarsi nemmeno di fatto alcun
 rischio di scoordinamento ne' di conflitto.
    Non vi e' ragione  alcuna,  dunque,  che  possa  giustificare  una
 indebita   sottrazione   alla   regione   di   attribuzioni  ad  essa
 costituzionalmentespettanti.