LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha  emesso  la seguente ordinanza sul ricorso n. 91/550 presentato
 l'8 febbraio 1991 da  Federico  Giovanni  residente  in  Taviano  via
 Regina Margherita n. 73 contro l'Intendenza di finanza di Lecce.
                              R I L E V A
    Il  dott. Federico Giovanni  ricorre  contro  il  silenzio rifiuto
 opposto sall'Intendenza di finanza in merito ad una  sua  istanza  di
 riliquidazione  della  tassazione  dell'indennita'  in c/capitale del
 fondo generici corrispostagli dall'ENPAM.
    Lamenta che l'intera indennita' - compresa quella  parte  maturata
 con  i  contributi a suo carico e pari al 35% dell'intero - sia stata
 assoggettata  a  ritenuta  d'acconto   sebbene   per   questa   parte
 l'indennita' sia esente da tassazione.
   L'Intendenza    di    finanza    si   e'   limitata   ad   eccepire
 l'inammissibilita' del  ricorso  sul  presupposto  che  all'eventuale
 rimborso   si   dovrebbe   eventualmente  provvedere  all'atto  della
 dichiarazione dei redditi  ai  sensi  dell'art.  36-  bis  d.P.R.  n.
 600/1973 da parte del competente centro di servizio.
    E'  un  dato  pacifico  (risulta  del  resto  dalla documentazione
 prodotta)  che  l'intera   indennita'   corrisposta   al   ricorrente
 dall'ENPAM  e'  stata  assoggettata  a  ritenuta d'acconto e che alla
 formazione di tale  indennita'  concorrono,  nella  misura  del  35%,
 contributi previdenziali che fanno carico al lavoratore.
    L'eccezione  dell'amministrazione  (che cioe' debba attendersi - a
 pena di inammissibilita' - la liquidazione definitiva  da  parte  del
 competente  centro di servizio dell'imposta dovuta sull'indennita' di
 che trattasi) non e' fondata. Infatti - se fosse fondata la tesi  del
 ricorrente,  secondo  cui  una  parte dell'indennita' fosse esente da
 imposizione - e' evidente che per questa  stessa  parte  l'indennita'
 non sarebbe neppure soggetta a ritenuta.
    Si  tratta  allora di stabilire se compete la detrazione richiesta
 dal ricorrente, giusta i principi  affermati  -  con  riferimento  al
 lavoro  dipendente  -  dalla  sentenza  della Corte costituzionale n.
 178/1986 recepiti dal legislatore  ordinario  nel  d.l.  n.  70/1988
 convertito  in  legge n. 154/1988 riguardante "il trattamento di fine
 rapporto e le altre  indennita'  equipollenti  comunque  denominate",
 spettanti pero' ai lavoratori dipendenti ed assimilati.
    Alla  stregua  della  legislazione vigente tale quesito va risolto
 negativamente.
    Infatti il criterio di calcolo previsto dall'art. 17 del d.P.R. n.
 917/1986  e  successive  modifiche,  nel  testo  risultante  dopo  la
 modifica  introdotta con d.l. n. 70/1988 - che prevede la detrazione
 di cui innanzi - riguarda solo i lavoratori dipendenti ed  assimilati
 (giusta  l'individuazione  contenuta  nel  successivo  art. 47) e non
 quindi i lavoratori autonomi cui si applicano invece gli articoli  16
 e   18  stesso  decreto  che  a  loro  volta  non  prevedono  analoga
 detrazione.
    Senonche' la vigente disciplina appare in contrasto col  principio
 di uguaglianza stabilito dall'art. 3 della Costituzione.
    Da   tempo  ormai  la  posizione  del  lavoratore  autonomo  senza
 organizzazione di impresa e' assimilata a vari fini, e principalmente
 ai fini fiscali, a quella del lavoratore dipendente tanto piu' quando
 la prestazione del lavoratore autonomo si ricollega  ad  un  rapporto
 (ed  e'  indubbiamente  tale  quella del medico generico del servizio
 sanitario nazionale) di collaborazione coordinata e continuativa.
    D'altra parte le ragioni individuate  dalla  Corte  costituzionale
 nella   citata  sentenza  n.  178/1986  con  riguardo  ai  lavoratori
 dipendenti sussistono  tutte  anche  con  riferimento  ai  lavoratori
 autonomi  che  concorrono  con contributi previdenziali a loro carico
 alla formazione dell'indennita' di fine rapporto.
    Data l'evidente rilevanza nel presente giudizio della  prospettata
 questione  di  legittimita'  costituzionale,  la  stessa  deve essere
 sollevata d'ufficio.