ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 206, secondo
 comma, del r.d. 16 marzo  n.  267  (Disciplina  del  fallimento,  del
 concordato   preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della
 liquidazione coatta amministrativa), promosso con ordinanza emessa il
 22/4-13/5/1993 dal Tribunale amministrativo regionale del  Lazio  sul
 ricorso  proposto da Maiocco Gianfranco, in proprio e nella qualita',
 contro il Ministero dell'Industria, Commercio e Artigianato ed altri,
 iscritta al n. 778 del registro ordinanze  1993  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  3,  prima serie speciale,
 dell'anno 1994.
    Visti gli atti di costituzione di Maiocco Gianfranco, in proprio e
 nella qualita', della s.p.a. Barclays Financial Service Italia  e  di
 Pandiani  Luciano,  nonche'  l'atto  di intervento del Presidente del
 Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 1994 il Giudice  relatore
 Renato Granata;
    Uditi  l'avv.  Marcello  Adornato  per  Maiocco Gianfranco, l'avv.
 Giuliano Berruti per la s.p.a.  Barclays  Financial  Service  Italia,
 l'avv.  Alberto  Jorio  per Pandiani Luciano e l'Avvocato dello Stato
 Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  A  seguito  di  ricorso  di   Maiocco   Gianfranco,   quale
 amministratore  e socio accomandatario della societa' SICMU s.a.s. di
 G.  Maioco   &   C.   in   amministrazione   straordinaria,   diretto
 all'annullamento  del  decreto  del 2 agosto 1991 con cui il Ministro
 dell'industria, commercio e artigianato  autorizzava  il  commissario
 straordinario  della  societa'  suddetta a transigere le controversie
 pendenti nei confronti del Gruppo  Barclays  accettando  la  proposta
 transattiva  formulata  dalla  Barclays  Bank  - ricorso fondato (tra
 l'altro) sulla doglianza, espressa  dal  ricorrente,  di  non  essere
 stato messo a conoscenza dell'operazione, se non successivamente alla
 sua   definizione  -  l'adito  T.A.R  del  Lazio  ha  sollevato,  con
 riferimento agli  artt.  3  e  24  Cost.,  questione  incidentale  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  206,  comma 2, r.d. 16 marzo
 1942 n. 267 (legge fallimentare) in via  principale  nella  parte  in
 cui,  nel  precisare  la procedura da seguire per il compimento degli
 atti indicati nell'art. 35 l. fall., non  prevede  nel  suo  contesto
 anche  l'audizione  del  debitore; in via subordinata, nella parte in
 cui, nel richiamare l'art. 35 cit. per  l'individuazione  degli  atti
 cui  applicare  la procedura prevista dal medesimo art. 206, comma 2,
 non prevede altresi'  il  richiamo  dell'ultimo  comma  dell'art.  35
 stesso.
   In    particolare    il    tribunale    rimettente    -   affermata
 pregiudizialmente la propria giurisdizione e respinta preliminarmente
 l'eccezione di inammissibilita' sollevata dalla difesa della societa'
 Barclays,  costituita  in  giudizio,  sul  rilievo   che   l'avvenuta
 esecuzione  della  transazione  non  escludeva  che la stessa potesse
 essere  privata  ex  tunc  del  relativo  fondamento  giuridico   con
 conseguente piena efficacia ripristinatoria della situazione qua ante
 -  osserva  nel merito che la doglianza del ricorrente avrebbe dovuto
 ritenersi infondata giacche' la normativa vigente non prescrive,  per
 atti quali la transazione stipulata dal commissario straordinario, la
 previa  audizione dell'amministratore della societa' in liquidazione.
 Infatti il rinvio operato dall'art. 206 l. fall. al  precedente  art.
 35  riguarda  unicamente  la  determinazione degli atti da sottoporre
 alla relativa procedura, con  esclusione  quindi  della  disposizione
 dell'ultimo comma dell'art. 35 stesso, che (per un serie di atti, tra
 cui la transazione, compiuti dal curatore fallimentare nell'ordinaria
 procedura  fallimentare)  prevede  che venga sentito ove possibile il
 fallito.
    Ma in tale parte l'art. 206, comma 2, cit. contrasta con gli artt.
 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede nel suo contesto, per il
 compimento degli atti ivi indicati, anche  l'audizione  del  debitore
 (sottoposto a liquidazione coatta amministrativa o ad amministrazione
 straordinaria).  In  particolare  il T.A.R. rimettente richiama la de
 cisione di questa Corte (n. 181 del 1987),  con  la  quale  e'  stata
 dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 209, comma 1, l.
 fall.,   applicato  all'amministrazione  straordinaria  delle  grandi
 imprese in crisi, nella parte in cui non prevede  che  l'imprenditore
 individuale  o  gli  amministratori  della  societa'  o della persona
 giuridica soggetti ad amministrazione straordinaria siano sentiti dal
 commissario con riferimento alla formazione dello stato  passivo.  La
 ratio   sulla   quale   e'   stato  ritenuto  fondato  il  dubbio  di
 incostituzionalita' dell'art. 209, comma 1, puo' riproporsi - secondo
 il TAR rimettente - anche  nei  confronti  dell'art.  206,  comma  2,
 essendo  del tutto irragionevole che l'imprenditore individuale o gli
 amministratori della societa' in  amministrazione  straordinaria  deb
 bano essere sentiti dal Commissario per quanto concerne la formazione
 dello  stato  passivo (tra cui rientra l'elenco dei crediti ammessi o
 respinti) e non lo debbano essere, invece, per  il  compimento  degli
 atti  di  cui all'art. 35 l. fall., mediante i quali si puo' incidere
 parimenti sull'ammissione o meno di crediti. Inoltre la  prescrizione
 che  solo  il fallito debba essere previamente sentito nell'ordinaria
 procedura fallimentare, seppur "in quanto possibile" ( ex art. 35, u.
 co.), comporta anche una irragionevole disuguaglianza tra debitori in
 relazione al tipo  di  procedura  concorsuale,  se  quella  ordinaria
 fallimentare  o  quella  di liquidazione coatta amministrativa (a cui
 l'amministrazione  straordinaria  e'   sostanzialmente   equiparata).
 Altresi' appare ingiustificata la mancata partecipazione in ogni caso
 alla  relativa  procedura  di  detti soggetti, quando ormai anche per
 procedimenti di modesta entita' economica viene assicurato il diritto
 degli interessati a parteciparvi (v. art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241).
 Sotto altro profilo poi la mancata possibilita' a favore del debitore
 (sottoposto a liquidazione coatta amministrativa o ad amministrazione
 straordinaria)  di  esporre  le  proprie  ragioni  in  occasione  del
 compimento   degli   atti  di  cui  all'art.  35  l.  fall.  viene  a
 compromettere in modo rilevante anche la  tutela  giurisdizionale  ex
 art.  24  Cost.  giacche',  qualora  tali  ragioni fossero esposte, i
 relativi organi della procedura potrebbero operare una piu' ponderata
 valutazione della proposta transattiva e  della  sua  convenienza  in
 relazione ai vari interessi da tener presenti.
    In  via  subordinata  ritiene  poi il T.A.R. rimettente che l'art.
 206, 2 comma, contrasti con gli evocati parametri nella parte in  cui
 richiama  il precedente art. 35 solo per la individuazione degli atti
 cui e' applicabile la procedura, senza  prevedere  anche  l'audizione
 del  fallito  o  debitore  in  quanto possibile, cosi' come contempla
 l'ultimo comma di quest'ultima disposizione. E' infatti irragionevole
 una maggior tutela del fallito nella procedura  ordinaria  (sia  pure
 nei  limiti  di  cui all'art. 35, ultimo comma, l. fall.) rispetto al
 debitore  sottoposto  a  liquidazione  coatta  amministrativa  o   ad
 amministrazione  straordinaria richiedendosi per tutti il presupposto
 comune dello stato di insolvenza.
    La questione e' rilevante - precisa infine  il  TAR  rimettente  -
 anche  perche'  non e' condivisibile l'orientamento giurisprudenziale
 secondo cui  la  mancata  audizione  del  fallito  non  incide  sulla
 validita'  dell'eventuale  transazione  non  di  meno  stipulata  dal
 curatore  fallimentare,  essendo  invece   preferibile   la   diversa
 interpretazione  secondo cui l'autorita' preposta alla procedura deve
 valutare se l'audizione del fallito  sia  possibile  e,  qualora  sia
 mancata ogni valutazione o sia stata omessa tale audizione nonostante
 il  risultato  positivo  della relativa valutazione, l'autorizzazione
 che ne sia seguita e' invalida.
    2. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo
 che la questione sia dichiarata inammissibile od infondata.
    Innanzi tutto l'Avvocatura ritiene che il ricorrente Maiocco - che
 ha  proposto  ricorso  "in  proprio  e  quale  amministratore e socio
 accomandatario della s.a.s. SICMU di G. Maiocco & C."  -  non  e'  in
 realta'  legittimato  a  rappresentare  la  societa',  come organo in
 carica della stessa  in  quanto  questa  e'  rappresentata  solo  dal
 commissario. Ne' residua la legittimazione in proprio in quanto socio
 accomandatario responsabile per i debiti della societa' non avendo lo
 stesso Maiocco addotto tale ragione di legittimazione.
    Inoltre il Maiocco non puo' dolersi (perche' affatto estraneo) del
 fatto  che  la s.a.s. Sicmu (gia' sottoposta a procedura fallimentare
 prima ancora che ad amministrazione  straordinaria)  abbia  transatto
 una  controversia  con  la  Barclays  Bank  relativa alla revocatoria
 azionata  dal  curatore  dell'anteriore  fallimento  in   quanto   le
 revocatorie  fallimentari  sono  esperite  non  certo a vantaggio del
 fallito (e men che mai degli  ex  amministratori  o  dei  soci  della
 societa'   fallita),   bensi'   esclusivamente  nell'interesse  della
 amministrazione fallimentare (o  straordinaria)  e  della  massa  dei
 creditori.  Infine  -  come  ulteriore  profilo di inammissibilita' -
 l'Avvocatura censura l'ordine logico in cui sono state  esaminate  le
 censure  mosse  dal ricorrente nei confronti dell'atto autorizzatorio
 impugnato  perche'  il  TAR  rimettente  avrebbe  dovuto  va   lutare
 preliminarmente   il  secondo  motivo  del  ricorso  (attinente  alla
 convenienza della transazione) e non gia'  il  primo  (relativo  alla
 fase  istruttoria  della  proposta transattiva); infatti la reiezione
 del secondo motivo avrebbe assorbito l'esame del primo motivo.
    Nel merito  l'Avvocatura  ritiene  non  fondata  la  questione  di
 costituzionalita' perche' il giudice rimettente muove dal presupposto
 non condivisibile di un diretto interesse del fallito a far valere il
 suo  punto  di  vista  in  occasione  della  adozione  degli  atti  e
 provvedimenti di cui all'art.  35  l.  fall.  Invece  il  fallito  e'
 sentito,  quando  espressamente previsto dalla l. fall. , soltanto in
 funzione  dell'interesse  della  procedura   (e   quindi   del   ceto
 creditorio),   non   gia'   del  suo  stesso  interesse,  dovendo  in
 particolare  escludersi  che  le ragioni fatte valere dal debitore in
 sede di formazione dello stato passivo possano legittimarlo, ove quel
 le ragioni siano (anche ingiustamente)  disattese,  ad  impugnare  in
 qualsiasi  modo  lo  stato passivo stesso. Dunque, l'ipotizzato vizio
 consistente nella  omessa  audizione  del  fallito  (o  del  soggetto
 sottoposto  ad  amministrazione  straordinaria) non potrebbe in alcun
 caso esser fatto valere con  una  autonoma  azione  di  nullita',  ma
 potrebbe  al  piu'  essere  dedotto  solo  con  altro  rimedio (quale
 l'impugnazione ex art.  100  l.  fall.  dei  crediti  ammessi);  cio'
 peraltro  soltanto  in  caso  di  mancata audizione del fallito nella
 formazione dello stato passivo, mentre nel diverso contesto dell'art.
 35 l.  fall.  la  mancata  audizione  non  puo'  avere  neppure  tale
 rilevanza indiretta.
    Da  ultimo  rileva  l'Avv.ra che la specialita' della procedura di
 amministrazione straordinaria esclude che possa  essere  invocata  la
 disciplina del fallimento come tertium comparationis.
    3.  -  Si  e'  costituita  la  parte privata Maiocco aderendo alla
 prospettazione  dell'ordinanza  e  chiedendo   la   declaratoria   di
 incostituzionalita' della norma censurata.
    4.  -  Si  e'  costituita  anche  la  procedura di amministrazione
 straordinaria  della  SICMU  s.a.s.  in   persona   del   Commissario
 liquidatore chiedendo (anche con successiva memoria) che la questione
 sia   dichiarata   infondata   ed   in   particolare  sostenendo  che
 l'omissione,  nell'art.   206   l.   fall.,   della   previsione   di
 consultazione dell'imprenditore e' riconducibile alla piu' accentuata
 autonomia  riconosciuta dalla legge al commissario liquidatore (nella
 procedura di liquidazione coatta amministrativa e di  amministrazione
 straordinaria)   rispetto   a  quella  riservata  al  curatore  e  si
 giustifica con riferimento ai diversi presupposti e  alle  differenti
 finalita' che presiedono alle rispettive procedure.
    5.  -  Si  e'  costituita  infine  la  societa' Barclays Financial
 Services Italia s.p.a. eccependo pregiudizialmente l'inammissibilita'
 della questione di costituzionalita' per  difetto  di  rilevanza  nel
 giudizio  a  quo giacche' l'eventuale dichiarazione di illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  206,  comma  2,  l.  fall.  non   potrebbe
 esplicare  quella  efficacia ripristinatoria della situazione quante,
 con  restituzione  innanzi  tutto  delle  somme  versate,   postulata
 dall'ordinanza  di  rimessione;  ne' sarebbe possibile far valere una
 responsabilita' civile per colpa del commissario liquidatore  che  ha
 legittimamente operato sulla base della normativa vigente.
    Nel  merito  la  difesa  della  societa'  ha  poi  chiesto  che la
 questione  sia  dichiarata  comunque  non  fondata,   sostenendo   in
 particolare  essere  di  versa  la  posizione  dell'impresa  o  della
 societa' soggetta  ad  amministrazione  straordinaria  in  ordine  al
 compimento  degli  atti  indicati  nell'art.  35  l.  fall. In questa
 ipotesi, infatti, non viene in rilievo la determinazione dello  stato
 di  insolvenza o la quantificazione dell'esposizione debitoria, ma il
 compimento di operazioni di gestione del patrimonio che la  legge  ha
 voluto  affidare  ad un organo appositamente istituito in vista della
 rilevanza degli  interessi  pubblici  coinvolti  nell'amministrazione
 straordinaria;  non  e'  invece configurabile un interesse concreto e
 giuridicamente  rilevante  a  che  il  debitore   assoggettato   alla
 procedura  sia  sentito  in  occasione  del  compimento delle singole
 operazioni che la legge attribuisce al Commissario sotto la vigilanza
 dell'autorita'  amministrativa.  D'altra  parte  nell'amministrazione
 straordinaria - a differenza che nel fallimento - prevale  l'elemento
 pubblicistico, sicche' appare logico che venga data minore importanza
 all'audizione  degli  amministratori  di un'impresa o di una societa'
 che sono stati estromessi dalla gestione, prevedendo la legge altri e
 piu' penetranti tipi di controllo  funzionalizzati  al  coordinamento
 dell'amministrazione  straordinaria  dell'impresa  in  crisi  con gli
 interessi della pubblica economia e dell'occupazione.
                         Considerato in diritto
    1. - E' stata  sollevata  questione  incidentale  di  legittimita'
 costituzionale  -  in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. - dell'art.
 206, comma 2, r.d. 16 marzo 1942 n. 267  (legge  fallimentare)  nella
 parte  in  cui  non  prescrive,  obbligatoriamente e in ogni caso, la
 previa  audizione  del  debitore  sottoposto  a  liquidazione  coatta
 amministrativa  o  ad amministrazione straordinaria per il compimento
 degli  atti  indicati  dalla  medesima  disposizione  (tra   cui   le
 transazioni) per sospetta violazione:
      del   principio  di  ragionevolezza  perche'  e'  prevista  (dal
 successivo art. 209, comma 1, come emendamento dalla sentenza n.  181
 del  1987  di  questa  Corte)  tale audizione per la formazione dello
 stato passivo e non invece anche per il  compimento  di  atti  (quali
 quelli   indicati   dall'art.  35)  che  possono  incidere  parimenti
 sull'ammissione, o meno, di crediti  con  conseguente  ingiustificato
 sacrificio degli interessi del debitore medesimo;
      del  diritto alla tutela giurisdizionale perche' il debitore non
 e' posto nella condizione di esporre le sue  ragioni  che  potrebbero
 indurre  gli  organi  della  procedura di liquidazione ad una diversa
 valutazione  degli  atti  da  compiere,  tanto   piu'   che   analoga
 partecipazione e' in generale prevista in procedimenti amministrativi
 di minor rilievo ( ex art. 7 l. n. 241/90);
      del  principio di eguaglianza perche', mentre e' previsto che il
 fallito sia sentito, seppur "in quanto possibile",  in  relazione  al
 compimento  degli atti di cui all'art. 35 l. fall., analoga audizione
 non e' prescritta per il debitore sottoposto  a  liquidazione  coatta
 amministrativa o ad amministrazione straordinaria.
    In  via subordinata il medesimo art. 206 cit. e' poi censurato (in
 riferimento ai medesimi parametri) nella parte  in  cui  richiama  il
 precedente  art.  35  solo  per  la  individuazione degli atti cui e'
 applicabile la  procedura,  senza  prevedere  anche  l'audizione  del
 fallito  o debitore "in quanto possibile", secondo quanto contemplato
 dall'ultimo  comma  di  quest'ultima   disposizione,   per   sospetta
 violazione:
      del  principio  di  eguaglianza  per l'ingiustificata disciplina
 differenziata applicabile al fallito  ed  al  debitore  sottoposto  a
 liquidazione coatta amministrativa o ad amministrazione straordinaria
 dovendo il primo essere sentito "in quanto possibile" nei casi di cui
 all'art.  35,  u.  co.,  mentre  del  secondo  non  e' in nessun caso
 prevista l'audizione;
      del diritto  alla  tutela  giurisdizionale  (sotto  il  medesimo
 profilo indicato in via principale).
    2.  -  Premesso  che  le censure di incostituzionalita', ancorche'
 riferite testualmente al solo art. 206, comma 2, l. fall., devono  in
 realta' intendersi proposte (come indirettamente puo' desumersi dalla
 stessa  ordinanza)  con riguardo al combinato disposto dalla medesima
 norma  e dell'art. 1, comma 6, d.l. 30 gennaio 1979 n. 26, convertito
 in legge 3 aprile 1979 n. 95, che ne statuisce l'applicabilita'  alla
 procedura  di  amministrazione straordinaria, vanno pregiudizialmente
 esaminate  le  eccezioni  di  inammissibilita'  della  questione   di
 costituzionalita'  come  sopra posta. Deve in particolare verificarsi
 se la  questione  di  costituzionalita'  sia  inammissibile:  a)  per
 difetto   di   rilevanza,   perche'   un'eventuale  dichiarazione  di
 incostituzionalita'  della  norma  censurata  non  potrebbe  incidere
 sull'efficacia e sulla validita' dell'intervenuta transazione; b) per
 difetto  di  legittimazione  ad  agire  del  ricorrente  nel giudizio
 amministrativo proposto innanzi al TAR Lazio, giudice rimettente;  c)
 per  difetto di interesse ad agire del ricorrente medesimo perche' la
 transazione   autorizzata   con   l'atto   impugnato   afferisce   al
 (precedente)  esercizio  di una revocatoria fallimentare; d) (ancora)
 per difetto di rilevanza sotto il  profilo  che  il  corretto  ordine
 logico  dell'esame  delle  censure mosse dal ricorrente nei confronti
 del decreto ministeriale impugnato avrebbe richiesto che  il  giudice
 rimettente  avesse  preliminarmente  valutato  il  secondo motivo del
 ricorso, attinente alla convenienza della transazione, e non gia'  il
 primo, relativo alla fase istruttoria della proposta transattiva.
    3. - Nessuna di tali eccezioni puo' essere accolta.
    In  generale  sia  il  riscontro  dell'interesse  ad  agire che la
 verifica  della  legittimazione  delle  parti   sono   rimessi   alla
 valutazione  del giudice rimettente attenendo entrambi alla rilevanza
 dell'incidente  di  costituzionalita'  e  non  sono  suscettibili  di
 riesame ove sorretti da una motivazione non implausibile (v. sent. n.
 124  del  1968, n. 17 del 1960, n. 24 del 1959), qual e' quella nella
 specie espressa dal TAR nell'ordinanza di rimessione.
    3.1. - D'altra parte mette conto  rilevare,  quanto  all'incidenza
 del  domandato annullamento dell'impugnataautorizzazione ministeriale
 sulla validita' della transazione, che cio' rappresenta un  posterius
 rispetto   alla   pronuncia   richiesta  al  tribunale  rimettente  e
 costituisce questione (eventualmente) rimessa alla  giurisdizione  di
 altro  giudice  secondo  il  criterio  di riparto affermato da ultimo
 dalle Sezioni Unite della Corte di  cassazione  (sent.  n.  5223  del
 1989);  criterio questo che postula uno sdoppiamento di giurisdizione
 con riferimento, da un lato, agli atti  amministrativi  adottati  nel
 quadro  della  procedura  di liquidazione e, dall'altro, ai negozi di
 diritto privato attinenti ai diritti soggettivi patrimoniali posti in
 essere nello stesso contesto. E quanto alla effettiva in cidenza,  in
 tesi, sulla transazione della mancata audizione del debitore, nonche'
 quanto  al  soggetto,  in  ipotesi,  legittimato  a  farla valere, il
 (motiva to e non  implausibile)  convincimento  espresso  dal  T.A.R.
 rimettente, se non e' in sintonia con la giurisprudenza e la dottrina
 prevalenti  sul  tema  del la validita' in generale della transazione
 stipulata dal curatore fallimentare senza  la  previa  audizione  del
 fallito,  trova pero' un indiretto con forto in quell'altro indirizzo
 giurisprudenziale  che  riconosce  in   testa   anche   al   debitore
 legittimazione   ed   interesse   ad  impugnare  davanti  al  giudice
 amministrativo  proprio  i   provvedimenti   di   autorizzazione   al
 compimento  di  atti della procedura di amministrazione straordinaria
 (Cass. S.U. n. 12068/90). Mentre, d'altro  canto,  la  individuazione
 del soggetto legittimato a far valere davanti al giudice ordinario le
 conseguenze   in  tesi  derivanti  sulla  transazione  dall'eventuale
 accoglimento di siffatta impugnazione e' problema  di  competenza  di
 quest'ultimo giudice.
    3.2. - Parimenti non implausibile e' l'asserita legittimazione del
 Maiocco, quale amministratore della societa' SICMU in amministrazione
 straordinaria,   a  dolersi  della  mancata  previa  audizione  della
 societa' stessa, atteso che  il  soggetto  al  quale  fa  riferimento
 l'art.   35   cit.  e'  l'imprenditore  assoggettato  alla  procedura
 concorsuale, ovviamente rappresentato - come in tutti gli altri  casi
 di  sopravvivenza in capo ad esso di una legittimazione straordinaria
 a contrapporsi in proprio alla proce dura medesima -  in  persona  di
 se'  stesso,  se soggetto fisico, o dei suoi organi istituzionali, se
 persona giuridica. Come  del  resto  riconosciuto  da  questa  stessa
 Corte,  quando (sent. n. 181 del 1987) ha affermato, proprio riguardo
 alla fattispecie parallela dell'art.  209  l.  fall.  oggi  invocata,
 essere   "d'uopo  che  il  commissario  ..  formi,  con  l'intervento
 dell'imprenditore individuale o degli amministratori della societa' o
 della persona giuridica in  amministrazione  straordinaria,  l'elenco
 dei creditori ammessi o respinti ..".
    3.3. - Quanto infine agli ulteriori profili di inammissibilita' e'
 sufficiente  rilevare  che l'apprezzamento dell'origine della pretesa
 transatta  (assertivamente  derivante  dal  precedente  esecizio   di
 un'azione  revocatoria fallimentare) come ragione idonea ad escludere
 ogni  interesse  della  societa'  ricorrente  all'annullamento  della
 transazione   e'   questione   rimessa   al   giudice   (in  ipotesi)
 successivamente adito per la declaratoria  di  invalidita'  dell'atto
 stesso.  Ne' e' censurabile in questa sede (sent. 43/93; sent. 73/91)
 l'ordine delle questioni, seguito dal TAR  rimettente,  peraltro  del
 tutto  plausibilmente,  atteso  che il primo motivo di ricorso era di
 carattere procedimentale sicche' l'eventuale suo accoglimento avrebbe
 comportato  l'annullamento  della   autorizzazione   impugnata,   con
 assorbimento   del  secondo  motivo  concernente  la  valutazione  di
 convenienza, o meno, della transazione autorizzata.
    4. - Nel merito le questioni, sia principali che subordinate, sono
 tutte non fondate.
    4.1. - La censura di irragionevolezza intrinseca  (art.  3  Cost.)
 poggia  sul  rilievo che una volta ritenuto da questa Corte (sent. n.
 181 del 1987) costituzionalmente obbligata la  previa  audizione  del
 debitore  ai  fini  della  formazione  dello  stato  passivo  sarebbe
 contraddittorio  non  riconoscerla  obbligata  anche   in   sede   di
 autorizzazione   alla   transazione,  quest'ultima  non  potendo  non
 influire sullo stato passivo stesso.
    Questa  prospettata  contraddittorieta'   svela   pero'   la   sua
 inconsistenza  se  sol  si  considera  che  la formazione dello stato
 passivo (art. 95 l. fall.) costituisce  un  atto  del  tutto  diverso
 dalla  transazione  sia  sotto  il  profilo soggettivo che oggettivo.
 L'accostamento tra tali due atti (enfatizzato dal T.A.R.  rimettente)
 e'  meramente  empirico  e  fattuale  nel  senso  che la transazione,
 determinando  modifiche  di  situazioni  soggettive  afferenti   alla
 procedura   concorsuale   comporta,   o   puo'   comportare,  effetti
 conseguenziali sullo stesso stato passivo o sulla massa attiva. Ma si
 tratta di un'incidenza indiretta e mediata  e  variamente  articolata
 secondo  le  contingenze  del  caso  concreto,  potendo  in ipotesila
 transazione riguardare  unicamente  crediti  della  procedura  ovvero
 debiti  della stessa gia' ammessi allo stato passivo (sicche' nell'un
 caso nessunaalterazione ne consegue sullo stato passivo e  nell'altro
 il  debitore  assoggettato  alla  procedura  deve  essere  gia' stato
 sentito). Ove poi dalla  transazione  -  che  in  ipotesi  avesse  ad
 oggetto  debiti  non  ancora  ammessi  -  residuasse  una  situazione
 complessiva di debito per  la  procedura,  questa  dovrebbe  comunque
 transitare  attraverso l'ammissione allo stato passivo (atteso che in
 tale evenienza l'art. 95 l. fall. non soffre  eccezione)  sicche'  e'
 fatto  salvo  il  diritto del debitore assoggettato alla procedura di
 conoscere ogni credito ammesso destinato a concorrere al riparto.
    Diverso e' poi l'interesse  del  debitore  ad  essere  previamente
 sentito  nelle  due fattispecie. Nella formazione dello stato passivo
 il debitore ha interesse ad avere  piena  contezza  della  estensione
 della  situazione  debitoria  in  prospettiva  della  (ordinaria) sua
 responsabilita' patrimoniale, dopo la restituzione in  bonis,  per  i
 crediti  (o  la  parte dei crediti) non soddisfatti; interesse che e'
 riconosciuto (dal legislatore nell'art. 95 legge  fall.  e,  dopo  il
 cit. intervento di questa Corte, anche dall'art. 209 legge fall.) con
 l'attribuzione  di  una  situazione tutelata nella forma dell'obbligo
 della  previa  audizione  del  debitore   stesso.   Viceversa   nella
 transazione non e' identificabile un interes se di identico o analogo
 contenuto, ma semmai un altro interesse (quale quello alla conoscenza
 anticipata di dati informativi relativi ad un atto che potrebbe avere
 un'incidenza indiretta sulla situazione debitoria complessiva) che il
 legislatore puo' apprezzare in termini diversi da quello afferente la
 formazione dello stato passivo.
    In  conclusione l'obbligo di audizione (affermato nella formazione
 dello stato passivo) non necessariamente deve  estendersi  alla  fase
 relativa  alla  autorizzazione  alla  transazione  (o agli altri atti
 elencati  nell'art.  35  l.  fall.)  data  la  diversita'  delle  due
 situazioni complessivamente conside rate.
    4.2.  -  Quanto  alla  dedotta  violazione del diritto alla tutela
 giurisdizionale si puo' osservare che, se la censura deve  intendersi
 piu' specificamente riferita alla mancata audizione del debitore - in
 se'   considerata   -   nello   svolgimento   del   procedimento   di
 autorizzazione alla transazione, la invocazione  dell'art.  24  Cost.
 non   e'   pertinente   perche'  il  riconoscimento,  o  meno,  nella
 fattispecie  di  un  interesse  tutelato  del  debitore  in  proprio,
 distinto  e  autonomo  rispetto  a quello della procedura sulla quale
 ricadono direttamente gli effetti  della  transazione,  attiene  alla
 posizione  del  debitore  nel  corso  ed all'interno del procedimento
 amministrativo,  mentre  la  proiezione  della  stessa  nel  processo
 rappresenta soltanto una mera conseguenza futura ed ipotetica sicche'
 la  doglianza di denegata tutela giurisdizionale rimane estranea alla
 fase amministrativa qui considerata. Ne' e' utile evocare -  come  fa
 il  T.A.R.  rimettente  -  la legge n. 241 del 1990, che (all'art. 7)
 prescrive il previo avviso di avvio del  procedimento  amministrativo
 ai  soggetti  nei cui confronti il provvedimento finale (nella specie
 l'autorizzazione  ministeriale)  e'  destinato  a  produrre   effetti
 diretti, perche' tali sono quelli che si determinano per la procedura
 rappresentata   dai   suoi   organi   e  non  gia'  per  il  debitore
 personalmente.
    Se  invece  si  vuole intendere la censura in esame come formulata
 con  riferimento   al   generale   accesso   ai   mezzi   di   tutela
 giurisdizionale,   essa   e'   comunque  infondata  alla  luce  della
 giurisprudenza della Corte di cassazione (sent.  n.  12068  del  1990
 cit.)  che  riconosce  la giurisdizione del giudice amministrativo in
 ordine al ricorso del debitore che tale provvedimento impugni.
    Per le medesime ragioni la questione di costituzionalita'  e'  poi
 non  fondata  anche  nella  prospettazione  subordinata  del  giudice
 rimettente che rappresenta null'altro che un'ipotesi  alternativa  di
 pronuncia  additiva  sul  ritenuto (ma insussistente) presupposto del
 vulnus del diritto alla tutela giurisdizionale.
    4.3.  -  Infine  non  sussiste  la  violazione  del  principio  di
 eguaglianza  (dedotta  con  le  medesime  argomentazioni  sia  in via
 principale che subordinata e quindi suscettibile di esame  congiunto)
 sotto  il profilo che nel fallimento (art. 35 ult. comma) il debitore
 deve   essere   sentito   "in   quanto   possibile",   mentre   nella
 amministrazione straordinaria non ne e' prevista affatto l'audizione.
    La  censura  e'  destituita  di  fondamento  perche' le innegabili
 differenze strutturali  tra  le  due  procedure  rendono  sufficiente
 ragione   di   un   diverso  apprezzamento  degli  obblighi  gravanti
 rispettivamente  sul  curatore   fallimentare   e   sul   commissario
 liquidatore.
    Questa  Corte  (sent.  n.  218  del  1991)  ha  gia' avuto modo di
 evidenziare la peculiare finalita' della procedura di amministrazione
 straordinaria  che  -  a  differenza  del   fallimento   -   persegue
 l'obiettivo  -  quando  possibile  -  del  salvataggio  e risanamento
 dell'impresa  in  crisi,  sottolineando  in   special   modo   la   "
 ..subordinazione    dell'interesse    particolare    dei    creditori
 dell'imprenditore in dissesto ad interessi piu'  generali,  correlati
 al mantenimento in vita dell'impresa .."; ed e' questo coinvolgimento
 di  uno  specifico  interesse  pubblico  che giustifica la disciplina
 differenziata in ordine alla previa audizione del  debitore  (profilo
 questo  peraltro  non  di  maggiore momento rispetto ad altri aspetti
 differenziali presi in considerazione dalla medesima pronuncia, quali
 quelli afferenti ai meccanismi di partecipazione e  di  consenso  dei
 creditori alla determinazione di continuare l'esercizio dell'impresa,
 previsti dall'art. 90 l. fall. soltanto per il fallimento e non anche
 per l'amministrazione straordinaria).
    Quindi,  mentre nel fallimento il legislatore ha ritenuto di porre
 uno specifico obbligo  di  diligenza  per  il  curatore  imponendogli
 (seppur  solo  in quanto possibile) di sentire previamente il fallito
 (al  fine  di  acquisire  utili  elementi  informativi  per  valutare
 l'opportunita',  o  meno, di porre in essere gli atti di cui all'art.
 35  l.   fall.),   invece   nell'amministrazione   straordinaria   ha
 privilegiato   (in  funzione  del  superiore  interesse  pubblico  al
 risanamento dell'impresa  in  crisi)  la  rapidita'  della  procedura
 astenendosi  dal  porre  un  tale  obbligo,  senza  che peraltro cio'
 significhi  esclusione  in  ogni  caso  della  (mera)  facolta'   del
 commissario  liquidatore, ove lo ritenga opportuno, di consultare (al
 medesimo fine) il debitore assoggettato alla procedura.