ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 102, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza emessa il 7 settembre 1993 dal Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Nuoro nel procedimento di sorveglianza nei confronti di Garzon Castaneda Libardo, iscritta al n. 681 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1993; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1994 il Giudice relatore Giuliano Vassalli; Ritenuto che il Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Nuoro, chiamato a decidere, a norma dell'art. 102, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, relativamente alla conversione della pena pecuniaria della multa di lire 24 milioni ad un cittadino extra comunitario, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimita' di detta disposizione della legge n. 689 del 1981 "nella parte in cui prevede un'unica modalita' di conversione delle pene pecuniarie non eseguite per insolvibilita' del condannato a prescindere dalla sussistenza o meno del presupposto della residenza in Italia"; che, in punto di rilevanza, il giudice a quo osserva che, nel caso concreto, l'interessato dovra' espiare la sola pena detentiva - per giunta, probabilmente, non nella sua totalita', risultando dagli atti la sua volonta' di essere espulso dal territorio dello Stato a norma dell'art. 7 commi 12-bis, ter e quater, quinquies, e sexies, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, introdotti dal decreto-legge 14 giugno 1993, n. 187, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1993, n. 296 - non rendendosi materialmente possibile l'applicazione della liberta' controllata, per l'espulsione all'atto della scarcerazione ovvero perche', "trattandosi di persona senza fissa dimora nei confronti della quale non si puo' individuare un legame territoriale", non possono essere applicate nei suoi confronti le prescrizioni inerenti alla liberta' controllata; che, in punto di non manifesta infondatezza, il Magistrato di sorveglianza ravvisa una disparita' di trattamento fra il condannato residente in Italia, nei cui confronti e' comunque applicabile la sanzione sostitutiva derivante dalla conversione, e il condannato che non ha legami territoriali con l'Italia, il quale, in relazione a un identico reato, non espiera' una parte di pena prevista dalla legge; che, sempre quanto alla non manifesta infondatezza, il Magistrato di sorveglianza ravvisa anche una lesione dell'art. 27 della Costituzione, sotto il profilo della "fuga dalla sanzione penale", con conseguente impossibilita' della pena di adempiere la sua funzione rieducativa, anche sul piano sostanziale, impedendosi al legislatore di prevedere gia' in partenza le tipologie sanzionatorie adatte ad agevolare una esecuzione personalizzata che consenta il raggiungimento delle finalita' di prevenzione generale e speciale"; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata; Considerato che le censure sono state proposte in via del tutto astratta ed ipotetica sul presupposto della espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, provvedimento non ancora adottato dal giudice dell'esecuzione a norma dell'art. 7, comma 12- ter, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, introdotto dall'art. 8 del decreto-legge 14 giugno 1993, n. 187, convertito dalla legge 12 agosto, 1993, n. 296; che, inoltre, anche una volta che sia stata disposta, l'espulsione produce, per effetto dell'art. 7, comma 12-quater, del citato decreto-legge, la sospensione della pena, e dunque anche della pena pecuniaria convertita a' sensi di legge; che, dunque, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile per l'assenza del necessario requisito della rilevanza. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.