ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo unico della legge 11 febbraio 1992, n. 128 (Disciplina della competenza territoriale per le controversie relative ai rapporti di cui al numero 3) dell'articolo 409 del codice di procedura civile), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 22 settembre 1993 dal Pretore di Treviso - Sezione distaccata di Vittorio Veneto nei procedimenti civili vertenti tra la s.n.c. Veronika Voss e Pinzolo Claudia e tra De Martino Roberto e la s.n.c. Emme A, iscritte ai nn. 741 e 745 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 52 e 53, prima serie speciale, dell'anno 1993; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 13 aprile 1994 il Giudice relatore Cesare Ruperto; Ritenuto che il Pretore di Treviso - Sezione distaccata di Vittorio Veneto - con due ordinanze emesse entrambe il 22 settembre 1993 ha sollevato - in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'articolo unico della legge 11 febbraio 1992, n. 128, la' dove introduce per le controversie di lavoro di cui all'art. 409, n. 3, c.p.c., un foro territoriale speciale ed esclusivo anziche' un foro concorrente ed alternativo, "ulteriore rispetto a quelli previsti dall'art. 413, secondo e terzo comma, c.p.c."; che a parere del giudice a quo la norma censurata avrebbe introdotto un'ingiustificata disparita' di trattamento, sul piano del diritto di difendersi ed agire, "fra tutti i prestatori di lavoro subordinato e i lavoratori parasubordinati, ma soprattutto un'ingiustificata ed irragionevole sperequazione fra datori di lavoro a seconda che abbiano controversie con dipendenti o con agenti e rappresentanti", soltanto per i secondi imponendosi il foro del loro domicilio; che in entrambi i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la declaratoria di manifesta inammissibilita'. Considerato che le questioni, per l'identita' del tema, debbono essere riunite e trattate congiuntamente; che questa Corte, con ordinanza n. 241 del 1993, ha gia' valutato come corretta e ragionevole la scelta compiuta dal legislatore attraverso l'introduzione dell'ipotesi di competenza territoriale de qua, in quanto ispirata ad un equo contemperamento degl'interessi del lavoratore e dell'imprenditore; ed ha altresi' chiarito che una decisione additiva come quella postulata dal giudice a quo, onde eliminare l'asserita diseguaglianza, e' consentita solo quando la soluzione adeguatrice non debba essere frutto di una valutazione discrezionale ma consegua necessariamente ad una estensione logicamente necessitata ed implicita nella possibilita' interpretativa del contesto normativo in cui e' inserita la disposizione impugnata; che le ordinanze non prospettano profili nuovi o diversi rispetto a quelli a suo tempo esaminati, per cui la questione va dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale.