L'assemblea regionale siciliana nella seduta del 10  maggio  1994,
 ha  approvato  il disegno di legge n. 684-370 dal titolo "Integazioni
 alle leggi regionali 1 agosto 1974, n. 31 e 27 dicembre 1978, n. 70 e
 interpretazione autentica dell'art. 9 della  legge  regionale  del  7
 agosto  1990,  n.  25  concernenti  la  pesca",  comunicato  a questo
 Commissario, ai sensi e per gli effetti dell'art.  28  dello  statuto
 speciale, il 13 maggio 1994.
    L'art.  1,  che  di  seguito  si trascrive, da' adito a censure di
 carattere  costituzionale  sotto  il  profilo  dell'arbitrarieta'   e
 dell'irragionevolezza della norma in esso contenuta:
    "1. Il comma 2 dell'art. 9 della legge regionale 7 agosto 1990, n.
 25  deve  intendersi  applicabile  a  tutti  i natanti autorizzati ad
 esercitare la pesca a strascico nei compartimenti marittimi  indicati
 nello  stesso  comma.  La  dizione 'operanti nelle aree delimitate ai
 sensi del primo comma' dello stesso art. 9 va interpretata nel  senso
 di  'autorizzati  all'esercizio  della pesca nelle acque dei golfi di
 Castellammare, Catania e Patti', ai sensi e per gli effetti dell'art.
 3 del d.m. n. 248 del 7 maggio 1987".
    Al fine di una piena comprensione del reale intento perseguito dal
 legislatore  regionale  nell'adozione  della  disposizione  de qua si
 ritiene opportuno fare una breve cronistoria degli eventi  che  hanno
 preceduto la presentazione e l'approvazione del disegno di legge.
    L'art. 9 della l.r. n. 25/1990, interpretato autenticamente con la
 norma  oggetto  del  presente  gravame,  attribuiva  per  il triennio
 1990/1992 un'indennita' aggiuntiva a quella  generale  per  il  fermo
 biologico,  di  cui  all'art. 14 della l.r. n. 26/1987, alle imprese,
 persone fisiche e giuridiche, che svolgevano l'attivita' di pesca nei
 golfi di Catania, Castellammare  e  Patti  con  natanti  iscritti  in
 compartimenti  marittimi  di  Catania,  Palermo,  Messina, Trapani ed
 Augusta.
    L'assessorato regionale alla pesca, con circolare n. 3502  del  26
 novembre 1990, nell'impartire le direttive agli uffici competenti per
 l'applicazione  della  suddetta  normativa  ebbe  ad  esplicitare che
 destinatari delle particolari agevolazioni fossero i soggetti che, in
 possesso  dei  requisiti  generali  di  cui  alla  l.r.  n.  26/1987,
 esercitassero  la  pesca  a  strascico,  e/o  con sistemi allo stesso
 assimilabili con natanti iscritti nei  compartimenti  prima  indicati
 nelle  aree delimitate dal primo comma del predetto art. 9, ribadendo
 al contempo che le provvidenze competevano esclusivamente ai  natanti
 iscritti  nelle  delegazioni  di spiaggia di Milazzo, Patti, Catania,
 Augusta, Acicastello, Brucoli, Terrasini, Balestrate,  Castellammare,
 S. Vito Lo Capo ed operanti nei Golfi in questione.
    L'assessore  regionale alla cooperazione, commercio, artigianato e
 pesca con propri decreti  del  marzo  ed  aprile  del  '92  estendeva
 l'erogazione  dei  contributi  in  favore  delle imprese e componenti
 degli equipaggi iscritti nei compartimenti marittimi  compresi  nella
 zona di mare tra Capo Zafferano e Capo Calava' ed operanti la pesca a
 strascico   e/o   con   sistemi   similari,  disattendendo  i  limiti
 determinati dalla norma di cui all'art.  9  delle  l.r.  n.  25/1990,
 posta peraltro a fondamento dei decreti medesimi.
    Detti  decreti  costituivano  una  chiara  estensione  dell'ambito
 applicativo   della   vigente   legislazione   sia   riguardo    alla
 delimitazione  territoriale  di efficacia che ai soggetti destinatari
 delle provvidenze economiche.
    La stessa amministrazione successivamente, a seguito di un riesame
 dei provvedimenti in questione ne aveva rilevato l'illegittimita'  ma
 non  sospeso  gli  effetti  sulla base di un parere reso dalla locale
 Avvocatura dello Stato ove veniva, peraltro, evidenziata  l'esistenza
 di  posizioni  giuridiche  qualificabili  come interesse legittimo in
 capo ai destinatari dei provvedimenti di divieto che, in  ossequio  a
 questi ultimi, avevano comunque sospeso l'attivita' di pesca.
    Poiche'  gli  operatori  interessati,  privati  del loro ordinario
 reddito a causa del maggior fermo temporaneo loro imposto,  avrebbero
 potuto  citare  in giudizio, con esito molto verosimilmente positivo,
 l'amministrazione  per  il  risarcimento  del  danno  derivante   dal
 comportamento   illegittimo  della  stessa,  l'assessore  pro-tempore
 preferi' non annullare in  sede  di  autotutela  i  provvedimenti  in
 questione  inviando  al  contempo,  pero',  tutta  la  documentazione
 relativa alla procura della Corte dei conti.
    Della illegittimita' dei suddetti provvedimenti amministrativi  si
 era,  peraltro,  reso  conto lo stesso assessore che li aveva emanati
 tant'e' che  ebbe  a  prospettare  al  suo  successore  nella  carica
 l'opportunita'  di  procedere all'annullamento degli stessi in via di
 autotutela.
    Quest'ultima  circostanza  si  evince  dalle  deduzioni presentate
 dallo stesso amministratore alla procura regionale  della  Corte  dei
 conti  per la Sicilia, dopo aver ricevuto la formale contestazione di
 responsabilita' ex art. 5 del d.l. n. 359/1993 notificatagli  il  13
 novembre 1993 (all. 1 e 2).
    L'assemblea  regionale  siciliana,  nella seduta del 4 marzo 1994,
 approvava il disegno  di  legge  n.  650  dal  titolo  "Modifiche  ed
 integrazioni  della  legislazione  regionale  in  materia  di  lavori
 pubblici. Agevolazioni per il settore della pesca e  disposizioni  in
 materia  finanziaria",  il  cui  art.  4,  introdotto a seguito di un
 emendamento presentato in  aula  ed  approvato  senza  il  prescritto
 parere  delle  commissioni  legislative  competenti,  disponeva che i
 benefici di cui all'art. 9 della l.r. n. 25/1990, relativi al  premio
 di  fermo  biologico, fossero estesi, limitatamente al solo anno 1992
 alle imprese di pesca ed ai componenti  degli  equipaggi  interessati
 dal  divieto contenuto nei decreti assessoriali del 19 marzo e del 28
 aprile 1992.
    Che  il  fine  ultimo  della  presentazione  e   dell'approvazione
 dell'emendamento, introdotto nel suddetto art. 4 del disegno di legge
 n.  650,  fosse  stato  quello di procedere ad una sorta di impropria
 sanataria dei provvedimenti adottati  dall'assessore  in  carica  nel
 1992,  e'  stato  gia'  rilevato  nel  corso dell'esame preventivo di
 legittimita' svolto da questo commissariato, che con atto  notificato
 in  data  12  marzo  1994, ha ritenuto di proporre ricorso dinnanzi a
 codesta Corte avverso l'art. 4  in  questione  per  violazione  degli
 artt. 3, 97 e 103 della Costituzione e 12 dello statuto speciale.
    Orbene,   il   legislatore   siciliano,   pur  in  presenza  della
 proposizione  del  ricorso  sopra  menzionato  e  nelle  more   della
 definizione  del  giudizio di responsabilita' amministrativa pendente
 presso la sezione regionale  della  Corte  dei  conti  nei  confronti
 dell'assessore  e  del  direttore  regionale alla pesca in carica nel
 1992, ai quali in data 3 maggio 1994 sono stati  notificati  atti  di
 citazione  in  giudizio  (all.  n.  3),  ha  ritenuto  di intervenire
 un'altra volta con il provvedimento legislativo oggetto del  presente
 gravame,  che  nei  fatti  costituisce  un  tentativo  di  eludere la
 precedente  impugnativa  e  di  condizionare  al   contempo   l'esito
 dell'azione della magistratura contabile.
    Tale  convincimento  e'  supportato,  oltre che dall'analisi della
 esposta  sequenza  temporale  dei  fatti  e',   piu'   in   generale,
 dell'attivita'  dell'amministrazione  regionale,  dal contenuto delle
 deduzioni difensive presentate alla procura della Corte dei conti dal
 direttore regionale alla pesca  (all.  4),  sottoposto  anch'egli  al
 procedimento   giudiziario   di   accertamento   di   responsabilita'
 amministrativa per aver predisposto i decreti assessoriali del  1992,
 ove,  a  sostegno  della  legittimita' del proprio operato, adduce le
 argomentazioni quasi integralmente e pedissequamente riportate  nella
 relazione illustrativa che accompagna l'iniziativa legislativa teste'
 approvata.
    Nella  disposizione  oggetto  di censura, infatti, viene proposta,
 sotto forma di interpretazione autentica, una diversa, innegabilmente
 piu' ampia, definizione dei soggetti  destinatari  delle  provvidenze
 contenute  nella legge regionale del 1990 che consentirebbe, mediante
 l'implicito   riconoscimento  della  sua  efficacia  retroattiva,  la
 legittimazione degli atti amministrativi "medio tempore" emanati.
    Orbene, secondo quanto codesta Corte ha avuto modo di chiarire  in
 numerose  pronunce,  si puo' riconoscere carattere di interpretazione
 autentica ad una legge solo quando  la  stessa,  non  modificando  il
 testo  della  norma  interpretata  ne  chiarisce  il significato e la
 portata,  ovvero  privilegia  una  tra   le   tante   interpretazioni
 possibili,  di  guisa,  che il contenuto precettivo e' espresso dalla
 coesistenza delle due norme (quella precedente  e  quella  successiva
 che  ne  esplicita  il  significato)  le  quali rimangono entrambe in
 vigore.
    Senonche' secondo i parametri di identificazione cosi' delimitati,
 ad avviso del ricorrente, non sussistono i  presupposti  in  base  ai
 quali  ragionevolmente  il legislatore possa intervenire con la forma
 dell'interpretazione autentica.
    Invero la disposizione contenuta nell'art. 9 della l.r. n. 25/1990
 sin dalla data della sua entrata in vigore, proprio in  virtu'  della
 chiarezza   dei  termini,  non  aveva  dato  occasione  a  divergenze
 interpretative ne', tantomeno, su di essa si erano costituiti diversi
 orientamenti applicativi.
    All'operatore amministrativo, in considerazione della ratio  della
 legislazione  nazionale  e comunitaria sul fermo biologico, era parso
 conseguenziale ancorare l'erogazione delle  provvidenze  relative  al
 mancato  effettivo  esercizio  dell'attivita'  di pesca nelle zone di
 mare interessate dal divieto cosi' come inequivocabilmente delimetate
 dall'art. 9 della l.r. n. 25/1990.
    D'altronde inconferente e non coerente appare il riferimento  alla
 sola  autorizzazione  all'esercizio della pesca mediante l'iscrizione
 dei natanti  nei  compartimenti  marittimi  della  Sicilia  senza  il
 necessario  collegamento  con il secondo dei presupposti che la legge
 stessa prevedeva per l'individuazione dei soggetti  beneficiari,  con
 il  richiamo  alla  effettiva normale operativita' dei natanti stessi
 negli  ambiti  territoriali  come  sopra  determinati  per  i   quali
 sussisteva  il  divieto  temporaneo  della  pesca a strascico e/o con
 altri attrezzi similari.
    Infatti il pregiudizio economico connesso con il divieto di pesca,
 presupposto per l'erogazione del contributo pubblico sostitutivo, non
 puo' ritenersi sic et sempliciter  sussistente  in  capo  a  tutti  i
 soggetti,   che   pur   titolari   dell'autorizzazione  all'esercizio
 dell'attivita' in questione ai sensi dell'art. 3 del d.m. n. 248  del
 7  maggio  1987,  non abbiano in realta' svolto abitualmente la pesca
 nelle zone interessate al ripopolamento ittico.
    Cio' posto e' di palmare evidenza che non possa attribuirsi natura
 interpretativa all'intervento del  legislatore  siciliano  in  quanto
 anche  la disposizione statale di riferimento (id est art. 3 del d.m.
 n. 248/1987) attiene esclusivamente  alla  validita'  delle  licenze,
 mentre  per  quanto  riguarda  la  regolamentazione  dei premi per il
 fermo, nel corpo  dello  stesso  decreto  ministeriale,  si  richiede
 l'esercizio effettivo dell'attivita'.
    Con   cio'  non  si  vuole  escludere  che  il  legislatore  possa
 introdurre, con effetto ex nunc, una nuova disciplina della  materia;
 quello  che  con il presente gravame si vuole sottoporre al vaglio di
 codesta Corte e' l'arbitraria attribuzione della natura di  norma  di
 interpretazione  autentica ad un intervento legislativo che ha valore
 e significato chiaramente innovativo.
    Si  rivela,  infatti,  priva  di  intrinseca   ragionevolezza   la
 previsione  di  una  norma  per  effetto  della quale si determina un
 inadeguato ed incongruente rapporto tra fine dichiarato  e  strumento
 utilizzato per il perseguimento di tale fine.
    L'interpretazione  autentica  proposta  con la norma oggetto della
 presente impugnativa per le ragioni sopra esposte, e cioe' assenza di
 difficolta'  interpretative  della   preesistente   dispisizione   ed
 inesistenza   di   difformi  criteri  di  applicazione,  difetta  del
 necessario presupposto che la giustifica.
   La  qualificazione  di  interpretazione   autentica   imposta   dal
 legislatore  alla norma de qua appare invero introdotta con l'unico e
 reale scopo di attribuire effetti retroattivi ad una nuova disciplina
 che si intende inserire nella materia.
    Risulta, pertanto,  evidente  che  il  legislatore  siciliano  con
 l'approvazione  della norma in questione, come codesta Corte ha avuto
 occasione di affermare in fattispecie  analoghe,  ha  palesemente  ed
 arbitrariamente  distorto  la  tipica  funzione  dell'interpretazione
 autentica, tendendo a conferire effetto  retroattivo  all'innovazione
 apportata  al  testo  originario  dell'art.  9 della l.r. n. 25/1990,
 effetto retroattivo  che  oltrettuto,  ai  fini  dell'erogazione  dei
 contributi   ai  soggetti,  come  adesso  vengono  identificati,  non
 potrebbe  trovare  attuazione  poiche'  non  sarebbe  in  ogni   caso
 possibile,  ora  per  allora,  verificare  l'esistenza  dei requisiti
 richiesti.
    In proposito giova altresi', rilevare la circostanza che il  nuovo
 assessore,  pur in presenza delle pressanti richieste delle marinerie
 interessate al divieto contenuto nei noti decreti del 1992, a seguito
 del parere  acquisito  dall'avvocatura  dello  Stato  (all.  5),  non
 accolse  la richiesta di protrarre anche per il 1993 l'estensione del
 divieto di pesca illegittimamente disposto.
    E d'altronde non priva di significato e' anche  la  considerazione
 che il legislatore siciliano in occasione del rifinanziamento per gli
 anni  1993  e  1994  di  talune disposizioni della legge regionale n.
 25/1990, e segnatamente dell'art. 9 (art. 49 della l.r. n. 15 dell'11
 maggio   1993),   non   ritiene   di   procedere   ad   "interpretare
 autenticamente"  le  disposizioni  in  essa contenute ne', tantomeno,
 estenderne   i   limiti   oggettivi   e    soggettivi,    limitandosi
 esclusivamente ad includere, ai fini del computo del periodo di fermo
 supplementare,  i  giorni di fermo effettuati dal 1 gennaio 1993 alla
 data della sua entrata in vigore.
    Quanto sopra rappresentato, non puo' dubitarsi che  unico  intento
 del  legislatore  perseguito con l'iniziativa in argomento sia quello
 di  sanare,  come  si   e'   sopra   accennato,   dei   provvedimenti
 amministrativi  illegittimi e far cadere le eventuali responsabilita'
 patrimoniali che ne derivano. Tale  modus  procedendi  dell'assemblea
 regionale,  si  ripete,  costituisce  un tipico esempio di eccesso di
 potere  legislativo,  poiche'  si  qualifica   apoditticamente   come
 operazione  ermeneutica  quella  che  nella realta' si manifesta, con
 intuitiva evidenza, quale vera e propria innovazione normativa.
    E'  risaputo, infatti, che, secondo la prevalente giurisprudenza e
 la migliore dottrina di essa deve essere  fatto  un  uso  sapiente  e
 ponderato  ricorrendovi  solo  in  circostanze eccezionali, che nella
 fattispecie non sussistono, e soprattutto  per  perseguire  scopi  di
 pubblico interesse.
    Rimane  in  ogni  caso  fermo  che  l'interpretazione autentica, e
 l'efficacia retroattiva che ne deriva, non sono  ammissibili  -  come
 piu'  volte hanno precisato dottrina e giurisprudenza - quando questa
 possa   contrastare   con   principi    e    valori    costituzionali
 specificatamente  protetti  come quelli dell'imparzialita' e del buon
 andamento dell'amministrazione,  nonche'  della  responsabilita'  dei
 pubblici funzionari (art. 97 della Costituzione).
    Si  soggiunge  che  in  ogni  caso la disposizione de qua, poiche'
 comporta una indubbia estensione nella  qualificazione  dei  soggetti
 beneficiari,  avrebbe  dovuto  essere  preventivamente  sottoposta al
 vaglio della commissione  CEE  e  soltanto  dopo  l'esito  favorevole
 dell'iter  previsto  dall'art.  93  del trattato istitutivo (a quanto
 risulta non ancora avviato), potrebbe esplicare i suoi effetti.