ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  sull'ammissibilita'  del conflitto di attribuzione fra
 poteri dello Stato sollevato dal Tribunale di  Napoli  nei  confronti
 della  Camera  dei deputati, con ricorso depositato in Cancelleria il
 23 marzo 1994 ed  iscritto  al  n.  50  del  registro  ammissibilita'
 conflitti;
    Udito  nella  camera  di  consiglio dell'11 maggio 1994 il Giudice
 relatore Renato Granata;
    Ritenuto che il Collegio istituito presso il Tribunale  di  Napoli
 per  i  procedimenti  aventi ad oggetto i reati previsti dall'art. 96
 Cost., al quale il Procuratore  della  Repubblica  presso  lo  stesso
 tribunale  aveva trasmesso gli atti relativi all'on. Luigi Ciriaco De
 Mita, gia' Presidente del Consiglio dei ministri,  ed  altri  per  il
 compimento  delle  indagini  preliminari  di  cui all'art. 7 legge 16
 gennaio 1989 n. 1, ha sollevato conflitto di attribuzione tra  poteri
 dello  Stato, ai sensi degli artt. 134 Cost. e 37 legge 11 marzo 1953
 n. 87, nei confronti della Camera dei  deputati,  in  relazione  alle
 deliberazioni  del  23  febbraio  1994 e del 18 dicembre 1993, con le
 quali la Camera restituiva al Collegio gli atti relativi alla domanda
 di autorizzazione a procedere nei confronti dell'on. Luigi Ciriaco De
 Mita ed altri;
     che con il ricorso in questione si chiede di dichiarare:  a)  che
 e'  riservata in via esclusiva al Collegio ex art. 7 legge cost. n. 1
 del 1989 la valutazione circa  la  sussistenza  dei  presupposti  per
 l'adozione del provvedimento di archiviazione ovvero per la richiesta
 di autorizzazione a procedere ai sensi dell'art. 96 Cost.; b) che, ai
 fini  di  tale valutazione, e' altresi' riservata in via esclusiva al
 Collegio la esatta determinazione dei poteri  di  indagine  e  quindi
 l'esercizio  discrezionale  di  detti  poteri;  c) che rientra invece
 nelle attribuzioni della Camera competente concedere l'autorizzazione
 a procedere, ovvero negarla ove reputi la ricorrenza  delle  esimenti
 di  cui  all'art. 9, comma 3, legge cost. n. 1 del 1989, in relazione
 al fatto-reato  cosi'  come  ipotizzato  dall'autorita'  giudiziaria,
 senza  poter in alcun modo sindacare il concreto esercizio del potere
 d'indagine e le  conseguenti  determinazioni  adottate  dal  Collegio
 nell'ambito delle attribuzioni allo stesso riservate;
      che  conseguentemente  si  chiede  di annullare la deliberazione
 della Camera dei deputati del 23 febbraio 1994, e se del  caso  anche
 la  precedente  deliberazione  del  18  dicembre 1993, per violazione
 degli artt. 8 e 9 legge cost. 16 gennaio 1989 n. 1 e degli artt.  96,
 101,  comma 2, 104, comma 1, e 112 Cost. con conseguente rinvio degli
 atti alla Camera per la definitiva deliberazione ai sensi dell'art. 9
 cit.;
      che, ai fini della sussistenza della  propria  legittimazione  a
 sollevare  conflitto di attribuzione, il Collegio ricorrente richiama
 la giurisprudenza di  questa  Corte  secondo  cui  i  singoli  organi
 giurisdizionali,  esplicando  le loro funzioni in piena indipendenza,
 sono legittimati ad essere parti nei giudizi relativi a conflitti  di
 attribuzione;  sostiene  quindi  che  tra  tali  organi  non puo' non
 rientrare anche il collegio previsto dall'art. 7 legge cost. n. 1 del
 1989,  avuto  riguardo  sia  alla  sua  composizione,  sia  alle  sue
 funzioni,  anche  in  relazione ai distinti poteri riconosciuti dalla
 stessa  legge  al  Procuratore  della  Repubblica   nell'ambito   del
 procedimento;
      che  d'altra  parte - osserva ancora il Collegio ricorrente - la
 legittimazione ad essere parti nei giudizi relativi  a  conflitti  di
 attribuzione  e'  stata  altresi'  riconosciuta  da questa Corte alla
 Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, sebbene entrambe le
 assemblee facciano  parte  del  medesimo  potere,  giacche'  l'una  e
 l'altra    sono,   in   vario   senso,   competenti   ad   esprimerne
 definitivamente la volonta', nei casi in cui ciascuna assemblea viene
 considerata in posizione di  piena  indipendenza  rispetto  all'altro
 ramo del Parlamento;
      che,  sempre  ai  fini  dell'ammissibilita'  del  conflitto,  il
 Collegio rileva che sotto il profilo oggettivo si ha che, da un lato,
 la Camera dei  deputati  non  esamina  nel  merito  la  richiesta  di
 autorizzazione   a   procedere,   ritenendo  che  il  Collegio  debba
 preventivamente  espletare  ulteriori  indagini  e,  dall'altro,   il
 Collegio  non  da'  corso  alle indagini sollecitate dalla Camera dei
 deputati, a sua volta ritenendo di non potervi procedere  in  assenza
 dell'autorizzazione,    con   conseguente   arresto   e   stasi   del
 procedimento;
    Considerato che ricorrono i requisiti di  cui  all'art.  37  della
 legge  11  marzo  1953  n.  87  ai  fini della configurabilita' di un
 conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, la cui  risoluzione
 spetta a questa Corte;
      che, infatti, ciascuno degli organi fra i quali si assume essere
 insorto  il  conflitto  e'  abilitato  ad  esercitare, nella materia,
 attribuzioni  proprie  ad  esso   conferite   da   norme   di   rango
 costituzionale;
      che  da  una  parte  l'art.  8,  comma  1,  della  citata  legge
 costituzionale n. 1  del  1989  demanda  al  Collegio  ricorrente  il
 compimento  di  indagini  preliminari  e  che l'art. 5 della medesima
 legge,  in  riferimento  all'art.   96   Cost.,   attribuisce   nella
 fattispecie  alla  Camera  il potere di deliberare l'autorizzazione a
 procedere per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni dal
 Presidente del Consiglio  dei  Ministri  e  dai  Ministri,  anche  se
 cessati dalla carica;
      che,  inoltre,  e'  nel  ricorso  prospettata  una situazione in
 astratto    riconducibile    alla    lesione    di    un'attribuzione
 costituzionalmente  garantita, quale e' quella riconosciuta dall'art.
 8, comma 1, cit. al Collegio ricorrente;
      che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato in questa  sede
 ammissibile,  mentre,  atteso il carattere di mera delibazione, senza
 contraddittorio,  della  presente  denuncia,  resta   impregiudicata,
 secondo  la  costante  giurisprudenza di questa Corte, ogni ulteriore
 decisione anche in punto di ammissibilita';