L'assemblea regionale siciliana ha approvato nella seduta del 26 maggio 1994, il disegno di legge n. 643 del titolo "Recepimento della normativa statale sul dissesto finanziario ed altri provvedimenti per gli enti locali della Sicilia" pervenuto a questo commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale, il successivo giorno 30 maggio 1994. Il provvedimento legislativo contiene una serie di prescrizioni attinenti al regime degli enti locali ed ai vari settori in cui questi intervengono con particolare riferimento all'assegnazione temporanea di personale tecnico dipendente dalla regione per le eventuali esigenze dei comuni, nonche' alle modalita' ed alla determinazione dei criteri per l'espletamento delle procedure concorsuali per soli titoli. La disposizione contenuta nell'art. 1, che spiega la parte iniziale della rubrica e che concerne il non necessario riconoscimento dell'applicabilita' in Sicilia della normativa statale sul dissesto finanziario degli enti locali, suscita rilievi di carattere costituzionale sotto il profilo del mancato rispetto dei principi di cui agli artt. 3, 97 e 119 della Costituzione. Il legislatore regionale prende lo spunto dalla dichiarazione, espressa al primo comma, dell'operativita' anche in Sicilia della vigente normativa statale in materia di dissesto finanziario degli enti locali unicamente allo scopo di apportare alla stessa sostanziali modifiche, seppure settoriali e limitate nel tempo, che finiscono con il vanificarne profondamente, nei fatti, la ratio. Appare, invero, totalmente privo di logica motivazione e fuor di luogo l'intervento legislativo dell'assemblea che dopo oltre cinque anni di pacifica e non controversa applicazione in Sicilia delle norme statali richiamate (e' improprio e fuorviante il termine recepimento) rivendica una sorta di propria competenza, in una materia assai delicata che esige uniformita' di disciplina e piena armonizzazione fra stato e regione, all'unico fine di introdurre una norma di sostanziale privilegio per i soli dipendenti di comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, che abbiano deliberato il dissesto entro il 31 gennaio 1994. Non risulta, peraltro, ne' dalla relazione illustrativa all'originario disegno di legge del Governo, ne' dai lavori parlamentari (si puo' considerare pressocche' inesistente il dibattito svoltosi in aula al momento dell'approvazione definitiva) alcuna particolare, specifica ragione di carattere generale connessa alla peculiarita' della situazione degli enti locali siciliani da porre a fondamento della norma derogatoria introdotta con il secondo comma dell'art. 1, che di seguito si trascrive: "1. Le disposizioni relative al dissesto finanziario degli enti locali, di cui all'articolo 25 del d.l. 2 marzo 1989, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, e successive modificazioni, si applicano nel territorio della regione siciliana con le integrazioni di cui ai commi seguenti. 2. Limitatamente ai comuni fino a quindicimila abitanti che abbiano deliberato il dissesto entro il 31 gennaio 1994, il personale risultante in esubero a seguito della rideterminazione della pianta organica operata con la deliberazione di dissesto, approvata a norma delle disposizioni nazionali vigenti, e' assegnato con provvedimento dell'assessore regionale per gli enti locali ad altri comuni e province della regione che presentino posti vacanti in organico di pari qualifica e profilo professionale. Il relativo onere e' posto a carico della regione. Nelle more della rideterminazione delle piante organiche di cui all'art. 3 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, il personale in mobilita' di cui al presente comma continuera' a prestare servizio presso l'ente di provenienza. Al fine di assicurare la gestione minima dei servizi, restano comunque assegnate ad ogni comune le unita' di personale necessarie per garantire la presenza di almeno cinque dipendenti. 3. Per l'assegnazione del personale in mobilita' agli enti locali della Sicilia, si applicano i criteri previsti nella normativa nazionale per gli enti in dissesto. 4. Restano salve le disposizioni legislative in vigore relative alla salvaguardia del personale assunto con finanziamenti regionali negli enti dissestati". Ed, invero, se dall'intero contesto dell'art. 1 puo' desumersi la volonta' di fare chiarezza nella materia per quanto attiene alla identificazione degli organi preposti all'applicazione, indiscussa ed indiscutibile, della legislazione nazionale richiamata nel corpo dello stesso secondo comma, (con la giustificata esclusione del personale assunto con finanziamenti regionali dagli enti dissestati di cui al quarto comma), appare, peraltro, evidente che essenziale scopo della normativa censurata e' quello di privilegiare le posizioni di determinati dipendenti comunali escludendoli dall'applicazione del terzo comma dell'art. 80 del d.l. 29 aprile 1994, n. 257. Il legislatore lungi, infatti, dal formulare una previsione di carattere generale, avvalendosi della facolta' attribuitagli dall'art. 21, comma 9- bis della legge n. 68/1993, rivolta, in favore di tutti gli enti operanti nell'ambito della regione, limita il suo intervento ai soli comuni, in tutto quindici, come risulta (allegato 1) dai chiarimenti forniti dall'amministrazione regionale, con popolazione sino a quindicimila abitanti, il cui dissesto sia stato dichiarato entro il gennaio 1994, ponendo, cosi', in essere una evidente ed ingiustificata disparita' di trattamento nei riguardi degli altri enti locali e del rispettivo personale dipendente che si trovano molto verosimilmente nella medesima condizione. L'intervento legislativo mira ad escludere che per le circa 200 unita' di personale, che si trovano nelle condizioni previste dalla norma censurata, abbia applicazione l'istituto della mobilita', di cui all'art. 3, comma 48, e seguenti della legge n. 537/1993, vanificando nella realta' uno degli aspetti fondamentali della stessa che per molti versi assume il carattere di riforma economico-sociale destinata com'e' al risanamento delle dissestate finanze pubbliche anche attraverso la razionalizzazione dell'impiego delle risorse umane nella pubblica amministrazione. Non appare, peraltro, improntato a criteri di buona amministrazione il disporre nei comuni cui e' rivolta la norma il mantenimento in servizio presso gli stessi, in difformita' da quanto previsto per analoghi casi dalla legislazione nazionale di riferimento, di tutto il personale dichiarato in esubero in assenza di specifiche, peculiari esigenze di servizio. Infatti non risulta che il legislatore abbia posto apposito studio ed analisi a sostegno della scelta effettuata, anche nella considerazione che negli enti locali interessati molto verosimilmente presta la propria opera, altro personale assunto con finanziamenti regionali ed escluso, come accennato, espressamente quarto comma dall'applicazione della disciplina sul dissesto. La norma si rivela quindi rivolta piu' che a finalita' di interesse pubblico generale attinenti alla garanzia del mantenimento e della prosecuzione regolare dei servizi pubblici ad esclusivo beneficio dei dipendenti che il legislatore vuole lasciare in servizio nelle stesse sedi in attesa dell'adozione dei provvedimenti di rideterminazione delle piante organiche previsti dalla piu' volte citata legge n. 537/1993 da parte delle amministrazioni di nuova destinazione. Il legislatore siciliano nel pur umanamente plausibile intento di non arrecare pregiudizi economici al personale in esubero non tiene conto delle norme statali che prevedono appositi trasferimenti di risorse destinate alla finalita' in questione e si assume l'intero onere finanziario, non indifferente, del pagamento integrale della retribuzione. La disposizione in argomento proprio perche' avulsa, come prima esposto, da effettive esigenze di carattere operativo degli uffici pubblici si connota come un'ingiustificato e settoriale intervento di favore nei confronti di un ristretto numero di beneficiari che oltretutto collide anche con il principio sancito dall'art. 119 della Costituzione sulla necessita' del coordinamento fra la finanza statale e quella regionale. Non ininfluente e', altresi', la considerazione che l'attuale negativa congiuntura economica comporta la necessita' di un intervento globale, non suscettibile di immotivate deroghe ed esclusioni, di rigoroso contenimento della spesa pubblica e di razionalizzazione dell'utilizzazione delle riserse umane e finanziarie. Tale contemperamento e valutazione delle opposte posizioni ed interessi, pubblici e privati dei singoli dipendenti, e' stato posto in essere con le disposizioni di cui alle leggi n. 144/1989 e n. 537/1993 (art. 3) ed ai decreti-legge n. 253 (art. 2) e 257 (art. 80) del 1994 che costituiscono nel loro insieme un unicum inscindibile e non susscettibile di frazionamento od esclusione limitata per singole parti del territorio e per specifiche fattispecie in quanto consente di tutelare esigenze sostanzialmente di carattere unitario, nonche' di comporre in equilibrio queste ultime con le istanze dell'autonomia. (C.c. n. 107/1987). Al legislatore regionale non e' consentito, pertanto, introdurre modifiche che possono alterare profondamente, nelle finalita' e negli effetti, la completa ed esaustiva normativa statale per il perseguimento di interessi non solo non riconducibili alla tutela di valori costituzionali, quali ad esempio quello del buon andamento della p.a., in relazione a peculiari situazioni locali, ma addirittura confliggenti con il principio di eguaglianza. L'intrinseca incostituzionalita' della norma regionale appare ancora piu' palese se la si pone a raffronto con le vigenti disposizioni legislative nazionali. L'art. 25, quinto comma, della legge n. 144/1989, che, come si e' piu' volte detto ha trovato sinora piena e diretta applicazione in Sicilia ed in base al quale e' stato dichiarato il dissesto dei quindici comuni interessati, impone agli stessi di rideterminare la propria pianta organica secondo appositi parametri in relazione al rapporto medio, distinto per fasce demografiche, dipendenti-abitanti con conseguente assoggettamento alle procedure di mobilita' per il personale dichiarato in esubero. Con successiva legge n. 68/1993 all'art. 21 (quarto comma) sono determinati i criteri e le modalita' per la realizzazione effettiva della suddetta mobilita' per le unita' di personale ritenute eccedenti con attribuzione espressa (comma 9- bis), per le sole regioni a Statuto Speciale, della facolta' di aggiungere ulteriori posti alle piante organiche degli enti dissestati rideterminate ai sensi delle predette disposizioni, a condizione che gli oneri derivanti ne siano assunti dalle Regioni stesse e che l'intervento abbia carattere generalizzato per tutti gli enti operanti nell'ambito regionale di propria competenza. Secondo, l'art. 80, terzo comma, del recente d.l. del 26 aprile 1994, n. 257 inoltre, il personale degli enti locali dichiarati dissestati entro il 1993, eccedente rispetto ai parametri stabiliti dall'art. 25 del d.l. n. 8/1993, e' considerato in disponibilita' a tutti gli effetti di legge e l'onere relativo e' posto a carico della quota del fondo previsto dall'art. 35 del d.lgs. n. 504/1992. Il dipendente collocato in disponibilita', che cessa da ogni prestazione lavortiva e a cui viene corrisposta un'indennita' pari all'80% della retribuzione per un periodo non superiore ad un biennio, prorogabile una sola volta, puo' essere trasferito presso le pubbliche amministrazioni che presentino le dovute vacanze nelle rispettive piante organiche. Il legislatore siciliano a fronte della sommariamente illustrata esaustiva disciplina, la cui piena applicazione sinora e' rimasta indiscussa, introduce una disposizione che ai fini pratici costituisce per una ristretta categoria di soggetti una sorta di vero privilegio che non tiene in alcun conto i principi ispiratori della normativa statale. Per i soli comuni destinatari della norma derogatoria della disciplina di carattere generale (in tutto 15) si stabilisce, infatti senza alcuna valida e chiara giustificazione, che la regione si faccia carico del pagamento, senza la prefissione di un preciso termine, delle retribuzioni ai dipendenti prima dichiarati in esubero e da assegnarsi successivamente agli enti locali che presentino posti vacanti nelle piante organiche in base alla ridetermninazione della stessa effettuata ai sensi della legge n. 537/1993 (art. 3). Orbene appare ictu oculi l'incongruenza del comportamento del legislatore che pone a carico del bilancio regionale oneri finanziari gia' assunti dallo Stato, atteso che non si tratta del mantenimento o dell'istituzione di nuovi posti, ipotesi questa che rientrerebbe nella facolta' prevista dal citato art. 21, comma 9- bis, della legge n. 68/1993 e che troverebbe logica giustificazione nell'intento di garantire attuali livelli occupazionali nell'isola. L'intervento e' rivolto infatti, a pochi comuni di cui non si conoscono le peculiari situazioni, ma che con ogni verosimiglianza non divergono da quella della generalita' degli enti locali dell'isola, il cui personale dichiarato in esubero in attesa del verificarsi delle condizioni richieste per la mobilita', continuerebbe a prestare servizio presso l'ente di provenienza. Servizio ed attivita' di cui si e' peraltro accertata la non indispensabilita' a seguito alla effettuata verifica con il rapporto medio abitanti-indipendenti in sede di dichiarazione di dissesto ed alla presumibile presenza negli stessi comuni dissestati di altro personale assunto e retribuito con specifici finanziamenti regionali previsti da precedenti disposizioni legislative. Alla luce delle precedenti considerazioni e' di palmare evidenza che la disciplina derogataria teste' introdotta persegue come esclusivo fine la tutela delle posizioni giuridiche ed economiche di determinati e ben identificati soggetti attribuendo loro una ingiustificata situazione di provilegio che composta una disparita' di trattamento rispetto alla generalita' dei dipendenti pubblici soggetti alla procedura di mobilita' con conseguente e connesso pregiudizio per il buon andamento della p.a. intesa nella sua globalita'.