IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel  procedimento  penale  n.
 2710/94  r.g.g.i.p.  a  carico  di Nanci Elena nata a Catanzaro il 12
 novembre 1957 e residente in Trento, via S. Marco, 4,  "imputata  del
 reato  previsto  e  punito dall'art. 106 del d.P.R. 30 marzo 1957, n.
 361, cosi' come richiamato dall'art. 75 l.r. T.-A.A. 8  agosto  1983,
 n.  7,  per  avere,  in  occasione  delle elezioni per il rinnovo del
 consiglio  regionale  del   Trentino-Alto   Adige   dell'anno   1993,
 sottoscritto  piu'  di  una lista di candidati; precisamente per aver
 sottoscritto la lista dei candidati di Solidarieta' e nel contempo la
 lista dei candidati di Alleanza Democratica.
    Fatto commesso in Trento,  in  data  anteriore  e  prossima  al  9
 novembre 1993.
                           RILEVATO IN FATTO
    In  data  13  aprile 1994 il pubblico ministero formulava ai sensi
 degli artt. 459 e 565 del c.p.p. richiesta di  emissione  di  decreto
 penale di condanna nei confronti di Nanci Elena per il reato indicato
 in epigrafe.
    Tuttavia in via pregiudiziale il p.m. chiedeva "la declaratoria di
 rilevanza    e   non   manifesta   infondatezza   dell'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 75 della l.r. T.-A.A. n. 7/1983".
    Sosteneva il p.m. che detta norma introdurrebbe per il  territorio
 della regione Trentino-Alto Adige un trattamento sanzionatorio penale
 piu' favorevole rispetto a quello applicabile in identica fattispecie
 nel  resto del territorio nazionale in quanto richiama l'art. 106 del
 d.P.R. n. 361/1957 (che prevede una pena della reclusione fino a  tre
 mesi  o  la  multa  fino a L. 50.000), anziche' il combinato disposto
 degli artt. 1 della legge  n.  108/1968,  28  e  93  della  legge  n.
 570/1960  (che  prevede  una pena della reclusione fino a due anni ed
 una multa fino a L. 100.000). Di conseguenza a detta del p.m.  l'art.
 75  della  l.r.  T.-A.A.  sarebbe  costituzionalmente illegittimo per
 violazione  degli  artt.  3  e  25  della  Costituzione  in   quanto,
 introducendo  un  trattamento  sanzionatorio  penale  dell'ipotesi di
 plurima sottoscrizione di liste in elezioni amministrative diverso  e
 piu'  favorevole rispetto a quello stabilito con legge statale per il
 rimanente territorio nazionale, contrasta sia  con  il  principio  di
 eguaglianza  sia  con  il  principio  di  riserva di legge statale in
 materia penale.
                          RITENUTO IN DIRITTO
    Viene  sollevata  la  questione  di  legittimita'   costituzionale
 dell'art.  75  (in  relazione al divieto previsto dall'art. 18, primo
 comma, della l.r. 8  agosto  1983,  n.  7  nella  parte  in  cui,  in
 riferimento  all'illecito  della  sottoscrizione  di  piu'  liste  di
 candidati alle elezioni del  consiglio  regionale  del  Trentino-Alto
 Adige,  richiama,  per  quanto  riguarda  le  disposizioni penali, le
 disposizioni del d.P.R. 30 marzo  1957,  n.  361  ("Approvazione  del
 testo  unico  delle  leggi recanti norme per la elezione della Camera
 dei Deputati") - in particolare l'art. 106 -, anziche'  quelle  della
 legge  17  febbraio  1968, n. 108 ("Norme per l'elezione dei consigli
 regionali delle regioni a statuto normale"), le  quali  a  sua  volta
 richiamano  quelle  del  d.P.R.  16 maggio 1960, n. 570 ("Testo unico
 delle leggi per la  composizione  e  l'elezione  degli  organi  delle
 amministrazioni comunali") - in particolare l'art. 93 ultima parte.
                  Sulla rilevanza nel giudizio a quo
    Il  giudizio  in  corso non puo' essere definito indipendentemente
 dalla risoluzione della questione di legittimita'  costituzionale  in
 quanto  allo stato si dovrebbe procedere all'applicazione della norma
 impugnata.
    E' noto che nel  nostro  ordinamento  il  contrasto  tra  precetto
 costituzionale  e  norma  di  legge  ordinaria  (anche  di  fonte non
 statale) non puo' essere superato autonomamente dal giudice  mediante
 disapplicazione  (che  e'  potere  esercitabile solo nei confronti di
 provvedimenti  amministrativi  illegittimi)  della  norma  di   legge
 ordinaria.    Cosi'  facendo il giudice violerebbe i precetti ex art.
 137, primo comma, della Costituzione ed ex l.c. 9 febbraio  1948,  n.
 1,  che impongono al giudice di rinviare alla Corte costituzionale le
 questioni di legittimita' costituzionale delle  leggi  e  degli  atti
 aventi  forza  di  legge.    Allo  stesso modo deve essere risolto il
 contrasto tra le disposizioni dello statuto speciale di autonomia per
 il  Trentino-Alto  Adige,  che,  ai   sensi   dell'art.   116   della
 Costituzione,  ha  valore di legge costituzionale, e le leggi emanate
 dalla regione e dalle due province autonome nell'esercizio della loro
 potesta' legislativa.  Non sembra dover escludere la rilevanza  dalla
 questione  la  circostanza che anche nel caso la Corte costituzionale
 dovesse addivenire ad una pronuncia di illegittimita'  costituzionale
 nel  giudizio  a  quo  si  dovrebbe comunque applicare, in virtu' del
 principio di irretroattivita' della norme  penali  sancito  dall'art.
 25,  secondo  comma, della Costituzione, il trattamento sanzionatorio
 piu' favorevole (ossia quello stabilito dall'art. 106 del  d.P.R.  n.
 361/1957).    Infatti,  se e' vero che in piu' occasioni (ex plurimis
 sentt. nn.  90/1979, 122/1977, 85/1976, 26/1975 e 62/1969)  la  Corte
 costituzionale  ha  ritenuto  l'impossibilita'  della rilevanza delle
 questioni di costituzionalita' concernenti norme penali di favore  in
 quanto  il  principio  di irretroattivita' delle sanzioni penali piu'
 sfavorevoli al reo impedirebbe che in ogni caso un'eventuale sentenza
 di   accoglimento  possa  produrre  un  effetto  pregiudizievole  per
 l'imputato nel processo penale pendente innanzi  al  giudice  a  quo,
 tuttavia  nel caso in esame si procederebbe all'applicazione non gia'
 della  norma  regionale  impugnata  (l'art.  75  della  l.r.  T.-A.A.
 7/1983),  ma di una norma statale incriminatrice, che rimane estranea
 al giudizio di costituzionalita'.  D'altra parte se cosi' non  fosse,
 non si comprenderebbe il motivo per cui la Corte costituzionale abbia
 ritenuto  rilevante la questione tutte le volte (si vedano ad esempio
 le sentenze piu' oltre citate) in cui ha dichiarato  l'illegittimita'
 costituzionale  di  norme regionali, che, in violazione del principio
 di riserva di legge statale in materia  penale,  scriminavano  alcune
 condotte previste dalla legge statale come reato.
                    Sulla non manifesta infondatezza
    La  questione di legittimita' costituzionale non e' manifestamente
 infondata.
    E' consolidato nella giurisprudenza della Corte costituzionale (ex
 plurimis sentt. nn. 231/93, 437/92, 504/91, 213/91,  197/91,  117/91,
 18/1991, 487/1989, 179/1986) l'orientamento secondo cui la riserva di
 legge   statale  in  materia  penale,  prevista  dall'art.  25  della
 Costituzione, costituisce un principio di rango  costituzionale,  che
 condiziona  l'autonomia  legislativa  regionale  anche nel caso delle
 regioni a statuto speciale e delle province autonome.    Un  siffatto
 condizionamento  e' previsto nello stesso statuto laddove (art. 4) e'
 stabilito che la potesta' legislativa regionale (ivi compresa  quella
 di  tipo  esclusivo)  deve  essere  esercitata  "in  armonia  con  la
 Costituzione e  con  i  principi  dell'ordinamento  giuridico".    Ne
 consegue  che  anche  la legge regionale, la quale ai sensi dell'art.
 25, primo comma, dello statuto speciale per  il  Trentino-Alto  Adige
 (d.P.R.  31 agosto 1972, n. 670) disciplina le elezioni del Consiglio
 regionale, e' assoggettata a quel limite.   Inoltre l'art.  23  dello
 statuto speciale prevede che "la regione e le province utilizzano - a
 presidio  delle  norme contenute nelle rispettive leggi - le sanzioni
 penali  che  le  leggi  dello  Stato  stabiliscono  per   le   stesse
 fattispecie".    Si  legge  nella relazione governativa al disegno di
 legge costituzionale (poi divenuto l.c. 11 novembre 1971, n.  1)  che
 questa   norma   costituisce   "l'applicazione   in   sede  normativa
 dell'insegnamento   della   Corte   costituzionale    sui    rapporti
 Stato-regioni  in materia penale" e che "resta fermo il principio che
 la fonte del potere penale e' quella esclusiva dello Stato e  che  la
 norma   penale   (eventualmente   posta   dalla   legge  regionale  o
 provinciale)  non  viene  a  far  parte  dell'ordinamento   giuridico
 prodotto  dalla  regione  o  dalla  provincia,  la  quale  si  limita
 esclusivamente a ricordare che per una determinata fattispecie esiste
 una sanzione penale prevista dalla legge statale".
    E' evidente come la fattispecie prevista  dagli  artt.  18,  primo
 comma,  e  75  della l.r. 8 agosto 1983, n. 7 (sottoscrizione di piu'
 liste di candidati alle elezioni  del  consiglio  regionale)  non  e'
 identica  a  quella  prevista  dagli artt. 20, sesto comma, e 106 del
 d.P.R. 30 marzo  1957,  n.  361  (sottoscrizione  di  piu'  liste  di
 candidati  alle elezioni della Camera dei deputati).  Tale indentita'
 (e comunque una maggior omogeneita') sussiste, invece,  in  relazione
 alla  fattispecie  prevista dal combinato disposto dell'art. 1 del 17
 febbraio 1968, n. 108 e degli artt. 28, quarto comma, e 93 del d.P.R.
 16  maggio  1960,  n.  570 (sottoscrizione di piu' liste di candidati
 alle  elezioni  dei  consigli  regionali  delle  regioni  a   statuto
 normale).   Il legislatore regionale, utilizzando una sanzione penale
 prevista dalla legge statale per una fattispecie diversa, pur  avendo
 a  disposizione  una norma penale statale dettata per una fattispecie
 piu' omogenea a  quella  disciplinata,  ha  violato  l'art.  4  dello
 statuto  speciale,  che  pone  tra i limiti alla potesta' legislativa
 regionale il principio costituzionale di  riserva  di  legge  statale
 previsto  dall'art.  25 della Costituzione, e l'art. 23 dello statuto
 speciale,  che  consente  alla  regione   soltanto   di   "ricordare"
 l'esistenza  di  una sanzione penale prevista dalla legge statale per
 la medesima fattispecie.
    Sotto altro profilo la norma impugnata  appare  violare  l'art.  3
 della  Costituzione  nella  parte in cui determina per gli autori del
 reato (costituito dalla sottoscrizione di  piu'  liste  di  candidati
 alle elezioni del consiglio regionale) una disciplina piu' favorevole
 nella  regione  Trentino-Alto  Adige rispetto al resto del territorio
 nazionale.
    Infatti la norma penale utilizzata dal legislatore regionale (art.
 106 del d.P.R. n. 361/1957) prevede la sanzione della reclusione sino
 a tre mesi o della multa sino a L. 50.000,  mentre  la  norma  penale
 applicabile   nel  resto  del  territorio  nazionale  per  l'identica
 fattispecie (art. 93 del d.P.R. n. 570/1960) prevede  la  piu'  grave
 sanzione  della  reclusione  fino  a due anni e della multa fino a L.
 100.000.