IL PRETORE 1. - Nell'ambito del presente procedimento ritiene il pretore di dover dichiarare rilevante e non manifestamente infodanta, per violazione degli artt. 3, 9, 32 e 41 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, primo comma, del d.l. 15 luglio 1994, n. 449, nella parte in cui, per gli scarichi diversi da "quelli provenienti da insediamenti abitativi o adibiti a uno svolgimento di attivita' alberghiera, turistica, sportiva, ricreativa, scolastica e sanitaria", prevede: a) l'applicazione della "sola sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire dodici milioni" - e pertanto la depenalizzazione - nelle ipotesi di "inosservanza dei limiti di accettabilita' di cui alle tabelle allegate" alla legge n. 319/1976; tali ipotesi eranno in precedenza riconducibili alla previsione di reato di cui all'art. 21, terzo comma, della legge n. 319/1976, anche nel testo modificato per effetto dei decreti-legge non convertiti che hanno preceduto il decreto n. 449/1994, i quali avevano depenalizzato la violazione dei limiti tabellari soltanto per gli scarichi civili; b) l'applicazione della "sola ammenda sino a lire sessanta milioni" - pertanto una drastica riduzione della precedente disciplina sanzionatoria, che prevedeva l'arresto da due mesi a due anni - "qualora siano superati i limiti di accettabilita' inderogabili per i parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile, di cui al numero 4) del documento unito alla delibera 30 dicembre 1980 del comitato interministeriale" previsto dalla legge n. 319/1976. 2. - Ed infatti, quanto alla non manifesta infondatezza, va osservato quanto segue: 2.1. - Nell'ambito della disciplina originaria di cui alla legge 10 maggio 1976, n. 319, il reato piu' grave, perche' comportante lesione o pericolo per l'interesse protetto, e' sempre stato considerato quello previsto dall'art. 21, terzo comma (scarico con violazione dei limiti tabellari), particolarmente nell'ipotesi in cui lo scarico provenga da insediamento produttivo. 2.2. - La sanzione penale prevista dal testo originario della disposizione incriminatrice e' infatti la piu' elevata fra quelle contenute nella legge Merli: l'arresto da due mesi a due anni (art. 21, terzo comma, in relazione al primo comma dello stesso articolo), con l'aggiunta della pena accessoria dell'incapacita' di contrattare con la pubblica amministrazione (art. 21, quarto comma). Gli altri reati previsti dalla legge n. 319/1976 - per lo piu' di carattere formale - sono sanzionati in modo piu' lieve, e, soprattutto, l'eventuale pena detentiva e' sempre prevista in alternativa rispetto alla pena pecuniaria. 2.3. - L'art. 3, primo comma, del presente d.l. 15 luglio 1994, n. 449, dispone tuttavia, fra l'altro, per gli scarichi diversi da "quelli provenienti da insediamenti abitativi o adibiti a uno svolgimento di attivita' alberghiera, turistica, sportiva, ricreativa, scolastica e sanitaria": l'applicazione della "sola sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire dodici milioni" - e pertanto la depenalizzazione - nelle ipotesi di "inosservanza dei limiti di accettabilita' di cui alle tabelle allegate" alla legge n. 319/1976; l'applicazione della "sola ammenda sino a lire sessanta milioni" - e pertanto una drastica riduzione della precedente disciplina sanzionatoria - "qualora siano superati i limiti di accettabilita' inderogabili per i parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile, di cui al n. 4) del documento unito alla delibera 30 dicembre 1980 del comitato interministeriale" previsto dalla legge n. 319/1976. 2.4. - La disposizione di legge teste citata depenalizza pertanto gran parte delle ipotesi di superamento, da parte degli scarichi provenienti da insediamenti produttivi, dei limiti indicati nelle tabelle allegate alla legge n. 319/1976. Resta penalmente sanzionato - ma con la sola ammenda - esclusivamente il superamento dei parametri dichiarati inderogabili dalla delibera del comitato interministeriale del 1980. 2.5. - Gia' ad un primo e sommario esame, la disposizione della cui costituzionalita' si dubita appare inserita in un contesto normativo approssimativo, frettolosamente predisposto ed irrazionale. Si consideri, solo a titolo di esempio, che: il titolo del d.l. n. 449/1994 - che reitera per la quarta volta precedenti decreti non convertiti e riguardanti soltanto gli scarichi civili e quelli delle pubbliche fognature - fa ancora riferimento esclusivamente a questi tipi di scarichi, mentre la norma della cui costituzionalita' si dubita (la quale non trova riscontro nelle precedenti versioni del decreto) riguarda tutti gli scarichi, e percio' anche (ed anzi principalmente) quelli produttivi; il d.l. n. 449/1994 appare zeppo di incongruenze e di gravi errori formali: basti pensare che viene modificata la disciplina della custodia cautelare per i reati previsti dalla legge n. 319/1976 (art. 3, secondo comma, del d.l.), quando invece, sin dall'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, la possibilita' della custodia cautelare per tali reati e' tassativamente esclusa (art. 280 del c.p.p.). 2.6. - Ad un esame piu' approfondito, si avverte poi che la disposizione in esame contrasta con precise norme della Costituzione. Ed infatti: 2.6. a) Il contrasto con l'art. 3 della Costituzione (principio di ragionevolezza) emerge dalla irrazionale e contraddittoria diversita' del trattamento sanzionatorio per le diverse ipotesi di reato previste dalla legge n. 319/1976, quale risulta per effetto del d.l. n. 449/1994. Infatti nel disegno originario della legge n. 319/1976 erano previsti diversi reati, alcuni dei quali di natura formale (collegati alla richiesta e rilascio dell'autorizzazione) ed altri di natura sostanziale. Fra questi ultimi la legge considerava particolarmente grave, e percio' meritevole di un trattamento sanzionatorio piu' severo, proprio lo scarico (da insediamento produttivo) con violazione dei limiti tabellari. L'improvvisa ed immotivata depenalizzazione di tale reato (che resta sanzionato con la mera ammenda nel solo caso di violazione di alcuni parametri) operata dal d.l. n. 449/1994 comporta un trattamento irrazionale di situazioni differenti: al punto che le violazioni meno gravi e puramente formali risultano punite con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda (v. ad esempio art. 21, primo comma), mentre il superamento dei limiti tabellari da parte di scarico produttivo, che pure pone sempre in pericolo - diversamente dalle violazioni formali - gli interessi protetti dalla normativa in esame e' in alcuni casi depenalizzato ed in altri sanzionato con la sola ammenda. E' appena il caso di ricordare che il principio di eguaglianza consente al legislatore di emanare norme differenziare riguardo a situazioni obiettivamente diverse solo a condizione che tali norme rispondano all'esigenza che la disparita' di trattamento sia fondata su presupposti logici obiettivi, i quali razionalmente ne giustifichino l'adozione (v. per tutte la sentenza n. 7/1963 della Corte costituzionale). In diverse e recenti occasioni, del resto, la Corte costituzionale ha emesso decisioni di accoglimento, dichiarando l'incostituzionalita' di disposizioni che prevedevano un trattamento sanzionatorio irrazionalmente differenziato rispetto a quello previsto per altre fattispecie. Si pensi, ad esempio, alle decisioni con cui la Corte: ha "diminuito" la pena edittale minima per l'oltraggio (sentenza n. 341/1994); ha riconosciuto la possibilita' di sostituire le pene detentive per le lesioni colpose causate da incidenti sul lavoro o per alcuni reati previsti proprio dalla legge n. 319/1976 (rispettivamente, sentenze nn. 249/1993 e 254/1994). 2.6. b) Il contrasto con gli artt. 9 e 32 della Costituzione emerge dalla palese contraddittorieta' della disposizione in esame rispetto all'obiettivo di tutelare "il paesaggio", inteso oggi anche come ecosistema nel suo complesso, ed all'obbligo di salvaguardare il diritto assoluto ed incondizionato alla salute, configurabile come diritto all'ambiente salubre (v. per tutte la nota sentenza delle sezioni unite 6 ottobre 1979, n. 5172, nonche' Corte costituzionale 31 dicembre 1987, n. 641 e Corte costituzionale 16 marzo 1990, n. 127). Rispetto al profilo del diritto alla salute, la diminuzione della sanzione penale prevista per la violazione dei parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile appare di una gravita' sconcertante: non solo per la natura della pena (non piu' l'arresto, ma la sola ammenda), ma anche per le conseguenze del diverso e meno grave trattamento sanzionatorio in termini di (non) applicabilita' di sanzioni accessorie, di termine di prescrizione del reato, di ammissibilita' dell'oblazione. Con riferimento a quest'ultimo punto, va osservato che l'oblazione applicabile nel caso in esame sarebbe quella "semplice" prevista dall'art. 162 del c.p., con la conseguente impossibilita' del giudice di negare l'oblazione quando "permangano conseguenze pericolose o dannose del reato eliminabili da parte del contravventore" (art. 162- bis c.p.): ne deriva fra l'altro - in caso di richiesta di oblazione - l'impossibilita' di disporre il sequestro preventivo. Sono tutte conseguenze palesemente assurde, se si considera la natura sostanziale del reato e la circostanza che esso - nella nuova formulazione risultante per effetto del d.l. n. 449/1994 - prevede sempre il superamento di parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile. 2.6. c) Il contrasto con l'art. 41 della Costituzione si puo' comprendere ricordando che tale norma, fra l'altro, vieta lo svolgimento dell'iniziativa economica privata "in contrasto con l'utilita' sociale", ed impone alla legge di determinare i programmi opportuni perche' l'attivita' economica possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Su tale base, puo' ritenersi coperto da garanzia costituzionale il principio "chi inquina paga", da tempo affermato dalla normativa internazionale e comunitaria ed ogni espressamente sancito nell'art. 130R dell'Atto unico europeo, ratificato con legge 23 dicembre 1986, n. 909. La "costituzionalizzazione" del principio "chi inquina paga" - oggi chiaramente presupposta da diverse decisioni della Cassazione (v. per esempio Cass., sezione terza, 2 febbraio 1994, n. 2525 e Cass., sezione terza, 6 aprile 1993, n. 3148) - venne per la prima volta sostenuta in modo esplicito nell'ordinanza di rimessione 28 luglio 1989 del pretore di Verona, sezione distaccata di Caprino Veronese, in tema di "costi eccessivi" delle migliori tecnologie disponibili necessarie per contenere l'inquinamento atmosferico (Gazzetta Ufficiale, prima serie speciale, n. 43 del 1989). Nel definire - attraverso una decisione interpretativa di rigetto (sentenza 16 marzo 1990, n. 127) - la questione di costituzionalita' allora sollevata, la Corte ha mostrato, in modo implicito ma chiaro, di condividere la sostanza della tesi, esposta nell'ordinanza di rimessione, secondo la quale l'art. 41 della Costituzione consente di ritenere "costituzionalizzato" il principio "chi inquina paga". La Corte infatti - nella motivazione della sentenza n. 127/1990 - afferma testualmente che, se l'esatta interpretazione delle norme allora denunciate (art. 2, n. 7, del d.P.R. n. 203/1988 e art. 674 del c.p.) fosse stata quella prospettata dal pretore, si sarebbero dovuti ritenere confermati "i dubbi espressi dall'ordinanza di rimessione". La Corte pertanto defini' la questione attraverso una sentenza di rigetto solo dopo aver sostenuto un'interpretazione delle norme ordinarie allora denunciate diversa da quella prospettata dal pretore e conforme - fra l'altro - al principio "chi inquina paga". Cio' premesso, appare evidente al pretore la contraddizione grave che l'art. 3, primo comma, del d.l. n. 449/1994 introduce rispetto al principio "chi inquina paga", e - conseguentemente - rispetto all'art. 41 della Costituzione. La norma denunciata infatti favorisce apertamente chi ha violato la legge e penalizza invece, anche sul pi- ano della concorrenza fra imprese, proprio le aziende che hanno affrontato rilevanti investimenti per adeguare i propri impianti alle esigenze di tutela ambientale. 3. - Quanto poi alla rilevanza nel presente giudizio della questione prospettata, va osservato quanto segue: 3.1. - Nel procedimento n. 551/1994 r.g., la cui udienza dibattimentale e' fissata per il 29 settembre 1994, all'imputato, titolare di uno scarico produttivo, viene fra l'altro contestato il reato di cui all'art. 21, terzo comma, della legge n. 319/1976 in relazione al superamento dei limiti tabellari "quanto ai parametri cadmio e tensioattivi". 3.2. - Il parametro "tensioattivi" non rientra fra quelli di natura tossica, persistente e bioaccumulabile, di cui al n. 4) del documento unito alla delibera 30 dicembre 1980 del comitato interministeriale previsto dalla legge n. 319/1976. Con riferimento al superamento di tale parametro, il reato deve percio' intendersi depenalizzato per effetto della norma oggetto del presente giudizio di costituzionalita'. 3.3. - Il parametro "cadmio" rientra invece fra quelli di natura tossica, persistente e bioaccumulabile, di cui al n. 4) del documento unito alla delibera 30 dicembre 1980 del comitato interministeriale previsto dalla legge n. 319/1976. Con riferimento al superamento di tale parametro, la norma oggetto del presente giudizio di costituzionalita' prevede, come si e' osservato, l'applicazione della sola pena dell'ammenda anziche' della pena dell'arresto, come originariamente previsto dall'art. 21, terzo comma, della legge n. 319/1976. Il termine di prescrizione (art. 157 del c.p.) e' percio' oggi di due anni (aumentabili a tre ex art. 160 del c.p.), anziche' di tre anni (aumentabili a quattro anni e sei mesi ex art. 160 del c.p.), come in precedenza. Poiche' il superamento dei limiti sarebbe avvenuto in data 22 aprile 1991, il reato, con riferimento al superamento del perametro "cadmio", deve intendersi prescritto per effetto della norma oggetto del presente giudizio di costituzionalita'. 3.4. - Da quanto esposto ai punti 3.2 e 3.3 emerge che, in applicazione della norma oggetto del giudizio di costituzionalita', dovrebbe essere pronunciata sentenza predibattimentale di proscioglimento ex art. 129 del c.p.p.: perche' il fatto non e' piu' previsto dalla legge come reato, quanto al superamento del parametro "tensioattivi"; perche' il reato e' estinto per intervenuta prescrizione, quanto al superamento del parametro "cadmio". 3.5. - Qualora invece la questione di costituzionalita' venisse accolta, dovrebbe procedersi a dibattimento. 3.6. - Dalle considerazioni esposte si desume che il presente giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. 4. - Come e' agevole comprendere dal punto 1) e dal dispositivo della presente ordinanza, l'oggetto della questione di costituzionalita' prospettata e' delimitato alle ipotesi di superamento: da parte degli scarichi provenienti da insediamenti produttivi o di pubbliche fognature convoglianti esclusivamente o prevalentemente scarichi produttivi (ovverossia - per utilizzare l'eccentrica definizione contenuta nel decreto - da parte degli scarichi diversi da "quelli provenienti da insediamenti abitativi o adibiti a uno svolgimento di attivita' alberghiera, turistica, sportiva, ricreativa, scolastica e sanitaria"); dei limiti di accettabilita' direttamente prescritti per tali scarichi dalle tabelle allegate alla legge n. 319/1976. Restano invece escluse dall'ambito della questione prospettata: l'ipotesi di superamento dei limiti tabellari di cui alla legge n. 319/1976 da parte di scarichi civili o di pubbliche fognature convoglianti esclusivamente o prevalentemente scarichi civili; l'ipotesi di superamento, da parte di qualsiasi tipo di scarichi, dei limiti "specifici eventualmente prescritti in sede di rilascio dell'autorizzazione o di modifica della stessa". Le ragioni di una simile delimitazione dell'oggetto della questione sono sostanzialmente due. In primo luogo, dal punto di vista della rilevanza (v. sopra sub 3), il presente procedimento ha per oggetto il superamento, da parte di uno scarico proveniente da insediamento produttivo, dei limiti tabellari direttamente fissati dalla tabella A allegata alla legge n. 319/1976. In secondo luogo, dal punto di vista della non manifesta infondatezza (e percio' del merito della questione: v. sopra sub 2), il reato di superamento dei limiti tabellari e' stato tradizionalmente riferito, sino a pochi anni fa, dalla giurisprudenza e dalla dottrina assolutamente costanti, esclusivamente alla violazione, da parte degli scarichi produttivi, dei limiti tabellari direttamente fissati dalla legge statale. Soltanto negli ultimi tempi la Corte dei cassazione, attraverso decisioni del tutto nuove e criticate dalla prevalente e piu' autorevole dottrina, ha ipotizzato l'applicabilita' del reato di cui all'art. 21, terzo comma, della legge anche agli scarichi civili (v. in particolare Cass., sezioni unite penali, 12 febbraio 1993, Tognetti) e, comunque, anche alle ipotesi di superamento di limiti contenuti nel provvedimento di autorizzazione e piu' restrittivi di quelli tabellari (v. per tutte Cass., sezione terza penale, 17 febbraio 1988, Gremmo). Tali decisioni, ad avviso del pretore, alterarono in modo improvviso e ingiustificato l'equilibrio che era stato in precedenza raggiunto nell'applicazione della legge n. 319/1976, ed offrirono cosi' un pericoloso ed inutile pretesto, ora strumentalmente utilizzato, per tentare di giustificare un intervento normativo (quale quello della cui costituzionalita' si dubita) il cui significato e' quello di sottrarre alla sanzione penale proprio il comportamento piu' grave e pericoloso per l'ambiente e la salute dei cittadini: la violazione, da parte degli scarichi produttivi, dei limiti tabellari fissati direttamente dalla legge. Anche per questa ragione la censura di costituzionalita' qui prospettata non investe la depenalizzazione del superamento dei limiti tabellari da parte degli scarichi civili (del resto contenuta anche nei decreti non convertiti che hanno preceduto quello ora in vigore), ne' la dichiarata inapplicabilita' della sanzione prevista dal testo originario dell'art. 21, terzo comma, all'ipotesi di superamento di limiti contenuti nel provvedimento di autorizzazione e piu' restrittivi di quelli tabellari. Essa, al contrario, si limita ad investire: la depenalizzazione del superamento, da parte di scarichi produttivi, dei limiti tabellari direttamente fissati dalla legge statale ma non dichiarati inderogabili dalla citata delibera del comitato interministeriale; la previsione di una sanzione penale ingiustificatamente modesta, e comunque inferiore a quelle previste per reati meno gravi pure contenuti nella legge n. 319/1976, per il superamento, da parte di scarichi produttivi, dei limiti tabellari direttamente fissati dalla legge statale ed inoltre dichiarati inderogabili dalla citata delibera del comitato interministeriale. Pertanto l'eventuale accoglimento della questione di costituzionalita' prospettata avrebbe l'effetto di ripristinare una situazione normativa equilibrata e rispettosa del disegno originario della legge n. 319/1976: al di fuori, quindi, di inutili esasperazioni (quale l'estensione "giurisprudenziale" agli scarichi civili del reato di superamento dei limiti tabellari), come di "colpi di spugna" volti a sottrarre alla sanzione penale (od a sanzionare in modo ingiustificatamente modesto) proprio gli scarichi produttivi piu' inquinanti. 5. - Resta da esaminare brevemente una possibile obiezione alla possibilita', per la Corte, di accogliere la questione prospettata. Si potrebbe infatti tentare di sostenere la sua infondatezza sul presupposto che, in precedenti occasioni nelle quali la Corte ha dovuto valutare la ragionevolezza o meno di determinate previsioni sanzionatorie, le decisioni di accoglimento pronunciate hanno avuto l'effetto di attenuare, e non di aggravare, l'entita' della sanzione o comunque la posizione dell'imputato: casi tipici, gia' citati nella presente ordinanza, quello nel quale la Corte ha "diminuito" la pena edittale minima per l'oltraggio, o quelli in cui ha riconosciuto la possibilita' di sostituire le pene detentive per le lesioni colpose causate da incidenti sul lavoro o per alcuni reati previsti dalla legge n. 319/1976. Due solidi argomenti rendono, ad avviso del pretore, infondata l'obiezione. In primo luogo, nel sistema italiano di instaurazione presso la Corte dei giudizi di costituzionalita', l'oggetto di tali giudizi e' diretta conseguenza delle caratteristiche e dell'oggetto del procedimento pendente davanti al giudice a quo. Nel caso in esame, la norma che, in caso di mancato accoglimento della questione prospettata, dovra' trovare applicazione nel procedimento in corso e' quella che depenalizza lo scarico da insediamento produttivo con violazione dei limiti tabellari: e' pertanto di questa norma (anche se favorevole all'imputato), e non di altre, che occorre valutare la costituzionalita' anche dal punto di vista della sua congruita' e ragionevolezza rispetto al sistema normativo nel quale e' inserita. In secondo luogo, e tornando al merito della questione, appare evidente che e' proprio la norma denunciata ad essere eccentrica ed irrazionale rispetto alle altre disposizioni incriminatrici della legge n. 319/1976, e non viceversa. Nel disegno originario della legge teste' citata erano infatti previsti, come si e' gia' osservato, diversi reati, alcuni dei quali di natura formale (e collegati alla richiesta e rilascio dell'autorizzazione) ed altri di natura sostanziale. Fra questi ultimi la legge considerava particolarmente grave, e percio' meritevole di un trattamento sanzionatorio piu' severo, proprio lo scarico (da insediamento produttivo) con violazione dei limiti tabellari. L'improvvisa ed immotivata depenalizzazione di tale reato (che resta sanzionato con la mera ammenda nel solo caso di violazione di alcuni parametri) operata dal d.l. n. 449/1994 e' pertanto il fattore di disarmonia che deve essere sottoposto al giudizio di costituzionalita'.