LA CORTE D'APPELLO
    Ha  emesso  la seguente ordinanza collegiale nella causa civile in
 primo grado per annullamento sentenza arbitrale, iscritta  nel  ruolo
 generale degli affari contenziosi civili sotto il numero d'ordine 640
 dell'anno  1992;  tra il comune di Sannicandro di Bari in persona del
 sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in Bari presso e nello
 studio dell'avv. Felice E. Lorusso (via Amendola, 172) dal  quale  e'
 rappresentato e difeso nel presente giudizio giusta mandato a margine
 dell'atto   di   citazione;   attore,   contro  l'impresa  Cuccovillo
 Angelantonio  in  persona  del  legale  rappresentante   pro-tempore,
 elettivamente  domiciliata  in  Bari  presso e nello studio dell'avv.
 Michele Amodio (via Bozzi, 9) dal quale e' rappresentata e difesa nel
 presente  giudizio  giusta  mandato  a  margine  della  comparsa   di
 risposta; convenuta.
                            FATTO E DIRITTO
    Premesso  che l'impresa Angelantonio Cuccovillo per la risoluzione
 di una controversia insorta a seguito della  esecuzione  di  un'opera
 pubblica  appaltata  dal comune di Sannicandro di Bari aveva adito il
 collegio arbitrale costituito ai  sensi  degli  artt.  42  segg.  del
 capitolato  generale  approvato con il d.P.R. n. 1063/1962 e art. 1 e
 61 della legge regione Puglia del 16 maggio 1985, n.  27,  il  comune
 predetto  con atto di citazione notificato il 15 maggio 1992 impugno'
 la sentenza arbitrale resa esecutiva il 10 marzo 1992, con  la  quale
 aveva   riportato   condanna   al   pagamento  della  somma  di  lire
 153.757.627, deducendo gradatamente i seguenti motivi di nullita':
    1. - a)  mancanza  della  clausola  compromissoria  nel  contratto
 stipulato il 5 giugno 1986 a trattativa privata;
       b)  inapplicabilita',  per  mancata  specifica approvazione per
 iscritto ai sensi dell'art. 1341 del c.c., del rinvio alle norme  del
 citato  capitolato  generale  per le opere pubbliche, contenuto negli
 artt. 67, 68 del capitolato speciale.
    2. - Illegittimita' costituzionale, per violazione degli artt.  3,
 24  e  117,  degli  artt. 1 e 61 della legge regionale n. 27 del 1985
 cit. (secondo i quali per tutti  i  lavori  pubblici  realizzati  nel
 territorio regionale, con o senza l'intervento finanziario regionale,
 il collegio arbitrale di cui all'art. 45 del d.P.R. n. 1063/1962 cit.
 deve  essere costituito con due magistrati, designati rispettivamente
 dal presidente del t.a.r. e dl presidente della Corte di appello, con
 due funzionari della regione (uno tecnico e l'altro amministrativo) e
 con  un libero professionista designato dall'appaltatore) poiche' non
 garantiscono la indipendenza degli arbitri nei confronti di tutte  le
 parti  della controversia nel caso in cui la pubblica amministrazione
 interessata non sia la Regione,  ma  un  ente  pubblico  territoriale
 dotato di autonomia.
    3.  - Illegittimita' costituzionale, per violazione degli artt. 24
 e 102, dell'art. 16, primo comma, legge 10  dicembre  1981,  n.  741,
 poiche'  delinea  un  caso  di  arbitrato  necessario  o obbligatorio
 disponendo che la competenza arbitrale puo' essere esclusa  solo  con
 apposita  clausola  inserita  nel  bando  o invito di gara oppure nel
 contratto in caso  trattativa  privata  (cosi'  sostituite  le  norme
 dell'art.  47  del  d.P.R.  n. 1063/1962 cit., che consentivano tanto
 all'attore quanto al convenuto di  escludere  l'arbitrato  ricorrendo
 direttamente al giudice ordinario).
    4. - Violazione delle regole di diritto:
       a)   in   punto  a  rescissione  del  contratto,  dal  collegio
 arbritrale  ritenuta  illegittima  per  difetto   della   preliminare
 contestazione  degli  adempimenti  ex  art.  27 del r.d. n. 350/1895,
 laddove la contestazione emergeva da numerosi ordini di servizio dati
 dal direttore dei lavori, nonche' dal verbale della riunione  del  17
 maggio 1989;
       b)  in  merito  alla  ritenuta manifestazione di volonta' della
 pubblica amministrazione di risolvere il contratto, manifestazione in
 realta' mai posta in essere, poiche' l'amministrazione aveva  voluto,
 e giustamente voluto, soltanto la rescissione;
       c)  per l'ingiusta attribuzione a carico del comune degli oneri
 non dimostrati sopportati dall'impresa nel periodo di sospensione dei
 lavori durato dal 2 maggio 1987, al 6 giugno 1989;
       d) per la ingiusta condanna alle spese generali,  dovendosi  il
 ritardo nella esecuzione delle opere attribuire all'impresa;
       e)  per  difetto  di  motivazione in ordine alla statuizione di
 condanna alle spese legali e di funzionamento del collegio arbitrale,
 ingiustamente addossate per tre quarti al comune.
    Il  Cuccovillo  si  e'  costituito  in  giudizio  e  ha  resistito
 all'impugnazione.
                        MOTIVI DELLA DECISIONE
    La  clausola  compromissoria  e'  contenuta  nel  patto  con cui i
 contraenti richiamarono le norme del capitolato speciale e con quelle
 le disposizioni del capitolato generale approvato con  il  d.P.R.  n.
 1063/1962, che includono l'art. 47 come sostituito dall'art. 16 della
 legge n. 741/1981.
    Di  detta  clausola  non  era necessaria la specifica approvazione
 prescritta dall'art. 1341 del c.c. in quanto (cassazione 16 settembre
 1962, n. 10582) il rinvio integrativo in questione "non configura una
 ipotesi di contratto per adesione - con conseguente  soggezione  alla
 disciplina  dell'art.  1341,  secondo  comma,  citato  -  bensi'  una
 fattispecie di contratto  per  relationem  perfectam,  nel  quale  il
 riferimento  al  predetto capitolato deve considerarsi come risultato
 di una scelta concordata, diretta all'assunzione  di  uno  schema  al
 quale  entrambe  le  parti  si  riportano  con  una formula denotante
 l'effettiva conoscenza di tutte le clausole ivi contenute.
    Cio'  premesso  si  ritiene   di   dovere   investire   la   Corte
 costituzionale dell'esame delle questioni di legittimita' dedotte nei
 motivi  secondo e terzo, trattandosi di questioni determinanti per la
 risoluzione della controversia, in quanto, se decise nel senso  della
 illegittimita'  costituzionale,  inciderebbero sulla stessa validita'
 della deroga alla competenza del giudice ordinario e  comporterebbero
 la  nullita'  della sentenza arbitrale per vizio del giudice che l'ha
 emanata, senza peraltro soggiacere  alla  preclusione  della  mancata
 tempestiva  deduzione del vizio nel corso del procedimento arbitrale,
 sanatoria  quest'ultima  riconducibile  alla  diversa  ipotesi  della
 semplice  inosservanza delle forme e dei modi di nomina degli arbitri
 di cui tratta l'art. 829, primo comma, n. 2 del c.p.c.
    Entrambe le questioni, poi, non sono manifestamente infondate.
    Art. 16 della legge n. 741/1981: va premesso che essendo  espressa
 nel  senso  che  .. "la competenza arbitrale puo' essere esclusa solo
 con apposita clausola inserita nel bando o invito di gara oppure  nel
 contratto  in  caso  di  trattativa  privata" la norma appare tale da
 spostare al momento della  formazione  del  rapporto  di  appalto  la
 scelta  della competenza arbitrale, che nella previsione dell'art. 47
 (la norma  sostituita)  si  rendeva  necessaria  soltanto  quando  la
 controversia   fosse   gia'   insorta,  poiche'  autorizzava  ciascun
 contraente   a   farsi   liberamente   attore   anziche'    promotore
 dell'arbitrato  oppure  a  resistere  con  il  rifiuto  ovvero con la
 diretta adizione del giudice ordinario pur a seguito  e  malgrado  la
 iniziativa del procedimento arbitrale assunta dall'altro contraente.
    Al riguardo si ritiene di condividere le riserve che nel confronto
 con  l'art.  47  citato  sono  state  espresse  quanto a legittimita'
 costituzionale dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 1458  del
 10  febbraio  1992  in  sede  di  esame  di  una  norma  di carattere
 semplicemente regolamentare.
    Muovendo dalla  direttiva  di  fondo  della  Corte  costituzionale
 impressa con la sentenza n. 127/1977, secondo la quale l'arbitrato e'
 legittimo  solo se la sua fonte sia la concorde volonta' delle parti,
 e' stato ritenuto che "la concorde volonta' delle parti  occorre  per
 derogare  al giudizio ordinario, non gia', all'opposto, per escludere
 il giudizio arbitrale; e non e' vero che la mancanza  della  concorde
 volonta'  di  escludere  l'arbitrato rende quest'ultimo facoltativo e
 quindi legittimo.
    Una norma che prescriva in via  di  principio  l'arbitrato,  salvo
 patti  difformi inseriti nel contratto, solo apparentemente introduce
 una ipotesi di arbitrato facoltativo nel senso indicato  dalla  Corte
 costituzionale,  se  non  consente  anche  ad una sola delle parti di
 optare per il giudizio ordinario.
    Basta infatti che l'altra - da sola (il che a giudizio della Corte
 costituzionale  non  e'  consentito)   -   voglia   l'arbitrato   per
 vanificarne l'apparente facoltativita'".
    Invero  il  silenzio  mantenuto  nel  bando  di  gara  quanto alla
 competenza per le controversie comporta gia' una  scelta  unilaterale
 da  parte  della  pubblica amministrazione committente, scelta che il
 partecipante e' tenuto ad accettare ove non  voglia  rinunziare  alla
 stessa  gara;  e  parimenti un limite all'autonomia dei contraenti va
 ravvisato nel caso della trattativa privata ove  uno  dei  contraenti
 intenda insistere per la soluzione del giudizio arbitrale.
    Si  impone  dunque  la  verifica della legittimita' costituzionale
 della  predetta  disposizione  di  legge,  con  la  rimessione  della
 questione  alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio in
 corso.
    Art. 1 e 61 della legge regionale della Puglia del 16 maggio 1985,
 n.  27: La medesima soluzione di rimessione alla Corte costituzionale
 si ritiene di  dover  seguire  per  le  indicate  norme  della  legge
 regionale  citata,  avuto  riguardo  alla dubbia compatibilita' delle
 medesime  con  le  disposizioni  degli  artt.  3,  24  e  117   della
 Costituzione,  atteso  che  secondo  dette disposizioni in ipotesi di
 arbitrato relativo a opere pubbliche svolte nel territorio  regionale
 che  interessi  quale  parte un ente territoriale dotato di autonomia
 locale (provincia, comune) quest'ultimo non puo' designare il proprio
 arbitro, a differenza dell'appaltatore,  che  a  cio'  risulta  dalla
 legge espressamente autorizzato.
    Nelle  difese svolte dal comune e' stato esattamente osservato che
 il diritto costituzionale di  agire  o  di  contraddire  in  giudizio
 presuppone   un   giudice   in  posizione  di  assoluta  indipendenza
 ("terzieta'")  rispetto  alle  parti  in  conflitto;   che   per   le
 controversie   svolte   in  sede  di  giurisdizione  ordinaria  detta
 posizione e' garantita da specifiche disposizioni  di  legge,  mentre
 per   i  giudizi  arbitrali  e'  assicurata  dalle  clausole  che  se
 consentono ad una parte  di  nominare  un  arbitro  analoga  facolta'
 attribuiscono all'altra parte; che la presenza dell'arbitro designato
 dalla  parte e' intesa ad ottenere una piu' completa cognizione della
 controversia e degli interessi in gioco; che per quanto  riguarda  la
 composizione  del collegio arbitrale sussiste evidente disparita' tra
 la  posizione  del  comune  -  sbilanciato   dall'impossibilita'   di
 inserirvi  l'arbitro  di scelta e nomina proprie - rispetto all'altro
 contraente, che puo' includervi un professionista di propria fiducia;
 che ne consegue manifestamente la  compromissione  del  diritto  alla
 difesa  garantito  dall'art. 24 della Costituzione e del principio di
 uguaglianza racchiuso nell'art. 3, nonche'  la  violazione  dell'art.
 117,  trattandosi  di  norma  che  esula  dalla specifica materia dei
 lavori pubblici per sconfinare nella materia della  disciplina  sulla
 giurisdizione.