IL PRETORE
    Letti gli atti del proc. n. 3080/90 reg. mod.  22  e  n.  14119/94
 r.g.  pretura a carico di Franco Costantino, nato a Camini il 3 marzo
 1924 ivi residente C.da Catinacci n. 7, imputato  del  reato  di  cui
 all'art.  21  della  legge n. 319/1976 per aver effettuato lo scarico
 dei rifiuti liquidi del proprio  allevamento  di  bovini  sul  suolo,
 senza aver richiesto la prescritta autorizzazione;
    Sentite le parti,
                             O S S E R V A
    Nella  fattispecie  concreta  e'  applicabile il d.l. 16 novembre
 1994, n. 629, concernente "Modifiche alla disciplina  degli  scarichi
 delle  pubbliche  fognature,  e  degli  insediamenti  civili  che non
 recapitano  in  pubbliche  fognature",  pubblicato   nella   Gazzetta
 Ufficiale  n.  269  del 17 novembre 1994. Esso reitera nella sostanza
 precedenti decreti-legge non convertiti, l'ultimo  dei  quali  e'  il
 d.l. 17 settembre 1994, n. 537.
    Va,  pertanto,  rilevato come lo stesso, nel suo complesso, sia in
 contrasto con l'art. 77 della Costituzione  essendo  evidente,  dalla
 continua  reiterazione,  l'assenza  dei  requisiti  di  necessita' e,
 soprattutto, di urgenza, che costituiscono il presupposto  essenziale
 la cui sussistenza legittima il ricorso a tale strumento normativo.
    L'art.  7 del citato d.l. 16 novembre 1994, n. 629, disciplina il
 procedimento di sanatoria ed, al  primo  comma,  stabilisce  che:  "I
 titolari  di  scarichi  in  esercizio  alla data di entrata in vigore
 della legge di conversione del presente decreto  possono  presentare,
 entro  novanta  giorni  decorrenti  dalla  predetta  data, domanda di
 autorizzazione in sanatoria nei limiti e nelle forme  prescritte  dal
 presente articolo".
    Al   secondo   comma   viene   fissato  in  novanta  giorni  dalla
 presentazione   della   domanda   il   termine   entro    il    quale
 l'autorizzazione  in sanatoria deve essere rilasciata o negata. Nulla
 e' previsto per il caso (probabile vista la  situazione  di  generale
 difficolta'  in cui si trovano gli apparati amministrativi degli enti
 competenti)  di  inerzia  della  autorita'  che  deve  provvedere  al
 rilascio.
    Ne consegue che in tal caso all'interessato rimane la possibilita'
 di   fare  ricorso  ai  rimedi  previsti  dal  sistema  di  giustizia
 amministrativa (ricorso avverso il silenzio-rifiuto).
    L'effetto del rilascio  dell'autorizzazione  e'  poi  previsto  al
 quinto   comma  dell'art.  7:  "Il  rilascio  dell'autorizzazione  in
 sanatoria di cui al comma 1 estingue i reati previsti  dall'art.  21,
 primo  e secondo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, e succes-
 sive modificazioni".
    Questione rilevante  nella  fattispecie  e'  che  tale  disciplina
 normativa,  che  introduce  in sostanza una causa di estinzione anche
 per reati futuri (quelli commessi dopo l'emanazione del decreto-legge
 e prima dell'entrata in  vigore  della  legge  di  conversione),  non
 prevede  alcun  meccanismo  di sospensione del procedimento penale, a
 differenza di quanto avviene,  per  esempio,  con  la  normativa  sul
 condono  edilizio  dove  gli  artt.  38  e  44 della legge n. 47/1985
 prevedono, appunto,  una  sospensione  che  consente  al  privato  di
 attivarsi  per  ottenere la sanatoria e farla poi valere nel processo
 penale come causa estintiva del reato.
    Ne' e' possibile procedere alla sospensione del processo ex  artt.
 3  e  479  del  c.p.p.  poiche'  non  si  versa  in  alcuno  dei casi
 contemplati da tali norme.
    E' dunque  previsto  un  effetto  estintivo  del  reato  collegato
 all'autorizzazione  in  sanatoria, ma manca un meccanismo processuale
 che consenta il tempestivo realizzarsi di tale effetto.
    Cio' significa che nei casi quali quello  in  oggetto  il  giudice
 dovra'   proseguire   il   processo   e  l'interessato  eventualmente
 condannato sara' costretto a coltivare tutti i mezzi di  impugnazione
 possibili  (affrontando  le  relative spese) al solo fine di ottenere
 l'autorizzazione  in  sanatoria  prima  della  irrevocabilita'  della
 sentenza  o  comunque  prima  della  esecuzione della pena. In questo
 ultimo caso  egli  subira'  comunque  un  pregiudizio  considerati  i
 diversi  effetti  della estinzione della pena rispetto all'estinzione
 del reato. Questo ingiustificato  onere,  incidente  sul  diritto  di
 difesa,  e'  meramente  legato  al  caso.  Dipende  dal  fatto che il
 soggetto e' stato citato a giudizio in questo periodo. Chi,  infatti,
 sara'  processato  in un periodo successivo (per esempio tra sei mesi
 perche' la richiesta di fissazione di udienza e'  giunta  al  pretore
 dirigente  qualche  giorno  dopo)  avra'  il  tempo  di presentare la
 domanda, ottenere l'autorizzazione in sanatoria e far valere la causa
 estintiva.
    E'  peraltro evidente come il caso in questione sia ben diverso da
 quelli  in  cui  assumeva  rilievo  il  decorso  del   tempo   oppure
 determinati effetti erano collegati dal legislatore a una certa data,
 casi  per  i quali la Corte costituzionale ha ritenuto non fondate le
 questioni di legittimita' costituzionale sollevate.
    Nella fattispecie, infatti, come si e' visto, e'  la  possibilita'
 di  far  valere la causa estintiva che e', veramente, legata al caso.
 Non  appare,  quindi,  manifestamente  infondata  la   questione   di
 costituzionalita'  della  disciplina  fissata  dal  citato art. 7 per
 intrinseca irragionevolezza della stessa e dunque per  contrasto  con
 il   principio   di   cui   all'art.  3  della  Costituzione  secondo
 l'interpretazione   piu'   volte   sostenuta   dalla   stessa   Corte
 costituzionale.
    La   proposta  questione  di  legittimita'  costituzionale  appare
 altresi' non manifestamente infondata giacche', avendo l'imputato  la
 possibilita'  di presentare la domanda di sanatoria e coltivando egli
 i mezzi di porre in essere la causa estintiva del reato,  l'attivita'
 giurisdizionale  dei  vari  giudici  chiamati  a decidere finira' per
 essere meramente pleonastica. Il loro intervento sara'  invocato  non
 per  effettive  questioni  di  merito  e  di legittimita' ma solo per
 guadagnare tempo. Il che appare in contrasto con il principio di buon
 andamento    della    p.a.    (applicabile    anche     all'attivita'
 giurisdizionale) sancito dall'art. 97 della Costituzione.
    Cio' detto per quanto riguarda la non manifesta infondatezza della
 questione,  va  ribadita  l'indubbia rilevanza della stessa posto che
 nella  fattispecie  il  Franco  Costantino  e'  imputato   di   avere
 effettuato    uno    scarico   da   insediamento   produttivo   senza
 autorizzazione e  la  sua  situazione  e'  esattamente  quella  prima
 considerata in astratto.
    Egli  puo'  richiedere  e  ottenere  la  sanatoria con conseguente
 estinzione del reato, ma  cio'  nonostante  questo  giudice,  per  la
 evidenziata  incongruenza  normativa,  non  puo'  che  proseguire  il
 processo e per venire, eventualmente, ad una sentenza di condanna.
    Va, pertanto, ritenuta rilevante e  non  manifestamente  infondata
 anche  la  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 7 del
 d.l. 16 novembre 1994, n. 629, per contrasto con gli artt.  3  e  97
 della  Costituzione nella parte in cui non prevede la possibilita' di
 sospendere il processo penale nei confronti di  colui  che,  imputato
 del  reato  di cui all'art. 21 della legge 10 maggio 1976, n. 319, si
 trovi  nelle  condizioni  di   poter   presentare   la   domanda   di
 autorizzazione in sanatoria.