ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  ammissibilita', ai sensi dell'art. 2, primo comma,
 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1,  della  richiesta  di
 referendum  popolare per l'abrogazione della legge 20 maggio 1970, n.
 300, recante "Norme  sulla  tutela  della  liberta'  e  dignita'  dei
 lavoratori,  della  liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei
 luoghi di lavoro e norme sul collocamento" limitatamente a:
      articolo 26, comma 2: "Le associazioni sindacali dei  lavoratori
 hanno  diritto  di  percepire,  tramite  ritenuta sul salario nonche'
 sulle prestazioni erogate  per  conto  degli  enti  previdenziali,  i
 contributi  che  i  lavoratori  intendono loro versare, con modalita'
 stabilite dai contratti collettivi di  lavoro,  che  garantiscono  la
 segretezza  del  versamento  effettuato  dal  lavoratore  a  ciascuna
 associazione sindacale" e comma 3:  "Nelle  aziende  nelle  quali  il
 rapporto  di  lavoro  non  e'  regolato  da  contratti collettivi, il
 lavoratore ha  diritto  di  chiedere  il  versamento  del  contributo
 sindacale all'associazione da lui indicata";
      nonche'  il  decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, recante
 "Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative  vigenti
 in  materia  di  istruzione,  relativa  alle  scuole di ogni ordine e
 grado",  limitatamente  all'articolo  594,  iscritto  al  n.  74  del
 registro referendum.
    Vista  l'ordinanza  del  30  novembre  1994 con la quale l'Ufficio
 centrale per il referendum popolare presso la Corte di cassazione  ha
 dichiarato legittima la richiesta;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 gennaio 1995 il Giudice
 relatore Cesare Ruperto;
    Udito  l'avvocato  Roberto  Nania  per  i  presentatori   Giuseppe
 Calderisi, Lorenzo Strik Lievers e Elio Vito.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  L'Ufficio  centrale per il referendum, costituito presso la
 Corte di Cassazione, in applicazione della legge 25 maggio  1970,  n.
 352 e successive modificazioni, ha esaminato la richiesta di referen-
 dum  popolare  presentata il 3 febbraio 1994 da Calderisi Giuseppe ed
 altri sei cittadini elettori, sul seguente quesito:
      "Volete voi che sia abrogata la legge 20 maggio  1970,  n.  300,
 recante 'Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori,
 della  liberta'  sindacale  e  dell'attivita' sindacale nei luoghi di
 lavoro e norme  sul  collocamento',  limitatamente  all'articolo  26,
 comma  2:  'Le associazioni sindacali dei lavoratori hanno diritto di
 percepire, tramite ritenuta sul  salario  nonche'  sulle  prestazioni
 erogate  per  conto  degli enti previdenziali, i contributi sindacali
 che i lavoratori intendono loro versare, con modalita' stabilite  dai
 contratti  collettivi  di  lavoro, che garantiscono la segretezza del
 versamento  effettuato  dal  lavoratore   a   ciascuna   associazione
 sindacale',  e  comma  3:  'Nelle  aziende nelle quali il rapporto di
 lavoro non e' regolato da  contratti  collettivi,  il  lavoratore  ha
 diritto   di   chiedere   il   versamento  del  contributo  sindacale
 all'associazione da lui indicata'?".
    2.  -  L'Ufficio  centrale,  verificata  la  tempestivita'  e   la
 regolarita'  della  richiesta,  con ordinanza del 30 novembre 1994 ha
 disposto, ai sensi dell'articolo 39 della legge n. 352 del 1970 -  su
 indicazione  dei promotori del referendum circa la sopravvenienza del
 decreto  legislativo  16  aprile  1994,  n.  297,  il  cui  art.  594
 attribuisce,  in  materia  di istruzione, al personale la facolta' di
 rilasciare delega in favore della  propria  organizzazione  sindacale
 per la riscossione di una quota mensile di stipendio per il pagamento
 dei contributi sindacali -, l'integrazione e l'estensione del quesito
 con  aggiunta  al  testo originario delle parole: "nonche' il decreto
 legislativo 16 aprile 1994, n. 297, recante 'Approvazione  del  testo
 unico   delle   disposizioni   legislative   vigenti  in  materia  di
 istruzione,  relativa  alle  scuole  di   ogni   ordine   e   grado',
 limitatamente  all'art.  594?"  e ha dichiarato la legittimita' della
 richiesta stessa.
    3.  -  Ricevuta  la  comunicazione   dell'ordinanza   dell'Ufficio
 centrale,  il  Presidente  di  questa  Corte  ha  fissato il giorno 9
 gennaio  1995  per  la   deliberazione   in   camera   di   consiglio
 sull'ammissibilita'  della  richiesta  referendaria, dandone regolare
 comunicazione.
    4.  -  Nell'imminenza  della  camera  di  consiglio  il   Comitato
 promotore  ha depositato una memoria, sottolineando come la richiesta
 abrogatrice si configuri quale  contrarius  actus,  volto  alla  mera
 caducazione  delle  disposizioni in argomento, sicche' la ratio della
 richiesta stessa  e'  in  re  ipsa  e  non  postula  alcun  onere  di
 motivazione a carico dei promotori.
    Nella  specie  -  secondo  il  Comitato - i quesiti investono atti
 legislativi ordinari, al di fuori delle preclusioni codificate  dalla
 Corte  costituzionale  in  relazione  alla  collocazione  delle norme
 abrogande nel sistema delle fonti. Inoltre la materia non riguarda  i
 temi  esclusi  dalla  consultazione  popolare:  si tratta infatti del
 meccanismo di ritenuta sulla retribuzione in quelle ipotesi in cui e'
 operato il  coinvolgimento  del  datore  di  lavoro.  Di  talche'  la
 coerenza  dell'intento  abrogativo non e' intaccata dall'esistenza di
 altre  disposizioni  che  prevedono  il  versamento  dei   contributi
 attraverso  le  indennita'  erogate  dall'I.N.P.S.  in  caso di cassa
 integrazione, di trattamento di disoccupazione, ovvero di  indennita'
 di  mobilita'. Queste non sarebbero infatti disposizioni appartenenti
 al medesimo contesto normativo di quelle che si vorrebbero  abrogare,
 ovvero ad esse indissolubilmente legate.
    L'intento  dei  promotori  e'  quello  di  restituire  la  materia
 all'autonomia  privata,  facendo  venir  meno  l'obbligo  legale   di
 cooperazione  gravante  sul datore di lavoro. Tale obbligo giuridico,
 scaturito  dalle  abrogande   disposizioni,   avrebbe   in   concreto
 determinato  un  vincolo  contributivo a tempo indeterminato a carico
 del lavoratore anche indipendentemente dalla permanenza  del  vincolo
 associativo.   Ben   altra  sarebbe  l'ipotesi  in  cui  l'assunzione
 dell'obbligo datoriale  derivasse  da  una  "genuina  espressione  di
 autonomia  negoziale". Allora l'operare di altri istituti civilistici
 quali la cessione di  credito  o  la  delegazione  di  pagamento,  al
 medesimo fine utilizzabili, si collocherebbe su un piano contrattuale
 e  non  sarebbe  attuativo  di  una  prescrizione  legislativa. Tanto
 verrebbe a dimostrare la effettiva portata modificativa del  referen-
 dum:  infatti  il  meccanismo  che  si intende abrogare non ha natura
 ricognitiva della ordinaria normativa civilistica ma rappresenta  una
 figura  specifica  e  ben  definita,  la  cui  eventuale  abrogazione
 referendaria avrebbe l'effetto  di  incidere  in  senso  modificativo
 sulla materia nel suo complesso.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  quesito referendario investe le due norme contenute nel
 secondo e nel terzo comma dell'art. 26 della legge 20 maggio 1970, n.
 300 nonche' quelle, sopravvenute, contenute nell'art. 594 del decreto
 legislativo 16 aprile 1994, n. 297, cui il quesito  stesso  e'  stato
 allargato   dall'Ufficio   centrale   a  titolo  di  integrazione  ed
 estensione.
    L'art. 26, secondo comma,  della  legge  n.  300  del  1970  (come
 sostituito  dall'art.  18  della  legge  23  luglio  1991,  n.  223),
 attribuisce alle associazioni sindacali  il  "diritto  di  percepire,
 tramite  ritenuta  sul  salario nonche' sulle prestazioni erogate per
 conto  degli  enti  previdenziali,  i  contributi  sindacali  che   i
 lavoratori  intendono  loro  versare,  con  modalita'  stabilite  dai
 contratti collettivi di lavoro, che garantiscono  la  segretezza  del
 versamento   effettuato   dal   lavoratore  a  ciascuna  associazione
 sindacale". Il terzo comma dello stesso  articolo  prevede  poi  che,
 nelle  aziende  in  cui  il  rapporto  di  lavoro non sia regolato da
 contratti collettivi,  il  lavoratore  ha  "diritto  di  chiedere  il
 versamento   del   contributo   sindacale   all'associazione  da  lui
 indicata".
    L'art. 594 del decreto legislativo n. 297 del 1994, a  sua  volta,
 prevede  la  "facolta'"  del  personale della scuola di destinare una
 "quota mensile dello stipendio, paga o retribuzione per il  pagamento
 dei contributi sindacali nella misura stabilita dai competenti organi
 statutari"  della  singola organizzazione sindacale cui il lavoratore
 aderisce, e disciplina le modalita' di rilascio della relativa delega
 (comma 1), i termini di validita' della stessa (comma 2), la forma  e
 le  condizioni della sua eventuale revoca (commi 2 e 4), le modalita'
 di versamento delle trattenute operate dalle singole  amministrazioni
 (comma 3).
    2.  -  La  richiesta  dunque  non riguarda le materie per le quali
 l'art.  75,  secondo  comma,  della  Costituzione  espressamente  non
 ammette  il  referendum,  ne'  materie  da  ritenersi escluse secondo
 l'interpretazione  logico-sistematica  della  medesima   disposizione
 costituzionale, fattane ripetutamente da questa Corte.
    3.   -  E'  inoltre  ravvisabile  la  necessaria  chiarezza  nella
 finalita' e nella struttura del quesito, il quale si presenta univoco
 e omogeneo, poiche': a)  incorpora  l'evidenza  del  fine  intrinseco
 all'atto  abrogativo, cioe' la puntuale ratio che lo ispira (sentenza
 n. 29/1987; v. anche  sentenze  n.  16/1978  e  n.  25/1981);  b)  ha
 riguardo  a  un  "comune  principio, la cui eliminazione o permanenza
 viene fatta dipendere dalla risposta del corpo elettorale"  (sentenze
 nn.  22, 26 e 28 del 1981; nn. 63 e 65 del 1990); c) tende a un esito
 netto e lineare, in ragione della propria natura meramente  ablativa,
 concretandosi le conseguenze abrogative in una situazione esattamente
 contraria  a  quella  prevista  dalle  norme oggetto del referendum e
 facilmente percepibile dal corpo elettorale.
    3.1. - Basti considerare in proposito che i due commi dell'art. 26
 della  legge  n.  300/1970  sono  strettamente  collegati  fra  loro,
 concorrendo  a  configurare  in  ogni caso la "ritenuta" come diritto
 perfetto del sindacato: il momento di collegamento  e'  individuabile
 proprio  nel  diritto  del  sindacato  alla trattenuta dei contributi
 sindacali "sul salario nonche' sulle prestazioni  erogate  per  conto
 degli  enti  previdenziali" (cui corrispondono "le trattenute operate
 dalle singole amministrazioni sulle retribuzioni dei  dipendenti"  ex
 art.  594  del  decreto legislativo n. 297/1994), giacche' il diritto
 del "lavoratore" previsto nel terzo comma dell'art. 26 della legge n.
 300/1970  e  la  facolta'   del   "personale"   prevista   nell'altra
 disposizione    citata,    presuppongono    comunque    un    diritto
 dell'associazione da loro indicata,  come  garanzia  di  effettivita'
 dell'imposizione dell'obbligo, rispettivamente, al "datore di lavoro"
 e   alle   "singole   amministrazioni"   scolastiche.  L'intendimento
 abrogativo consiste appunto nel voler eliminare  la  base  legale  di
 quel  diritto  e  del  correlativo  obbligo  di  intermediazione, per
 restituire  la   materia   all'autonomia   privata,   individuale   e
 collettiva.
    3.2.  -  Per  converso, poi, non e' ravvisabile un imprescindibile
 collegamento dei due ultimi commi col primo comma dello stesso citato
 art.  26,  il  quale  attribuisce  ai  lavoratori  "il   diritto   di
 raccogliere  contributi  e  di  svolgere opera di proselitismo per le
 loro organizzazioni sindacali  all'interno  dei  luoghi  di  lavoro":
 diritto    che    costituisce    semplice   espressione   individuale
 dell'attivita' sindacale, correlata invece alla norma del  precedente
 art.  14,  il  quale  proclama  il  diritto  -  garantito  a  tutti i
 lavoratori  all'interno  dei  luoghi  di  lavoro  -   di   costituire
 associazioni   sindacali,   di   aderirvi  e  di  svolgere  attivita'
 sindacale.  Ne'  sono  rinvenibili  altre  disposizioni  dettate  nel
 medesimo contesto normativo, indissolubilmente legate a quelle che si
 mira  a  sopprimere. In particolare con riguardo al pubblico impiego,
 giova ricordare che l'art. 23 della legge 29 marzo 1983, n.  93  (che
 aveva  fra  l'altro  previsto  l'applicabilita'  dei princi'pi di cui
 all'art. 26 in esame ai dipendenti delle  pubbliche  amministrazioni,
 cosi'  modificando  l'originaria  previsione di cui all'art. 50 della
 legge 18  marzo  1968,  n.  249),  e'  stato  espressamente  abrogato
 dall'art.  74  del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, il cui
 art. 55 prevede puramente e semplicemente l'applicabilita'  di  tutta
 la  legge  n.  300/1970 alle pubbliche amministrazioni. E non rileva,
 poiche' certamente non si traduce in una ragione  di  incoerenza  del
 quesito,  che  eventuali  deroghe  a  codesta  applicabilita' possano
 rintracciarsi,  attraverso  lo  strumento  dell'interpretazione,   in
 precedenti   disposizioni   connesse   a   statuti   speciali  e  non
 espressamente abrogate dal citato decreto legislativo.
    Conseguentemente  rimane  esclusa  una  qualunque  ricaduta  sulla
 residuale  normativa,  da  parte  di  un'eventuale  abrogazione delle
 disposizioni oggetto del referendum, limitandosi l'effetto di  questa
 all'elisione di norme attributive del gia' menzionato diritto, la cui
 eliminazione o permanenza viene dunque fatta dipendere dalla risposta
 del  corpo  elettorale.  Ed  e'  appena il caso di aggiungere che non
 incide in alcun modo sul giudizio di ammissibilita' la permanenza del
 riferimento alle trattenute sindacali  contenuta  in  discipline  con
 matrici  e rationes del tutto diverse da quelle della legislazione di
 sostegno.