IL PRETORE Ha pronunziato la seguente ordinanza sulla questione sollevata all'odierna udienza dal p.m. dott.ssa Donatella Castellani nel processo di cui in epigrafe a carico di Margutti Giuseppe; O S S E R V A All'odierno processo l'avv. Quinto De Santis, quale difensore dell'imputato, chiedeva emettersi declaratoria ex art. 129 c.p.p., in quanto il fatto non sarebbe preveduto piu' dalla legge come reato, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 12 del d.-l. 7 novembre 1994, n. 619. In effetti rileva il giudicante come l'ipotesi accusatoria in esame attiene ad attivita' riguardanti sostanze classificabili, ex art. 1 del d.-l. n. 619 del 1994, come "residui". Per l'effetto sembra applicabile all'odierna fattispecie l'art. 12, sesto comma, del d.-l. n. 619 del 1994, che realizza una abrogazione della normativa penale dell'originario impianto sanzionatorio di cui al d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915. Cio' premesso si nota, conformemente a quanto testualmente ritenuto da Corte cost. 9 marzo 1988-10 marzo 1988, n. 302, che "in via di principio la reiterazione dei decreti-legge suscita gravi dubbi relativamente agli equilibri istituzionali e ai principi costituzionali, tanto piu' gravi allorche' gli effetti sorti in base al decreto reiterato sono praticamente irreversibili (come, ad esempio, quando incidono sulla liberta' personale dei cittadini) o allorche' gli stessi effetti sono fatti salvi, nonostante l'intervenuta decadenza, ad opera dei decreti successivamente riprodotti". Infatti nell'odierna vicenda il d.-l. n. 619 del 1994 fa seguito ai decreti-legge, non convertiti nei termini e ripresentati con modifiche, di cui al d.-l. 9 novembre 1993, n. 443; d.-l. 7 gennaio 1994, n. 12; d.-l. 10 marzo 1994, n. 169; d.-l. 6 maggio 1994, n. 279; d.-l. 8 luglio 1994, n. 438 e d.-l. 7 settembre 1994, n. 530. Sorge il fondato sospetto che la reiterazione cosi' ostinata di decreti legge non convertiti nei termini e contenenti profonde modifiche l'uno dall'altro con rilevanti effetti in tema di abrogazione o meno delle norme contenenti fattispecie penali, costituisca una palese violazione del combinato disposto degli artt. 25 e 77 della Cost. in materia penale, in quanto non si comprende come la necessita' ed urgenza della decretazione normativa possa conciliarsi con la provvisorieta' della normativa penale protratta per l'arco di oltre un anno (sempre che l'attuale decreto-legge venga finalmente convertito o definitivamente abbandonato). In pratica questo pretore potrebbe emettere una sentenza assolutoria per un fatto che, pur essendo in ipotesi offensivo in quanto penalmente sanzionato, viene depenalizzato in forza di una normativa provvisoria, costantemente reiterata, addirittura con modifiche, in mancanza di conversione legislativa. Ne' sul punto puo' obiettarsi che l'urgenza sia rappresentata dalla necessita' di attuare le direttive CEE 156/91 e 689/91 in quanto, a prescindere dal fatto che la normativa comunitaria e' vincolante per l'Italia sin dal 1 aprile 1993 (sui problemi gia' sollevati con riferimento alla normativa comunitaria dal decreto- legge in esame, cfr. ordinanza pretore di Terni, sezione distaccata di Amelia datata 14 novembre 1994 nel processo n. 5161/93 a carico di Muzi Giovanni ed altri), in ogni caso la normativa interna puo', se sussistono i presupposti, essere disapplicata immediatamente dal giudice ordinario. Nel caso di specie, dunque, sussistendo i presupposti questo giudice puo' sollevare la questione con riferimento al menzionato dettato costituzionale. In ogni caso anche sotto altri parametri, meglio precisati gia' in altra questione sollevata (cfr. ordinanza pretore di Terni, sezione distaccata di Amelia datata 14 novembre 1994 nel processo n. 5161/93 a carico di Muzi Giovanni ed altri) e che qui per brevita' espositiva possono intendersi sostanzialmente richiamati in quanto condivisi da questo giudice, il disposto dell'art. 12 del d.-l. n. 619 del 1994 sembra confliggere con il dettato costituzionale. In specie: con il combinato disposto degli articoli 3 e 25 della Cost., in quanto il decreto in esame, che sembra reintrodurre il contenuto del d.m. 26 gennaio 1990 gia' parzialmente dichiarato illegittimo costituzionalmente, sottrae la disciplina dei rifiuti a quelle sostanze che la camera di commercio inserisce nei listini ufficiali, con cio' creando un contrasto di fatto coi principi costituzionali di parita' di trattamento e riserva di legge penale; con l'art. 10 per il contrasto di fondo tra il decreto legge in esame e la normativa comunitaria, segnatamente direttive CEE n. 156 del 18 marzo 1991, n. 689 del 12 dicembre 1991 e regolamento n. 259 del 1 febbraio 1993, ancora da recepire; con il combinato disposto degli articoli 9 e 32 della Cost. che tutelano l'ambiente e la salute come ambiente naturale in senso lato. Per queste considerazioni la questione sollevata nel presente processo e' rilevante e non manifestamente infondata per cui puo' essere sollevata.