LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Zandona' Albano, elettivamente domiciliato in Roma, via Marcora n. 18/20 presso Patronato Acli, rappresentato e difeso dall'avvocato Odoardo Marini come da delega a margine del ricorso, ricorrente, contro l'Istituto nazionale della previdenza sociale, in persona del presidente e legale rappresentante, pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via della Frezza n. 17 presso la sede dell'Istituto stesso, rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo De Angelis e Leonardo Lironcurti come da delega in calce al controricorso, controricorrente, per l'annullamento della sentenza del tribunale di Pordenone in data 21 giugno 1992 depositata il 14 luglio 1992 r.g. n. 2495/1991; Udita nella pubblica udienza tenutasi il giorno 7 giugno 1994 la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore dott. Guglielmucci; Udito il p.m. nella persona del sostituto procuratore generale dott. Martone che ha concluso: solleva questione di legittimita' costituzionale in relazione agli artt. 3 e 38 della Costituzione della disposizione, interne dello Stato italiano nella parte in cui, non contempla ai fini dell'immissione alla prosecuzione volontaria, il periodo contributivo maturato esclusivamente in altro stato membro. 1. - Albano Zandona' e' un lavoratore italiano che ha lavorato in Belgio ove ha avuto una posizione previdenziale: non e' stato mai assicurato, invece, nel nostro Paese ove, pertanto, non e' titolare di tale posizione. Divenuto invalido, ha chiesto - in Italia - la relativa pensione - con la domanda del 15 ottobre 1984 - sulla base della convenzione italo-belga: ma con esito negativo. Gli e' rimasta preclusa anche la prosecuzione volontaria della contribuzione giacche' egli non ha potuto utilizzare - in base all'art. 9, paragrafo 2 del regolamento CEE n. 1408/1971 - i contributi versati in Belgio per raggiungere il tetto necessario - secondo l'ordinamento del nostro Paese - per ottenere l'autorizzazione alla predetta prosecuzione. Il tribunale di Pordenone ha infatti ritenuto - conformandosi alla interpretazione di questa Corte ed a quella della Corte di giustizia delle comunita' europee - che tale norma - avente efficacia nel nostro ordinamento - consenta solo il cumulo fra contribuzioni versate in stati diversi dal lavoratore presupponendo, percio', l'affiliazione dello stesso al sistema previdenziale nel cui ambito si richiede la prosecuzione. 2. - La decisione e' stata impugnata dallo Zandona' con ricorso per cassazione con cui si denuncia la violazione della norma in questione e si chiede che essa sia interpretata in maniera coerente con il principio di libera circolazione dei lavoratori nell'ambito degli stati membri: eliminando quindi la discrasia fra liberta' di poter rendere la propria prestazione in qualsiasi stato membro e necessita' di affiliarsi al sistema previdenziale dello Stato in cui si chiede la prestazione previdenziale. Sollecita, altresi', il ricorrente un ulteriore ricorso - ai sensi dell'art. 177 del trattato istitutivo della Comunita' europea - alla Corte di giustizia delle comunita' europee. 3. - Come e' noto l'interpretazione della Corte di giustizia ha efficacia di interpretazione autentica della norma che le giurisdizioni degli Stati membri le abbiano rimesso: sicche' a fronte di un ricorso per cassazione - allorche' tale interpretazione sia intervenuta - non resta alla S.C. che conformarsi alla stessa o sollecitare la Corte di giustizia delle comunita' europee a rivedere tale interpretazione. Quest'ultima via e' stata infruttuosamente di recente percorsa da questa Corte (ordinanza 12 luglio 1991) e decisione 20 ottobre 1993, sicche' appare allo stato inutile un'ulteriore remissione, tenuto, altresi', presente la particolare completezza dell'ordinanza nel denunziare, oltre che l'irrazionalita' di un sistema che mentre accetta la liberta' dei lavoratori nell'ambito comunitario pretende poi, l'affiliazione al sistema previdenziale dello stato in cui si chiede l'attivazione della sicurezza sociale, anche la disparita' di tratamento fra lavoratori che si muovono nell'ambito comunitario e quelli che operano in quello extracomunitario che dalla legge n. 398/1987 ricevono rispetto ai primi una piu' completa tutela. 4. - Senonche', questa Corte ritiene che il sistema normativo che subordina la prosecuzione volontaria dei versamenti contributivi alla qualita' di assicurato - nell'ambito di un certo sistema previdenziale nazionale - contrasti con valori fondamentali della nostra Carta costituzionale, finendo per privare l'uomo-lavoratore della sicurezza sociale che il sistema gli garantisce proprio allorche' la sua capacita' reddituale risulti compromessa. La norma comunitaria, come si e' detto, resta - nell'ambito del diritto vivente - attualmente cristallizzata nella sua portata di limitazione al cumulo fra contributi versati in sistemi previdenziali diversi presupponendo percio' - per la utilizzazione degli stessi - l'affiliazione al sistema previdenziale nel quale si chiede la prestazione. La norma interna che regola la prosecuzione volontaria - l'art. 1 della legge n. 47/1983 - individuando gli importi minimi contributivi cui la autorizzazione alla stessa e' subordinata - presuppone a sua volta la qualita' di assicurato. Tale sistema normativo impedisce al lavoratore italiano la cui vita lavorativa si sia esaurita esclusivamente in un altro paese - nell'ambito comunitario - ivi aprendo una posizione previdenziale e provvedendo percio' al versamento dei contributi - di utlizzare nel nostro paese tali contributi - per raggiungere il tetto necessario alla prosecuzione volontaria: cosi' di fatto restando escluso dal sistema di sicurezza sociale della realta' ove egli subisce l'evento che pregiudica la sua capacita' produttiva. Egli, in tal maniera, resta privo della predetta tutela nostante che la norma costituzionale (art. 38, secondo comma) la ricolleghi - esclusivamente - alla qualita' di "lavoratore": e non a quella di assicurato; mostrando in tal maniera di aver ripudiato il sistema mutualistico - assicurativo che subordina - invece - la prestazione previdenziale all'appartenenza - formale - al relativo sistema. In tal modo l'uomo-lavoratore, nonostante che abbia adempiuto al suo dovere etico fondamentale - costituito nella Repubblica appunto dal lavoro (artt. 1 e 4, secondo comma, della Costituzione) - rimane privo del sistema di sicurezza sociale che rappresenta il corrispettivo solidaristico della collettivita' nei suoi confronti. Rimanendo privo dei sistemi sostitutivi del reddito, egli resta escluso dal processo partecipativo alle vicende politiche ed economiche del Paese: cosi' vedendo evaso il suo diritto all'eguaglianza di fatto (art. 3, secondo comma). 5. - Ma un siffatto uomo-lavoratore vede, altresi', l'endiadi inscindibile lavoro-sicurezza sociale regolata da un rapporto del tutto irrazionale. Mentre infatti l'acquisita dimensione di uomo europeo per il lavoro lo porta ad un'irrilevanza del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa, l'aspetto della sicurezza sociale - che come si e' detto e' il corrispettivo solidaristico che la collettivita' gli deve - resta subordinato alla affiliazione - formale - al suo sistema previdenziale nazionale: in tal modo resta violato il principio di razionalita' contenuto nel primo comma, dell'art. 3 della Costituzione. 6. - In definitiva, entrambe le predette norme appaiono contrastare con gli anzidetti principi costituzionali laddove - regolando - complessivamente la prosecuzione volontaria dei contributi la subordinano alla affiliazione al regime previdenziale nel quale la stessa si richiede. Ritenuta, pertanto, la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 9, paragrafo 2, del regolamento CEE n. 1408/1971 nonche' dell'art. 1, della legge 18 febbraio 1983, n. 47 in relazione agli artt. 1, 3, 4 e 38, secondo comma, della Costituzione.