ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2503 del codice
 civile, nel  testo  in  vigore  anteriormente  alla  novella  di  cui
 all'art.  10  del  decreto  legislativo  16  gennaio  1991, n. 22 (di
 attuazione delle direttive n. 78/855/CEE e n. 82/891/CEE  in  materia
 di  fusioni e scissioni societarie), promosso con ordinanza emessa il
 26 ottobre 1993 dalla Corte di cassazione su ricorso  proposto  dalla
 Banca  nazionale  del  lavoro  s.p.a.  contro  la  Banca  commerciale
 italiana s.p.a. ed altri iscritta al n. 316  del  registro  ordinanze
 1994  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23,
 prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visto l'atto di costituzione  della  Banca  nazionale  del  lavoro
 s.p.a.  nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  24  gennaio  1995  il  Giudice
 relatore Renato Granata;
    Uditi  l'avv. Alberto Caltabiano per la Banca nazionale del lavoro
 s.p.a. e l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente  del
 Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Premesso che con sentenza del 21 febbraio 1984 il Tribunale
 di Bologna aveva dichiarato il fallimento della  societa'  New  Matic
 s.r.l.,  nonche'  (in estensione) quello di Alessandro Malverdi, gia'
 socio   accomandatario   della   Telmatic   s.a.s.    precedentemente
 incorporata   dalla   New   Matic  s.r.l.,  e  che  l'opposizione  di
 quest'ultimo era stata accolta, con sentenza poi confermata in  grado
 d'appello,  la  Corte  di  cassazione, adita con ricorso avverso tale
 pronuncia proposto dalla Banca Nazionale del Lavoro, creditrice della
 societa' incorporata, ha sollevato  (con  ordinanza  del  18  gennaio
 1994)  questione  di  legittimita'  costituzionale in via incidentale
 dell'art. 2503 cod. civ.  nel  testo  in  vigore  anteriormente  alla
 novella  di  cui al d.lgs. 16 gennaio 1991 n. 22 (di attuazione delle
 direttive n. 78/855/CEE e n.  82/891/CEE  in  materia  di  fusioni  e
 scissioni  societarie)  per  sospetta  violazione  degli artt. 3 e 24
 Cost.
    In via preliminare la Corte rimettente considera che  sussiste  il
 requisito  della  rilevanza della questione atteso che - a differenza
 di analoga ordinanza di remissione (del Tribunale di  Genova)  decisa
 da  questa  Corte con pronuncia di inammissibilita' (sent. n. 409 del
 1992) della questione sollevata in un giudizio  di  estensione  della
 dichiarazione  di  fallimento  ai  soci illimitatamente responsabili,
 mentre parallelamente era  stata  proposta  opposizione  tardiva  dai
 creditori istanti - non risulta nella specie pendente alcuna causa di
 opposizione  (tempestiva  o  tardiva) alla fusione per incorporazione
 della s.a.s. Telmatic nella  s.r.l.  New  Matic,  ma  si  controverte
 unicamente  sulla estensibilita' della dichiarazione di fallimento di
 quest'ultima societa' al socio  (gia')  accomandatario  della  s.a.s.
 sicche'  la  decisione  della  controversia dipende dall'accertamento
 della conformita' agli artt. 24 e  3  Cost.  del  sistema  legale  di
 tutela  dell'interesse  dei  creditori della societa' di persone alla
 conservazione della garanzia sul patrimonio dei soci  illimitatamente
 responsabili di questa.
    Nel  merito  la Corte rimettente - dopo aver ricordato che secondo
 la sua  giurisprudenza  (sent.  25  ottobre  1977  n.  4565)  non  e'
 possibile  l'applicazione  cumulativa  degli artt. 2499 e 2503 c.c. e
 che  l'opposizione  alla  fusione   costituisce   l'unico   strumento
 apprestato ai creditori sociali per impedire che in conseguenza della
 fusione  stessa si verifichi la liberazione del socio illimitatamente
 responsabile -  ritiene  che  la  disposizione  dell'art.  2503  c.c.
 contrasti  con  l'art.  24  Cost.  nella parte in cui fa dipendere il
 diritto dei creditori della societa' di  persone  nei  confronti  dei
 soci  illimitatamente  responsabili  di  questa,  in  caso di fusione
 eterogenea, dalla  proposizione  del  giudizio  di  opposizione  alla
 fusione  entro  un  termine  (tre  mesi)  decorrente  non  gia' dalla
 conoscenza effettiva dell'evento produttivo  della  estinzione  della
 societa'  debitrice  e  della  liberazione  dei  soci illimitatamente
 responsabili (delibera di fusione per incorporazione  della  societa'
 debitrice   in   una  societa'  di  capitali),  bensi'  dall'astratta
 conoscibilita' di tale delibera, derivante  dall'iscrizione  di  essa
 nel  registro  delle  imprese.  In  particolare  la  norma  censurata
 sottopone i creditori ad un onere eccessivo e tale  da  compromettere
 seriamente  la tutela dei loro diritti, costringendoli a compiere una
 continua attivita' di verifica dell'eventuale esistenza  di  delibere
 di  fusione  delle  societa' debitrici con societa' a responsabilita'
 limitata,  mediante  ricerche  in   registri   che   realizzano   una
 pubblicita'  soltanto  locale  e  che  sono  non di rado custoditi in
 luoghi distanti dal domicilio dei creditori stessi; ad  accertare  le
 condizioni della fusione e la situazione economico-patrimoniale della
 societa'   incorporante   o  risultante  dalla  fusione;  a  valutare
 l'opportunita' e la convenienza di proporre opposizione;  a  redigere
 ed  a  far  notificare, a mezzo del difensore, il relativo atto; cio'
 peraltro entro un termine solo apparentemente congruo, ma in  realta'
 insufficiente  per  l'espletamento  di  cosi'  complessi incombenti e
 decorrente da  una  data  di  cui  non  sempre  essi  possono  venire
 tempestivamente   a   conoscenza,  pur  con  l'impiego  della  dovuta
 diligenza.
    Inoltre appare violato anche l'art. 3 Cost. se si considera il ben
 diverso e piu' efficace sistema di tutela dei diritti  dei  creditori
 offerto  dall'art. 2499 c.c. in caso di trasformazione di societa' di
 persone in societa' di capitali. Ed infatti mentre l'art.  2499  c.c.
 ricollega  gli  effetti  della  trasformazione  pregiudizievoli per i
 creditori al decorso del termine di trenta giorni dalla comunicazione
 personale,  a  mezzo  di  raccomandata,  a  ciascun  creditore  della
 delibera    di   trasformazione   senza   che   l'interessato   abbia
 espressamente negato il proprio consenso  (dando  cosi'  valore  alla
 conoscenza  effettiva  dell'evento  potenzialmente  pregiudizievole),
 l'art. 2503 fa invece discendere automaticamente i  medesimi  effetti
 (limitazione di responsabilita', liberazione dei soci illimitatamente
 responsabili  della  societa' di persone fusa o incorporata), in caso
 di fusione eterogenea, dal solo  decorso  del  termine  di  tre  mesi
 dall'iscrizione nel registro delle imprese della delibera di fusione,
 indipendentemente  dal  fatto  che  i  creditori possano averne avuto
 notizia.  Ne'  la  pur  sussistente  diversita'  dei   due   istituti
 giustifica  la  disparita'  di  trattamento  dei creditori nell'una e
 nell'altra ipotesi a fronte di interessi meritevoli di pari tutela.
    2. - E' intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato eccependo
 in  via  pregiudiziale  il  difetto  di  rilevanza della questione di
 costituzionalita', in quanto, come gia'  nella  precedente  occasione
 (sent.  n.  409/92  cit.), l'oggetto del giudizio a quo e' costituito
 non gia' dalla legittimita', o meno,  della  realizzata  fusione,  ma
 dalla possibilita' di estendere la dichiarazione di fallimento (della
 societa'  incorporante)  ai  soci  illimitatamente responsabili della
 (societa' di persone) incorporata, per debiti sociali anteriori  alla
 fusione.
    Nel  merito  l'Avvocatura  ritiene  non  fondate  le  questioni di
 costituzionalita'   atteso   che   da   una   parte   rientra   nella
 discrezionalita'  del  legislatore  la  determinazione  di un termine
 congruo per proporre opposizione e d'altra parte non e' irragionevole
 che il dies a quo decorra dalla realizzazione della tipica  forma  di
 pubblicita'  legale  della  delibera di fusione, qual e' l'iscrizione
 nel registro delle imprese. Sotto  altro  profilo  poi  non  sussiste
 disparita'    di   trattamento   rispetto   alla   disciplina   della
 trasformazione atteso che  fusione  e  trasformazione  sono  istituti
 profondamente diversi tra loro, conducendo l'una all'estinzione delle
 societa'  fuse od incorporate e ad un fenomeno successorio per quanto
 riguarda i rapporti patrimoniali gia' facenti capo  alle  medesime  e
 l'altra  ad  una  modifica  dell'atto  costitutivo  che presuppone la
 conservazione e la continuazione della societa' trasformata.
    3. - Si e' costituita la  Banca  Nazionale  del  Lavoro  e  -  nel
 ritenere  la  rilevanza  della  questione  sollevata  -  ha  concluso
 ritenendo l'applicabilita' alla fusione  societaria  anche  dell'art.
 2499   c.c.  (oltre  che  dell'art.  2503  c.c.)  o  alternativamente
 l'illegittimita' costituzionale della disposizione censurata.
                        Considerato in diritto
    1. - E' stata sollevata questione di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  2503  cod.  civ.  (nel  testo in vigore anteriormente alla
 novella di cui al d.lgs. 16 gennaio 1991 n. 22  di  attuazione  delle
 direttive  n.  78/855/CEE  e  n.  82/891/CEE  in materia di fusioni e
 scissioni societarie) nella parte in cui fa dipendere la  liberazione
 degli (eventuali) soci illimitatamente responsabili della societa' di
 persone  assoggettata  a  fusione dalla proposizione dell'opposizione
 alla fusione nel termine di tre mesi decorrente dall'iscrizione delle
 relative  delibere  nel   registro   delle   imprese   e   non   gia'
 dall'effettiva  conoscenza  delle stesse. E' sospettata la violazione
 sia del principio di parita' di  trattamento  (perche'  nel  caso  di
 trasformazione  di  una societa' di persone in societa' di capitali i
 soci illimitatamente responsabili della prima  sono  liberati,  oltre
 che  per  espresso  consenso dei terzi creditori, soltanto in caso di
 inerzia degli stessi protrattasi per  un  termine  di  trenta  giorni
 decorrente dalla diretta comunicazione della trasformazione fatta con
 lettera  raccomandata);  sia  del diritto di difesa (perche' il terzo
 creditore  deve  nel  breve  termine  suddetto  non  solo  effettuare
 periodicamente  la ricerca presso il registro delle imprese, ma anche
 eventualmente predisporre l'atto di opposizione).
    2. - Pregiudizialmente va respinta l'eccezione di inammissibilita'
 della questione sollevata dall'Avvocatura di Stato.
    E' vero - come sottolinea l'Avvocatura - che il giudizio a quo  ha
 ad  oggetto,  non gia' l'opposizione (ancorche' tardiva) alla fusione
 da parte  dei  creditori,  ma  l'estensione  della  dichiarazione  di
 fallimento  ai soci della societa' di persone incorporata in societa'
 di capitali. Pero' la censura oggi sottoposta all'esame della Corte -
 a differenza di quella scrutinata con la citata sentenza n.  409  del
 1992  -  non e' limitata all'interno del regime dell'opposizione alla
 fusione, ma e' piu' radicalmente diretta a sollecitare  il  controllo
 di   costituzionalita'  in  ordine  al  meccanismo  che  comporta  la
 liberazione del socio illimitatamente  responsabile,  liberazione  da
 cui  dipende conseguenzialmente la possibilita', o meno, di estendere
 a tale socio la dichiarazione di fallimento. E questo maggiore ambito
 della censura riflette esattamente il thema  decidendum  devoluto  al
 giudice rimettente, il quale e' chiamato appunto ad interpretare ed a
 fare  applicazione  dell'art.  2503  c.c.  proprio nella parte in cui
 disciplina  (indirettamente)  la  sorte  della  garanzia  offerta  al
 creditore   sociale   dal   patrimonio   del   socio  illimitatamente
 responsabile; valutazione questa che e' necessariamente pregiudiziale
 all'altra concernente la estensibilita', o meno, della  dichiarazione
 di  fallimento.  Sicche'  correttamente  lo stesso giudice rimettente
 ritiene che l'esito del giudizio dipenda dal contenuto precettivo  di
 tale    disposizione,    di   cui   e'   chiesta   la   verifica   di
 costituzionalita'.
    3. - Nel merito la questione e' fondata.
    Puo'  esaminarsi  innanzi  tutto  la  prospettata  violazione  del
 principio di eguaglianza (art.  3  Cost.),  che  appare  maggiormente
 conseguenziale  al  carattere radicale (e sostanziale) della censura,
 rispetto alla ipotizzata violazione del diritto di  difesa  (art.  24
 Cost.),  che  invece  si  colloca  su  un  piano  piu'  limitatamente
 processuale.
    L'ordinanza  di  remissione  sollecita  una  comparazione  tra  la
 disciplina  della  liberazione del socio illimitatamente responsabile
 nel caso di fusione di societa'  e  quella  parallela  relativa  alla
 trasformazione di societa'.
    Per   quest'ultima  fattispecie  l'art.  2499  c.c.  appronta  uno
 specifico meccanismo: la liberazione si verifica sia nel caso in  cui
 il  creditore abbia dato l'espresso consenso alla trasformazione, sia
 nel caso in cui il medesimo, pur avendo avuto  la  comunicazione  per
 raccomandata  della deliberazione di trasformazione, non abbia negato
 espressamente la propria adesione nel termine di trenta giorni  dalla
 comunicazione.  Tale  comunicazione  ha  quindi  la  funzione  di uno
 specifico interpello mirato a tutelare  l'affidamento  del  creditore
 della  societa'  (anche) sulla responsabilita' patrimoniale del socio
 illimitatamente responsabile.
    Per la fusione in generale (e quindi in particolare anche  per  la
 fusione  eterogenea  quale  quella  che  vede una societa' di persone
 incorporata in  una  societa'  di  capitali)  l'art.  2503  c.c.  non
 contempla  analoga  previsione espressamente disciplinando unicamente
 il profilo dell'opposizione alla  fusione  da  parte  dei  creditori.
 Tuttavia  la  giurisprudenza  della  Corte  di cassazione, richiamata
 dalla ordinanza di rimessione - valorizzando il  carattere  meramente
 sussidiario  della  eventuale responsabilita' dei soci - ritiene che,
 verificatasi la fusione per incorporazione di una societa' di persone
 in una societa' di capitali, soltanto quest'ultima  rimane  obbligata
 per  i  debiti sociali pregressi con esclusione della responsabilita'
 personale dei soci gia' illimitatamente responsabili  della  societa'
 incorporata;  sicche'  risultano  ancorati  ad  un unico strumento di
 tutela sia l'interesse del creditore  ad  opporsi  alla  fusione  per
 evitare  la confusione dei patrimoni delle societa' partecipanti alla
 fusione, sia l'interesse dello stesso a conservare la responsabilita'
 patrimoniale del socio illimitatamente responsabile.
    Da questo dato interpretativo - affermato e ribadito  dal  giudice
 della  nomofilachia  - deve muovere lo scrutinio di costituzionalita'
 domandato alla Corte.
    4. - La innegabile diversita' complessiva dei due istituti (quello
 della trasformazione di una  societa'  di  persone  in  una  societa'
 avente  personalita'  giuridica, da una parte, e quello della fusione
 eterogenea di piu'  societa',  dall'altra)  non  e'  di  ostacolo  ad
 isolare  - e poi comparare - quel segmento di disciplina che riguarda
 specificamente la liberazione del socio illimitatamente responsabile.
 In  entrambe  le  fattispecie  sussiste  l'identico   interesse   del
 creditore  a  continuare  a  fare  affidamento  sulla responsabilita'
 patrimoniale  (ancorche'  sussidiaria)  del   socio   illimitatamente
 responsabile   per   le  obbligazioni  sociali  pregresse;  ne'  tale
 identita' di posizioni e' alterata dalla circostanza che il  debitore
 nei  rapporti  obbligatori e' in un caso ancora la medesima societa',
 ancorche' trasformata, mentre nell'altro si identifica nella societa'
 di  capitali risultante dalla fusione, che e' distinta dalla societa'
 di persone partecipante alla fusione stessa. La peculiarita'  che  in
 quest'ultima  vicenda  si  verifica la confusione dei patrimoni delle
 societa'  interessate  dalla  fusione  rappresenta  un  elemento  ne'
 differenziale,  ne'  comunque  rilevante  quanto alla liberazione dei
 soci illimitatamente responsabili, ma e'  un  elemento  significativo
 soltanto  dell'eventuale  radicamento di un ulteriore (ma distinto ed
 autonomo) interesse del  creditore  ad  impedire  la  confusione  dei
 patrimoni  delle  societa',  la  quale  comporta il rischio - come si
 legge nella Relazione al codice civile - di  un  peggioramento  della
 sua  situazione in dipendenza del concorso di nuove masse creditorie,
 interesse che trova tutela nello specifico strumento dell'opposizione
 alla fusione.
    Puo' quindi limitarsi la comparazione  esclusivamente  al  profilo
 della  liberazione  del  socio illimitatamente responsabile e in tale
 pertinente prospettiva la disparita' risulta di tutta evidenza.
    In  un  caso  (quello  della  trasformazione)  il   creditore   e'
 destinatario  di  una  specifica comunicazione della deliberazione di
 trasformazione che fa sorgere l'onere di attivarsi  per  impedire  la
 liberazione  negando espressamente la propria adesione nel termine di
 trenta giorni dalla comunicazione stessa. Questo  e'  quindi  l'unico
 onere   posto   a  carico  del  creditore,  mentre  la  comunicazione
 specificamente indirizzatagli, pur in presenza delle ordinarie  forme
 di   pubblicita'  societaria,  rappresenta  una  tutela  mirata  alla
 eventuale conservazione della garanzia patrimoniale.
    Nell'altra  ipotesi  (quella  della  fusione  eterogenea)  non  e'
 prevista   analoga   comunicazione   singulatim,  ma  la  pubblicita'
 societaria e' considerata esaustiva. Si ha quindi che la  liberazione
 del   socio   illimitatamente  responsabile  consegue,  come  effetto
 indiretto, alla mancata opposizione alla fusione nel termine  di  tre
 mesi,  della  quale  e' data pubblicita' nella forma della iscrizione
 della relativa deliberazione delle societa' partecipanti alla fusione
 nel registro delle imprese o, dopo la modifica dell'art.  2503  c.c.,
 della  pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (ove richiesta). Quindi
 il creditore che intenda conservare  la  garanzia  rappresentata  dal
 patrimonio  del socio illimitatamente responsabile e' gravato dal ben
 maggiore onere - che non puo' dirsi compensato dal piu' ampio termine
 previsto dall'art. 2503 c.c. - di dover procedere a periodici accessi
 per consultare  il  registro  delle  imprese,  mentre  nel  caso  (in
 comparazione)  della  trasformazione  puo'  limitarsi ad attendere la
 comunicazione personale di cui all'art. 2499 c.c.; onere - il primo -
 la cui (in tesi ritenuta) idoneita' al fine di contrastare la fusione
 in se' con l'atto di opposizione del creditore sociale, qui  peraltro
 non  in  discussione, non offre ragione alcuna dello squilibrio nella
 piu'   limitata   prospettiva   di   conservazione   della   garanzia
 patrimoniale   e   di   opposizione   alla   liberazione   del  socio
 illimitatamente responsabile.
    Conclusivamente si ha quindi  che  l'identita'  dell'interesse  in
 gioco  rende  ingiustificata la piu' gravosa disciplina che - secondo
 la giurisprudenza della Corte di cassazione - deve leggersi nell'art.
 2503 c.c. ed impone conseguenzialmente di parificare le due posizioni
 estendendo  anche  alla  fusione  eterogenea  l'interpello   previsto
 dall'art. 2499 c.c. in luogo del piu' gravoso automatismo liberatorio
 previsto  (ancorche'  non  espressamente)  dall'art. 2503 cit., ferma
 restando per l'opposizione dei creditori alla fusione  la  disciplina
 dettata  da  tale  ultima  disposizione  che in parte qua - anche per
 quanto riguarda la decorrenza dal dies a quo del termine -  e'  fuori
 dalla censura di costituzionalita'.
    Quindi  - rimanendo assorbito l'esame della prospettata violazione
 dell'art. 24 Cost. - va  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art. 2503 c.c. nella parte in cui non prevede che la liberazione
 dei  soci  illimitatamente  responsabili  per le obbligazioni sociali
 anteriori alla fusione consegua esclusivamente al consenso espresso o
 presunto, nei modi e nel termine  di  cui  all'art.  2499  c.c.,  dei
 creditori della societa' di persone partecipante alla fusione.
    5.   -  Analoga  dichiarazione  di  incostituzionalita'  deve  poi
 investire in via conseguenziale ( ex art. 27 legge 11 marzo  1953  n.
 87)  la  medesima disposizione come sostituita dall'art. 10 d.lgs. 16
 gennaio 1991 n. 22 (di attuazione delle direttive n. 78/855/CEE e  n.
 82/891/CEE  in materia di fusioni e scissioni societarie) atteso che,
 anche  nella  nuova  formulazione  che   non   e'   suscettibile   di
 interpretazione  diversa da quella accolta dalla giurisprudenza sulla
 disposizione originaria, permane il condizionamento della liberazione
 dei soci illimitatamente responsabili (non gia' al consenso  espresso
 o  presunto  dei  creditori sociali, bensi') alla mancata opposizione
 alla fusione, le cui delibere sono  soggette  all'iscrizione  o  alla
 pubblicazione  sulla Gazzetta Ufficiale senza che sia prevista alcuna
 comunicazione personale ai creditori al fine  di  acquisire  il  loro
 consenso  espresso  o  presunto  alla  liberazione  medesima e quindi
 persiste l'evidenziata disparita' di trattamento.