ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  60  del  regio
 decreto-legge 19 ottobre 1938, n. 1933 (Riforma delle leggi sul lotto
 pubblico),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  24  marzo  1994 dal
 Tribunale di Venezia nel procedimento civile vertente tra  la  FINPAD
 S.r.l.  e  l'Amministrazione  delle  finanze,  iscritta al n. 366 del
 registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 25 gennaio 1995 il Giudice
 relatore Massimo Vari.
                           Ritenuto in fatto
    In un giudizio di  opposizione  ad  ingiunzione  fiscale  proposto
 dalla  FINPAD  S.r.l.  contro  l'Amministrazione  delle  finanze,  il
 Tribunale di Venezia, con ordinanza del 24 marzo 1994  (R.O.  n.  366
 del  1994),  ha  sollevato  questione  di legittimita' costituzionale
 dell'art. 60 del  regio  decreto-legge  19  ottobre  1938,  n.  1933,
 contenente la riforma delle leggi sul lotto pubblico.
    Il  giudice  a  quo  rileva  che  la  disposizione  impugnata, nel
 condizionare l'ammissibilita' del  ricorso  avverso  la  liquidazione
 della  tassa  dovuta  per  le  manifestazioni a premi, autorizzate ai
 sensi dell'art. 59 del medesimo regio decreto-legge n. 1933 del 1938,
 al previo pagamento del tributo, si pone in contrasto con  gli  artt.
 3,  24  e  113  della  Costituzione,  per violazione del principio di
 eguaglianza e per lesione del diritto di difesa del cittadino.
    In proposito richiama l'orientamento,  gia'  piu'  volte  espresso
 dalla  Corte  costituzionale,  nel senso dell'illegittimita' di varie
 disposizioni  legislative  che  avevano  imposto  il  pagamento   del
 tributo, quale onere per la sua contestazione in sede giudiziaria.
                        Considerato in diritto
    1.  - Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Venezia solleva
 questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  60  del  regio
 decreto-legge  19  ottobre  1938,  n.  1933, recante la riforma delle
 leggi sul lotto pubblico.
    La disposizione impugnata, dopo aver previsto, al primo comma, che
 il ricorso all'autorita' giudiziaria  contro  la  liquidazione  della
 tassa  per  i concorsi e le operazioni a premi e' ammesso nel termine
 di tre mesi dalla notifica del  provvedimento,  prevede,  al  secondo
 comma,  che "il ricorso non e' ammissibile se non sia stata pagata la
 tassa dovuta".
    Secondo il giudice remittente, la norma  censurata  contrasterebbe
 con  l'art.  3  della Costituzione, per disparita' di trattamento tra
 colui che puo' adire il giudice, essendo stato in grado di  assolvere
 il tributo in via preventiva, e colui che - pur potendo astrattamente
 avere  ragione  nei  confronti dell'Amministrazione - necessariamente
 soccombe per non avere corrisposto quanto comunque preteso dal fisco,
 nonche' con gli artt. 24 e 113 della Costituzione  medesima,  per  la
 lesione del diritto di difesa del cittadino, il cui esercizio sarebbe
 condizionato  dalla  maggiore  o  minore disponibilita' economica del
 singolo.
    2. - La questione e' fondata.
    L'ordinanza di rimessione, nel riferirsi genericamente all'art. 60
 del regio decreto-legge n. 1933 del 1938, intende in realta' porre in
 dubbio la costituzionalita' del solo secondo comma della disposizione
 che   subordina,   infatti,   al   previo   pagamento   del   tributo
 l'esperibilita' del ricorso all'autorita' giudiziaria.
    Cosi' definiti i termini della questione, occorre osservare che la
 norma  censurata  contiene  un'applicazione della regola del solve et
 repete, ponendo, infatti, il  pagamento  del  tributo  a  presupposto
 dell'azione   giudiziaria   promossa   dal  contribuente  avverso  la
 liquidazione del tributo stesso.  Trattasi,  come  e'  noto,  di  una
 regola  che  la  Corte,  in  numerose precedenti pronunzie, a partire
 dalla sentenza n. 21 del 1961, ha ritenuto illegittima,  perche'  non
 conforme   ai  richiamati  articoli  della  Costituzione,  in  quanto
 incompatibile, da un  canto,  con  il  principio  di  eguaglianza  e,
 dall'altro, con il diritto di agire in giudizio senza limitazioni.
    Le  stesse ragioni esposte nelle predette decisioni inducono ora a
 reputare contrastante con i richiamati precetti costituzionali  anche
 la    disposizione    in   esame   che   va,   pertanto,   dichiarata
 costituzionalmente illegittima.