ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 1, e
 12,  comma 2, del decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480, recante
 "Riforma della disciplina sanzionatoria  contenuta  nel  testo  unico
 delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931,
 n.  773", promosso con ricorso della Regione Toscana, notificato il 2
 settembre 1994, depositato in cancelleria  il  6  settembre  1994  ed
 iscritto al n. 65 del registro ricorsi 1994;
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nell'udienza  pubblica  del  21  febbraio  1995  il  giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Uditi  l'avv. Carlo Mezzanotte per la Regione Toscana e l'avvocato
 dello Stato Gaudenzio Pierantozzi per il Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.1. - Con ricorso notificato il  2  settembre  1994,  la  Regione
 Toscana  ha  sollevato  questione  di legittimita' costituzionale, in
 riferimento agli  artt.  117  e  118  della  Costituzione  (anche  in
 relazione  all'art.  76  Cost.),  delle  seguenti  norme  del decreto
 legislativo  13  luglio  1994,  n.  480  (Riforma  della   disciplina
 sanzionatoria  contenuta  nel  testo  unico  delle  leggi di pubblica
 sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773):
       a) art. 3, primo comma, per la parte in cui introduce nel testo
 unico delle leggi di pubblica sicurezza (approvato con regio  decreto
 18  giugno  1931  n.  773)  l'art.  17-quinquies,  stabilendo  che il
 rapporto di cui all'art. 17 della legge n. 689 del 24  novembre  1981
 sia  trasmesso  al  prefetto anziche' alla regione competente, per le
 violazioni delle norme - indicate dagli artt. 17-bis e 221-bis  dello
 stesso   testo   unico   di  pubblica  sicurezza  -  riferibili  alle
 attribuzioni proprie o delegate alle regioni ai sensi degli artt. 117
 e 118 della Costituzione, e piu' precisamente  degli  artt.  60,  76,
 111, 123, 124, secondo comma, 84, 86 e 108 del testo unico medesimo;
       b) art. 12, secondo comma, per la parte in cui introduce, nella
 legge  5  dicembre  1985  n.  730,  l'art.  8-bis,  stabilendo che il
 rapporto di cui all'art. 17 della legge n. 689 del 24  novembre  1981
 sia  trasmesso  all'ufficio  provinciale dell'industria, commercio ed
 artigianato anziche' alla regione competente, per le violazioni delle
 norme - previste dagli artt. 17-bis e  221-bis  del  testo  unico  di
 pubblica  sicurezza  approvato  con  r.d.  18  giugno 1931, n. 773, e
 consistenti nello svolgimento delle attivita'  previste  dall'art.  2
 della  legge  n.  730  del  1985  in  difetto di autorizzazione o con
 inosservanza delle  prescrizioni  imposte  dalla  legge  o  impartite
 dall'autorita'  -  riferibili ad attribuzioni proprie o delegate alle
 regioni ai sensi degli artt. 117 e  118  della  Costituzione,  ed  in
 particolare delle norme indicate nel precedente punto a).
    1.2.  - La ricorrente premette che, con legge 28 dicembre 1993, n.
 562, il Governo e' stato delegato ad adottare, entro sei  mesi  dalla
 data  di  entrata  in vigore della medesima legge, uno o piu' decreti
 legislativi per la riforma della disciplina  sanzionatoria  contenuta
 nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d.
 18   giugno   1931  n.  773,  e  successive  modificazioni,  e  delle
 disposizioni ad esso connesse o complementari.
    La delega era diretta a completare la trasformazione in violazioni
 amministrative delle  numerose  contravvenzioni  previste  dal  testo
 unico  del  1931,  gia'  ampiamente  avviata con la legge 24 novembre
 1981, n. 689.
    La  legge  di  delega  non  ha  previsto  innovazioni  del  quadro
 normativo  in  tema  di  procedura  per l'applicazione delle sanzioni
 amministrative, cosi' come stabilito dalla citata legge  n.  689  del
 1981.  In  particolare,  il  legislatore  delegante  ha  espresso  un
 principio direttivo tendente a confermare la necessita' di rispettare
 il quadro delle competenze e delle attribuzioni delle amministrazioni
 interessate:  l'art.  1,  lett.  h), della legge di delega n. 562 del
 1993  invita  infatti  il  legislatore  ad  "individuare  l'autorita'
 competente  ad  irrogare  le  sanzioni  amministrative  inerenti alle
 violazioni  decriminalizzate,  tenendo  conto  della   natura   delle
 violazioni  e  delle attribuzioni delle amministrazioni interessate".
 Il decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480 ha  dato  seguito  alla
 riforma  della  disciplina  sanzionatoria  contenuta  nel testo unico
 delle  leggi  di  pubblica  sicurezza,  introducendo,  oltre  ad  una
 modifica  delle  sanzioni  penali  previste dall'art. 17 del medesimo
 testo unico, una serie di articoli aggiuntivi che  prevedono  ipotesi
 di  depenalizzazione  con  riferimento  alle  violazioni  di  singole
 disposizioni del testo unico (art. 17-bis e art.  221-bis  del  testo
 unico).   Il  decreto  delegato  disciplina  anche  le  modalita'  di
 accertamento  delle  violazioni  e,  pur  confermando  l'obbligo  del
 rapporto  previsto dall'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689,
 introduce alcune norme innovative rispetto alla disciplina  contenuta
 in  tale  articolo,  con  particolare riferimento alla individuazione
 dell'ufficio al quale il rapporto previsto da tale norma deve  essere
 presentato.
    1.3.   -   Cio'  posto,  la  ricorrente  sostiene  che  gli  artt.
 17-quinquies del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (introdotto dall'art. 3,
 primo comma, del decreto legislativo impugnato) e l'art. 8-bis  della
 legge  5  dicembre  1985,  n.  730  (introdotto dall'art. 12, secondo
 comma,  del  decreto  legislativo   impugnato)   sono   da   ritenere
 costituzionalmente  illegittimi  in  quanto  lesivi  delle competenze
 della  Regione  ricorrente,  per  la  parte  in  cui  individuano  il
 destinatario  del rapporto di cui all'art. 17 della legge 24 novembre
 1981, n. 689, in  un  organo  dello  Stato  (il  prefetto,  nel  caso
 dell'art.  17-quinquies;  l'ufficio  provinciale  dell'industria, del
 commercio e dell'artigianato, nel caso dell'art. 8-bis), anziche'  in
 un   ufficio   individuato   dalla  Regione  competente,  per  quelle
 violazioni previste dagli artt. 17-bis  e  221-bis  del  testo  unico
 delle leggi di pubblica sicurezza (cosi' come introdotti dallo stesso
 decreto  legislativo  impugnato),  che  si  riferiscono a funzioni di
 polizia amministrativa attinenti a materie attribuite o delegate alle
 regioni di diritto comune.
    In tal modo  il  legislatore  delegato  ha  violato  il  principio
 fissato,  in  attuazione  degli  artt.  117 e 118 della Costituzione,
 dall'art. 9 del  d.P.R.  n.  616  del  1977,  (pienamente  confermato
 dall'art.  17,  terzo comma, della legge n. 689 del 1981), secondo il
 quale le regioni esercitano le  funzioni  di  polizia  amministrativa
 attinenti  alle  singole  materie ad esse attribuite o delegate sulla
 base del  medesimo  titolo  con  il  quale  detengono  le  competenze
 relative  alle  materie  cui  quelle funzioni accedono: principio che
 vale non soltanto per le materie direttamente trasferite alle regioni
 (c.d. competenze amministrative proprie)  ma  anche  per  le  materie
 delegate,  ai sensi dell'art. 118, secondo comma, della Costituzione,
 quando  le  competenze  oggetto  della  delega  costituiscano   parte
 integrante del patrimonio delle attribuzioni regionali (cfr. sent. n.
 1034 del 1988).
    Occorre,  inoltre,  ribadire - prosegue la ricorrente - che ne' la
 legge di delega ne' la legge delegata hanno introdotto  modifiche  ai
 criteri  generali  individuati  per la procedura di accertamento e di
 irrogazione delle relative sanzioni, fissata nella sezione  II,  capo
 I,  della legge 24 novembre 1981, n. 689, ed in particolare dall'art.
 17 di questa legge che, al  terzo  comma,  ha  stabilito  che  "nelle
 materie  di  competenza  delle  regioni  e  negli  altri casi, per le
 funzioni amministrative ad esse delegate, il rapporto  e'  presentato
 all'ufficio  regionale competente". In tal senso deve essere comunque
 letto anche il citato principio direttivo di cui alla lett. h)  della
 legge  di  delega  n.  562  del  1993:  di  qui  la  violazione delle
 competenze regionali anche in relazione alla violazione dell'art.  76
 della  Costituzione,  che vincola il legislatore delegato al rispetto
 dei principi direttivi fissati dal legislatore delegante.
    Le norme impugnate, nella parte in  cui  attribuiscono  ad  uffici
 periferici  dello  Stato  funzioni  sanzionatorie che invece spettano
 alla competenza regionale, invadono la sfera di autonomia legislativa
 delle regioni, che hanno, infatti, la possibilita' di determinare con
 provvedimento  legislativo  gli  organi  competenti  a  ricevere   il
 rapporto  e  ad irrogare la sanzione ai sensi della norma statale che
 la prevede. Cio' in coerenza con la giurisprudenza  di  questa  Corte
 che  ha  riconosciuto  che  spetta  alle  regioni e non allo Stato il
 potere  di  individuare  l'organo   chiamato   a   svolgere   compiti
 amministrativi,  tra  i  quali  ovviamente  rientrano quelli inerenti
 all'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, in materie
 di competenza regionale (cfr. sentenze n. 121 del 1979,  n.  319  del
 1983  e  la  gia' citata n. 1034 del 1988; cfr. anche n. 350 e n. 365
 del 1991; n. 123 del 1992).
    Inoltre (cfr. sentt. n. 218 del 1988 e n. 77 del 1987; nonche'  n.
 162  del  1990), la ripartizione delle attribuzioni fra lo Stato e le
 regioni compiuta dal  d.P.R.  n.  616  del  1977  in  relazione  alle
 funzioni  di  polizia  e' fondata sulla distinzione tra le competenze
 attinenti alla pubblica sicurezza, le quali  sono  riservate  in  via
 esclusiva allo Stato ex art. 4 del medesimo d.P.R. n. 616 del 1977, e
 le  altre  competenze  enucleate  dall'ampia  categoria della polizia
 amministrativa e trasferite alle regioni come funzioni accessorie  ai
 settori materiali loro attribuiti.
    1.4.    -    Il    decreto   legislativo   impugnato   e'   quindi
 costituzionalmente illegittimo - prosegue la ricorrente  -  in  primo
 luogo  nella  parte  in  cui  prevede  (art.  17-quinquies introdotto
 dall'art. 3 del decreto impugnato) che  sia  presentato  al  prefetto
 anziche'  alla  regione il rapporto di cui all'art. 17 della legge n.
 689 del 1981 riferito alla violazione delle seguenti norme del  testo
 unico di pubblica sicurezza (oggetto della depenalizzazione stabilita
 dagli artt. 17-bis e 221-bis del medesimo testo unico):
       a) art. 60 (in tema di licenza per l'installazione di ascensori
 per  il trasporto di persone o di materiali accompagnati da persone),
 che  coinvolge  funzioni  di  polizia  amministrativa  di  competenza
 comunale,  ai sensi dell'art. 19, n. 1, del d.P.R. n. 616 del 1977 ed
 e' quindi riconducibile  alle  competenze  regionali  in  materia  di
 polizia  locale urbana e rurale (artt. 17 e 18 d.P.R. n. 616 del 1977
 in relazione agli artt. 117 e 118 Cost.);
       b) art. 76 (relativo al preventivo avviso scritto all'autorita'
 locale di pubblica sicurezza da parte di chi intende far eseguire  in
 luogo  pubblico  o  aperto  o esposto al pubblico azioni destinate ad
 essere riprodotte con il cinematografo), che  coinvolge  funzioni  di
 polizia  amministrativa di competenza comunale ai sensi dell'art. 19,
 n. 3, del  d.P.R.  n.  616  del  1977  e  quindi  riconducibili  alle
 competenze  regionali  in  materia di polizia locale urbana e rurale,
 nonche' alla materia del turismo e spettacolo (artt. 117 e 118  Cost.
 in relazione al decreto-legge 30 luglio 1994, n. 477);
       c) art. 111, nonche' art. 199 del regolamento di esecuzione del
 testo  unico  di  pubblica sicurezza (r.d. 6 maggio 1940 n. 635), che
 contiene disposizioni applicative del citato art. 111 (relativo  alla
 licenza  per l'arte tipografica, litografica, fotografica o qualunque
 altra arte di  stampa  o  di  riproduzione  meccanica  o  chimica  in
 molteplici    esemplari),   che   coinvolge   funzioni   di   polizia
 amministrativa di competenza comunale ai sensi dell'art. 19,  n.  11,
 del  d.P.R.  n. 616 del 1977 e quindi riconducibili alle attribuzioni
 regionali in materia di polizia locale urbana e rurale;
       d) art. 123 (relativo alle autorizzazioni per  l'esercizio  del
 mestiere  di  guida, interprete, corriere, guida o portatore alpino e
 per  l'abilitazione  all'insegnamento  dello  sci),   che   coinvolge
 funzioni amministrative di competenza comunale ai sensi dell'art. 19,
 n.  2,  del  d.P.R.  n.  616  del  1977  e  quindi riconducibili alle
 competenze regionali in materia di polizia locale, nonche' di turismo
 e spettacolo (artt. 117 e 118 Cost. in relazione al decreto-legge  30
 luglio 1994 n. 477);
       e)   art.  124,  secondo  comma  (relativo  alla  licenza  agli
 stranieri per l'esercizio dei mestieri girovaghi di cui all'art. 121,
 in occasione di feste, fiere, mercati o  altre  pubbliche  riunioni),
 che  coinvolge  funzioni  di  polizia  amministrativa  di  competenza
 comunale ai sensi dell'art. 19, n. 13, del d.P.R. n. 616 del  1977  e
 quindi  riconducibili  alle  attribuzioni  regionali  in  materia  di
 polizia locale, cosi' come espressamente  statuito  da  questa  Corte
 nella citata sentenza n. 1034 del 1988;
       f)  art.  84  (relativo  all'obbligo di tenere affissi in luogo
 visibile i regolamenti relativi al servizio d'ordine di sicurezza nei
 teatri e negli altri luoghi di pubblico  spettacolo),  che  coinvolge
 funzioni  di  polizia  amministrativa di competenza comunale ai sensi
 dell'art.  19,  n.  10,  del  d.P.R.  n.  616  del  1977   e   quindi
 riconducibili  alle  attribuzioni  regionali  in  materia  di polizia
 locale, nonche' di turismo e spettacolo;
       g) art. 86, nonche' art.  180  del  regolamento  di  esecuzione
 (relativo  all'obbligo  di  esporre in un luogo visibile al pubblico,
 sito nel proprio locale di esercizio, la  licenza,  l'autorizzazione,
 la  tariffa  dei  prezzi  e gli altri atti indicati nel secondo comma
 dell'art. 180 cit.), che riguarda  funzioni  attinenti  alla  materia
 della polizia locale, cosi' come risulta dal richiamo di cui all'art.
 19,  n.  8,  del  d.P.R.  n.  616  del 1977 e attinenti comunque alle
 funzioni delegate, ai  sensi  dell'art.  118,  secondo  comma,  della
 Costituzione,  dall'art. 52, lett. a), del d.P.R. n. 616 del 1977, in
 materia di pubblici esercizi di  vendita  e  consumo  di  alimenti  e
 bevande  (competenze  che  questa  Corte  ha  statuito  spettare alle
 regioni nella citata sentenza n. 1034 del 1988);
       h) art. 108 (relativo all'esercizio dell'industria di affittare
 camere o appartamenti mobiliati  o  comunque  di  dare  alloggio  per
 mercede),  che  coinvolge  l'esercizio  di funzioni amministrative di
 polizia locale connesse  alle  competenze  regionali  in  materia  di
 turismo  e  di  industria  alberghiera (cfr. sul punto la sentenza di
 questa Corte n. 618 del 1988), come meglio risulta anche dai principi
 della legge quadro n. 217 del 17 maggio 1983.
    Ad avviso della ricorrente, in tutte le ipotesi  sopra  menzionate
 alle  lettere da a) ad h) si tratta di norme che non solo attengono a
 materie trasferite o delegate alle regioni, ma che non sono in  alcun
 modo  riconducibili  ad  esigenze  di  ordine  pubblico, individuando
 attribuzioni   da   esercitarsi    all'interno    della    disciplina
 amministrativa  delle  singole  materie sopra indicate e senza che ad
 esse si possa attribuire una particolare rilevanza per le esigenze di
 tutela della sicurezza pubblica.
    1.5. - Il decreto legislativo impugnato e'  altresi'  illegittimo,
 conclude  la  Regione Toscana, anche nella parte in cui prevede (art.
 8-bis della legge 5 dicembre 1985,  n.  730,  cosi'  come  introdotto
 dall'art.  12, secondo comma, del decreto delegato impugnato) che sia
 presentato all'ufficio provinciale dell'industria,  del  commercio  e
 dell'artigianato,  anziche'  alla  Regione ricorrente, il rapporto di
 cui all'art. 17 della legge n. 689 del 1981, riferito alle violazioni
 previste dagli artt. 17 -bis e 221-bis del testo unico delle leggi di
 pubblica sicurezza, consistenti  nello  svolgimento  delle  attivita'
 agrituristiche  previste  dall'art.  2  della stessa legge n. 730 del
 1985,  in  difetto  di  autorizzazione  o  con   inosservanza   delle
 prescrizioni imposte dalla legge o impartite dalla autorita'.
    Da un lato, infatti, lo svolgimento delle attivita' agrituristiche
 individuate  dall'art.  2  della  legge  n.  730  del  1985 coinvolge
 sicuramente le funzioni amministrative  trasferite  o  delegate  alle
 regioni  in  materia  di  turismo  ed industria alberghiera, ai sensi
 degli artt. 50 e 56 del d.P.R. n. 616 del  1977  (in  relazione  agli
 artt.   117  e  118  della  Costituzione,  cosi'  come  ulteriormente
 sviluppati dalla legge quadro n. 217 del 1983 e dal decreto-legge  30
 luglio  1994,  n.  477).  Dall'altro,  tali  attivita', sia in quanto
 inerenti allo svolgimento delle attivita' turistiche  ed  alberghiere
 sia  in  quanto riferite ad attivita' di polizia locale di competenza
 comunale ai sensi dell'art. 19 del  d.P.R.  n.  616  del  1977,  sono
 sicuramente  riconducibili  alle  competenze  regionali in materia di
 polizia locale urbana e rurale, trasferite alle regioni (in relazione
 agli artt. 117 e 118 della Costituzione) dagli  artt.  17  e  18  del
 d.P.R.  n.  616  del 1977 (il che vale in particolare con riferimento
 alle attivita' riconducibili alle norme gia'  citate  nel  precedente
 punto 1.4).
    2.  -  Si  e'  costituito  nel presente giudizio il Presidente del
 Consiglio dei  ministri,  chiedendo  che  il  ricorso  sia  respinto.
 L'Avvocatura  dello  Stato  osserva  che  erroneamente  la ricorrente
 ritiene  che  la  decriminalizzazione  comporti  automaticamente   il
 trasferimento  della  materia  cui  si  riferiscono  le  disposizioni
 depenalizzate nell'ambito delle funzioni di competenza regionale, con
 obliterazione delle specifiche  competenze  attinenti  alla  pubblica
 sicurezza,  che restano in ogni caso riservate allo Stato (art. 4 del
 d.P.R. n. 616 del 1977). In altre parole, si tende  a  confondere  la
 polizia  amministrativa  con  la pubblica sicurezza, si ignora che la
 stessa disposizione puo' assumere rilievo sia sotto il profilo  della
 polizia amministrativa che sotto quello della pubblica sicurezza e si
 dimentica  che,  almeno  per  questo  secondo  prevalente profilo, e'
 legittimo   l'esercizio   del   potere   dell'organo  statale  ed  in
 particolare del prefetto, come dichiarato da questa  Corte  (sentenza
 n. 77 del 1987).
    Si  osserva  ancora che la tesi secondo cui le funzioni di polizia
 sono interne alla disciplina amministrativa della materia, in  quanto
 non  rivestono  una rilevanza specifica in relazione alle esigenze di
 preservazione dell'ordine pubblico, e' tutta da dimostrare ed e' anzi
 contraddetta dagli atti normativi richiamati,  in  particolare  dalla
 legge   di   delega   28   dicembre  1993,  n.  562,  tutta  permeata
 dall'esigenza di non  attenuare,  attraverso  la  decriminalizzazione
 delle  violazioni  di alcune norme di pubblica sicurezza, le esigenze
 di  tutela  dell'ordine  pubblico  e  di  mantenere  quindi   intatte
 particolarmente  le  competenze  del  Ministero  dell'Interno,  i cui
 organici vengono  potenziati  proprio  in  ragione  dell'applicazione
 della legge stessa.
    Risulta,  infine, dalla semplice lettura delle norme depenalizzate
 che le violazioni previste presentano tutte un  profilo  esclusivo  o
 prevalente di ordine pubblico o si riferiscono a comportamenti che in
 diversa misura hanno ricaduta fuori dell'ambito locale o regionale.
    3.   -  Ha  depositato  memoria  aggiuntiva  la  Regione  Toscana,
 insistendo nelle conclusioni gia' formulate e rilevando che, in molti
 dei settori cui sono riferibili le funzioni di polizia amministrativa
 attribuite ai commi dall'art. 19 del d.P.R. n. 616 del 1977, essa  ha
 gia' esercitato le proprie attribuzioni.
                        Considerato in diritto
    1.   -  La  Regione  Toscana  solleva  questione  di  legittimita'
 costituzionale di due norme introdotte  dal  decreto  legislativo  13
 luglio  1994,  n. 480, il quale, in attuazione della delega contenuta
 nella legge 28 dicembre 1993, n. 562, ha provveduto - per quanto  qui
 interessa  -  a trasformare in violazioni amministrative una serie di
 contravvenzioni previste nel testo  unico  delle  leggi  di  pubblica
 sicurezza (r.d. 18 giugno 1931, n. 773), nonche' gli illeciti ad esse
 omogenei contenuti in disposizioni connesse o complementari al citato
 testo unico.
    Le  norme  impugnate  individuano il soggetto o l'ufficio al quale
 deve  essere  presentato  il  rapporto   relativo   alle   violazioni
 depenalizzate. Si tratta in particolare:
       a)  dell'art.  17-quinquies del testo unico di p.s. (introdotto
 dall'art. 3, primo comma, del d.lgs. n. 480 del 1994), secondo cui il
 rapporto va presentato al prefetto;
       b) dell'art. 8-bis della legge 5 dicembre 1985, n. 730, recante
 la disciplina dell'agriturismo,  (introdotto  dall'art.  12,  secondo
 comma,  del  d.lgs.  n.  480),  secondo  cui il rapporto va trasmesso
 all'ufficio   provinciale    dell'industria,    del    commercio    e
 dell'artigianato.
    Ad  avviso della ricorrente, dette norme, limitatamente alla parte
 in cui si riferiscono alla violazione  di  disposizioni  attinenti  a
 materie  attribuite  o  delegate  alle  regioni, ledono le competenze
 regionali in quanto individuano in un organo statale, anziche' in  un
 ufficio  regionale  indicato  dalla Regione medesima, il destinatario
 del rapporto: e cio' in contrasto con  gli  artt.  117  e  118  della
 Costituzione, come attuati dagli artt. 9, 17, 18, 19, 50, 51, 52 e 56
 del  d.P.R. n. 616 del 1977, nonche' dall'art. 17, terzo comma, della
 legge 24 novembre 1981, n. 689. In particolare, risulterebbe  violato
 il  principio generale - fissato nei citati artt. 9 del d.P.R. n. 616
 del 1977 e 17, terzo comma, della legge n. 689 del 1981 - secondo cui
 le  regioni  esercitano  le  funzioni  di   polizia   amministrativa,
 attinenti  alle materie ad esse attribuite o delegate, sulla base del
 medesimo titolo con il quale detengono le  competenze  relative  alle
 materie cui quelle funzioni accedono.
    Viene,   poi,   denunciata   la   violazione  dell'art.  76  della
 Costituzione, in quanto le norme impugnate non  avrebbero  rispettato
 il criterio direttivo di cui alla lett. h) dell'art. 1 della legge di
 delega   n.   562   del  1993,  secondo  cui  occorreva  "individuare
 l'autorita' competente ad  irrogare  le  sanzioni  amministrative  ..
 tenendo  conto  della  natura  delle  violazioni e delle attribuzioni
 delle amministrazioni interessate".
    2. - Va  preliminarmente  osservato  che  la  questione  posta  in
 riferimento   all'art.   76   della  Costituzione  deve  considerarsi
 ammissibile, dato che il principio direttivo sopra citato e'  diretto
 proprio  a salvaguardare (anche) le competenze regionali; e' peraltro
 evidente che in concreto tale censura si identifica (e si  esaurisce)
 in  quelle  relative  alla  violazione  degli  artt.  117 e 118 della
 Costituzione (cfr. sentt. nn. 617 del 1988 e 183 del 1987).
    3. - Prima di esaminare le singole  questioni  prospettate,  vanno
 richiamati  sinteticamente  alcuni  principi  generali  affermati  da
 questa Corte in materia.
    Deve innanzitutto ribadirsi  che  "la  ripartizione  tra  Stato  e
 regioni  del  potere  di  irrogare le sanzioni amministrative ricalca
 perfettamente la ripartizione  delle  competenze  in  relazione  alle
 materie  cui quelle sanzioni si riferiscono" (sentenza n. 60 del 1993
 e precedenti ivi richiamati); da cio' discende che - conformemente al
 criterio stabilito dall'art. 17, terzo comma, della legge n. 689  del
 1981  -  spetta alle regioni individuare i propri uffici competenti a
 ricevere il rapporto relativo alle  sanzioni  amministrative  per  le
 violazioni  di  norme  attinenti  a  materie affidate alla competenza
 regionale, propria o delegata  (purche',  in  quest'ultimo  caso,  le
 competenze  delegate  costituiscano  un'integrazione necessaria delle
 competenze proprie, cosi' che la  loro  lesione  comporti  anche  una
 menomazione di queste ultime) (sentenza n. 1034 del 1988 e precedenti
 ivi richiamati).
    Occorre,   tuttavia,  che  nelle  singole  fattispecie  non  siano
 ravvisabili profili di  pubblica  sicurezza,  la  cui  competenza  e'
 riservata  allo  Stato  ex  art.  4  del  d.P.R. n. 616 del 1977; per
 pubblica sicurezza deve intendersi (v. sentt. nn. 162 del 1990,  1034
 e  218  del  1988,  77 del 1987) la funzione inerente al mantenimento
 dell'ordine  pubblico,  cioe'  alla   tutela   dei   beni   giuridici
 fondamentali o degli interessi pubblici primari sui quali si regge la
 civile convivenza.
    Va  altresi'  chiarito,  infine,  che  -  contrariamente  a quanto
 ritiene la ricorrente - la  "polizia  locale  urbana  e  rurale"  non
 configura  di  per  se'  una materia autonoma (se non nel senso della
 istituzione ed organizzazione dei servizi di polizia  municipale:  v.
 legge  7  marzo  1986,  n.  65),  bensi'  ha  carattere  accessorio e
 strumentale rispetto alle singole  materie  cui  di  volta  in  volta
 inerisce;  ne  consegue,  in  particolare, che le funzioni di polizia
 amministrativa attribuite ai comuni dall'art. 19 del  d.P.R.  n.  616
 del 1977 non rientrano per cio' solo nelle competenze regionali, dato
 che  soltanto  alcune  di  esse  sono  riferibili alle materie di cui
 all'art. 117 della Costituzione, mentre altre  non  sono  connesse  a
 tali materie e rientrano pertanto nelle attribuzioni dello Stato, che
 le  ha  assegnate ai comuni ai sensi dell'art. 128 della Costituzione
 (cfr., in tal senso, sent. cit. n. 77 del 1987).
    4.1. - Cio'  posto,  le  censure  della  ricorrente  si  rivolgono
 innanzitutto,  come  gia'  detto,  all'art.  17-quinquies del t.u. di
 pubblica sicurezza (norma introdotta dall'art. 3,  primo  comma,  del
 decreto  legislativo n. 480 del 1994), nella parte in cui prevede che
 sia  presentato   al   prefetto,   anziche'   all'ufficio   regionale
 competente,  il  rapporto  relativo  alla violazione di alcune tra le
 fattispecie del medesimo  testo  unico  che  sono  state  oggetto  di
 depenalizzazione,  ed  in  particolare di quelle previste negli artt.
 60, 76, 84, 86 (e  180  del  regolamento  di  esecuzione),  108,  111
 (nonche'  199  del  regolamento  di  esecuzione),  123 e 124, secondo
 comma.
    Ad avviso della ricorrente, si tratta in tutti  i  casi  di  norme
 attinenti  a  materie  trasferite  o  delegate  alle  regioni  e  non
 riconducibili in alcun  modo  ad  esigenze  di  ordine  pubblico.  In
 particolare, le norme citate, coinvolgendo (tranne nel caso dell'art.
 108) funzioni di polizia amministrativa attribuite ai comuni ai sensi
 dell'art.  19  del  d.P.R. n. 616 del 1977, atterrebbero innanzitutto
 alla materia della polizia locale urbana e  rurale;  in  alcuni  casi
 (artt. 76, 84, 123), riguarderebbero anche quella del turismo e dello
 spettacolo, ovvero (artt. 86 del testo unico e 180 del regolamento di
 esecuzione)  la competenza - delegata - relativa ai pubblici esercizi
 di vendita di alimenti e bevande; infine, nell'ipotesi dell'art. 108,
 le funzioni concernerebbero la materia del turismo  e  dell'industria
 alberghiera.
    Occorre,   pertanto,   esaminare   singolarmente   le  fattispecie
 richiamate dalla ricorrente, onde  pervenire,  caso  per  caso,  alla
 decisione sulla base dei criteri sopra enunciati al punto 3.
    4.2.  - L'art. 60 del testo unico del 1931 prevede l'obbligo della
 licenza per l'impianto e l'esercizio di ascensori per il trasporto di
 persone o di materiali accompagnati da persone.
    La questione non e' fondata.
    L'art.  6,  lett.  n),  della  legge  23  dicembre  1978,  n.  833
 (istitutiva  del  Servizio Sanitario Nazionale) riserva allo Stato la
 funzione di  "omologazione  di  macchine,  di  impianti  e  di  mezzi
 personali  di protezione" - ivi compresi, pertanto, gli ascensori e i
 montacarichi di cui alla legge 24 ottobre 1942, n. 1415  -,  funzione
 attribuita  all'ISPESL  ai  sensi  dell'art.  2  del decreto-legge 30
 giugno 1982, n. 390, convertito nella legge 12 agosto 1982,  n.  597.
 Ora, come questa Corte ha gia' avuto modo di affermare nella sent. n.
 74  del  1987  in tema di attivita' omologativa dell'ISPESL in ordine
 agli ascensori, ai fini del rilascio della licenza di impianto  e  di
 quella di esercizio, detta attivita' non puo' che avvenire (in questi
 casi)  nella  particolare  situazione  edilizia  in cui l'impianto e'
 installato, per cui  essa,  data  la  qualita'  delle  verifiche  che
 vengono  contestualmente  eseguite,  risulta  intimamente connessa al
 rilascio di entrambi i tipi di licenza: ne consegue che la  norma  de
 qua accede a una funzione di competenza statale.
    4.3.  -  Ad analoga conclusione deve pervenirsi in ordine all'art.
 76 del  testo  unico  di  pubblica  sicurezza,  relativo  all'obbligo
 dell'avviso  preventivo  per  chi  intende  fare  eseguire  in  luogo
 pubblico,  aperto  o  esposto  al  pubblico  azioni  destinate   alla
 riproduzione cinematografica.
    Non vi e' dubbio che la norma sia diretta, almeno prevalentemente,
 alla tutela di interessi di sicura competenza statale, quali l'ordine
 pubblico e il buon costume.
    4.4.  -  L'art.  84  del testo unico del 1931 prevede l'obbligo di
 affissione, in luogo visibile, nei teatri e  negli  altri  luoghi  di
 pubblico spettacolo, dei regolamenti di sicurezza.
    In  ordine  a  detta  norma,  la  questione  va  risolta  in senso
 favorevole alla ricorrente.
    L'art. 1 del decreto-legge 31 gennaio 1995,  n.  29  ha,  infatti,
 provveduto   a   trasferire   alle  regioni  una  serie  di  funzioni
 amministrative  del  soppresso  Ministero   del   turismo   e   dello
 spettacolo,  tra  cui,  per  quanto qui interessa, quelle concernenti
 l'"autorizzazione  in  ordine   alla   costruzione,   trasformazione,
 adattamento  ed utilizzo di immobili da destinare a sale ed arene per
 spettacoli cinematografici e teatrali" (terzo comma, lett. a). Appare
 evidente come tale ampia competenza in tema di immobili  destinati  a
 luoghi di pubblico spettacolo necessariamente includa quella relativa
 alla  irrogazione  della  sanzione  amministrativa  per la violazione
 dell'obbligo  stabilito   dalla   norma   in   esame:   ne   consegue
 l'illegittimita'   costituzionale  dell'impugnato  art.  17-quinquies
 nella parte in cui,  in  ordine  a  tale  violazione,  individua  nel
 prefetto,  anziche'  nell'ufficio  regionale  competente, il soggetto
 destinatario del rapporto.
    4.5. - La ricorrente fa, poi, riferimento congiunto agli artt.  86
 del  testo  unico  di  pubblica  sicurezza  e  180 del regolamento di
 esecuzione (r.d. 6 maggio 1940,  n.  635),  i  quali  concernono,  il
 primo,  l'obbligo  della  licenza  per  tutta  una  serie di esercizi
 pubblici (alberghi, pensioni, trattorie, caffe' o altri  esercizi  di
 vendita  di  bevande,  sale per biliardi o altri giochi, stabilimenti
 balneari, autorimesse,  ecc.),  e  il  secondo  l'obbligo  di  tenere
 esposte,  nel  locale  dell'esercizio, in luogo visibile, la licenza,
 l'autorizzazione, la tariffa dei prezzi ed altri  atti  analoghi  ivi
 elencati. Poiche', tuttavia, al di la' della formale indicazione, nel
 ricorso  si  fa riferimento soltanto al citato contenuto prescrittivo
 dell'art. 180 (richiamando altresi' sul punto la sent.  n.  1034  del
 1988),  mentre  non vi e' alcun cenno al diverso e ben piu' complesso
 oggetto dell'art. 86,  la  censura  deve  ritenersi  circoscritta  al
 menzionato art. 180 del regolamento di esecuzione.
    Cosi'  intesa,  la  questione  e'  fondata  per  i medesimi motivi
 indicati nella citata sent. n. 1034 del 1988,  in  cui  questa  Corte
 affermo'  che  la  norma  de qua mira a garantire la regolarita' e la
 sicurezza della vendita e  del  consumo  di  alimenti  e  bevande:  e
 poiche'  le  relative funzioni rientrano nella polizia amministrativa
 connessa alle funzioni delegate alle regioni ad opera  dell'art.  52,
 lett.  a), del d.P.R. n. 616 del 1977, la determinazione dell'ufficio
 competente a ricevere il rapporto di cui all'art. 17 della  legge  n.
 689  del  1981  non  puo'  che  spettare  alla  regione  a  titolo di
 competenza  delegata,  ai  sensi  dell'art.  9,  secondo  comma,  del
 medesimo d.P.R. n. 616.
    4.6.  -  L'art.  108  del  testo unico in esame concerne l'obbligo
 della  preventiva  dichiarazione  all'autorita'  locale  di  pubblica
 sicurezza  per  l'esercizio  dell'industria  di  affittare  camere  o
 appartamenti mobiliati, o altrimenti dare alloggio per mercede.
    La questione non e' fondata.
    E' pur vero, infatti, che - come questa Corte ha affermato  (sent.
 n.  618  del  1988)  -  l'esercizio  dell'attivita'  di affittacamere
 rientra nella materia del turismo e dell'industria alberghiera di cui
 all'art.   117   della   Costituzione,   e   le   relative   funzioni
 amministrative  sono  state  trasferite  alle  regioni ai sensi degli
 artt. 50 e 56 del d.P.R. n. 616 del 1977.  Tuttavia,  nella  medesima
 pronuncia ora citata, si e' avuto modo di rilevare che la particolare
 disposizione  di  cui  trattasi  e' dettata per finalita' di pubblica
 sicurezza,   in   quanto    la    prescritta    dichiarazione    mira
 all'acquisizione   di  una  serie  di  elementi  obiettivi  (indicati
 nell'art. 192 del regolamento di esecuzione) necessari ad  esercitare
 i  controlli  sull'identita'  delle  persone  alloggiate  e  sui loro
 movimenti: cio' basta a  far  si'  che  le  relative  funzioni  siano
 riservate allo Stato.
    4.7.  - Per quanto riguarda l'art. 111 del testo unico di pubblica
 sicurezza,  relativo  all'obbligo  della  licenza   per   l'esercizio
 dell'arte  tipografica, litografica, fotografica e di qualunque altra
 arte di stampa o di riproduzione meccanica o  chimica  in  molteplici
 esemplari,  nonche'  l'art.  199  del  regolamento di esecuzione, che
 stabilisce il contenuto della domanda, la questione  e'  fondata  nei
 limiti di seguito esposti.
    Precisamente, deve ritenersi che le norme in esame rientrino nelle
 competenze  regionali  nella  misura  in cui siano riconducibili alla
 materia dell'artigianato, di cui  all'art.  117  della  Costituzione;
 limitatamente  cioe'  alle  ipotesi  in  cui ricorrano le condizioni,
 soprattutto di ordine  dimensionale,  dettate  dalla  legge-quadro  8
 agosto 1985, n. 443, che qualificano le imprese artigiane.
    Entro   detti  limiti,  la  competenza  ad  irrogare  le  sanzioni
 amministrative per la violazione delle norme  in  esame  spetta  alle
 regioni  e,  pertanto, il relativo rapporto va presentato all'ufficio
 regionale competente.
    4.8. - L'art. 123 del testo unico di  pubblica  sicurezza  attiene
 all'obbligo  della  licenza  "per  l'esercizio del mestiere di guida,
 interprete, corriere, guida o portatore alpino e  per  l'abilitazione
 all'insegnamento dello sci".
    Premesso che l'ambito applicativo della norma deve considerarsi in
 parte  ridotto a seguito dell'entrata in vigore delle leggi 2 gennaio
 1989, n. 6 e 8 marzo 1991, n. 81, le quali hanno trasformato in  vere
 e  proprie  professioni  liberali  le  attivita', rispettivamente, di
 guida alpina e di maestro di sci (con soppressione,  pertanto,  della
 necessita'   della   licenza  di  cui  alla  norma  in  esame:  cfr.,
 esplicitamente, l'art. 19 della legge n. 81 del 1991),  la  questione
 e' fondata.
    Appare,  infatti,  evidente  che la norma attenga alla materia del
 turismo, di spettanza regionale (cfr. legge 17 maggio 1983, n.  217),
 ne' sono ravvisabili esigenze di pubblica sicurezza.
    4.9.  -  Viene,  infine, richiamato l'art. 124, secondo comma, del
 testo unico del 1931, relativo  all'obbligo  della  licenza  per  gli
 stranieri che intendano esercitare mestieri ambulanti in occasione di
 feste, fiere, mercati o altre pubbliche riunioni.
    La  competenza  ad irrogare le relative sanzioni spetta, in questo
 caso, alle regioni, come questa Corte ha gia' avuto modo di affermare
 nella piu' volte citata sent. n. 1034 del 1988.
    5.1. - Resta da esaminare la  questione  relativa  all'art.  8-bis
 della  legge  5  dicembre 1985, n. 730 (Disciplina dell'agriturismo),
 introdotto dall'art. 12, secondo comma, del  decreto  legislativo  n.
 480  del  1994. Detta norma dispone (al primo comma) che "il rapporto
 relativo alle violazioni previste dagli artt. 17-bis  e  221-bis  del
 testo  unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18
 giugno 1931, n. 773, consistenti nello  svolgimento  delle  attivita'
 previste  dall'art. 2 in difetto di autorizzazione o con inosservanza
 delle prescrizioni imposte dalla legge o impartite dall'autorita'  e'
 trasmesso  all'ufficio  provinciale  dell'industria,  del commercio e
 dell'artigianato che applica le sanzioni amministrative".
    Ad avviso della ricorrente, la norma e' illegittima nella parte in
 cui individua nel menzionato ufficio statale,  anziche'  nell'ufficio
 regionale  competente,  l'organo destinatario del rapporto, in quanto
 le attivita' agrituristiche definite nell'art. 2 della legge  n.  730
 del   1985   da   un  lato  attengono  alla  materia  del  turismo  e
 dell'industria alberghiera di competenza regionale (artt. 117  e  118
 della Costituzione, 50 e 56 del d.P.R. n. 616 del 1977, nonche' legge
 n.  217  del 1983); dall'altro, sono riconducibili anche alla materia
 della  polizia  locale  urbana  e  rurale,  nella  parte  in  cui  si
 riferiscono a funzioni di polizia amministrativa attribuite ai comuni
 ex  art.  19  del  d.P.R.  n.  616  del 1977, in particolare a quelle
 relative alle norme  del  testo  unico  di  pubblica  sicurezza  gia'
 indicate nel precedente punto 4.1.
    5.2.  -  La norma in esame, come si evince dalla seppur non felice
 formulazione, intende riferirsi alle sole fattispecie del testo unico
 di pubblica sicurezza (depenalizzate ai sensi degli  artt.  17-bis  e
 221-bis   del   testo  unico  medesimo)  strettamente  connesse  allo
 svolgimento delle attivita' indicate nell'art. 2 della legge  n.  730
 del  1985  (in  cui  consiste  tipicamente  l'agriturismo),  cioe' le
 attivita'  di  ricezione  ed  ospitalita'  stagionale  esercitate  da
 imprenditori   agricoli  "attraverso  l'utilizzazione  della  propria
 azienda, in rapporto di connessione e complementarita' rispetto  alle
 attivita'  di  coltivazione del fondo, silvi-coltura, allevamento del
 bestiame, che devono comunque rimanere principali".
 In relazione alla violazione di  tali  fattispecie  la  competenza  a
 ricevere  il  rapporto  e  ad  irrogare  le sanzioni viene attribuita
 all'ufficio provinciale dell'industria, commercio ed artigianato,  in
 luogo  di  quella  assegnata  al  prefetto dall'art. 17-quinquies del
 testo unico.
    Cosi' chiarita la portata  applicativa  della  norma,  non  vi  e'
 dubbio  che  l'attivita'  agrituristica  rientri  nella  materia  del
 turismo e dell'industria alberghiera, di competenza regionale.
    Va, d'altra parte, evidenziato che l'attivita' in esame, come s'e'
 visto, e' intrinsecamente complementare a quella agricola,  la  quale
 deve conservare un carattere di principalita'.
    In    conclusione,   tenuto   conto   delle   indicate   peculiari
 caratteristiche  dell'agriturismo,  la  competenza  ad  irrogare   le
 sanzioni  amministrative di cui all'art. 8-bis della legge n. 730 del
 1985 deve essere attribuita alle  regioni,  accedendo  a  materia  di
 spettanza  regionale  e  non  essendo  ravvisabili  profili di tutela
 dell'ordine pubblico.