ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 491, primo
 comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa
 il  13  gennaio  1994  dal  Pretore di Padova - sezione distaccata di
 Montagnana, nel procedimento penale a carico di  Pestillo  Sandro  ed
 altri,  iscritta  al  n. 321 del registro ordinanze 1994 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  23,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1994;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di  consiglio  dell'8  marzo  1995  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto  che  il  Pretore  di  Padova  ha  sollevato questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 491, primo comma, del codice di
 procedura penale, "nella parte in cui  non  prevede  che  il  Pretore
 possa  prendere  visione del fascicolo del pubblico ministero ai soli
 fini della valutazione della fondatezza dell'eccezione d'incompetenza
 per territorio";
      che,  ad  avviso   del   remittente,   la   mancata   previsione
 dell'udienza  preliminare nel rito pretorile comporterebbe la pratica
 impossibilita' di valutare compiutamente l'eccezione di  incompetenza
 territoriale   sollevata  dal  difensore  dell'imputato,  poiche'  il
 giudicante non  conosce  il  contenuto  del  fascicolo  del  pubblico
 ministero  (contrariamente al giudice dell'udienza preliminare che ne
 ha conoscenza integrale) ma deve comunque decidere allo  stato  degli
 atti,  entro  il termine previsto dalla norma impugnata ("subito dopo
 compiuto per la prima volta l'accertamento della  costituzione  delle
 parti");
      che   siffatta   disciplina,  in  conseguenza,  si  porrebbe  in
 contrasto:
      -  con   l'art.   3   della   Costituzione:   determinando   una
 ingiustificata  disparita'  di  trattamento  degli  imputati nel rito
 pretorile in raffronto a quelli avanti il Tribunale;
      - con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione: "non potendo
 l'imputato eccepire validamente la violazione di norme processuali";
      - con  l'art.  25,  primo  comma,  della  Costituzione:  perche'
 sarebbe   di   fatto  consentito  al  pubblico  ministero  di  citare
 l'imputato innanzi ad un giudice diverso da quello naturale senza che
 questi possa verificare la propria competenza;
      che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio  dei
 ministri,   rappresentato   dall'Avvocatura   generale  dello  Stato,
 concludendo per l'inammissibilita',  o  comunque  per  l'infondatezza
 della questione;
    Considerato  che,  in  linea  generale,  la questione coinvolge il
 nucleo  essenziale  del  nuovo  processo  penale  giacche'  pone   in
 discussione  proprio la separazione, tipica della scelta accusatoria,
 che  distingue  la  fase  delle  indagini  da  quella  del  giudizio:
 separazione  che  il  legislatore  delegante prima, e quello delegato
 poi, hanno  inteso  rimarcare  al  punto  di  distinguere  lo  stesso
 "patrimonio  delle  conoscenze"  del giudice a seconda del differente
 stadio in cui si articola il  progredire  della  vicenda  processuale
 (cfr. sent. n. 91 del 1992);
      che,  sotto  il  profilo  dell'art.  24,  secondo  comma,  della
 Costituzione, risulta manifestamente errato quanto il remittente  de-
 duce  in  ordine  all'asserita preclusione per l'imputato di produrre
 elementi probatori a sostegno dell'eccezione d'incompetenza, poiche',
 al  contrario,  quest'ultimo  ha  integrale  conoscenza,   ai   sensi
 dell'art.  555,  lett.  g),  del  codice  di  procedura  penale,  del
 contenuto del fascicolo del pubblico ministero, nonche'  facolta'  di
 estrarne   copia,   e   quindi   ampia   possibilita'   di  sostenere
 adeguatamente ogni eccezione  difensiva,  in  adempimento  dell'onere
 previsto dall'art. 187, secondo comma, dello stesso codice;
      che,  quindi,  l'evidenziata  parita'  di  mezzi  difensivi  tra
 imputati nel rito pretorile e  avanti  al  Tribunale  rende  altresi'
 insussistente  ogni censura sollevata in riferimento all'art. 3 della
 Costituzione;
      che questa Corte ha gia' avuto  occasione  di  rilevare  che  la
 competenza  territoriale  del  giudice  penale  e' disciplinata dalla
 legge in considerazione del luogo ove il reato e' stato commesso, con
 finalita' che attiene in modo prevalente alla  economia  processuale,
 si'  da  consentire  che ivi si dia luogo alla miglior concentrazione
 delle attivita' del processo; il che spiega la minor rigidita'  della
 detta  disciplina  rispetto  a  quella  stabilita  per  la competenza
 funzionale, la quale,  invece,  investe  l'intrinseca  idoneita'  del
 giudice  alla  funzione  (v.  sent.  n.  77 del 1977; ord. n. 521 del
 1991);
      che, secondo la costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  il
 principio    sancito   dall'art.   25   della   Costituzione   tutela
 essenzialmente l'esigenza che la competenza degli organi  giudiziari,
 al  fine  di  una  garanzia  rigorosa della loro imparzialita', venga
 sottratta  ad   ogni   possibilita'   di   arbitrio   attraverso   la
 precostituzione  per  legge  del  giudice  in base a criteri generali
 fissati in anticipo, e non  in  vista  di  singole  controversie  (v.
 ancora cit. sent. n. 77 del 1977 e ord. n. 521 del 1991);
      che,  pertanto,  la  norma impugnata non contrasta in alcun modo
 con il contenuto del precetto costituzionale  come  sopra  precisato,
 sia  perche'  restano  sempre  chiaramente  determinati in anticipo i
 criteri in base ai quali la competenza deve essere stabilita, in modo
 da dare all'interessato la certezza circa  il  giudice  che  lo  deve
 giudicare,    sia    perche'    l'imposizione   di   una   disciplina
 particolarmente   rigorosa   per   la   proposizione   dell'eccezione
 d'incompetenza  territoriale  corrisponde  alla  richiamata peculiare
 natura di tale competenza, per cui il legislatore puo' legittimamente
 ritenere, nella sua discrezionalita', di limitare la possibilita'  di
 rilevarne  i  vizi  a  vantaggio  dell'interesse  all'ordine  ed alla
 speditezza del processo (cfr. anche sentt. nn. 1 del  1965,  139  del
 1971, 174 del 1975 e 77 del 1977);
      che  di  conseguenza  la  questione va dichiarata manifestamente
 infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.