ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 417 del  codice
 di  procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 21 aprile 1994
 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di  Palmi
 nel procedimento penale a carico di Bugge' Carmelo ed altri, iscritta
 al  n.  414  del  registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 28,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1994;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio  del  22  marzo  1995  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri.
    Ritenuto  che  il  giudice  per  le indagini preliminari presso il
 Tribunale  di  Palmi   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  417  del  codice  di procedura penale - il
 quale stabilisce i requisiti formali  della  richiesta  di  rinvio  a
 giudizio  -  "nella  parte  in  cui  non  prevede alcuna sanzione per
 l'inosservanza del precetto processuale";
      che il giudice a quo osserva che, di fronte ad una richiesta  di
 rinvio   a   giudizio  assolutamente  generica  sia  in  ordine  alla
 formulazione del capo di imputazione, sia in ordine alla  indicazione
 delle fonti di prova (indicate come "rapporto cc e atti allegati", di
 cui  peraltro non vi sarebbe traccia nel fascicolo), non e' possibile
 ne' emettere una sentenza di non luogo a procedere, essendo in radice
 preclusa qualsiasi valutazione su un determinato fatto storico,  ne',
 come  piu'  volte  affermato dalla Corte di cassazione, dichiarare la
 nullita' della richiesta, con conseguente restituzione degli atti  al
 pubblico ministero;
      che,   ad   avviso   del   remittente,  cio'  determinerebbe  la
 violazione, da un lato, dell'art. 24 della  Costituzione,  in  quanto
 l'imputato  non  puo'  difendersi  da  un  fatto non sufficientemente
 enunciato; dall'altro, degli artt. 111 e 112 della  Costituzione,  in
 quanto, se l'unica strada percorribile fosse quella della sentenza di
 non  luogo a procedere, il giudice non potrebbe assolvere all'obbligo
 della motivazione, e il  principio  dell'obbligatorieta'  dell'azione
 penale verrebbe svuotato di contenuto;
      che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri, il quale ha concluso  per  l'infondatezza  della  questione
 osservando che, in un processo di parti, se l'accusa e' inconsistente
 per  carenza  effettiva  di  argomenti, o per negligenza del pubblico
 ministero, il  giudice  non  puo'  che  concludere  nel  senso  della
 mancanza  di  elementi  per  accogliere  la  richiesta  di  rinvio  a
 giudizio;
    Considerato  che,  in  ordine  alla  asserita  genericita'   della
 formulazione  dell'imputazione,  la  questione  si fonda sull'erroneo
 presupposto che sia precluso al giudice per le  indagini  preliminari
 di  sollecitare  il  pubblico  ministero  a procedere alle necessarie
 integrazioni e precisazioni dell'imputazione medesima;
      che questa Corte ha gia' avuto modo di affermare  (sent.  n.  88
 del 1994) che, di fronte alla esigenza di una diversa descrizione del
 fatto rispetto a come enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio,
 nulla impedisce al giudice per le indagini preliminari di invitare il
 pubblico   ministero   a   modificare   l'imputazione   mediante   un
 provvedimento di
 trasmissione degli atti, che  puo'  essere  adottato  anche  dopo  la
 chiusura   della   discussione   (purche',  ovviamente,  prima  della
 pronuncia dei provvedimenti di cui all'art. 424 del codice);
      che ad identica conclusione occorre pervenire nel caso in esame,
 in cui si tratta di precisare gli estremi del fatto contestato;
      che va, anzi, sottolineato che, di  fronte  ad  una  imputazione
 assolutamente   generica,   tale   da  incidere  negativamente  sullo
 svolgimento del contraddittorio e quindi sull'esercizio  del  diritto
 di difesa, il detto intervento del giudice si rende doveroso;
      che,  ovviamente, tutto cio' presuppone che l'imputazione, cosi'
 come formulata dal pubblico ministero, sia, ad  avviso  del  giudice,
 inadeguata  rispetto  alle  obiettive  risultanze degli atti, poiche'
 altrimenti il problema investirebbe  evidentemente  il  merito  della
 decisione che il giudice e' chiamato a pronunciare ai sensi dell'art.
 424 del codice di procedura penale;
      che  in  ordine, poi, alla asserita genericita' dell'indicazione
 delle fonti di prova, quel che rileva  non  e'  tanto  la  mancata  o
 incompleta   indicazione  di  dette  fonti  nella  richiesta,  quanto
 l'effettiva esistenza delle stesse nel fascicolo, il cui contenuto e'
 conoscibile dalla difesa;
      che, cio' posto, e'  evidente  che  anche  quest'ultimo  aspetto
 attiene  al  merito  della  decisione che il giudice deve adottare al
 termine dell'udienza preliminare, senza che sia  possibile  ravvisare
 alcuna violazione dei parametri costituzionali invocati;
      che,   in  conclusione,  la  questione  deve  essere  dichiarata
 manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.