ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dei  decreti-legge  27
 dicembre 1989, n. 413 (Disposizioni urgenti in materia di trattamento
 economico  dei  dirigenti  dello  Stato  e  delle  categorie  ad essi
 equiparate, nonche' in materia di pubblico impiego), convertito,  con
 modificazioni,  nella  legge  28  febbraio 1990, n. 37, e 24 novembre
 1990, n. 344 (Corresponsione ai pubblici dipendenti  di  acconti  sui
 miglioramenti  economici  relativi al periodo contrattuale 1988-1990,
 nonche'  disposizioni  urgenti  in  materia  di  pubblico   impiego),
 convertito,  con  modificazioni,  nella legge 23 gennaio 1991, n. 21,
 nonche' della legge 2 giugno 1992, n. 216, recte: 6  marzo  1992,  n.
 216  (Conversione  in  legge,  con modificazioni, del decreto-legge 7
 gennaio  1992,  n.  5,  recante  autorizzazione  di  spesa   per   la
 perequazione  del  trattamento  economico dei sottufficiali dell'Arma
 dei carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale
 n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all'esecuzione  di  giudicati,  nonche'
 perequazione  dei  trattamenti  economici relativi al personale delle
 corrispondenti categorie delle altre  Forze  di  Polizia.  Delega  al
 Governo  per  disciplinare  i contenuti del rapporto di impiego delle
 Forze di polizia e del personale delle Forze armate  nonche'  per  il
 riordino   delle   relative   carriere,  attribuzioni  e  trattamenti
 economici), promosso con ordinanza emessa il  28  aprile  1994  dalla
 Corte  dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, sul
 ricorso proposto  da  Marchetti  Achille,  iscritta  al  n.  659  del
 registro  ordinanze  1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visto l'atto di costituzione di  Marchetti  Achille,  nonche'  gli
 atti  di  intervento  di Pricolo Giuseppe, Moro Pietro ed altri e del
 Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 4 aprile 1995 il Giudice  relatore
 Fernando Santosuosso;
    Udito  l'avv.  Filippo De Jorio per Marchetti Achille, per Pricolo
 Giuseppe, Moro Pietro ed altri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso  di  un  giudizio  promosso  da  Achille  Marchetti
 avverso  il  provvedimento  in  data  3 dicembre 1992 con il quale il
 Ministero dell'interno aveva respinto la richiesta di  riliquidazione
 della  pensione,  la  Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la
 Regione Abruzzo, con ordinanza emessa in  data  29  aprile  1994,  ma
 pervenuta alla Corte il 25 ottobre 1994, ha sollevato, in riferimento
 agli  artt.  3, 36 e 38 della Costituzione, questione di legittimita'
 costituzionale  dei  decreti-legge   27   dicembre   1989,   n.   413
 (Disposizioni   urgenti  in  materia  di  trattamento  economico  dei
 dirigenti dello Stato e delle categorie ad essi  equiparate,  nonche'
 in materia di pubblico impiego), convertito, con modificazioni, nella
 legge   28  febbraio  1990,  n.  37,  e  24  novembre  1990,  n.  344
 (Corresponsione ai pubblici dipendenti di acconti  sui  miglioramenti
 economici   relativi   al  periodo  contrattuale  1988-1990,  nonche'
 disposizioni urgenti in materia di pubblico impiego), convertito, con
 modificazioni, nella legge 23 gennaio  1991,  n.  21,  nonche'  della
 legge 2 giugno 1992, n. 216, recte: 6 marzo 1992, n. 216 (Conversione
 in  legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 gennaio 1992, n. 5,
 recante autorizzazione di spesa per la perequazione  del  trattamento
 economico  dei  sottufficiali  dell'Arma dei carabinieri in relazione
 alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno  1991
 e  all'esecuzione  di giudicati, nonche' perequazione dei trattamenti
 economici relativi al personale delle corrispondenti categorie  delle
 altre  Forze  di  Polizia.  Delega  al  Governo  per  disciplinare  i
 contenuti del rapporto di  impiego  delle  Forze  di  polizia  e  del
 personale  delle  Forze armate nonche' per il riordino delle relative
 carriere, attribuzioni e trattamenti economici), nella parte  in  cui
 non prevedono un sistema di perequazione automatica per i trattamenti
 pensionistici   dei   dirigenti   collocati  a  riposo  anteriormente
 all'ottobre del 1989.
    Osserva il giudice  a  quo  che,  nelle  impugnate  leggi  recanti
 aumenti  stipendiali ai dirigenti in servizio, mancano apposite norme
 di perequazione per i dirigenti in quiescenza; da  cio'  deriverebbe,
 rileva  il  rimettente,  che, in conseguenza degli erogati aumenti di
 stipendio, si sarebbe verificata una  irragionevole  discriminazione,
 agli  effetti  del  trattamento  pensionistico,  tra  soggetti che si
 trovano in identica posizione funzionale, con evidente incidenza  sui
 principi  di proporzionalita' ed adeguatezza alle esigenze di vita di
 cui agli artt. 36 e 38 della Costituzione.
    2. - Nel giudizio avanti  alla  Corte  si  e'  costituito  Achille
 Marchetti  limitandosi ad allegare copia dell'ordinanza di rimessione
 e riservandosi di presentare ulteriore memoria.
    Hanno chiesto di intervenire, con il patrocinio dell'avv.  Filippo
 De Iorio, numerosi altri dirigenti tuttavia sprovvisti della qualita'
 di parti nel giudizio a quo.
    3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri
 rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura   generale   dello   Stato
 concludendo   per   l'inammissibilita'  o  per  l'infondatezza  della
 questione.
    4. - In prossimita' dell'udienza sia la parte  privata  costituita
 che  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  hanno  presentato  memorie
 insistendo per l'accoglimento delle gia' formulate conclusioni.
    5. - Nel corso dell'udienza, la Corte,  ritiratasi  in  camera  di
 consiglio,  si e' pronunciata con ordinanza qui allegata, dichiarando
 la inammissibilita' dell'intervento del Generale Giuseppe Pricolo  ed
 altri.
                        Considerato in diritto
    1.  -  La  Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione
 Abruzzo, sottopone all'esame della Corte  la  seguente  questione  di
 legittimita' costituzionale: se il decreto-legge 27 dicembre 1989, n.
 413, convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 37, il decreto-legge 24
 novembre  1990,  n. 344, convertito in legge 23 gennaio 1991, n. 21 e
 la legge 2 giugno 1992, n. 216, recte: 6 marzo 1992,  n.  216,  nella
 parte  in  cui  non  prevedono  un  meccanismo  di perequazione delle
 pensioni anteriormente all'ottobre 1989, siano in contrasto:
       a)  con  l'art.  3 della Costituzione in quanto determinano una
 ingiustificata  disparita'   di   trattamento,   agli   effetti   del
 trattamento  di  quiescenza,  fra soggetti che si trovano in identica
 posizione funzionale;
       b) con gli artt. 36 e 38  della  Costituzione  in  quanto  tale
 mancata   previsione   non  assicura  il  rispetto  dei  principi  di
 proporzionalita' ed adeguatezza della retribuzione (anche  differita)
 alle esigenze di vita.
    2. - La questione e' inammissibile.
    Invero,  il giudice rimettente impugna l'intero testo normativo di
 tre  diverse  leggi  che   prevedono   esclusivamente   miglioramenti
 economici  in  favore  del  personale in servizio, ma non fanno alcun
 riferimento  ai  trattamenti  pensionistici  goduti   dal   personale
 collocato a riposo.
    Le  leggi  denunciate, pertanto - come gia' affermato con riguardo
 ad altra questione (sentenza n. 15 del 1981) - non  rappresentano  la
 sedes  materiae  idonea  a  dar luogo ad un sindacato di legittimita'
 costituzionale  sulla  mancata  previsione  della   diversa   materia
 relativa alle pensioni dei dirigenti collocati a riposo anteriormente
 all'entrata  in  vigore delle predette leggi, che - come gia' detto -
 concernono soltanto il personale in servizio.
    3. - Ne', d'altra  parte,  puo'  essere  utilmente  richiamata  la
 sentenza  n.  1  del  1991,  con  la quale la Corte costituzionale ha
 affermato il diritto dei dirigenti collocati a  riposo  anteriormente
 al  1979 alla riliquidazione della pensione, dal momento che, in quel
 caso, oggetto dell'impugnazione era una norma  di  legge  (l'art.  3,
 comma  1, del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379 convertito, con
 modificazioni, nella  legge  14  novembre  1987,  n.  468)  che  -  a
 differenza  del  contenuto  dei  testi  normativi  ora  denunziati  -
 espressamente  disciplinava  le  pensioni  corrisposte  ai  dirigenti
 civili  e  militari  dello  Stato,  nonche'  del  personale  ad  essi
 collegato  od  equiparato,  cessati  dal  servizio   con   decorrenza
 successiva ad una determinata data (1 gennaio 1979).
    4. - Per completezza, giova in proposito ribadire alcuni principi.
 Da  una  parte,  affinche'  possa  essere considerata ammissibile una
 questione rivolta ad un intero  testo  legislativo,  occorre  che  le
 censure  formulate  siano  tali  da potersi riferire a tutte le norme
 contenute nei  provvedimenti  denunciati  (cfr.,  fra  le  molte,  la
 sentenza  n.  317 del 1992); d'altra parte, allorquando si sollevi il
 dubbio della legittimita'  costituzionale  di  una  norma  deducibile
 dalla  complessiva  disciplina  di  una  materia,  ovvero  si lamenti
 l'irragionevole mancanza di un'altra  norma  ritenuta  necessaria  in
 detta  disciplina,  non  puo' il giudice rimettente indicare tutte le
 disposizioni  del  sistema  o  un  grande  settore   dell'ordinamento
 giuridico,  ma  e'  tenuto a precisare le disposizioni che abbiano un
 effettivo e notevole grado di pertinenza con la norma  sospettata  di
 illegittimita'.   Ne   deriva   che  l'indicazione  di  ampi  settori
 normativi, senza detta precisazione, risulta inficiata da genericita'
 ed  eterogeneita'  tali  da  determinare   l'inammissibilita'   della
 questione cosi' sollevata.
    Nel  caso  di  specie  non  appaiono  rispettati  questi  principi
 poiche', essendo stati riportati gli interi  tre  testi  legislativi,
 non e' possibile identificare le specifiche disposizioni cui riferire
 la  denunzia,  con  la  conseguente inammissibilita' della questione,
 come  gia'  affermato  da questa Corte (ordinanza n. 306 del 1987) in
 una fattispecie riguardante proprio l'aggancio  degli  aumenti  delle
 pensioni alla dinamica salariale.