IL PRETORE
    Ha emesso la seguente ordinanza all'udienza dibattimentale del  26
 ottobre  1994  con  procedimento  penale  a  carico di Aloisi Sergio,
 imputato:
       A) del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, della legge  n.
 319/1976   perche'   in  qualita'  di  presidente  del  consiglio  di
 amministrazione e legale  rappresentante  della  Silcart  S.p.a.  con
 stabilimento   in  Anzola  Emilia,  impresa  esercente  attivita'  di
 produzione di carta siliconata, effettuava scarichi di  acque  reflue
 in  pubblica  fognatura contenenti valori inquinanti (parametri COD e
 BOD) superiori ai limiti fissati dall'amministazione comunale per gli
 scarichi in pubblica fognatura, con riferimento alla tabella C  della
 citata  legge. In Anzola Emilia, accertato il 1 agosto 1991 (prelievo
 8 luglio 1991);
       B) del reato p. e p. dall'art. 21, primo comma, della legge  n.
 319/1976  perche'  nella  qualita'  di  cui  al capo A) continuava ad
 effettuare lo scarico della acque reflue in pubblica  fognatura  dopo
 che,  con  ordinanza  sindacale  in data 19 settembre 1991, era stata
 intimata la cessazione immediata  dello  scarico.  In  Anzola  Emilia
 accertato il 3 ottobre 1991;
       C)  del reato p. e p. dall'art. 21, primo comma, della legge n.
 319/1976 perche', nella qualita' di  cui  al  capo  A)  continuava  a
 scaricare  le  acque  reflue in pubblica fognatura dopo che era stata
 intimata  la  cessazione  immediata   di   detto   scarico   con   il
 provvedimento di cui al capo B). In Anzola Emilia il 10 ottobre 1991.
    Il  pretore di Bologna, nel procedimento penale a carico di Aloisi
 Sergio, imputato della contravvenzione  di  cui  all'art.  21,  primo
 comma,  e  21,  terzo  comma, della legge n.   319/1976, quest'ultimo
 modificato dall'art. 3 del d.-l. n. 537/1994; ritenuto che il p.m. di
 udienza dott. Pierluigi Di  Bari  ha  richiesto  di  pronunciarsi  in
 ordine  all'ipotesi  di non manifesta infondatezza della questione di
 legittimita' costituzionale del suddetto  art.  3  per  la  possibile
 violazione  degli  artt.  3,  9, 32 e 41 della Costituzione, osserva:
 tale norma, depenalizzando le ipotesi di versamento di  sostanze  con
 carico   inquinante  eccedente  i  limiti  stabiliti  dalla  legge  e
 contenente  la  sanzione  penale  dell'ammenda  nei  soli   casi   di
 superamento  dei  limiti  di accettabilita' in misure eccedenti il 20
 per  cento,  pone  un   trattamento   irrazionalmente   differenziato
 dall'art. 21, primo comma.
    Viene  infatti  attuato un arbitrario rovesciamento della gravita'
 delle sanzioni tra il primo e terzo comma  penalizzando  maggiormente
 una   situazione   di   natura  formale  (quale  e'  la  mancanza  di
 autorizzazione  allo  scarico,  che  rimane  punita   con   le   pene
 alternative  dell'arresto e dell'ammenda) rispetto a quelle di natura
 sostanziale dell'effettivo scarico di  sostanze  inquinanti  oltre  i
 limiti  consentiti (punito con la sanzione amministrativa o, nei casi
 piu' gravi, con la sola ammenda).
    Di immediato rilievo appare anche il contrasto con l'art. 10 della
 Costituzione in relazione agli obblighi assunti dal nostro  Paese  di
 fronte  alla Comunita' europea. La nostra inadempienza alle direttive
 in tema di inquinamento idrico, gia' sanzionato dalla  Corte  europea
 di  giustizia,  non  puo' piu' essere giustificata dai lunghi termini
 legislativi necessari  a  dare  attuazione  alla  norma  CEE  ove  si
 imbocchi,  proprio  sul  piano  legislativo,  una via ulteriormente e
 gravemente divergente.
    Tutto questo poi in palese contrasto con l'autorevole recentissimo
 invito della Corte costituzionale (sentenza n. 254 del  20-23  giugno
 1994) al legislatore "al fine di scongiurare il prodursi di ulteriori
 squilibri  e di ulteriori arbitrarie discriminazioni, di pervenire ad
 una piu' puntuale opera di coordinamento del regime dei divieti".
    La rilevanza della questione e' desumibile dalla  circostanza  che
 ove  si  ritenesse provata la tesi della pubblica accusa, si dovrebbe
 procedere ad irrogare una condanna ad una pena detentiva o pecuniaria
 per la contravvenzione all'art. 21, primo comma, mentre  si  dovrebbe
 pronunciare  sentenza  dichiarativa  dell'estinzione del reato di cui
 all'art. 21, terzo comma, per intervenuta prescrizione, atteso che la
 modifica   apportata  dall'art.  3  del  d.-l.  n.  537/1994  con  la
 prescrizione della sola ammenda  per  estinguere  il  reato  dopo  il
 termine  massimo  di tre anni, in luogo del termine di quattro anni e
 sei mesi stabilito in precedenza.