ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 siciliana  30  dicembre   1965,   n.   44   (Provvedimenti   relativi
 all'Assemblea  regionale siciliana), promosso con ordinanza emessa il
 4 ottobre 1994 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per  la
 Regione  siciliana,  sull'istanza  proposta dal Procuratore Regionale
 nei confronti di Palillo Giovanni, iscritta al n.  773  del  registro
 ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1995;
    Visto l'atto di intervento della Regione siciliana;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 20 aprile 1995 il Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  La  Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione
 siciliana, chiamata all'esame  del  provvedimento  con  il  quale  il
 Presidente  della sezione ha autorizzato il sequestro conservativo di
 alcuni beni del deputato dell'Assemblea regionale siciliana  Palillo,
 ma  non  dell'indennita'  corrispostagli quale componente di essa, ha
 sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione e agli  artt.
 14   e   17  dello  Statuto  speciale  della  Regione,  questione  di
 legittimita' costituzionale della legge regionale 30  dicembre  1965,
 n.  44  (Provvedimenti  relativi  all'Assemblea regionale siciliana),
 nella parte in cui, richiamando l'art. 5 della legge 31 ottobre 1965,
 n.  1261,  esclude  il  sequestro  dell'indennita'  e  della   diaria
 corrisposte ai deputati della stessa Assemblea.
    Il  giudice  rimettente  fa  rinvio  alle  osservazioni svolte dal
 Procuratore  regionale   sulla   diversa   posizione   dell'Assemblea
 regionale   siciliana   rispetto  a  quella  delle  Camere,  tale  da
 riflettersi sullo status dei singoli componenti: essendo  eccezionale
 la  disciplina dettata per i parlamentari nazionali, ne conseguirebbe
 l'illegittimita' della norma  regionale  denunciata,  alla  luce  dei
 principi  delineati da questa Corte nella sentenza n. 24 del 1968. La
 Regione non avrebbe, infatti, potesta' legislativa  in  materia,  dal
 momento  che  la  insequestrabilita'  delle  indennita'  parlamentari
 incide sulla tutela di diritti patrimoniali, inerenti ai rapporti  di
 diritto  privato dei singoli cittadini. A tali argomenti, conclude il
 giudice a quo, non puo' disconoscersi un minimum  di  ragionevolezza,
 anche  se  vanno  ponderate  le  ragioni  opposte  dalla  difesa  del
 sequestrando,  che  insiste   sulla   salvaguardia   delle   funzioni
 attribuite  all'Assemblea regionale siciliana, giacche' le iniziative
 di sequestro  potrebbero  influire  sul  comportamento  dei  deputati
 regionali.
    2.  -  E'  intervenuto  il Presidente della Regione Siciliana, nel
 senso della inammissibilita'  e,  comunque,  dell'infondatezza  della
 questione.
    L'ordinanza,  ad  avviso della Regione, non indica la disposizione
 sospettata di incostituzionalita', in violazione dell'art.  23  della
 legge  n.  87  del  1953,  e  soprattutto  appare carente di autonoma
 motivazione;  il  che  andrebbe  sanzionato  con  una  pronuncia   di
 inammissibilita'.  In ogni caso, poi, la questione sarebbe infondata,
 non  avendo  pregio  i  due  argomenti  a  sostegno  del  dubbio   di
 costituzionalita':  la  diversa  posizione  dell'Assemblea  regionale
 siciliana rispetto a quella  delle  Camere,  e  l'incompetenza  della
 Regione a regolare i rapporti di diritto privato.
    Il  primo argomento, prosegue la Regione, non coglie nel segno: la
 parificazione  tra  parlamentari  nazionali  e   deputati   regionali
 siciliani, circa l'insequestrabilita' dell'indennita' e della diaria,
 non  tocca  quanto  affermato  dalla  sentenza  n.  66 del 1964 sulla
 peculiare posizione delle Camere, anche perche' nella sentenza n.  24
 del  1968 - vagliando la delibera legislativa regionale del 23 giugno
 1965 - questa Corte ebbe modo di chiarire che in  regime  democratico
 il  legislatore  ha l'obbligo di assicurare ai non abbienti l'accesso
 alle cariche pubbliche, secondo i principi ricavabili dagli artt.  3,
 secondo  comma, e 51, primo comma, della Costituzione. D'altra parte,
 l'art. 1 della legge statale 31 ottobre 1965, n. 1261,  ricollega  la
 previsione  della non gratuita' del mandato, di cui all'art. 69 della
 Costituzione, al libero esercizio delle funzioni parlamentari sancito
 dagli artt. 67 e 68 della Costituzione.
    La  previsione di un'indennita' a favore dei consiglieri regionali
 da' effettivita' all'accesso dei cittadini alle cariche  elettive  in
 condizioni  di  eguaglianza,  e  rafforza l'altro principio (a questo
 inscindibilmente  collegato)  della  liberta'   di   voto   affermata
 dall'art.  48  della  Costituzione.  Inoltre,  l'attribuzione  di una
 rimunerazione pecuniaria per l'attivita' svolta  pone  i  consiglieri
 regionali  al  riparo  da dipendenze e condizionamenti economici, che
 potrebbero minarne l'indipendenza. Cio'  che  porta  a  escludere  la
 violazione dell'art. 3 della Costituzione.
    Quanto alla seconda censura, mossa con riferimento agli artt. 14 e
 17  dello Statuto, si richiama ancora la sentenza n. 24 del 1968: non
 era l'equiparazione, in se', tra parlamentari  nazionali  e  deputati
 regionali  a  essere  illegittima, bensi' il fatto che essa era stata
 disposta dal legislatore regionale al di la' delle sue competenze. Ma
 la Corte dei conti non considera che il legislatore statale ha esteso
 il regime tributario delle  indennita'  parlamentari  ai  consiglieri
 delle regioni a statuto speciale (art. 6, legge n. 1261 del 1965); e,
 comunque, la potesta' legislativa regionale ha come oggetto, nel caso
 in  esame,  il regime giuridico dell'indennita' e, dunque, un aspetto
 dello  status  dei  componenti  dell'Assemblea,  che  rientra   nelle
 attribuzioni  regionali.  L'estensione  agli stessi della norma sulla
 insequestrabilita' e impignorabilita' e' espressione di un  principio
 generale dell'ordinamento giuridico (art. 545 del codice di procedura
 civile) sulla sostanziale impignorabilita' e insequestrabilita' delle
 retribuzioni  da  chiunque  percepite. Di carattere tendenziale, tale
 principio   diventa,    qui,    di    totale    impignorabilita'    e
 insequestrabilita'.
    La  Regione si sofferma, quindi, sulle conseguenze paradossali che
 deriverebbero dall'accoglimento della questione:  l'indennita'  e  la
 diaria  dei  deputati  siciliani  sarebbero  sottoposte  a  sequestro
 conservativo senza nemmeno  il  limite  del  quinto  previsto  per  i
 dipendenti  pubblici  o  privati;  e  quella  che  per  i consiglieri
 regionali si pone come esigenza di maggior tutela,  si  convertirebbe
 assurdamente  in  una  sottrazione  di  garanzie rispetto a qualsiasi
 altro credito di lavoro.
    3.  -  Nell'imminenza  dell'udienza,  la  Regione   siciliana   ha
 presentato  memoria, ribadendo gli argomenti in precedenza svolti nel
 senso dell'infondatezza della questione.
                        Considerato in diritto
    1. - La Corte dei conti, sezione giurisdizionale  per  la  Regione
 Siciliana,  solleva  questione  di  legittimita' costituzionale della
 legge della Regione Siciliana 30 dicembre 1965, n. 44, nella parte in
 cui - richiamando l'art. 5 della legge statale 31  ottobre  1965,  n.
 1261   -   esclude   il  sequestro  dell'indennita'  e  della  diaria
 corrisposte ai deputati dell'Assemblea regionale siciliana, ritenendo
 che vi sia lesione dell'art. 3 della  Costituzione  (per  la  diversa
 posizione  dell'Assemblea regionale siciliana rispetto a quella delle
 Camere) e degli artt. 14 e 17 dello Statuto speciale  della  Regione,
 giacche'  la  legge  regionale  inciderebbe  sulla  tutela di diritti
 patrimoniali e, quindi,  su  materia  che  rientra  nei  rapporti  di
 diritto privato, per i quali la Regione non e' competente.
    2. - La Regione eccepisce che l'ordinanza di rimessione non indica
 specificamente la disposizione sospettata di incostituzionalita', ne'
 e'  assistita  da  autonoma  motivazione, dal momento che fa rinvio -
 peraltro in forma dubitativa - ai rilievi formulati  dal  Procuratore
 regionale.
    Entrambe le eccezioni sono da disattendere.
    Esaminata  nel suo complesso, l'ordinanza individua chiaramente la
 norma regionale oggetto di  censura:  la  questione  di  legittimita'
 viene  sollevata  con  riguardo  alla legge regionale n. 44 del 1965,
 nella parte che "rende insequestrabile  la  indennita'  e  la  diaria
 dovuta   ai   parlamentari   siciliani".   E'  dunque  inequivoco  il
 riferimento all'art. 1 di essa. Ne' puo'  dirsi  che  l'ordinanza  di
 rimessione  sia immotivata sul punto della non manifesta infondatezza
 e della rilevanza della questione, grazie all'analisi  dedicata  agli
 argomenti avanzati dal Procuratore regionale.
    3.  - Nel merito la questione e' fondata, nei termini che si passa
 ora a precisare.
    Per la  determinazione  dell'indennita'  spettante  ai  componenti
 dell'Assemblea  regionale,  l'art.  1 della legge regionale n. 44 del
 1965 rinvia (con alcune modifiche successivamente  specificate)  alla
 legge  statale  n.  1261  del 1965 che, all'ultimo comma dell'art. 5,
 esclude il sequestro e  il  pignoramento  dell'indennita'  mensile  e
 della diaria dei parlamentari nazionali e, all'art. 6, prevede che il
 regime  tributario  riservato  a  costoro  si  applichi,  per  quanto
 compatibile, all'indennita' e agli assegni spettanti  ai  consiglieri
 delle regioni a statuto speciale.
    In tal modo, il legislatore del 1965 integra il precedente assetto
 normativo  che  gia'  esentava da tributo le indennita' parlamentari,
 vietandone il sequestro e il pignoramento (legge 9  agosto  1948,  n.
 1102,  art. 3). Ma al momento di estendere tali misure ai consiglieri
 delle regioni a statuto speciale ha  fatto  riferimento  soltanto  al
 regime   tributario,   e   non   anche  al  divieto  di  sequestro  e
 pignoramento. Ne' deve sorprendere siffatta limitazione:  trattandosi
 di  norme  derogatorie,  giustificate  dalla salvaguardia del mandato
 parlamentare   ai   sensi    dell'art.    69    della    Costituzione
 (significativamente  richiamato  dall'art.  1  della  citata legge n.
 1261), ben si comprende che l'estensione ai consiglieri regionali sia
 stata circoscritta, avendo cura di evitare refluenze sulla tutela dei
 diritti patrimoniali e comunque sulla sfera dei rapporti  di  diritto
 privato.
    4.   -  Sussiste,  d'altra  parte,  nell'ordinamento  la  garanzia
 generale di cui e' espressione l'art. 545  del  codice  di  procedura
 civile,  che  limita  il pignoramento delle retribuzioni a un quinto:
 garanzia che vale anche per le indennita' di carica, nelle  quali  e'
 certo  presente  una  funzione  retributiva, insieme con le ulteriori
 connotazioni che si riconnettono al libero  svolgimento  del  mandato
 elettivo.
    Ora,  la  norma  denunziata della legge regionale siciliana non si
 limita a recepire quel principio  generale,  ma  richiama  il  regime
 dettato  per i membri delle due Camere, ben al di la' dell'estensione
 consentita dall'art. 6 della  legge  n.  1261  e  senza  che  vi  sia
 possibilita'  di  interpretazione  estensiva  -  o  analogica - della
 formula "trattamento tributario" ivi presente.
    5. - Deve poi aggiungersi che l'analogia tra le attribuzioni delle
 assemblee regionali e quelle parlamentari non significa identita': le
 prime si svolgono a livello di autonomia, anche se costituzionalmente
 garantite, le seconde a livello di sovranita'; e,  dunque,  non  sono
 autonomamente applicabili agli organismi assembleari delle regioni le
 prerogative  riservate  agli organi supremi dello Stato e le speciali
 norme derogatorie che vi si riconnettono (sentenze n. 209  del  1994,
 110 del 1970, 66 del 1964). E proprio con riguardo all'indennita' dei
 deputati  dell'Assemblea  regionale  siciliana, la sentenza n. 24 del
 1968 ricorda come la Regione  non  possa  introdurre  agevolazioni  o
 esoneri  tributari  che  non  abbiano  riscontro in un corrispondente
 "tipo"  della  legislazione  statale,  dichiarando   l'illegittimita'
 dell'art.  1 della delibera legislativa del 23 giugno 1965, alla luce
 della legge statale n. 1102 del 1948, che si e' prima menzionata.
    L'indipendenza dei consiglieri regionali e il  libero  svolgimento
 del  mandato  elettivo  vengono  comunque salvaguardati dal principio
 generale  sotteso  all'art.  545  del  codice  di  procedura  civile,
 applicabile  anche  alle  indennita'  in  esame;  di modo che risulta
 illegittima la disposizione della legge regionale siciliana che,  non
 limitandosi  a  recepire  detto  principio,  fa  divieto  assoluto di
 pignoramento  e  sequestro  delle  indennita'  stesse  attraverso  il
 richiamo  della  legge n. 1261 del 1965, con evidente esorbitanza dai
 limiti delle attribuzioni regionali  ed  incidenza  sulla  sfera  dei
 rapporti di diritto privato.