ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  del  decreto-legge  7
 novembre  1994,  n.  619  (Disposizioni  in materia di riutilizzo dei
 residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un  processo
 produttivo  o  in  un  processo di combustione, nonche' in materia di
 smaltimento dei rifiuti), promossi con quattro ordinanze emesse il 29
 novembre  1994  e il 15 novembre 1994 dal Pretore di Perugia, Sezione
 distaccata di Assisi e il 14 novembre  1994  dal  Pretore  di  Terni,
 Sezione distaccata di Amelia, iscritte rispettivamente ai nn. 41, 42,
 43  e  90  del  registro  ordinanze  1995 e pubblicate nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 6 e 9, prima serie speciale,  dell'anno
 1995;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio  del  5  aprile  1995  il  Giudice
 relatore Giuliano Vassalli.
    Ritenuto  che  nel corso di un dibattimento penale a carico di tre
 soggetti imputati i primi due del reato di cui all'art. 3, comma 3, e
 9-octies, comma 3,  del  decreto-legge  9  settembre  1988,  n.  397,
 convertito,  con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475 e
 il terzo del reato di cui all'art.  25,  primo  comma,  in  relazione
 all'art.  6,  lettera  d)  del  d.P.R.  10 settembre 1982, n. 915, in
 riferimento a rifiuti speciali  denominati  "sansa",  il  Pretore  di
 Terni - Sezione distaccata di Amelia, ha sollevato, con ordinanza del
 14  novembre  1994,  questione  di  legittimita'  costituzionale  del
 decreto-legge 7 novembre 1994, n. 619  (Disposizioni  in  materia  di
 riutilizzo  dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo
 in un processo produttivo o in un processo di combustione, nonche' in
 materia di smaltimento dei rifiuti), "nella  sua  stesura  integrale,
 intesa   nella   sinergia   inscindibile   di   tutti   gli  articoli
 interconnessi, con particolare riferimento agli artt. 2 e 12 ed  agli
 articoli  ivi richiamati", in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 25, 32
 e 41 della Costituzione;
      che  il  giudice  rimettente  osserva  che  la  decretazione  di
 urgenza,  espressa  nel  denunciato decreto-legge 7 novembre 1994, n.
 619 a seguito di una serie  di  reiterazioni  di  precedenti  decreti
 aventi  per lo piu' eguale contenuto si porrebbe in contrasto con gli
 invocati parametri costituzionali, anzitutto perche', con un semplice
 espediente  terminologico,  talune   sostanze,   denominate   residui
 anziche' rifiuti, si sottrarrebbero alla disciplina specifica dettata
 dal  d.P.R.  n.  915  del  1982,  la  quale  regola  tuttora anche le
 cosiddette materie prime secondarie,  dato  che  il  decreto-legge  9
 settembre  1988,  n.  397, convertito dalla legge 9 novembre 1988, n.
 475,  contiene  soltanto  -  come  affermato  anche  dalla  Corte  di
 cassazione  -  una  "normativa-quadro"  chiamata  ad  operare  quando
 saranno state emanate le  norme  di  cui  ai  commi  quarto  e  sesto
 dell'art. 2 del predetto decreto-legge e dato che tali considerazioni
 sono  confortate  anche  dalla  sentenza  n. 359 del 14 febbraio 1988
 della Corte  europea  di  giustizia,  mentre  alle  stesse  non  sono
 opponibili ne' le direttive CEE n. 156 del 18 marzo 1991 e n. 689 del
 12  dicembre  1991  ne'  il  regolamento  n. 259 del 1 febbraio 1993,
 ancora da recepire in Italia, con la cui attuazione il  decreto-legge
 e' da considerarsi anzi in virtuale contrasto;
      che  lo  stesso Pretore di Terni - Sezione distaccata di Amelia,
 osserva ancora che il decreto-legge denunciato, come  quelli  che  lo
 hanno  preceduto, sottrae a qualsiasi procedura ed obbligo tutti quei
 materiali che siano quotati in borse-merci o in listini  e  memoriali
 ufficiali,  costituenti  residui di produzione e di consumo, con cio'
 creando  "una  zona  franca completamente deregolamentata" perche' il
 mero attestato di quotazione  di  una  camera  di  commercio  ed  una
 "ricognizione  positiva"  del  Ministero  dell'Ambiente  -  in palese
 contrasto  con  la  riserva  di  legge  -  sarebbero  sufficienti  ad
 escludere  proprio  dalla  categoria dei "residui" quei materiali che
 fino ad oggi sono stati considerati  -  e  dovrebbero  continuare  ad
 essere  considerati  -  "rifiuti",  e  che  insomma  il decreto-legge
 denunciato porrebbe in essere, in attesa di future  regolamentazioni,
 una  disciplina  transitoria  che sottrae alla disciplina dei rifiuti
 tutti i residui, anche tossici e nocivi, definiti come materie  prime
 secondarie  dall'allegato 1 del decreto ministeriale 26 gennaio 1990,
 senza neanche considerare che la Corte costituzionale con sentenza n.
 512 del 15 ottobre 1990 ha cancellato in gran parte detto decreto;
      che lo stesso giudice rimettente osserva che  l'ambito  de  c.d.
 residui  "identificati"  sarebbe  stato  allargato  per  effetto  del
 decreto ministeriale 5 settembre 1994, il cui  allegato  3,  pure  in
 assenza  di strutture e di organi di controllo tecnici comprenderebbe
 tutti  i  rifiuti  industriali,  che  finiranno  cosi'   per   essere
 trasformati  in  materiali  deregolamentati  in  toto o al massimo in
 residui, con azzeramento di tutta la disciplina sui rifiuti contenuta
 nel d.P.R. n. 915 del 1982 ed in contrasto con la specifica direttiva
 della CEE;
      che, in conclusione, il predetto  giudice  rimettente  considera
 che  il decreto-legge 7 novembre 1994, n. 619, svuotando del tutto il
 sistema sanzionatorio fissato con il d.P.R. n. 915 del 1982, si ponga
 in contrasto: a) con  l'art.  41  della  Costituzione,  favorendo  le
 imprese che non hanno osservato la legge e penalizzando invece quegli
 imprenditori che hanno affrontato rilevanti investimenti per adeguare
 i  propri impianti e le proprie procedure di stoccaggio alle esigenze
 di tutela ambientale; b) con gli artt. 9 e 32 della Costituzione,  il
 diritto  alla  salute  dovendo  essere inteso anche come diritto alla
 salubrita' dell'ambiente, in quanto  si  e'  creato  un  sistema  che
 favorisce  potenzialmente  la  dispersione  nell'ambiente naturale di
 rifiuti anche  pericolosi;  c)  con  l'art.  10  della  Costituzione,
 perche', attraverso il ricorso ad una terminologia "residui") diversa
 da   quella   comunitaria   "rifiuti   destinati  al  recupero"),  si
 prevederebbe per taluni materiali un trattamento meno severo  e,  per
 certi  versi,  del  tutto  privo di regolamentazione, con conseguente
 mancata conformazione dell'ordinamento giuridico italiano alle  norme
 del diritto internazionale generalmente riconosciute;
  d)  con  gli artt. 3 e 25 della Costituzione, perche', attribuendosi
 alle Camere di commercio  il  potere  di  sottrarre  alla  disciplina
 dettata  per i rifiuti i materiali inseriti nei listini ufficiali, si
 sarebbe violato il principio della riserva  di  legge  e  creata  una
 inammissibile disparita' di trattamento in materia penale;
      che con tre ordinanze dibattimentali di eguale contenuto, emesse
 in tre distinti giudizi penali, le prime due in data 15 novembre 1994
 e  la terza in data 29 novembre 1994, il Pretore di Perugia - Sezione
 distaccata  di  Assisi,  ha  sollevato  questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  12  del  decreto-legge 7 novembre 1994, n.
 619, in  riferimento  agli  artt.  3,  9,  10,  25,  32  e  77  della
 Costituzione,  espressamente  richiamando,  per  la massima parte dei
 profili di incostituzionalita', i contenuti della predetta  ordinanza
 14 novembre 1994 del Pretore di Terni - Sezione distaccata di Amelia;
      che  inoltre,  richiamandosi anche a quanto ritenuto dalla Corte
 costituzionale 9-10 marzo  1988,  n.  302,  il  predetto  Pretore  di
 Perugia solleva anche la questione della legittimita' costituzionale,
 a  petto  del  "combinato  disposto  degli  artt.  25 e 77 in materia
 penale", della reiterazione dei decreti-legge  (di  cui  e'  saliente
 esempio  il  citato  decreto-legge  7  novembre  1994, n. 619, che fa
 seguito ai decreti-legge non convertiti nei  termini  e  ripresentati
 con modifiche il 9 novembre 1993 con il n. 443, il 7 gennaio 1994 con
 il  n. 12, il 10 marzo 1994 con il n. 169, il 6 maggio 1994 con il n.
 279, l'8 luglio 1994 con il n. 438 e il 7 settembre 1994  con  il  n.
 530)  perche'  "non  si comprende come la necessita' ed urgenza della
 decretazione normativa e la connessa provvisorieta'  della  normativa
 insita nella naturale vocazione del decreto-legge a disporre anche in
 via definitiva possa conciliarsi in materia penale con la mancanza di
 alcuna  scadenza  temporale  o  di  limite  al legislatore in sede di
 conversione, anche qualora la precarieta'  legislativa  si  protragga
 per  l'arco  di  oltre  un  anno" e sempre che il decreto-legge venga
 finalmente convertito o definitivamente abbandonato;
      che nei tre giudizi iniziatisi presso il Pretore  di  Perugia  -
 Sezione  distaccata  di  Assisi,  e'  intervenuto  il  Presidente del
 Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello
 Stato, eccependo in primo luogo la manifesta  inammissibilita'  delle
 questioni  sollevate per non essere stato convertito il decreto-legge
 n. 619 del 7 novembre 1994 e contestandosi una per una la  fondatezza
 delle questioni stesse.
    Considerato   che  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
 sollevate nelle  quattro  ordinanze  indicate  concernono  (salvo  la
 questione attinente alla reiterazione dei decreti-legge sollevata dal
 solo Pretore di Perugia) le stesse questioni in relazione allo stesso
 decreto-legge  e  che  pertanto  i giudizi possono essere riuniti per
 essere decisi con un'unica pronuncia;
      che il decreto-legge 7 novembre  1994,  n.  619,  non  e'  stato
 convertito  in  legge  entro  il termine di sessanta giorni dalla sua
 pubblicazione, come risulta dal comunicato pubblicato nella  Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 5 del 7 gennaio 1995;
      che,  successivamente,  sono  stati  emanati  il decreto-legge 7
 gennaio 1995, n. 3, identico a quello denunciato, il decreto-legge  9
 marzo  1995, n. 66, anch'essi non convertiti nei termini di legge (v.
 comunicati pubblicati rispettivamente nella Gazzetta Ufficiale n.  57
 del  9  marzo  1995 e n. 106 del 9 maggio 1995) e il decreto-legge 10
 maggio 1995, n.  162  (Disposizioni  in  materia  di  riutilizzo  dei
 residui  derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo
 produttivo o in un processo di combustione,  nonche'  in  materia  di
 smaltimento   dei   rifiuti),  quest'ultimo  tuttora  in  vigore  che
 "reitera" i precedenti, ma la cui  disciplina  e'  in  parte  diversa
 rispetto  a  quella  vigente  al  tempo  delle  ordinanze di rinvio e
 denunciata di incostituzionalita';
      che, pertanto, essendo mutato  il  quadro  normativo,  gli  atti
 vanno  restituiti  al giudice del rinvio perche' valuti se, alla luce
 della  nuova  disciplina,  le  questioni  sollevate   siano   tuttora
 rilevanti nei giudizi a quibus.