ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 32 del d.P.R.
 27 ottobre 1953, n. 1068 (Ordinamento della professione di ragioniere
 e perito commerciale), promosso con ordinanza  emessa  il  7  ottobre
 1994  dalla Corte d'appello di Napoli nei procedimenti civili riuniti
 vertenti  tra  Antuzzi  Quintilio  e  il  Consiglio   nazionale   dei
 ragionieri e periti commerciali ed altri e tra il Consiglio nazionale
 dei  ragionieri  e  periti  commerciali  e  Nardone Umberto ed altro,
 iscritta al n. 95 del registro  ordinanze  1995  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  9,  prima serie speciale,
 dell'anno 1995;
    Visti gli atti di costituzione di Nardone  Umberto  ed  altro,  di
 Antuzzi  Quintilio  e del Consiglio nazionale dei ragionieri e periti
 commerciali nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio
 dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 13 giugno 1995 il Giudice relatore
 Fernando Santosuosso;
    Uditi gli avv.ti Vincenzo Mazzei per Antuzzi Quintilio, Massimo S.
 Giannini e Vittorio Mandel per il Consiglio nazionale dei  ragionieri
 e  periti  commerciali  e l'Avvocato dello Stato Claudio Linda per il
 Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di piu' procedimenti civili riuniti,  vertenti  fra
 Antuzzi  Quintilio ed altri e il Consiglio nazionale dei ragionieri e
 periti commerciali, la  Corte  d'appello  di  Napoli,  con  ordinanza
 emessa  il  7  ottobre 1994, ha sollevato, in riferimento all'art. 24
 della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  32  del d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068 (Ordinamento della
 professione  di  ragioniere e perito commerciale), nella parte in cui
 non  prevede  la  legittimazione  dei  professionisti  collegiati   a
 proporre  ricorso  al  Consiglio  nazionale  contro  le deliberazioni
 d'iscrizione all'Albo adottate dal Consiglio di collegio.
    Dopo aver esposto il fatto da cui ha tratto origine  il  giudizio,
 il  giudice  a  quo ritiene che la disposizione impugnata si ponga in
 contrasto con l'art. 24 della  Costituzione,  dal  momento  che  ogni
 nuova   iscrizione   all'Albo   rappresenta   una  contrazione  delle
 possibilita' di lavoro per i  professionisti  gia'  iscritti,  e  che
 costoro  hanno  un innegabile interesse alla salvaguardia dei livelli
 tecnico-professionali  dell'intera  categoria:  motivi  per  i  quali
 risulterebbe contrastante con il diritto di difesa negare agli stessi
 la  possibilita'  di  proporre  ricorso.  Tanto piu', si precisa, che
 nell'attuale momento storico del Paese non appare ragionevole che  la
 tutela delle citate esigenze sia rimessa al pubblico ministero in via
 esclusiva ed entro termini cosi' angusti da non consentire neppure di
 sollecitarne utilmente i poteri.
    2. - Con atto congiunto, si sono costituiti dinanzi a questa Corte
 Nardone  Umberto e Campi Tommaso chiedendo che la questione sollevata
 dalla  Corte  d'appello  di  Napoli  sia  dichiarata   manifestamente
 infondata.
    Le  parti rilevano in primo luogo che l'interesse legittimo di cui
 sarebbero titolari  i  ragionieri  collegiati  non  sussisterebbe  in
 quanto  tale,  essendo piuttosto un interesse di mero fatto, privo di
 un collegamento diretto ed immediato con il bene tutelato.
   Contestano inoltre la motivazione addotta dal  giudice  a  quo  per
 ritenere sussistente un interesse legittimo in capo al professionista
 collegiato; ritengono altresi' che la possibilita' di contrazione del
 lavoro  sia  evento  del  tutto  astratto  e  generico; che la tutela
 dell'ordine professionale non possa  essere  attribuita  ai  singoli.
 Quanto  alla  congruita'  del  tempo  concesso per l'impugnazione, si
 rileva che la sua determinazione rientra nella  discrezionalita'  del
 legislatore.
    3.  -  Si  e'  costituito anche Antuzzi Quintilio, concludendo per
 l'accoglimento della questione, in quanto la  disposizione  impugnata
 lederebbe  il  diritto  del  singolo  professionista  collegiato alla
 tutela amministrativa e giurisdizionale del  proprio  status,  mentre
 non  vi sarebbe possibilita' di una diversa tutela, tanto piu' che il
 potere di vigilanza del Consiglio nazionale non puo' in  nessun  caso
 condurre  allo  scioglimento  dei Consigli dei collegi locali ma solo
 avanzare proposta in tal senso al Ministro di grazia e  giustizia;  e
 quando    anche    tale   scioglimento   avvenisse,   non   sarebbero
 automaticamente  annullate  le   deliberazioni   adottate   da   quel
 Consiglio.  Ne'  tantomeno  sarebbe  possibile  la via del ricorso al
 Tribunale ordinario.
    4.  -  Si  e'  costituito  altresi'  il  Consiglio  nazionale  dei
 ragionieri   e   periti  commerciali,  concludendo  per  una  diversa
 interpretazione della disposizione impugnata ed,  in  subordine,  per
 l'accoglimento della questione.
    In   particolare   si   sostiene   che   la   legittimazione   dei
 professionisti collegiati a ricorrere anche  nelle  vie  del  ricorso
 gerarchico  improprio e' stabilita non solo dall'art. 1 del d.P.R. n.
 1199 del 1971, ma ancor prima dall'art. 28 del  d.P.R.  n.  1068  del
 1953:  ed  anche  ammettendo  che  non  di  diritti  soggettivi ma di
 interessi   legittimi   si   trattasse,   tale   qualificazione   non
 escluderebbe la legittimazione a ricorrere, dato che gli artt.  24  e
 113  della Costituzione non consentono di configurare la tutela degli
 interessi legittimi piu' attenuata  rispetto  a  quella  dei  diritti
 soggettivi,  specie per quel che riguarda l'interesse a ricorrere. Si
 ribadisce inoltre che l'interesse  fatto  valere  dal  professionista
 collegiato  non  e' un interesse di fatto ne' un interesse remoto, ma
 un interesse individuale, concreto ed attuale.
    5. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  e,  in
 subordine, infondata.
    Rileva  in  particolare  la  difesa  erariale  che  le  norme  che
 disciplinano  l'iscrizione  all'Albo  tutelano,   in   via   diretta,
 l'interesse    pubblico    a   vedere   esercitata   la   professione
 esclusivamente dai soggetti in possesso dei titoli  e  dei  requisiti
 stabiliti   dalla   legge,   ed  in  via  indiretta  l'interesse  del
 professionista che  sia  in  possesso  del  titolo  e  dei  requisiti
 prescritti  ad  ottenere  l'iscrizione, mentre nessuna tutela sarebbe
 invece concessa agli iscritti collegiati: per tale ragione  non  puo'
 invocarsi,   a   garanzia   di   tali   interessi,  l'art.  24  della
 Costituzione.
    Ne' sarebbe corretta l'argomentazione circa l'opportunita'  di  un
 controllo  "diffuso"  da  parte  degli  iscritti  a che gli aspiranti
 all'iscrizione   nell'Albo   siano   professionalmente   qualificati:
 trattandosi  infatti  di  liberi  professionisti  in regime di libero
 mercato, l'inidoneita'  professionale  dei  nuovi  iscritti  potrebbe
 paradossalmente  rappresentare  un  vantaggio  per  coloro che furono
 iscritti a seguito di esame, i quali sarebbero "premiati"  dal  gioco
 naturale del mercato.
    6.  -  In  prossimita'  dell'udienza  hanno  presentato  ulteriori
 memorie sia le  parti  costituite  che  l'Avvocatura  Generale  dello
 Stato, ribadendo le rispettive posizioni.
                        Considerato in diritto
    1.  -  E'  sottoposta  al giudizio di questa Corte la questione di
 legittimita' costituzionale, sollevata  in  riferimento  all'art.  24
 della  Costituzione, dell'art. 32 del d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068
 (Ordinamento della professione di ragioniere e  perito  commerciale),
 nella  parte  in cui non prevede la legittimazione dei professionisti
 iscritti al  relativo  collegio  a  proporre  ricorso  (al  Consiglio
 nazionale) contro le deliberazioni d'iscrizione all'Albo adottate dal
 Consiglio di collegio.
    2. - La questione e' infondata.
    Va  subito  rilevato  che  il  procedimento di iscrizione all'Albo
 presso i  Consigli  di  collegio  ed  il  procedimento  previsto  dal
 denunziato  art.  32 dinanzi al Consiglio nazionale, cui da' luogo il
 ricorso  gerarchico  improprio  proponibile  da  parte  dei  soggetti
 indicati  dalla  legge,  hanno  natura  amministrativa,  ancorche' le
 deliberazioni del Consiglio nazionale possano essere  successivamente
 sottoposte al vaglio del Tribunale mediante atto proponibile ad opera
 degli stessi soggetti, dandosi in tale modo inizio ad un procedimento
 giurisdizionale ai sensi dell'art. 28 dello stesso d.P.R. n. 1068 del
 1953.
    Questa  Corte  ha  costantemente  affermato che "la disciplina del
 procedimento amministrativo  e'  rimessa  alla  discrezionalita'  del
 legislatore  nei  limiti  della  ragionevolezza  e del rispetto degli
 altri principi costituzionali, fra i quali non  e'  da  ricomprendere
 quello  del  giusto  procedimento  amministrativo, dato che la tutela
 delle  situazioni  soggettive  e'   comunque   assicurata   in   sede
 giurisdizionale   dagli   artt.   24,   primo   comma,  e  113  della
 Costituzione" (v. sentenze n. 210 del 1995 e,  analogamente,  n.  103
 del 1993).
    Relativamente  ai  fatti da cui e' sorta la presente questione, la
 fase giurisdizionale si e' svolta solo  a  seguito  del  procedimento
 amministrativo  di  iscrizione all'Albo e della relativa impugnazione
 dinanzi al  Consiglio  nazionale  dell'Ordine;  ma  e'  soltanto  con
 riferimento al precedente procedimento amministrativo che e' sorto il
 problema  relativo  alla legittimazione dei ragionieri gia' iscritti,
 profilo  che  ha   poi   dato   luogo   al   presente   giudizio   di
 costituzionalita'. Pertanto, alla luce della citata giurisprudenza di
 questa  Corte,  la  questione,  cosi' come prospettata nella presente
 sede con riferimento all'art. 24 della  Costituzione,  va  dichiarata
 infondata.