ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale  dell'art.  11,  comma  9,
 della  legge  30  dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le
 basi  imponibili,  per  razionalizzare,   facilitare   e   potenziare
 l'attivita'   di  accertamento;  disposizioni  per  la  rivalutazione
 obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonche'  per  riformare
 il  contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari
 pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di
 amnistia per reati tributari; istituzioni dei  centri  di  assistenza
 fiscale  e  del conto fiscale), promossi con sei ordinanze in data 12
 luglio 1994 dalla Commissione tributaria di primo grado  di  Palermo,
 iscritte ai nn. 34, 35, 36, 37, 38 e 39 del registro ordinanze 1995 e
 pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica n. 6, prima
 serie speciale, dell'anno 1995;
    Visti gli atti di costituzione di Federico Maria Petyx e di  Maria
 Grazia  Petyx  nonche'  gli  atti  di  intervento  del Presidente del
 Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1995 il Giudice relatore
 Massimo Vari;
    Uditi l'Avvocato Leonardo Perrone per Federico Maria Petyx  e  per
 Maria  Grazia  Petyx  e  l'Avvocato  dello  Stato Carlo Bafile per il
 Presidente del Consiglio dei ministri;
    Ritenuto che, con sei ordinanze di contenuto identico emesse il 12
 luglio 1994 (R.O. nn. 34, 35, 36, 37, 38 e 39 del 1995), nei  giudizi
 sui  ricorsi  proposti  rispettivamente da Federico Maria Petyx (R.O.
 nn. 34, 35 e 36) e Maria Grazia Petyx (R.O. nn. 37, 38 e 39)  avverso
 il  silenzio  rifiuto dell'Intendenza di finanza di Palermo in ordine
 alla istanza di  rimborso  dell'imposta  versata  sulle  plusvalenze,
 relative  alle  somme  percepite nel 1991 a titolo di indennita' - in
 seguito ad occupazione espropriativa d'urgenza di  terreni,  avvenuta
 il 22 marzo 1975, divenuta successivamente illegittima per decorrenza
 del  quinquennio  e  causa  di  un  contenzioso definito con sentenza
 intervenuta nell'anno 1990 - la Commissione tributaria di primo grado
 di Palermo ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  11,  comma  9,  della  legge  30 dicembre 1991, n. 413, in
 riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione;
      che il  remittente,  premesso  che  la  disposizione  denunciata
 assoggetta  retroattivamente  ad  imposizione  fiscale  le indennita'
 percepite in conseguenza di atti  volontari  o  provvedimenti  emessi
 successivamente  al  31 dicembre 1988, rileva che, nella fattispecie,
 l'imposizione fiscale incide  "su  importi  che  non  sono  fonte  di
 insolita  ricchezza,  bensi' un ricavo di un mero recupero a conforto
 di un soppiantamento operato da parte  di  un  ente  pubblico  su  un
 privato   bene",   con  carenza  di  "quel  presupposto  di  prelievo
 impositivo su un vero e  proprio  produttore  di  ricchezza,  cadendo
 cosi' il requisito soggettivo per quel tributo";
      che  si  osserva,  inoltre,  che  "un  evento  passato  non puo'
 costituire un attuale rivelatore di ricchezza", quando  esso  si  sia
 verificato  in  un  tempo  remoto, in cui non era neanche prevedibile
 l'istituzione della imposizione;
      che si sono  costituite  le  parti  private  che,  nell'assumere
 l'illegittimita'  costituzionale della disposizione denunciata, hanno
 chiesto che la Corte con sentenza interpretativa di rigetto, dichiari
 - ancorche' la percezione delle somme sia avvenuta  nel  1991  -  non
 applicabile  al  caso di specie la norma di cui all'art. 11, comma 9,
 della legge 30 dicembre 1991,  n.  413,  sia  perche'  si  tratta  di
 occupazione acquisitiva illegittima, sia perche' la stessa si sarebbe
 verificata nel 1980, a seguito di decreti di occupazione del 1975;
      che,  nel  giudizio,  e'  intervenuto altresi' il Presidente del
 Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
    Considerato  che  i  giudizi,  promossi con ordinanze di contenuto
 identico, possono essere riuniti e congiuntamente decisi;
      che le ordinanze di rimessione,  sono,  in  punto  di  rilevanza
 della  questione ai fini del decidere, prive del benche' minimo cenno
 di motivazione;
      che, d'altro canto le parti private  sollevano  in  ordine  alla
 disposizione  impugnata problemi applicativi, che spetta non a questa
 Corte, bensi' al giudice a  quo,  risolvere;  problemi  che  incidono
 anche sulla rilevanza della proposta questione;
      che,   pertanto,   la  questione,  cosi'  come  prospettata,  e'
 manifestamente inammissibile;