ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 26 del regio
 decreto 13 agosto 1933, n.  1038  (Approvazione  del  regolamento  di
 procedura  per  i giudizi innanzi alla Corte dei conti), promosso con
 ordinanza  emessa  il  7  novembre  1994  dal  sostituto  procuratore
 generale  presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per
 la Regione  Siciliana  nel  procedimento  nei  confronti  di  Gaspare
 Sammaritano  ed altri, iscritta al n. 792 del registro ordinanze 1994
 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  4,  prima
 serie speciale, dell'anno 1995;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  12  luglio  1995  il  Giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ordinanza  emessa  il  7  novembre  1994, il sostituto
 procuratore generale presso la Sezione  giurisdizionale  della  Corte
 dei  conti per la Regione Siciliana ha sollevato, in riferimento agli
 artt. 3, 24  e  97  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 26 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038
 (Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla
 Corte  dei  conti),  che  prevede che nei procedimenti contenziosi di
 competenza della Corte dei conti si osservano, in quanto applicabili,
 le norme ed i termini della procedura civile. Questa disposizione  e'
 denunciata nella parte in cui non rinvia alle disposizioni del codice
 di  procedura  penale sullo spostamento della competenza territoriale
 per i procedimenti a carico di magistrati.
    Al  termine  dell'attivita'  istruttoria  svolta  ai  fini  di  un
 giudizio  di  responsabilita'  amministrativa  nei  confronti  di  un
 magistrato in servizio presso la Sezione giurisdizionale della  Corte
 dei   conti  per  la  Regione  Siciliana,  il  sostituto  procuratore
 generale, dopo aver dato al magistrato comunicazione  dell'iniziativa
 in  corso,  dovendo  provvedere all'archiviazione, ritiene che questa
 determinazione dovrebbe essere  attribuita  ad  un  ufficio  diverso,
 cosi'  come  prevede  l'art. 11 del codice di procedura penale per la
 competenza territoriale nei procedimenti riguardanti  magistrati  che
 esercitano le funzioni nello stesso distretto.
    Il  sostituto  procuratore  generale  premette di essere autorita'
 giurisdizionale legittimata a  sollevare  questione  di  legittimita'
 costituzionale  ed  a trasmettere gli atti alla Corte. Nell'attivita'
 preliminare  ai   fini   del   promovimento   di   un   giudizio   di
 responsabilita'  amministrativa,  il pubblico ministero eserciterebbe
 poteri istruttori ed inquisitori. L'invito al  presunto  responsabile
 del  danno a depositare le proprie deduzioni ed eventuali documenti -
 previsto dall'art. 5 del decreto-legge  15  novembre  1993,  n.  453,
 convertito in legge, con modificazioni, con la legge 14 gennaio 1994,
 n.  19  -  determinerebbe l'avvio del procedimento, rispetto al quale
 l'archiviazione  del  pubblico  ministero,  pur  in   assenza   della
 esplicita  previsione  normativa di tale potere, sarebbe assimilabile
 al proscioglimento deciso in sede penale.
    Il pubblico ministero ritiene che lo spostamento della  competenza
 territoriale  per  i procedimenti in cui siano coinvolti magistrati -
 previsto non dal codice di  procedura  civile,  che  disciplina  solo
 l'astensione  e la ricusazione del giudice, ma da quello di procedura
 penale - risponda all'esigenza di tutela  di  valori  costituzionali,
 quali  l'eguaglianza  dei  cittadini innanzi alla legge (art. 3 della
 Costituzione), l'effettivita' del diritto di difesa  (art.  24  della
 Costituzione),  l'imparzialita'  della pubblica amministrazione (art.
 97    della    Costituzione),    considerata    comprensiva     anche
 dell'amministrazione della giustizia.
    L'eguaglianza   davanti   alla  legge  richiederebbe  un  giudizio
 obiettivo  e  sganciato  da  ogni  influenza,   che   puo'   derivare
 dall'essere  il  magistrato  sottoposto  a  giudizio in una posizione
 differenziata nei confronti dell'organo chiamato a giudicare. Inoltre
 verrebbero  trattate  in  modo  difforme  le   situazioni,   ritenute
 sostanzialmente  identiche,  dei  magistrati  ordinari  nel  processo
 penale e dei magistrati contabili  nel  giudizio  di  responsabilita'
 amministrativa.
    Il  diritto  di  difesa  richiederebbe  a  sua  volta  un contesto
 estraneo ad ogni  condizionamento  che  possa  provenire  da  fattori
 ambientali.
    Infine  una  disposizione  che  tocca  l'immagine di terzieta' del
 giudice violerebbe il principio di imparzialita' ledendo il prestigio
 della funzione giurisdizionale.
    2. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.
    Pur  manifestando  perplessita'  sulla legittimazione del pubblico
 ministero  a  sollevare  questione  di  legittimita'  costituzionale,
 l'Avvocatura  si  rimette  alle  valutazioni  della  Corte  in ordine
 all'ammissibilita' della questione.
    Nel  merito  l'Avvocatura  rileva  che  i  dubbi  di  legittimita'
 costituzionale  muovono  dall'equiparazione tra procedimento penale e
 giudizio di responsabilita' amministrativa, mentre quest'ultimo,  pur
 promosso   dal   pubblico  ministero,  ha  carattere  sostanzialmente
 civilistico, di risarcimento del danno.
    Negata la stessa possibilita' di porre a raffronto processo penale
 e processo contabile,  non  sussisterebbe  la  lesione  dei  principi
 costituzionali indicati dall'ordinanza di rimessione.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il dubbio di legittimita' costituzionale riguarda l'art. 26
 del regio decreto 13 agosto 1933, n.  1038,  che,  nel  contesto  del
 regolamento  di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti,
 rinvia, per i procedimenti contenziosi,  alle  norme  ed  ai  termini
 della  procedura  civile,  in quanto applicabili e non modificati dal
 regolamento stesso.
    Il   sostituto   procuratore   generale    presso    la    Sezione
 giurisdizionale  della  Corte  dei  conti  per  la  Regione Siciliana
 ritiene che questa disposizione sia in contrasto con gli artt. 3,  24
 e 97 della Costituzione, nella parte in cui non rinvia, per i giudizi
 di responsabilita' amministrativa o contabile a carico di magistrati,
 alla  disciplina  del  processo  penale,  che  prevede  la competenza
 territoriale di un ufficio giudiziario diverso da quello nel quale  i
 magistrati stessi esercitano, o hanno esercitato, le proprie funzioni
 (art. 11 del codice di procedura penale).
    Il   sostituto  procuratore  generale  si  ritiene  legittimato  a
 sollevare, nell'esercizio delle funzioni di pubblico ministero  nella
 fase  istruttoria  di  un  giudizio di responsabilita' per danni, una
 questione  di  legittimita'  costituzionale   in   via   incidentale,
 considerando   il   provvedimento  di  archiviazione  da  lui  emesso
 assimilabile al proscioglimento pronunciato  dal  giudice  penale  in
 sede  di  udienza  preliminare.  La  norma  denunciata  violerebbe il
 principio di eguaglianza davanti alla legge, essendo il provvedimento
 adottato    nell'ambito    della   stessa   competenza   territoriale
 dell'ufficio giudiziario presso il quale  il  magistrato  interessato
 era  all'epoca  dei  fatti,  o e' in atto, incardinato, senza che sia
 prevista,  cosi'  come  avviene  invece  per  il   processo   penale,
 l'attribuzione   della   competenza  ad  altro  ufficio.  Il  mancato
 spostamento  della  competenza  lederebbe,  inoltre,  il  diritto  di
 difesa,  che  si  esplica liberamente solo in un contesto sicuramente
 privo di condizionamenti ambientali. Infine  pronunciarsi  su  di  un
 magistrato  che  presta,  o  ha  prestato,  servizio presso lo stesso
 ufficio  inciderebbe  sull'immagine  di  terzieta'  del  giudice,  in
 violazione  del  principio di imparzialita' dell'amministrazione, che
 l'ordinanza    di    rimessione     considera     immanente     anche
 all'organizzazione giudiziaria.
    2.  -  La  questione di legittimita' costituzionale, sollevata dal
 pubblico ministero, e' inammissibile.
    I  presupposti  processuali  previsti  dall'art.  1  della   legge
 costituzionale  9  febbraio  1948, n. 1 e dall'art. 23 della legge 11
 marzo 1953, n. 87 per dare ingresso ad  un  giudizio  incidentale  di
 legittimita' costituzionale richiedono che la questione sia sollevata
 da  un'autorita'  giurisdizionale nel corso di un giudizio. E' sempre
 necessario che vi sia un giudice il quale ritenga di dover  applicare
 la norma, della cui legittimita' costituzionale dubita, per definire,
 nell'esercizio del proprio potere di decisione, il giudizio del quale
 e' investito.
    Si  tratta  di  requisiti  e  presupposti  che  non  ricorrono per
 l'ufficio del procuratore regionale della Corte dei conti e  che  non
 possono  essere  riferiti  all'attivita' da questo svolta ai fini del
 promovimento di un giudizio di responsabilita' per danni cagionati da
 funzionari pubblici allo Stato.
    La giurisprudenza costituzionale ha sempre  affermato,  sin  dalle
 piu'  remote  decisioni  (sentenze nn. 40, 41 e 42 del 1963), che nel
 sistema che caratterizza il procedimento incidentale di  legittimita'
 costituzionale sia il pubblico ministero che le parti private possono
 prospettare  questioni  di legittimita' costituzionale, ma che spetta
 esclusivamente all'autorita' giurisdizionale davanti a cui  pende  il
 giudizio valutarne la rilevanza rispetto alla decisione della causa e
 la  non manifesta infondatezza, per disporne la trasmissione a questa
 Corte. Si  tratta  sempre  di  una  funzione  attribuita  al  giudice
 chiamato  a  pronunciarsi  sulla causa. Il pubblico ministero, che ha
 una sua propria e distinta configurazione ordinamentale, ha il potere
 di esercitare l'azione ma non di emettere provvedimenti decisori: non
 puo'  quindi   sostituirsi   all'autorita'   giurisdizionale   e   di
 conseguenza   non   e'   legittimato  a  promuovere  il  giudizio  di
 legittimita' davanti a questa Corte (tra le molte, ordinanze  n.  249
 del 1990, n. 285 del 1989 e n. 163 del 1981).
    Questa  impostazione  vale  anche per i giudizi di responsabilita'
 innanzi alla Corte dei conti, nei quali il giudice e' investito della
 causa mediante l'atto di citazione a comparire o per i  provvedimenti
 cautelari  che  possono  precedere  tale  atto. Il pubblico ministero
 mantiene  la  caratteristica  di  ufficio  che   promuove   l'azione.
 L'attivita'  anteriore  alla  citazione  e' preordinata all'eventuale
 instaurazione del giudizio ma non assume carattere  decisorio,  anche
 quando  si  concluda  con un'archiviazione. Questo atto, rimesso alla
 determinazione  propria della parte pubblica che ritenga di non dover
 promuovere l'azione, non ha natura di pronuncia  giurisdizionale,  ma
 chiude un'attivita' istruttoria diretta a verificare se sussistano le
 condizioni  per  iniziare  utilmente  un giudizio di responsabilita',
 senza che con l'archiviazione si formi giudicato o che ne  derivi  in
 alcun modo un vincolo per lo stesso ufficio del pubblico ministero.
    Questo  sistema non e' stato modificato, nella sua impostazione di
 fondo, dalle disposizioni in materia  di  giurisdizione  e  controllo
 della Corte dei conti, dettate con il decreto-legge 15 novembre 1993,
 n.  453,  convertito  in  legge,  con  modificazioni, con la legge 14
 gennaio 1994, n. 19. Le nuove norme prevedono  che,  nei  giudizi  di
 responsabilita',  il  procuratore regionale, prima di emettere l'atto
 di citazione in giudizio, inviti il presunto responsabile del  danno,
 che  ha  la  facolta'  di  farsi  sentire personalmente, a depositare
 deduzioni e documenti (art.  5).  Ma  non  ne  risultano  alterati  i
 caratteri  propri  dell'attivita' del pubblico ministero, ne' vengono
 attribuiti a questo ufficio poteri  decisori  che  caratterizzano  la
 giurisdizione, affidati anche in questa fase, in caso di richiesta di
 provvedimenti  cautelari, al giudice competente a conoscere il merito
 del giudizio.
    L'attivita', anche istruttoria, del procuratore regionale  rimane,
 pertanto,  preordinata  all'assunzione  delle  determinazioni ai fini
 dell'esercizio dell'azione e del promovimento del giudizio.
    Non  si  e',  quindi,  in  presenza  di  un  giudice   che   possa
 direttamente  sollevare  questione di legittimita' costituzionale, in
 relazione ad un giudizio rimesso alla propria competenza.