IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  di  rinvio  alla   Corte
 costituzionale.
                           RITENUTO IN FATTO
    Il  12  novembre  1989,  in  agro di Barletta, veniva contestata a
 Guarino Antonio l'infrazione alla legge sulla caccia del 22  dicembre
 1977 n. 968 (art. 31, lett. E) per aver abbattuto un fringuello (spe-
 cie  nei  cui  confronti  non  era  consentita  la  caccia,  ai sensi
 dell'art. 2 d.P.C.M. del 4 giugno 1982).
    Oltre  l'irrogazione  della  sanzione  amministrativa,   l'ufficio
 caccia  della regione Puglia provvedeva a denunciare il predetto alla
 procura della Repubblica presso  la  pretura  circondariale  di  Bari
 ritenendo che nella fattispecie ricorresse anche il reato di cui agli
 artt.  624  e  625  del c.p., essendovi stato l'impossessamento di un
 animale appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato.
    La procura della Repubblica presso  la  pretura  circondariale  di
 Bari  trasferiva  per  competenza  il  fascicolo alla procura di pari
 grado presso la pretura circondariale di Trani.
    Poiche'  quest'ultimo  ufficio   inquirente   lamentava   che   la
 trasmissione era avvenuta abbondantemente oltre il termine semestrale
 previsto  per  il  compimento  degli  atti  di  indagine,  la procura
 generale presso la Corte di appello provvedeva  alla  avocazione  del
 procedimento.
    La  procura generale presentava a questo g.i.p. in data 11 gennaio
 1995, richiesta di archiviazione perche'  il  fatto  non  costituisce
 reato alla luce dell'art. 30/3 della legge n. 157/1992.
                          RITENUTO IN DIRITTO
    Questo  g.i.p.  non  puo'  esimersi  dal  rilevare  ex  officio le
 evidenti incongruenze della legge  n.  157/1992  di  cui  la  procura
 generale  chiede  l'applicazione nel caso concreto. Legge, che da una
 parte non soddisfa completamente  le  esigenze  di  protezione  della
 fauna  dettati  in  sede  comunitaria  e dall'altra, per certi versi,
 rappresentato addirittura un passo in dietro rispetto alla precedente
 normativa.
    In particolare sembra  evidente  nell'articolato  della  legge  lo
 sforzo  quasi  impossibile del legislatore di cercare "una terza via"
 rispetto alle istanze ambientaliste, che da piu' parti si levano  nel
 Paese,  e  alle pressioni dei cacciatori e soprattutto della fiorente
 industria della caccia.
    Una contraddizione che si manifesta  in  tutta  la  sua  grottesca
 evidenza,  se  si  prendono  in  considerazione  l'art.  1  "la fauna
 selvatica costituisce patrimonio indisponibile  dello  Stato  ..")  e
 l'art.  30/3  della  legge  n. 157/1992, che esclude l'applicabilita'
 degli artt. 624, 625 e 626 del  c.p.  nell'ipotesi  delle  violazioni
 previste dal primo comma dello stesso articolo.
    Affermazioni  di  principio  fra loro logicamente e giuridicamente
 incompatibili.
    Poiche' infatti, gli animali selvatici appartengono al  patrimonio
 indisponibile  dello Stato, il loro prelievo venatorio, in violazione
 della normativa sulla caccia,  comporta  una  sottrazione  contro  la
 volonta'  espressa  dello  Stato  e  per  tanto offende la integrita'
 patrimoniale  dello  stesso.  Per  questo  motivo  la  giurisprudenza
 formatasi   prima   della   legge  n.  157  aveva  ormai  sancito  la
 configurabilita' della fattispecie di furto nelle ipotesi in esame.
    D'altra parte fra le violazioni penali previste dalla legge  sulla
 caccia  e  la  fattispecie  di  furto  non  esiste  alcun rapporto di
 specialita'  in  quanto  dirette  alla  tutela  di  differenti   beni
 giuridici (Cass. sez. IV, 176428/1987).
    La  stessa Corte costituzionale con sentenza n. 97/1987 ha escluso
 che ricorra un rapporto di specialita' tra l'art. 31 della  legge  n.
 968/1977  e  l'art.  624 del c.p., basando la propria decisione sulla
 diversita' dei beni giuridici protetti dalle due norme.
    Lo  stesso  ragionamento  utilizzato  dalla  Corte  e'  senz'altro
 applicabile  anche alle violazioni penali ed amministrative contenute
 nella legge n. 157/1992.
    Mentre  la  legge  sulla  caccia  e  le   violazioni   penali   ed
 amministrative  ivi  previste,  sono  dirette  alla protezione e alla
 tutela del bene ambiente, gli artt. 624 e 625 del c.p. sono diretti a
 tutelare  il  possesso  e  l'integrita'  patrimoniale  dei   soggetti
 dell'ordinamento.
    La  manifesta  contraddizione  fra  una  affermazione di principio
 solenne, in quanto contenta dall'art. 1 della legge n.  157  nel  suo
 inciso  iniziale, e l'art. 30/3 della stessa legge, si tramuta in una
 illegittima disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi analoghe di
 condotte  appropriative  di   beni   (di   natura   non   faunistica)
 appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato.
    Condotte  costituenti sicuramente il reato previsto e punito dagli
 artt. 624, 625 e 626 del c.p. se non addirittura  fattispecie  ancora
 piu' gravi qualora poste in essere da pubblici ufficiali.
    E'  costituzionlamente  legittimo che si debba rispondere di furto
 se si sottrae un arredo  da  un  ufficio  pubblico  e  non  si  debba
 rispondere  altrettanto  di  furto nel caso di abbattimento o cattura
 contra legem di animali selvatici?
    Si e' venuta dunque a creare, grazie alla normativa in esame,  una
 immotivata  disparita'  di  trattamento in favore dei cacciatori, con
 buona pace dell'art. 3 della Costituzione.
    Il legislatore per tanto, ha regolamentato diversamente situazioni
 analoghe senza che vi fosse un giusto ed apprezzabile motivo.
    Disparita' di trattamento ancor piu' immotivata ed illegittima  se
 letta  alla  luce  dell'art. 9 della Costituzione che, secondo i piu'
 recenti  e  moderni  indirizzi  della   dottrina   e   della   stessa
 giurisprudenza  costituzionale, non e' inteso a tutelare solo la mera
 bellezza estetica del nostro Paese, ma piu' compiutamente  l'ambiente
 naturale  in  senso  lato,  comprensivo  della  inevitabile,  ed anzi
 necessaria, diversita' biologica.
    Diversita'  biologica  e  tutela  delle  specie  animali,  ed   in
 particolar  modo  di  quelle  che rischiano l'estinzione, che e', per
 tanto, valore sottoposto alla tutela costituzionale.