IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa di opposizione di
 terzo all'esecuzione iscritta al n. 2002/89 r.g.c. (n. 502/92 r.g.i.)
 e intentata  da  Lubrani  Cristina  Stefania,  terzo  opponente,  nei
 confronti  della  Esattoria  consorziale  di Pescia, opposto, e Banti
 Lisena, debitore esecutato;
    Rilevato  che:  con ricorso depositato presso la cancelleria della
 pretura di Pescia  in  data  27  maggio  1989  la  Lubrani  proponeva
 opposizione  di  terzo  a  fronte dell'atto di pignoramento 22 maggio
 1989 all'Esattoria consorziale  di  Pescia  nei  confronti  di  Banti
 Lisena,  allegando  che  i  beni erano suoi e concessi in comodato al
 debitore; il pretore sospendeva parzialmente la vendita  e  rimetteva
 le  parti innanzi a questo tribunale; alla riassunzione provvedeva la
 Lubrani con atto di citazione notificato in data 4-8 agosto 1989, col
 quale eccepiva l'illegittimita' costituzionale degli artt.  52  e  53
 del  d.P.R.  n. 602/1973 e domandava accertarsi il proprio diritto di
 proprieta'  sui  beni  di  cui  al   pignoramento   con   conseguente
 declaratoria  di  inefficacia del medesimo; si costituiva in giudizio
 l'Esattoria eccependo  l'inammissibilita'  dell'opposizione  dato  il
 rapporto   di   parentela  sussistente  tra  esecutato  e  opponente;
 espletata l'istruttoria attraverso produzioni documentali all'udienza
 del 25 maggio 1993  le  parti  precisavano  le  conclusioni  ed  alla
 successiva  udienza  collegiale  del  25  gennaio  1995  la causa era
 ritenuta in decisione;
    Osservato che:
       a) l'art. 52 del d.P.R. n. 602/1973 prevede al  secondo  comma,
 lett. b), che l'opposizione di cui all'art. 619 c.p.c. all'esecuzione
 esattoriale  non  puo'  essere  proposta "dal coniuge e dai parenti e
 affini fino al terzo grado del contribuente o  dei  coobbligati,  per
 quanto  riguarda  i  mobili  pignorati  nella  casa di abitazione del
 debitore  o  del  coobbligato  ..";  tali  soggetti,  al   pari   del
 contribuente,   "contro  gli  atti  esecutivi  dell'esattore  possono
 ricorrere all'intendente di  finanza",  il  quale  ha  il  potere  di
 sospendere  l'esecuzione  e  decide  nel termine di trenta giorni con
 provvedimento espressamente dichiarato  definitivo  (art.  53  d.P.R.
 cit.);  le  determinazioni  dell'intendente di finanza possono essere
 impugnate  davanti  al  giudice  amministrativo  per  violazione   di
 interessi  legittimi  (cfr. Cass., 6 novembre 1989, n. 4618; v. anche
 Cons. St., 28 dicembre 1984, n. 1067  in  Firenze,  1985,  III,  383)
 mentre  il  giudice  ordinario  puo'  conoscere soltanto dell'"azione
 successiva  al  compimento  della  procedura  esattoriale  volta   ad
 accertare  ex  post  la legittimita' o meno di questa e il diritto al
 risarcimento del danno" (cfr. Cass., 8 marzo 1993, n. 2755);  nessuna
 tutela  e'  prevista  per il terzo contro il merito della imposizione
 fiscale;
       b) piu'  volte  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  52  cit., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., e' stata
 sottoposta alla Corte costituzionale, la quale  ne  ha  ripetutamente
 dichiarato  la  manifesta  infondatezza (v. tra le altre C. cost., 30
 aprile 1986, n. 123; 30 aprile 1986, n. 121; 12 dicembre 1984, n. 283
 in Firenze, 1986, I, 1475 ss.), affermando che la norma "rafforza  la
 garanzia  del credito, assoggettando all'azione esecutiva alcuni beni
 che si trovino in una particolare situazione locale",  che  la  norma
 "appartiene  alla  disciplina sostanziale del rapporto d'imposta" (C.
 cost., 16 giugno 1964, n. 42 in  Firenze,  1964,  I,  1534  sull'art.
 207,  secondo comma, d.P.R. n. 645/1958 da cui deriva la disposizione
 in esame), che il parente o l'affine "viene a subire  uno  svantaggio
 solo  in  conseguenza  di  un  suo  comportamento  volontario (l'aver
 lasciato, cioe', il bene nella casa di abitazione del congiunto)" (C.
 cost.,  26  novembre  1964,  n.  93),  che  la norma "si inquadra nel
 sistema delle garanzie patrimoniali  delle  obbligazioni  tributarie"
 determinando  "l'oggetto su cui si puo' esercitare l'azione esecutiva
 .. anche se vi sono terzi che vantano diritti  di  proprieta'  su  di
 essi" (C. cost., n. 4/75);
       c)    sulla   base   dell'elaborazione   della   giurisprudenza
 costituzionale   e   di   legittimita'    sommariamente    riassunta,
 l'esclusione della legittimazione all'opposizione di cui all'art. 619
 c.p.c.  dei  soggetti  indicati  alla  lett. b) dell'art. 52 dovrebbe
 interpretarsi, come e' stato osservato in dottrina, nel senso che  "i
 beni  mobili  del  coniuge,  dei parenti e degli affini sino al terzo
 grado del contribuente (o dei coobbligati), i quali si trovino  nella
 casa  di  abitazione  del debitore (o del coobbligato) pur essendo di
 proprieta' di tali soggetti e non del debitore,  sono  soggetti  alla
 responsabilita'  esecutiva  per  il  debito  tributario  altrui";  ci
 troveremmo dunque di fronte ad una  ipotesi  di  responsabilita'  per
 debito  altrui,  prevista in ragione della particolare localizzazione
 del bene;
       d) l'ordinamento conosce altre ipotesi di  responsabilita'  per
 debiti   altrui   disposta   in   considerazione   della  particolare
 localizzazione dei beni: si pensi alle ipotesi di responsabilita'  da
 debito  altrui  emergenti  dal sistema di cui all'art. 2914 n. 4 c.c.
 (beni del terzo acquistati dal debitore sulla base  di  un  atto  non
 avente  data certa anteriore al pignoramento e dei quali il terzo non
 ha il possesso) e all'art.  621  c.p.c.  (beni  del  terzo  pignorati
 presso il debitore acquistati e affidati al debitore a titolo diverso
 dalla  proprieta'  sulla base di atti non aventi data certa anteriore
 al pignoramento; beni del terzo della cui proprieta' non si  fornisca
 la  prova testimoniale, allorquando la professione o il commercio del
 terzo o del debitore rendano verosimile il diritto del terzo); sia in
 questi  casi  che  in  quello  in  esame  ci  troviamo  di  fronte  a
 disposizioni di natura sostanziale le quali risolvono i conflitti tra
 il  creditore  e  i  terzi  proprietari di beni mobili che si trovano
 presso la casa del debitore, assoggettando a responsabilita' tutti  i
 beni  mobili  che ivi sono situati; peraltro, mentre nelle ipotesi di
 cui agli artt. 2914  n.  4  c.c.  e  621  c.p.c.  la  presunzione  di
 appartenenza puo' essere vinta con la prova scritta dell'anteriorita'
 dell'acquisto  e  dell'affidamento  del  bene  al  debitore  a titolo
 diverso  dalla  proprieta'  o  con  la  prova   testimoniale   quando
 ammissibile,  la  presunzione  su cui si fonda la responsabilita' per
 debito tributario altrui non puo' essere vinta in alcun modo;
       e) affinita' rivela la fattispecie anche con i privilegi di cui
 agli artt. 2756, 2757, 2760,  2761,  2764  e  2765  c.c.,  norme  che
 consentono  al  creditore  di procedere ad espropriazione forzata nei
 confronti del terzo proprietario; in tali ipotesi peraltro -  e  cio'
 le  differenzia dal caso in esame in cui non e' richiesto dalla legge
 che il creditore ritenga in buona fede che il bene sia di  proprieta'
 del  debitore  -  l'art.  2756,  secondo  comma  "impone al creditore
 l'onere di provare la sua buona fede, che, dovendo  giustificare  non
 gia' l'acquisto di diritti, ma l'estensione dell'azione esecutiva, si
 traduce  nell'onere  di  provare  l'ignoranza, non imputabile a colpa
 grave (art. 1147, secondo comma), del fatto che il committente, anche
 eventualmente non proprietario, non avesse titolo  di  affidargli  la
 cosa al fine di conservarla o migliorarla";
       f)  rientra  certamente  nella  liberta'  del  legislatore  una
 compressione del diritto di  proprieta'  quale  quella  insita  nella
 previsione  di  ipotesi  di  responsabilita'  per  debito  altrui; la
 complessiva disciplina della responsabilita'  del  terzo  per  debito
 fiscale  altrui quale tratteggiata sub a) appare peraltro irrazionale
 e  priva  di  giustificazione  (giustificazione  in  particolare  non
 ritraibile  dall'"esigenza  di ordine costituzionale di assicurare la
 riscossione delle imposte", in quanto, come e' stato osservato,  cio'
 "non puo' riguardare la posizione del terzo proprietario, estraneo al
 rapporto   sostanziale  e  quindi  sottratto  alla  potestas  imperii
 dell'amministrazione"), laddove si differenzia dalle altre ipotesi di
 responsabilita' per debito altrui con  l'inibire  che  attraverso  lo
 strumento processuale dell'opposizione di terzo il parente o l'affine
 possa vincere la presunzione di appartenenza alla responsabilita' per
 debiti  del  debitore  (e  senza  predisporre  altri  meccanismi  per
 contemperare  le  ragioni  della  proprieta'  con  le  ragioni  della
 soddisfazione  del  credito,  come  avviene  per  i  privilegi  sopra
 indicati); sotto tale profilo, essendo irragionevole la differenza di
 disciplina, la norma in esame si pone in conflitto con l'art. 3 Cost.
 mentre l'ingiustificata compressione del diritto di  azione  (potendo
 il  terzo proprietario far valere l'opposizione all'esecuzione e agli
 atti esecutivi "solo nella  forma  mediata  del  ricorso  innanzi  al
 giudice  amministrativo avverso il provvedimento con cui l'intendente
 di finanza abbia respinto il  ricorso  amministrativo  presentato  ai
 sensi  dell'art.  53  d.P.R.  n.  602/1973") si pone in contrasto con
 l'art. 24 Cost.;
    Ritenuto sulla base di quanto fin qui esposto che la questione  di
 legittimita'   costituzionale   dell'art.  52  d.P.R.  cit.  non  sia
 manifestamente infondata;
    Ritenuto  che  la  suddetta  questione  sia  anche  rilevante  nel
 presente  giudizio,  in quanto, essendo l'opponente figlia convivente
 dell'esecutata qualora non  venisse  sollevata  l'eccezione  dovrebbe
 farsi  applicazione dell'art. 52 cit. con conseguente declaratoria di
 inammissibilita' dell'opposizione;