ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio promosso con ricorso della Provincia autonoma di Trento,
 notificato   il  6  marzo  1995,  depositato  in  Cancelleria  il  18
 successivo, per conflitto  di  attribuzione  sorto  a  seguito  della
 deliberazione  del  CIPE  in data 11 ottobre 1994, recante "Programma
 nazionale  di aiuti al prepensionamento in agricoltura, in attuazione
 del regolamento CEE n. 2079/92" ed iscritto  al  n.  9  del  registro
 conflitti 1995.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 3 ottobre 1995 il Giudice relatore
 Enzo Cheli;
    Udito l'avv. Valerio Onida per la Provincia autonoma di  Trento  e
 l'Avvocato  dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio
 dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso notificato in data 6  marzo  1995,  la  Provincia
 autonoma  di  Trento  ha  sollevato  conflitto  di  attribuzione  nei
 confronti dello Stato in relazione alla  deliberazione  del  CIPE  11
 ottobre    1994,   recante   "Programma   nazionale   di   aiuti   al
 prepensionamento in agricoltura, in attuazione del regolamento CEE n.
 2079/1992", per violazione degli artt. 8, numero 21, e 16 nonche' del
 titolo  VI  dello  statuto  speciale  e  delle  relative   norme   di
 attuazione, fra cui, in particolare, quelle di cui al d.P.R. 22 marzo
 1974,  n.  279,  all'art.  6  del  d.P.R.  19  novembre 1987, n. 526,
 all'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386, e agli artt. 3  e  4
 del  d.lgs.  16  marzo  1992,  n.  266,  nonche'  per  violazione del
 principio di legalita' sostanziale.
    Secondo la ricorrente, la deliberazione impugnata  sarebbe  lesiva
 delle  attribuzioni  provinciali  per  il  fatto di prevedere che gli
 aiuti in questione vengano erogati sulla base di un  unico  programma
 nazionale  invece  di  rimettere  alla  Provincia  la determinazione,
 mediante un programma provinciale, degli interventi  da  attuare  nel
 proprio  territorio. Tanto piu' che lo stesso regolamento CEE prevede
 espressamente che i programmi possano essere "a livello  nazionale  o
 regionale" (art. 4, comma 1).
    La  ricorrente rileva poi che il programma nazionale approvato dal
 CIPE non si limita alla fissazione  di  criteri  generali,  volti  ad
 assicurare  un  certo  grado di uniformita' agli interventi delle di-
 verse Regioni e Province autonome in vista di interessi  unitari,  ma
 definisce  in  tutti  i  dettagli il regime degli aiuti, dettando una
 minuziosa disciplina sostanziale e procedurale che  sarebbe  pertanto
 lesiva delle attribuzioni provinciali.
    La  Provincia contesta altresi' la lesione della propria autonomia
 organizzativa, conseguente dalla indicazione specifica contenuta  nel
 programma  degli  organi  regionali  chiamati  a dare attuazione allo
 stesso; nonche'  la  lesione  della  propria  autonomia  finanziaria,
 derivante   dal   fatto   di   avere  affidato  all'A.I.M.A.,  e  non
 direttamente  alla  Provincia,  la   liquidazione   degli   aiuti   e
 l'erogazione dei pagamenti previsti.
    La  deliberazione  del  CIPE  -  sempre  secondo  la  ricorrente -
 violerebbe inoltre il principio di legalita'  sostanziale.  Essa  non
 troverebbe,  infatti,  idonea  base  legislativa  ne' nel regolamento
 comunitario, che si limita a dare  fondamento  ad  atti  normativi  e
 amministrativi  delle  autorita'  competenti degli Stati membri senza
 interferire sul riparto interno delle competenze,  ne'  nel  decreto-
 legge  n.  621  del  1994,  convertito  dalla  legge  n. 737 del 1994
 (impugnato dalla stessa ricorrente con separato ricorso presentato in
 data  4  febbraio  1995),  che  e' intervenuto dopo l'approvazione da
 parte del CIPE del programma in  questione.  Secondo  la  ricorrente,
 infatti,  il principio di legalita' non potrebbe ritenersi rispettato
 attraverso il richiamo  a  posteriori  in  un  atto  legislativo  del
 provvedimento  amministrativo  emanato  in  assenza  di un fondamento
 legislativo. Ne' il decreto-legge n. 621 del 1994 potrebbe, comunque,
 ritenersi idoneo a costituire legittimo fondamento per un  intervento
 statale di indirizzo o di vincolo nei confronti delle Regioni e Prov-
 ince  autonome,  in  quanto lo stesso non definisce ne' gli interessi
 unitari da tutelare ne' i criteri ed i limiti di detta tutela.
    Infine, sempre a giudizio della ricorrente, gli stessi profili  di
 violazione  dell'autonomia della Provincia riscontrabili nel decreto-
 legge n. 621 del 1994 - e  contestati  dalla  stessa  ricorrente  nel
 richiamato  ricorso avverso tale atto normativo - inficerebbero anche
 la delibera del CIPE qui impugnata.
    La Provincia chiede, pertanto, a questa Corte  di  dichiarare  che
 non  spetta  allo  Stato,  e per esso al CIPE, approvare un programma
 nazionale attuativo del regolamento CEE n. 2079/92 con i contenuti di
 cui al programma approvato con la delibera del CIPE  dell'11  ottobre
 1994,  vincolando l'attivita' amministrativa della Provincia autonoma
 di assegnazione  ed  erogazione  degli  aiuti  ivi  previsti;  e  per
 l'effetto annullare la stessa delibera del CIPE.
    2. - Si e' costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri  per  chiedere che il ricorso sia dichiarato inammissibile o
 comunque infondato.
    Secondo  il  resistente,  il  decreto-legge  n.  621   del   1994,
 convertito  dalla  legge n. 737 del 1994, costituirebbe una legittima
 base normativa per  l'attuazione  del  regolamento  CEE  n.  2079/92,
 recependo,  mediante  un  rinvio  materiale,  il  programma nazionale
 definito ed approvato dal CIPE nell'esercizio delle sue  funzioni  di
 coordinamento  della  politica  economica  nazionale con le politiche
 comunitarie. Ne', a giudizio del  resistente,  avrebbe  rilevanza  il
 fatto  che la deliberazione del CIPE abbia temporalmente preceduto il
 provvedimento legislativo, essendo comunque quest'ultimo,  e  non  la
 deliberazione,  lo  strumento  normativo  di  attuazione  della norma
 comunitaria.
    La deliberazione del CIPE non potrebbe, pertanto, essere impugnata
 in sede di conflitto di  attribuzione  quale  strumento  autonomo  di
 attuazione   del   regolamento   comunitario.   Da   qui   l'asserita
 inammissibilita'  del  ricorso,  nei  cui   confronti   viene   anche
 prospettato un dubbio di tardivita'.
    Il  ricorso  sarebbe  comunque  infondato  in  quanto il programma
 approvato verrebbe ad incidere non solo in materia di agricoltura, ma
 anche, e  prevalentemente,  in  materia  di  politica  del  lavoro  e
 pensionistica,   sottratta   alla   sfera  delle  attribuzioni  della
 Provincia autonoma.
    3. - In prossimita' dell'udienza la Provincia autonoma  di  Trento
 ha  presentato  una  memoria  nella  quale si contestano le eccezioni
 opposte  dall'Avvocatura  dello  Stato  in   ordine   alla   asserita
 tardivita'  del  ricorso  nonche'  alla  presunta non idoneita' della
 deliberazione del CIPE 11 ottobre 1994 ad essere oggetto di  autonoma
 impugnazione.
    Nel  merito,  la ricorrente riafferma l'insufficienza del decreto-
 legge n. 621 del 1994, successivo  alla  deliberazione  del  CIPE,  a
 costituire   valido  fondamento  giuridico  per  tale  atto  ad  esso
 precedente,  nonche'  la  lesione,  sotto   i   profili   denunciati,
 dell'autonomia  provinciale  da  parte  dei  contenuti  del programma
 nazionale.
                        Considerato in diritto
    1. - Il regolamento CEE n. 2079/92 dispone che  gli  Stati  membri
 possono  istituire,  quale  misura di accompagnamento delle modifiche
 previste nell'ambito delle organizzazioni comuni dei mercati, un  re-
 gime   comunitario  di  aiuti  al  prepensionamento  in  agricoltura,
 cofinanziato dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia
 (FEAOG), sezione Garanzia (art. 2, numero 1), ed applicare il  regime
 in  questione  sull'intero  territorio  degli  stessi  Stati "tramite
 programmi pluriennali a  livello  nazionale  e  regionale"  (art.  4,
 numero 1).
    In  attuazione  di  tale  regolamento  il  CIPE, con deliberazione
 dell'11 ottobre 1994, ha approvato il Programma nazionale di aiuti al
 prepensionamento in agricoltura, precisando nei vari paragrafi  dello
 stesso,   la  sua  delimitazione  geografica;  la  descrizione  della
 situazione strutturale delle aziende, dei lavoratori  e  dei  redditi
 agricoli;   la   descrizione   dei   regimi  vigenti  in  materia  di
 pensionamento e prepensionamento; le condizioni per  l'ammissione  al
 regime  di  aiuti;  la  natura  degli  stessi  aiuti;  le  competenze
 amministrative; le stime relative  alle  persone  ed  alle  superfici
 interessate;  i costi del programma e la sua compatibilita' con altre
 misure nazionali e  comunitarie;  i  dati  sulla  sua  attuazione  da
 trasmettere alle autorita' comunitarie.
    Con  il  ricorso  in esame la Provincia autonoma di Trento solleva
 conflitto nei confronti dello Stato, ritenendo la delibera  del  CIPE
 lesiva  della  propria sfera di attribuzioni sotto profili diversi e,
 in particolare, per avere la stessa delibera approvato  un  programma
 nazionale:  a)  in  una  materia  riservata alla competenza esclusiva
 della Provincia, che avrebbe  dovuto  provvedere  all'attuazione  del
 regolamento   CEE   mediante   l'adozione  di  un  proprio  programma
 provinciale; b) caratterizzato da  una  disciplina  dettagliata,  che
 avrebbe  sottratto  alla  Provincia  ogni spazio di intervento se non
 puramente   esecutivo;   c)   lesivo,   sotto   molteplici   aspetti,
 dell'autonomia  organizzativa  provinciale;  d) lesivo dell'autonomia
 finanziaria della stessa Provincia, per  aver  affidato  all'A.I.M.A.
 anziche'  alla  Provincia la liquidazione e l'erogazione degli aiuti;
 e)  lesivo  del  principio  di  legalita'   sostanziale,   risultando
 sprovvisto  di  una  specifica  base  legislativa; f) lesivo, infine,
 dell'autonomia normativa, amministrativa  e  finanziaria  provinciale
 per  gli  stessi  motivi gia' fatti valere dalla Provincia in sede di
 impugnativa del decreto-legge n. 621 del 1994 (Reg. Ric. n. 9/95).
    La ricorrente chiede, pertanto, a questa Corte di voler dichiarare
 che non spetta allo Stato, e per esso al CIPE, approvare un programma
 nazionale di aiuti al prepensionamento in agricoltura, attuativo  del
 regolamento  CEE  n.  2079/92,  con  i  contenuti di cui al programma
 approvato con la deliberazione del CIPE in data 11 ottobre 1994 e, di
 conseguenza, annullare la delibera stessa con il relativo programma.
    2. - Vanno innanzitutto esaminate le eccezioni di inammissibilita'
 del ricorso prospettate dalla difesa statale.
    Ad avviso dell'Avvocatura dello Stato si potrebbe, in primo luogo,
 dubitare  della  stessa tempestivita' del ricorso, proposto in data 6
 marzo 1995, dopo che la delibera impugnata aveva gia' formato oggetto
 di un esplicito richiamo nell'art. 1, comma 2,  del  decreto-legge  7
 novembre  1994,  n.  621, convertito dalla legge 17 dicembre 1994, n.
 737,  anch'esso  impugnato  dalla   Provincia.   Tale   eccezione   -
 prospettata,  peraltro,  in  termini  problematici  - non puo' essere
 accolta, dal momento che il semplice richiamo alla delibera del  CIPE
 contenuto nel decreto-legge n. 621 non poteva in alcun modo integrare
 una  piena conoscenza da parte della Provincia della stessa delibera,
 conoscenza che, in mancanza  di  una  comunicazione  diretta,  si  e'
 potuta  realizzare  soltanto  il  5  gennaio  1995,  al momento della
 pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della delibera in questione  e
 del programma allegato.
    Un  ulteriore  motivo di inammissibilita' che viene eccepito dalla
 difesa statale attiene al fatto che il decreto-legge
 n. 621 del 1994, nel richiamare la delibera del CIPE dell'11  ottobre
 1994,  ne  avrebbe  recepito  materialmente  il contenuto, eliminando
 cosi' la possibilita' di una autonoma impugnativa  della  stessa,  in
 quanto "legificata" attraverso il decreto-legge n. 621.
    Anche tale eccezione non puo' essere accolta.
    La semplice lettura dell'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 621
 consente,  infatti,  di  rilevare  come  tale norma, nel formulare un
 semplice rinvio alla delibera del CIPE, non  abbia  inteso  in  alcun
 modo   operare  un  rinvio  materiale  alla  stessa  ne'  tanto  meno
 attribuire ai suoi contenuti la forza propria dell'atto  legislativo.
 Nonostante  il  richiamo  operato  dal decreto-legge, la delibera del
 CIPE ha, pertanto, mantenuto inalterata la  propria  natura  di  atto
 amministrativo   e   la   propria   autonoma   potenzialita'   lesiva
 suscettibile di  essere  fatta  valere  attraverso  il  conflitto  di
 attribuzione di cui e' causa.
    3. - Nel merito, il ricorso si presenta solo in parte fondato.
    Va  innanzitutto  ricordato  che  la Provincia autonoma di Trento,
 prima di proporre il ricorso in esame, ha  provveduto  ad  impugnare,
 con  ricorso in via principale, l'art. 1 del decreto-legge n. 621 del
 1994 sotto profili in parte coincidenti con quelli fatti  valere  nei
 confronti  della  delibera del CIPE dell'11 ottobre 1994 e che questa
 Corte, con la sentenza n. 458 del 1995, ha dichiarato non fondata  la
 questione  proposta.  In  particolare,  con  tale  sentenza, e' stato
 escluso che l'adozione di un programma nazionale  nella  materia  del
 prepensionamento  in agricoltura, disciplinata dal regolamento CEE n.
 2079/92, possa di per se' rappresentare una lesione  alla  competenza
 esclusiva  della Provincia, mentre, di contro, e' stato giustificato,
 per esigenze contabili connesse alla  particolare  natura  del  fondo
 impiegato    per   l'attuazione   del   regolamento   in   questione,
 l'affidamento all'E.I.M.A. (oggi A.I.M.A.) del compito di  provvedere
 all'erogazione degli aiuti ai beneficiari indicati dalla Provincia.
    In ordine a tali profili, fatti valere anche nel ricorso in esame,
 non  resta,  dunque,  che confermare il giudizio di infondatezza gia'
 formulato nella sentenza n. 458 del 1995.
    L'esame, in questa sede, puo' essere, pertanto, limitato ai motivi
 diversi da  quelli  prospettati  nel  precedente  ricorso,  attinenti
 specificamente  alla  delibera  del  CIPE  dell'11 ottobre 1994 ed al
 relativo programma nazionale.
    4.  -  Il primo di tali motivi investe l'asserita lesione da parte
 della delibera del  CIPE  del  principio  di  legalita'  sostanziale,
 conseguente  all'assenza  di  un  fondamento  legislativo in grado di
 supportare la stessa delibera.
    Tale motivo non appare fondato.
   E' vero - come afferma la Provincia - che il semplice richiamo alla
 delibera del  CIPE  contenuto  nel  secondo  comma  dell'art.  1  del
 decreto-legge  n.  621  non  puo'  ritenersi  un fondamento adeguato,
 essendo tale norma  intervenuta  successivamente  all'adozione  della
 delibera,  senza  indicare  alcun  limite  sostanziale  al  potere di
 programmazione esercitato dallo Stato. Ma cio' non  toglie  che  tale
 fondamento   possa   pur   sempre  essere  individuato  nello  stesso
 regolamento CEE n. 2079/92, per la cui  attuazione  la  delibera  del
 CIPE  e'  stata  adottata.  Tale  regolamento - che esprime una fonte
 primaria direttamente applicabile nell'ordinamento interno  -  offre,
 infatti,  indicazioni  sufficienti  a  fondare e delimitare il potere
 che, attraverso l'atto impugnato, il CIPE ha  inteso  esercitare:  in
 primo   luogo,  conferendo  agli  Stati  membri,  nella  materia  del
 prepensionamento dell'agricoltura, un  potere  di  programmazione  di
 livello  nazionale  (che la distribuzione delle competenze interne ha
 attribuito, a sua volta, al CIPE: v. art. 2  della  legge  16  aprile
 1987,  n.  183,  e  art.  1,  numero  24,  lettera a), della legge 24
 dicembre 1993, n. 537); in secondo  luogo,  disciplinando  sul  piano
 sostanziale  gli  obbiettivi, le condizioni e le modalita' cui il re-
 gime  di  aiuti  al  prepensionamento,  definito  in  attuazione  del
 regolamento n. 2079/92 dai singoli Stati, e' tenuto ad ispirarsi.
    I vincoli derivanti nei confronti delle competenze della Provincia
 autonoma  di Trento dal programma nazionale trovano, quindi, una base
 adeguata nella stessa  disciplina  comunitaria  e  nell'esigenza  del
 rispetto di un obbligo internazionale assunto dallo Stato.
    5.  -  Il  secondo  motivo  di censura che va esaminato, in quanto
 estraneo ai contenuti della sentenza n. 458  del  1995,  concerne  la
 lamentata lesione dell'autonomia organizzativa della Provincia.
    Tale  motivo,  nel  ricorso, viene correlato a diversi aspetti del
 programma nazionale e, in particolare, al fatto che  tale  programma:
 a)   individua   nella   Giunta  l'organo  provinciale  competente  a
 rideterminare per  talune  aree  i  limiti  minimi  della  superficie
 aziendale  ceduta  e di quella destinata all'ampliamento dell'azienda
 (par. 4.2, quarto cpv., e 4.7, secondo cpv.); b)  affida  la  propria
 applicazione  alla  competenza dell'assessorato all'agricoltura della
 Provincia (par. 6, secondo cpv.); c) indica il numero degli agenti da
 impegnare nella Provincia per l'attuazione del programma,  precisando
 che   gli  stessi  dovranno  operare  nell'ambito  degli  assessorati
 all'agricoltura, degli enti di sviluppo agricolo o di altre strutture
 controllate dalla amministrazione  provinciale  (par.  5.3,  primo  e
 secondo cpv.).
    La censura e' fondata.
    Questa  Corte, con giurisprudenza costante, ha riconosciuto che la
 ripartizione delle funzioni tra i vari organi delle Regioni  e  delle
 Province  autonome  rientra  nella  sfera dell'organizzazione interna
 regionale e provinciale riservata agli statuti ed  alle  leggi  degli
 enti  in  questione.  Una  volta individuata la funzione, non spetta,
 pertanto, alla fonte statale determinare anche, con una  disposizione
 di  dettaglio,  l'organo della Regione o della Provincia autonoma cui
 la stessa funzione deve essere affidata, cosi' da  interferire  sulla
 ripartizione  delle  funzioni  tra  i  diversi  organi  degli  stessi
 soggetti (v. sentenze nn. 356 del 1995; 355 del 1993; 355 e  353  del
 1992; 407 del 1989; 64 del 1987).
    Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al profilo in esame,
 con  il conseguente annullamento in parte qua del programma nazionale
 approvato con la delibera impugnata.