IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza letti gli atti del proc. pen.
 n. 1024/1992 r.g.n.r. (1007/1992 r.g. g.i.p.) a  carico,  di  Mariani
 Giacomo,   nato   il   21  febbraio  1927  ad  Amandola  nell'udienza
 preliminare del 18 ottobre 1995.
   Premesso che all'odierna udienza preliminare l'imputato ha  chiesto
 che  il  processo  nei sui confronti venisse definito nelle forme del
 giudizio abbreviato e che in relazione a tale richiesta  il  p.m.  ha
 prestato il proprio consenso;
   Premesso  che  questo  giudice  ritiene  il  processo  a carico del
 Mariani definibile allo stato degli atti;
   Premesso che in data 7 ottobre 1992,  questo  giudice  ha  peraltro
 emesso, nei confronti dell'imputato e per gli stessi fatti, ordinanza
 applicativa della misura cautelare della custodia in carcere.
                                Osserva
   Dev'essere  sollevata  d'ufficio  la  questione  della legittimita'
 costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., per contrasto con
 gli artt. 3, 24, 25 e 101 della  Costituzione,  nella  parte  in  cui
 detta  norma  nn prevede l'incompatibilita' a partecipare al giudizio
 abbreviato  del  giudice  per  le  indagini  preliminari  che   abbia
 applicato  misura  cautelare  personale,  per  gli  stessi fatti, nei
 confronti dell'imputato.
   Infatti la omessa previsione  di  incompatibilita'  nella  predetta
 situazione  contrasta  in  primo  luogo  con  il principio del giusto
 processo e con le garanzie di imparzialita'  e  di  indipendenza  del
 giudice  di cui agli artt. 24, 25 e 101 della Costituzione, poiche' a
 previa pronuncia sulle  condizioni  di  applicabilita'  della  misura
 cautelare  personale  (nella  specie,  della custodia in carcere), e'
 suscettibile di compromettere la genuita' e correttezza del  processo
 formativo  del  libero  convincimento  del  giudice,  a  causa  della
 naturale tendenza a mantenere ferma una  precedente  decisione  (c.d.
 "pregiudizio").
   Invero  l'accertamento  circa  la  sussistenza  di  gravi indizi di
 colpevolezza ex art.  273  c.p.p.,  l'obbligo  di  motivazione  sugli
 elementi  a  carico  ed  a  favore  imposto dall'art. 292, lett. C) e
 C-bis), c.p.p., le valutazioni imposte dagli art.  273,  comma  2,  e
 275,  comma  2-bis,  c.p.p. determinano, gia' in sede di applicazione
 della misura nella fase delle indagini preliminari,  un  pregnante  e
 approfondito  giudizio di colpevolezza dell'indagato che non puo' non
 condizionare  la  decisione  sul  merito  della  regiudicanda.   Tale
 incisiva  influenza condizionante e' tanto piu' evidente quando, come
 nel caso di specie, trattasi di giudizio allo stato degli  atti,  gli
 stessi  posti  a  fondamento  della  misura, ed e' escluso ogni nuovo
 apporto dibattimentale.
   Ulteriore  profilo  di  illegittimita'  costituzionale  dell'omessa
 previsione  di  incompatibilita'  sopra  esposta  va  ravvisato   nel
 contrasto  con  il  principio di uguaglianza di cui all'art. 3, comma
 primo, della Costituzione.
   Sussiste  infatti  sostanziale  identita'  di  situazioni  rispetto
 all'ipotesi  di incompatibilita' ravvisata dalla Corte costituzionale
 nella sentenza n. 432 del 6-15 settembre 1995.
   Se infatti il g.i.p.  che  abbia  applicato  una  misura  cautelare
 personale   nei  confronti  dell'imputato  non  puo'  partecipare  al
 successivo giudizio dibattimentale per gli stessi  fatti,  situazione
 sostanzialmente identica si verifica nel caso di giudizio abbreviato.
   Anzi, va a fortiori ravvisata una situazione di maggiore rischio di
 pervenzione  del  giudicante,  dato che verra' sicuramente a mancare,
 con l'ordinanza ammissiva del giudizio abbreviato, ogni  possibilita'
 di    ulteriore    apporto    probatorio   eventualmente   favorevole
 all'imputato.
   Ne' puo' sostenersi, ad avviso di questo giudice, che il  vantaggio
 della  riduzione  di un terzo della pena, in ipotesi di condanna, sia
 compensativo dell'eventuale rischio di  praejudicius,  da  parte  del
 magistrato giudicante.
   La  ratio  dell'incentivo  premiale  di  cui  all'art. 442, secondo
 comma, c.p.p., e' infatti connesso,  alla  sola  rinuncia,  da  parte
 dell'imputato,  alle  garanzie  dibattimentali della formazione della
 prova, non certo alla rinuncia ad un giudice sereno ed imparziale.
   Pertanto,  pur  nella  consapevolezza   delle   problematiche   che
 potrebbero  essere  originate  da  una  pronuncia  di  illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  34  c.p.p.  nei  sensi   di   cui   sopra,
 particolarmente  in  relazione  ad  uffici  giudiziari  con  organici
 incompleti  o  sottodimensionati,   (problematiche   che   andrebbero
 comunque affrontate e risolte in altre sedi), non puo' questo giudice
 esimersi dal chiedere l'intervento della Corte costituzionale.