ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 1-bis comma 3,
 del d.-l. 29 marzo 1995, n. 96 (Interventi urgenti per il risanamento
 e  l'adeguamento dei sistemi di smaltimento delle acque usate e degli
 impianti igienico-sanitari nei  centri  storici  e  nelle  isole  dei
 comuni  di  Venezia  e  di  Chioggia),  introdotto  con  la  legge di
 conversione 31 maggio 1995, n. 206, e 5 della legge 16  aprile  1973,
 n.  171 (Interventi per la salvaguardia di Venezia), promossi con due
 ordinanze emesse il 17 ed il 30 novembre 1995 dal pretore di  Venezia
 nei  procedimenti  penali  a  carico di De Col Giovanni ed altro e di
 Trevisan Alessandro, iscritte ai nn. 635 e 864 del registro ordinanze
 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  28,
 prima  serie  speciale, dell'anno 1996 e n. 13, prima serie speciale,
 dell'anno 1997;
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  2  luglio 1997 il giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
   Ritenuto che con due separate ordinanze di analogo contenuto emesse
 rispettivamente  il 17 novembre 1995 e il 30 novembre 1995 (pervenute
 alla Corte costituzionale il 10 giugno 1996 e il 10 luglio 1996), nel
 corso di distinti procedimenti penali a carico  di  imputati  diversi
 per  il  reato di cui all'art. 1-sexies della legge 8 agosto 1985, n.
 431, il pretore di Venezia ha sollevato, in  riferimento  agli  artt.
 3,  9,  10,  11,  32,  97, 117 e 118 della Costituzione, questioni di
 legittimita' costituzionale dell'art. 1-bis comma 3, della  legge  31
 maggio  1995,  n.  206  -  rectius:  del  d.-l.  29 marzo 1995, n. 96
 (Interventi urgenti per il risanamento e l'adeguamento dei sistemi di
 smaltimento delle acque usate e degli impianti igienico-sanitari  nei
 centri  storici  e  nelle isole dei comuni di Venezia e di Chioggia),
 introdotto con la legge di conversione 31  maggio  1995,  n.  206  -,
 nella  parte  in  cui  prevede  che,  qualora  la  commissione per la
 salvaguardia di Venezia, chiamata ad esprimere parere vincolante, non
 si pronunci sulle domande di interventi e modifica del territorio per
 la  realizzazione   di   opere   da   eseguirsi   nell'ambito   della
 conterminazione   lagunare,  il  parere  si  intende  reso  in  senso
 favorevole; nonche' dell'art.  5 della legge 16 aprile 1973,  n.  171
 (Interventi per la salvaguardia di Venezia) la' dove non prescrive la
 necessaria   partecipazione   in   seno   alla   commissione  per  la
 salvaguardia di Venezia di rappresentanti della regione;
     che  il  giudice  rimettente  ritiene  che  il   silenzio-assenso
 previsto dall'art. 1-bis citato (che sostituisce il comma 3 dell'art.
 6  della  legge  16  aprile 1973, n. 171, come sostituito dall'art 4,
 comma 3, della legge 8 novembre  1991,  n.  360)  non  possa  trovare
 applicazione   per   le   domande   o   richieste  di  interventi  di
 trasformazione e modifica del territorio lagunare,  ricompreso  nella
 conterminazione,   oggetto   di  specifica  tutela  paesaggistica  ed
 ambientale, ponendosi in contrasto, oltre che  con  il  principio  di
 uguaglianza   rispetto   a   coloro   i  quali  abbiano  ottenuto  il
 provvedimento concessorio  espresso,  con  una  pluralita'  di  norme
 costituzionali   (artt.   9,   10,  11,  32,  97,  117  e  118  della
 Costituzione), poste a presidio di interessi e principi fondamentali;
     che, inoltre, la mancata previsione della necessaria presenza, in
 seno alla commissione di rappresentanti della  regione,  titolare  di
 attribuzioni  in  materia  di  ambiente, si porrebbe in contrasto con
 l'esigenza  che  la  valutazione  dell'intervento  di  modifica   del
 territorio sia effettuata dall'autorita' amministrativa competente;
     che  nei  giudizi  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  chiedendo  che  le  questioni siano dichiarate inammissibili,
 giacche', al momento dell'emissione delle ordinanze, non  era  ancora
 trascorso  il  lasso  di  tempo  alla  scadenza  del  quale matura il
 silenzio-assenso;
   Considerato che le due questioni  di  legittimita'  costituzionale,
 formulate  con argomentazioni esattamente coincidenti, hanno identico
 oggetto, investendo le stesse disposizioni di legge in riferimento ai
 medesimi parametri costituzionali, sicche' i relativi  giudizi  vanno
 riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia;
     che   sulla   base  della  ordinanza  17  novembre  1995  risulta
 evidenziato che il termine per  la  formazione  del  silenzio-assenso
 (sulla  domanda  di  concessione in sanatoria) era ancora in corso al
 momento della pronuncia del  giudice  a  quo  per  cui  difettava  la
 rilevanza   della  questione,  non  essendosi  ancora  verificato  il
 presupposto per l'applicabilita' della norma denunciata;
     che  in  ordine  alla  seconda  questione  sollevata,  sempre con
 ordinanza 17 novembre 1995, con riguardo all'art. 5  della  legge  16
 aprile  1973,  n.  171,  e'  sufficiente sottolineare che la presenza
 nella commissione di  tre  rappresentanti  della  regione  Veneto  e'
 espressamente   prevista   dalla   norma  denunciata,  per  cui  ogni
 argomentazione incentrata sulla necessaria ed insostituibile presenza
 di rappresentanti regionali non costituisce questione di legittimita'
 costituzionale della norma che disciplina la composizione dell'organo
 collegiale,  ma   esclusivamente   problema   di   legittimita'   del
 funzionamento della commissione con i conseguenti vizi dell'attivita'
 e responsabilita' in caso di inerzia;
     che  le  medesime considerazioni valgono per la seconda ordinanza
 30 novembre 1995, che si limita  a  trascrivere  il  contenuto  della
 prima  ordinanza,  di  modo che il difetto di rilevanza si ripercuote
 anche su questa, mancante di autonoma e specifica valutazione,  tanto
 piu'  necessaria  in  quanto  non  risultava  traccia  di  istanza di
 concessione o di richiesta  di  sanatoria,  per  cui  non  si  poneva
 neppure  il  problema  di  formazione di silenzio-assenso conseguente
 all'inerzia della commissione e quindi di  applicazione  delle  norme
 denunciate;
     che pertanto le questioni sono manifestamente inammissibili;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.