IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 4212/1995 proposto dalla Soc. Agip Petroli S.p.a. in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lorenzo Acquarone, Alberto Marconi e Fabio Colzi ed elettivamente domiciliata presso quest'ultimo in Firenze, via Rondinelli, 2, contro il comune di Prato costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Sansoni e Luca Poli ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv.to Flavia Pozzolini in Firenze, via degli Artisti, 20, per l'annullamento, previa sospensione, della delibera della giunta municipale n. 1136 del 21 aprile 1995 e dell'ordinanza sindacale n. 50558 del 28 settembre 1995, nonche' - con riserva di motivi aggiunti - la delibera consiliare 20 marzo 1990, n. 579; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune intimato; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Uditi, altresi', gli avv. A. Marconi e A. Sansoni alla pubblica udienza del 15 ottobre 1996; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: Premesso in fatto Attraverso il ricorso in esame, notificato il 2 dicembre 1995 si impugnano - per violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili - l'ordinanza sindacale n. 50558 del 28 settembre 1995 notificata il 10 ottobre 1995, e - con riserva di motivi aggiunti - la delibera consiliare 20 marzo 1990, n. 579 con cui viene ordinato l'adeguamento entro trenta giorni dell'impianto di distribuzione sito in via Bologna, gestito dalla societa' ricorrente, nonche', quale atto presupposto, la delibera della giunta municipale di Prato n. 1136 del 21 aprile 1995, con la quale si annullava la precedente delibera della stessa giunta n. 528 del 4 marzo 1993. Entrambe le delibere di giunta municipale sopra citate si inseriscono nella fase attuativa del "Piano regionale di razionalizzazione della rete degli impianti stradali per erogazione di carburante per uso autotrazione" - approvato con delibera consiliare n. 50 del 24 gennaio 1985, integrata con delibera di c.r. 10 ottobre 1989, n. 43 - nonche' del "Programma comunale per la ristrutturazione della rete degli impianti stradali di erogazione carburanti per autotrazione", adottato con delibera consiliare n. 579 del 20 marzo 1990, ai sensi dell'art. 16 della delibera c.r.t. n. 431/1989 cit. Con la prima delibera (n. 528/1993), in particolare, la ricordata giunta municipale di Prato - enunciata la propria competenza in materia ai sensi dell'art. 1 della legge regionale 31 ottobre 1985, n. 61 - deliberava di rinnovare "per il periodo strettamente necessario al trasferimento, le concessioni relative agli impianti esistenti e funzionanti, venute o prossime a scadenza" per le quali non fosse possibile procedere "al rinnovo diciottennale per contrasto con i disposti del piano di ristrutturazione". Nella seconda delibera (n. 1136/1995, ora oggetto di impugnativa), la medesima giunta annullava l'anzidetta proroga, perche' in contrasto con l'art. 3, comma 2, della delibera di g.r.t. n. 50/1985, e demandava al sindaco "l'emissione delle ordinanze relative alla chiusura degli impianti... in condizioni di incompatibilita' con il sito", ed il trasferimento degli impianti "entro il 31 dicembre 1995, termine di validita' del programma comunale", ovvero l'adeguamento degli impianti solo "parzialmente incompatibili"; veniva stabilito, inoltre, il termine di un mese dalla notifica delle ordinanze sindacali "per procedere allo smaltimento delle scorte, dei prodotti ed alla chiusura degli impianti", ove detta chiusura fosse stata imposta dalle ragioni sopra enunciate. In attuazione del provvedimento sopra sintetizzato, il sindaco di Prato ha successivamente emesso numerose ordinanze - fra cui quella in questa sede impugnata - di chiusura o di adeguamento degli impianti, in corrispondenza di situazioni di fatto assai diverse: concessioni gia' da tempo scadute o asseritamente gia' rinnovate per diciotto anni, concessioni da considerare revocate per l'incompatibilita' del sito di esercizio dell'impianto rispetto alla nuova pianificazione, concessioni per le quali si invoca un giusto titolo ad ulteriore proroga, avendo il comune indicato - per i previsti trasferimenti - nuovi luoghi di insediamento conformi alla pianificazione ma non ancora disponibili (ad esempio, per mancata realizzazione della sede stradale); non mancano, infine, casi in cui il trasferimento dell'impianto e' condizionato solo ad adempimenti amministrativi, che lo stesso comune tarda a compiere. Nel caso di specie, la societa' ricorrente dovrebbe effettuare opere di adeguamento non ben specificate, in funzione di opere di viabilita' comunale non ancora attuate e di non sicura attuazione. L'amministrazione resistente, d'altra parte, ribadisce la sussistenza di circostanze, che imporrebbero la richiesta sistemazione, trovandosi gli impianti di cui trattasi a ridosso della sede stradale, ed essendo gli stessi di superficie inferiore a quella minima consentita. Ogni valutazione di merito, tuttavia, appare condizionata dalla eccepita incompetenza della giunta ad emanare l'atto presupposto all'ordine di chiusura, attenendo tale atto a materia concessoria, riservata al consiglio comunale ex art. 32, comma 2, lett. f), legge 8 giugno 1990, n. 142; la questione di competenza, tuttavia, deve essere valutata anche alla luce della legge della regione Toscana 31 ottobre 1985, n. 61, nel testo sostituito con l.r. 20 giugno 1992, n. 27, che nell'art. 1, comma 3, affida "il rilascio delle concessioni o delle autorizzazioni agli aventi diritto", nella materia di cui trattasi, alla giunta comunale: la questione di competenza, pertanto, assurge a questione di costituzionalita' della legge regionale, in rapporto a principi fondamentali inerenti la struttura organizzatoria e operativa dell'Ente territoriale minore, secondo le disposizioni della citata legge dello Stato. Considerato in diritto La questione appare rilevante - in quanto investe la competenza (oggetto di specifico motivo di gravame) dell'autorita' emanante l'atto presupposto, impugnato insieme a quello conseguenziale, di modo che il giudizio non puo' essere definito, indipendentemente da una risposta della suprema Corte in ordine alla conformita' del citato art. 1 legge regione Toscana n. 61/1985 - come modificata con legge regionale n. 27/1992 - agli articoli 117 e 128 della Costituzione. La suddetta questione di costituzionalita' risulta, inoltre, non manifestamente infondata, ove si consideri che l'art. 32 comma 2, lett. f) della legge 8 giugno 1990, n. 142 cita espressamente, fra le competenze dei consigli comunali "la concessione dei pubblici servizi". La regione Toscana, invece, ha statuito che gli atti concessori, inerenti gli impianti di distribuzione automatica di carburanti per uso autotrazione, siano "deliberati dalla giunta comunale, ai sensi dell'art. 35 della legge 8 giugno 1990, n. 142" (cfr. art. 1 comma 3, legge regionale citata). Il rinvio all'art. 35 della legge statale sulle autonomie locali (articolo che disciplina le competenze delle giunte comunali) non appare tuttavia pertinente: la giunta, infatti, e' investita di attribuzioni residuali, nelle materie non riservate dalla legge al consiglio comunale, nonche' di funzioni attuative degli indirizzi generali, ovvero propositive e di impulso nei confronti del medesimo consiglio. Il diretto esercizio della potesta', in materia di concessione di pubblici servizi (rilascio, revoca, rinnovo, proroga) non puo' dunque non ritenersi riservato dalla legge statale all'organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo dell'ente locale, data l'espressa enunciazione contenuta al riguardo nel dettato legislativo. Quanto sopra, presumibilmente, per l'immediata incidenza della gestione dei servizi stessi sulla vita dei soggetti amministrati, e dunque per la stretta connessione delle vicende concessorie con le attribuzioni primarie dell'ente in questione, nello spirito - che puo' ritenersi proprio del decentramento autonomistico - di un massimo avvicinamento dell'organo-guida dell'ente rappresentativo ai problemi concreti del territorio. La distribuzione del carburante, in particolare, e' materia di competenza statale, gestita dalle regioni in via delegata, ex articoli 7 e 52 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nell'ambito degli indirizzi determinati dal Governo con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, in attuazione dei piani energetici nazionali approvati dal CIPE. La concessione per i singoli impianti ha durata diciottennale, e deve adeguarsi a linee di indirizzo dettate - oltre che dal Governo sul piano programmatorio anzidetto - anche dagli Enti locali - (regione e comune) per le rispettive aree di influenza. La materia, in conclusione, coinvolge delicati interessi pubblici a vari livelli, con diretta incidenza sui trasporti e la viabilita'. Tenuto conto di quanto sopra, e' praticamente pacifico in giurisprudenza che l'assenso richiesto, per l'esercizio dell'attivita' di cui trattasi, abbia natura di concessione di un pubblico servizio, di spettanza del consiglio comunale ex art. 32 comma 2 lett. f) legge n. 142/1990 - (cfr. in tal senso Cons. Stato, sez. V, 11 marzo 1995, n. 385 e 389; 8 febbraio 1995, n. 213; 30 ottobre 1993 n. 1127, 1129 e 1131; 4 novembre 1994, n. 1260, sez. VI 30 dicembre 1992, n. 1198 T.A.R. Lazio, sez. II 9 giugno 1992, n. 1459 e 4 novembre 1992, n. 2104; T.A.R. Lazio, sezione di Latina, 27 aprile 1992, n. 280, T.A.R. Lombardia sezione di Brescia 20 luglio 1993, n. 630 e 27 ottobre 1992, n. 1138; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 29 settembre 1993, n. 303) Isolata sul piano dottrinale e giurisprudenziale (cfr. T.A.R. Toscana, sez. III, 23 maggio 1995, n. 119) appare la tesi, secondo cui la potesta' concessoria spetterebbe al Consiglio solo in ipotesi ben definite - concernenti pubblici servizi di carattere prettamente locale, in base al combinato disposto degli articoli 22 e 32 legge n. 142/1990 cit. - con conseguente competenza residuale della giunta nella materia che e' oggetto del presente ricorso. La limitazione, in realta', non appare compatibile con l'ampio dettato della norma individuatrice delle competenze del consiglio comunale, ne' con la ratio della medesima, che - come gia' in precedenza sottolineato - mira a ricondurre la materia dei servizi pubblici sotto il diretto controllo dell'organo di indirizzo politico-amministrativo del comune, al quale irrazionalmente verrebbero sottratte le concessioni coinvolgenti interessi piu' ampi. Oggetto del precedente art. 22, invece, e' la definizione dei moduli gestionali dei servizi pubblici affidati ai comuni e alle province, e la statuizione - in armonia con l'art. 118 della Costituzione - di una riserva di legge per l'individuazione dei servizi che i citati Enti possono gestire "in via esclusiva". Proprio in una materia che, come quella in esame, coinvolge anche profili di pianificazione a livello sovracomunale, d'altra parte, il rilascio, la proroga e la revoca delle singole concessioni - per gli spazi di intervento discrezionale sussistenti al riguardo (cfr. per il principio Corte cost. 24 giugno 1992, n. 301, Consiglio Stato VI n. 1198/1992 cit., T.A.R. Toscana, sez. III 29 maggio 1993, n. 190; T.A.R. Lazio sez. II 26 giugno 1993, n. 738) - esula da profili di mera attuazione, coinvolgendo scelte che opportunamente la legge statale riconduce alla medesima Autorita', preposta a dettare linee generali di indirizzo. Nella fattispecie, l'intero programma comunale - emesso nell'ambito della piu' ampia pianificazione in precedenza indicata, e scadente il 31 dicembre 1995 - e' risultato condizionato (e, almeno in parte qua, inattuato) a seguito di provvedimenti della giunta, che ha prima (delibera n. 528/1993) prorogato senza limiti ben precisi le concessioni per la gestione di impianti, incompatibili con il sito nell'ambito della nuova programmazione, e poi (delibera n. 1136/1995, ora impugnata) ha annullato la precedente determinazione, rimettendo al sindaco l'immediata chiusura o l'adeguamento degli impianti incompatibili, senza valutazioni caso per caso (in ordine a concessioni gia' scadute, o rinnovate ma da revocare, o a situazioni in cui il trasferimento fosse di fatto condizionato da adempimenti comunali) e senza alcun apprezzamento di carattere generale, circa la sufficienza e la razionalita' della rete di distribuzione residua. Nella situazione in esame, in altre parole, risulta evidenziato come la potesta' da esercitare nel settore di cui trattasi - indipendentemente dalle ragioni sussistenti (o meno) nel caso singolo - sia strettamente legata a scelte e indirizzi di portata generale. Tali scelte e indirizzi, d'altra parte, sono rimessi con l'intera materia concessoria alla giunta dal piu' volte ricordato art. 1 della legge regionale n. 61/1985, come modificato con legge regionale n. 27/1992, ad avviso del colllegio in contrasto con la ripartizione di competenze, di cui all'art. 32 comma 2 lett. f) legge n. 142/1990, e quindi con gli articoli 117 e 128 della Costituzione, investendo la struttura organizzatoria dell'ente territoriale principi fondamentali, da rinvenire in leggi dello Stato, e dovendo discendere da queste ultime l'ordinamento dell'autonomia degli enti territoriali minori. In base alla ricordata legge n. 142/1990, con particolare riguardo alla disciplina contenuta nell'art. 3, si puo' infatti convenire che spetta alla regione il ruolo di "centro propulsore e di coordinamento dell'intero sistema delle Autonomie locali"; ma nel rispetto delle funzioni e delle competenze predeterminate con leggi dello Stato, come si evince appunto dall'art. 128 della Costituzione da leggere in parallelo ai precedenti articoli 117 e 118 (cfr. per alcuni principi Corte cost. 15 luglio 1991, n. 343).