Ricorso  della  provincia  autonoma  di  Bolzano,  in  persona  del
 presidente  della   Giunta   provinciale   pro-tempore   dott.   Luis
 Dunrnwalder,  giusta  deliberazione della Giunta n. 84 del 17 gennaio
 1977, rappresentata e difesa - in virtu' di procura speciale  del  17
 gennaio  1997, rogata dal vice segretario generale della Giunta dott.
 Hermann Berger (rep.   n.  18243)  -  dagli  avv.ti  proff.ri  Sergio
 Panunzio  e  Roland  Riz  e  presso  lo  studio  del  primo  di  essi
 elettivamente domiciliata in Roma, piazza Borghese  n.  3  contro  la
 Presidenza  del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del
 Consiglio in carica;  per  la  dichiarazione  di  incostituzionalita'
 dell'art.   11   del   d.-l.  23  ottobre  1996,  n.    542,  recante
 "Differimento dei termini previsti  da  disposizioni  legislative  in
 materia  di interventi in campo economico e sociale", convertito, con
 modificazioni, in legge 23 dicembre 1996, n. 649;  nonche'  dell'art.
 1, comma 1, della suddetta legge n. 649/1996.
                               F a t t o
   1.  - Non soltanto per esigenze di sintesi e di celerita' ci sembra
 che qui  si  possa  prescindere  da  una  analitica  esposizione  dei
 presupposti  di  diritto  e  di  fatto  su  cui  si fonda il presente
 ricorso. In verita' tali presupposti sono ormai notissimi  a  codesta
 ecc.ma  Corte, non solo perche' i piu' remoti (e cioe': la disciplina
 comunitaria delle quote  di  produzione  del  latte,  la  conseguente
 disciplina   nazionale  stabilita  dalla  legge  n.  468/1992,  e  le
 modifiche poi introdotte dal decreto-legge n. 727/1994, convertito in
 legge n. 46/1995) sono stati  esaminati  in  occasione  del  giudizio
 conclusosi  con  la  sentenza di codesta ecc.ma Corte n. 520/1995; ma
 anche  perche'   le   vicende   successive,   costituite   sopratutto
 dall'accavallarsi  caotico  di  successivi interventi legislativi del
 Governo,  attraverso  catene  di  decreti  legge  non  convertiti   e
 reiterati,  hanno  dato luogo a numerosissimi ricorsi di regioni, sia
 ad autonomia ordinaria che  speciale,  che  hanno  impugnato  i  vari
 decreti-legge  via via succedutisi cioe' i decreti-legge n. 124/1996,
 n. 260/1996, n. 353/1996,  n.  440,  n.  463/1996,  n.  542/1996,  n.
 552/1996)  dando  luogo ad una catena di giudizi di costituzionalita'
 tuttora pendenti.
   Con  la  conversione  in  legge  dei decreti-legge n. 542/1996 e n.
 552/1996 (rispettivamente con leggi n. 649/1996 4 n. 642/1996)  e  la
 pressoche'  coeva  entrata in vigore della legge 23 dicembre 1996, n.
 662 (collegato alla legge finanziaria 1997 si e' giunti ad una  tappa
 decisiva di questa lunga vicenda (anche se forse non e' l'ultima).
   In  particolare  con  la  legge  n. 649/1996 e' stato convertito il
 decreto-legge n. 542/1996 (che  si  impguna  assieme  alla  legge  di
 conversione  con  il  presente  ricorso)  che  aveva  reiterato senza
 modificazioni la disciplina del  decreto-legge,  non  convertito,  n.
 440/1996:  quest'ultimo - come si e' detto - gia' impugnato innanzi a
 codesta ecc.ma Corte in particolare dalle regioni Lombardia,  Veneto,
 Lazio,   Basilicata,   Molise  e  Friuli-Venezia  Giulia.  Lo  stesso
 decreto-legge  n.  542/1996  e'  stato  impugnato  prima  della   sua
 conversione  dalle  suddette  regioni  (e  da altre), con ricorsi che
 dovranno quindi essere  esaminati  unitariamente  al  presente  della
 provincia  autonoma  di Bolzano (ricorsi n. 45, n.  48 e n. 49/1996).
 Tanto basta, riteniamo, a giustificare la coincisione delle  presenti
 premesse di fatto.
   2.  -  Piuttosto  dobbiamo ricordare preliminarmente quali siano le
 competenze provinciali che  vengono  in  questione  con  il  presente
 ricorso, e quale il loro fondamento normativo.
   In  base  agli  artt.  8,  n.  21,  e  16  dello  statuto  speciale
 Trentino-Alto Adige  (decreto  del  Presidente  della  Repubblica  31
 agosto  1972,  n.    670)  la  provincia  ricorrente  e'  titolare di
 competenze esclusive (o "primarie") in materia di "agricoltura" e  di
 "patrimonio    zootecnico":      competenze   sia   legislative   che
 amministrative, nonche' la connessa potesta' di programmazione  degli
 interventi   in   materia.   Tali   attribuzioni   sono  nella  piena
 disponibilita' della provincia anche a seguito delle emanazione delle
 relative  norme  d'attuazione  dello   statuto   speciale   (di   cui
 specialmente al d.P.R. n. 279/1974).
   3. - Cio' premesso, e' stata recentemente pubblicata la gia' citata
 legge  23  dicembre 1996, n. 649, che ha convertito con modificazioni
 il d.-l. 23 ottobre 1996, n.  542.  Di  tale  decreto-legge  (la  cui
 disciplina,  come  si e' detto, riproduce quella del decreto-legge n.
 440/1996) ai fini del presente ricorso vengono in evidenza  le  norme
 contenute nell'art. 11.
   L'art. 11 stabilisce una nuova disciplina della produzione lattiera
 per cio' che concerne in particolare l'aspetto della compensazione.
   Una  disciplina  che  non  vale solo pro-futuro ma che (soprattutto
 art. 11, commi 1 e 3) ha efficacia retroattiva, riguardando anche  il
 periodo  1995-1996 (periodo di produzione gia' conclusosi il 31 marzo
 1996).
   Nei suoi tre commi l'art.11 (che  non  e'  stato  modificato  dalla
 legge di conversione) cosi' letteralmente dispone:
     "1.  Con  effetto dal periodo 1995-1996 di regolamentazione della
 produzione  lattiera,  cessa  l'applicazione   della   procedura   di
 compensazione prevista dall'art. 5, commi 5, 6, 7, 8 e 9, della legge
 26  novembre  1992,  n.  468,  e gli adempimenti gia' svolti ai sensi
 delle predette disposizione non hanno effetto.
   2. - I versamenti e le restituzioni delle  somme  trattenute  dagli
 acquirenti  a  titolo di prelievo supplementare, previsti dalla legge
 26 novembre 1992, n. 468, e successive modificazioni, sono effettuati
 a  seguito  dell'espletamento  delle   procedure   di   compensazione
 nazionale  da  parte  dell'AIMA.  Sulle  somme  residue  spettanti ai
 produttori restano dovuti gli interessi calcolati al tasso legale.
   3.  -  Gli acquirenti che hanno gia' disposto la restituzione delle
 somme ai produttori ai sensi dell'art. 5, ottavo comma della legge n.
 468  del  1992,  procedono  a  nuove  trattenute  nel  confronti  nei
 produttori  interessati,  pari  all'ammontare delle somme restituite.
 Ove cio' non fosse possibile, si applicano  le  disposizioni  di  cui
 all'art.  7 della suddetta legge n. 468 del 1992.
   Le   suddette   disposizioni  legislative  sono  costituzionalmente
 illegittime e lesive delle competenze  della  provincia  autonoma  dl
 Bolzano,  che  pertanto  le  impugna  con  il presente ricorso, per i
 seguenti motivi di
                             D i r i t t o
   1. - Violazione delle competenze statutarie di cui agli articoli 8,
 n. 21, e 16 dello statuto speciale Trentino-Alto  Adige  (e  relative
 norme  d'attuazione);  dei  principi  della disciplina comunitaria in
 materia  di  compensazione  delle  quote;  del  principio  di   leale
 cooperazione  fra  Stato, regioni e provincie autonome; nonche' degli
 artt. 3, 11, 41 e 97 della Costituzione.
   L'art. 11 del decreto-legge impugnato ha stabilito la cessazione  a
 tempo indeterminato, ed a partire dallo scorso periodo 1995-1996 gia'
 concluso, della applicazione della procedura di compensazione in sede
 provinciale  prevista  dall'art.  5,  commi  5  e  9,  della legge n.
 468/1992; con la conseguente attribuzione  all'AIMA  del  compito  di
 svolgere  l'unica  compensazione  oggi  consentita dalla legislazione
 vigente: cioe la compensazione nazionale.
   La disciplina dell'art.  11  del  decreto-legge  qui  impugnato  va
 coordinata  con  quella  dell'art.  3  del  citato  decreto-legge  n.
 552/1996 (che la provincia ha gia' autonomamente impugnato), la quale
 pure disciplina la compensazione in sede nazionale affidato all'AIMA,
 stabilendo  criteri  applicativi  di  carattere  generale   e   norme
 particolari  (retroattive)  per  la compensazione relativa al periodo
 1995-1996.
   Ne  risulta  che  la  disciplina   stabilita   dall'art.   11   del
 decreto-legge   n.   542/1996  (assieme  a  quella  dell'art.  3  del
 decreto-legge n. 552/1996) ha imposto l'abbandono della procedura  di
 compensazione  che  sino  ad oggi - in base all'art. 5 della legge n.
 468/1992 - si svolgevano,  nella  provincia  di  Bolzano,  appunto  a
 livello provinciale (tramite le 5 associazioni di produttori operanti
 nella  provincia).  Procedura  di  compensazione  locale  che,  oggi,
 risulta invece assorbita e  superata  dalla  compensazione  nazionale
 riservata   all'AIMA,   e   disciplinata  appunto  dall'art.  11  del
 decreto-legge n. 542/1996 qui impugnato.
   E'  evidente  come  la  eliminazione  del  livello   locale   della
 compensazione,  senza  l'inserimento di alcuna istanza provinciale (o
 regionale) risulti lesiva degli interessi dei produttori  provinciali
 (e  dei  principi  dell'art.  41  Cost.),  e  delle  competenze della
 provincia stessa. Infatti, svolgendosi  la  compensazione  a  livello
 solo nazionale risulta piu' difficile che le eccedenze dei produttori
 provinciali possano trovare aggiustamento e compensazione nell'ambito
 della   stessa  provincia,  anche  utilizzando  eventuali  produzioni
 sottoquota di altri produttori provinciali, e diviene impossibile per
 la  provincia  stessa  un  efficace  esercizio  dei  suoi  poteri  di
 programmazione  di  governo  e  di controllo del settore e del regime
 delle quote.
   Con  cio'  non  si  vuole  certo  escludere  la opportunita' di una
 compensazione  anche  nazionale  (del  resto  gia'   prevista   dalla
 disciplina   vigente)   rivolta  a  coordinare  i  risultati  di  una
 precedente compensazione di livello locale: per esempio  al  fine  di
 utilizzare   eventuali   eccedenze   di  quote  verificatesi  in  una
 provincia. Ma cio' che non e' ammissibile, e che lede  le  competenze
 della  provincia  ricorrente,  e'  la radicale esclusione di un primo
 livello provinciale quale e' stata disposta con  i  primi  tre  commi
 dell'art. 3 del decreto-legge impugnato.
   Tali disposizioni violano dunque non solo le competenze provinciali
 in  questione  e  le  relative norme costituzionali gia' indicate; ma
 anche la disciplina comunitaria. Infatti la disciplina stabilita  dai
 vari regolamenti CEE che hanno via via regolato e che disciplinano il
 settore  (in  particolare  regol. Cons. n. 804/68 del 27 giugno 1968;
 regol. Cons. n. 856/1984 del  31  marzo  1984  (il  cui  art.  1,  in
 particolare,  aggiunge l'art. 5-quater al regol. n. 804/1968); regol.
 Cons. n.  857/1984 del 31 marzo 1984; regol. Cons. n.  3950/1992  del
 28  dicembre 1992) richiede che la compensazione sia operata non solo
 a livello nazionale, ma  ancor  prima  e  necessariamente  a  livello
 locale  (provinciale  o  regionale)  . Di qui un ulteriore profilo di
 incostituzionalita' della disciplina impugnata, che viola i  principi
 della  disciplina  comunitaria  vigente in materia (ed in relazione a
 cio' anche l'art.  11 Cost.) .
   La radicale eliminazione del livello  locale  della  compensazione,
 con  conseguente  estromissione  della  provincia ricorrente, operata
 dalla disciplina impugnata risulta poi tanto piu' grave ed  evidente,
 ed  incostituzionale  anche  sotto  ulteriori profili, per i seguenti
 motivi.
   In primo luogo perche' i criteri  che  l'AIMA  deve  seguire  nella
 compensazione sono stati stabiliti direttamente ed esaustivamente dal
 primo  comma  dell'art. 1 del decreto-legge n. 552/1996, senza che la
 provincia autonoma ricorrente abbia al riguardo potuto esprimersi  in
 alcun  modo (e diversamente da quanto stabilito dall'art. 5, comma 12
 della legge n. 468/1992, che richiede invece il parere delle  regioni
 autonome).   Tale   censura   e'  stata  in  particolare  dedotta  ed
 argomentata nel ricorso gia' proposto dalla stessa provincia autonoma
 di Bolzano avverso l'art. 3 del decreto-legge n. 552/1996  (spec.  p.
 25, cui pertanto si rinvia.
   L'ulteriore  profilo  di  incostituzionalita' e' poi dato dal fatto
 che l'art. 11 qui impugnato (spec. il comma 2, ed analogamente l'art.
 3 del decreto-legge n. 552/1996 gia' impugnato) non  prevede  neppure
 che  nel  corso  del  procedimento  di compensazione nazionale l'AIMA
 debba  richiedere  un  parere  delle  regioni  e  provincie  autonome
 interessate.
   Quest'ultima  lacuna  e'  particolarmente grave perche' soprattutto
 una  volta  eliminato  il  livello  della  compensazione  locale,  in
 principio  di  leale  cooperazione  - secondo quanto gia' affermato a
 codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 520/1995 -  impone  che  nella
 procedura  dl compensazione nazionale l'AIMA agisca in collaborazione
 con le regioni e province autonome.
   Ricordiamo come nella sentenza n.  520/1995  codesta  ecc.ma  Corte
 dichiaro'  la incostituzionalita' di una disposizione legislativa che
 prevedeva l'adozione da parte dell'AIMA di provvedimenti  individuali
 incidenti   sulle   quote  dei  produttori  (si  trattava  allora  di
 provvedimenti  di  riduzione  delle  quote  ex  art.  2, comma 1, del
 decreto-legge n.   727/1994) senza  che  tali  provvedimenti  fossero
 preceduti dalla richiesta di parere delle competenti regioni.
   Cio'  in  quanto  -  come venne allora rilevato - quella disciplina
 concerneva  "interventi  sulla  dimensione  produttiva   di   aziende
 comprese   nel   settore   agricolo"   di  competenza  regionale.  Ma
 analogamente - si puo' oggi osservare - incidono  sulla  possibilita'
 di  produzione  delle  aziende  anche gli interventi di compensazione
 disciplinati dall'art. 11 del decreto-legge  n.  542/1996:  la  ratio
 decidendi  della  sentenza n. 520/1995 si attaglia perfettamente alla
 questione oggi sottoposta al giudizio di codesta ecc.ma Corte.
   Piuttosto va rilevato come il giudizio definito con la sentenza  n.
 520/1995  era  stato  promosso da regioni ad autonomia ordinaria, cui
 spetta in materia - ai sensi dell'art. 117 della Costituzione  -  una
 competenza  di  tipo "concorrente". Sarebbe ragionevole ritenere che,
 allorquando si tratti di regioni o province autonome che, come quella
 ricorrente, sono titolari di competenze "esclusive" (o "primari")  in
 materia    di    agricoltura,   il   maggior   grado   di   autonomia
 costituzionalmente  riconosciuto  richieda  un  tipo   di   procedura
 cooperativa  che  riconosca  un  ruolo  piu'  incisivo alle regioni o
 province autonome: e quindi non la semplice richiesta  di  parere  ma
 piuttosto l'intesa.
   Come  che  sia,  non  puo'  comunque esservi dubbio che, per quanto
 riguarda  la  provincia  autonoma  ricorrente,  nelle  procedure   di
 compensazione  nazionale effettuate dall'AIMA ai sensi dell'impugnato
 art.  11,  comma  2,  del  decreto-legge  n.  542/1996  (ed  art.   3
 decreto-legge  n.  552/1996  gia'  impugnato)  avrebbe  dovuto essere
 prevista, se non una intesa in ordine alla compensazione delle  quote
 dei  produttori  operanti nel suo territorio, almeno una richiesta di
 parere della provincia  ricorrente.  Ma  tale  parere  non  e'  stato
 previsto  dalle impugnate disposizioni dell'art. 11 che pertanto sono
 per cio' stesso incostituzionali, anche per violazione del  principio
 di  leale  cooperazione  (in  relazione  agli  artt.  8,  n. 21, e 16
 statuto, nonche' agli artt. 5 e 116 della Costituzione).
   La negazione alla provincia  anche  della  forma  piu'  "tenue"  di
 collaborazione,  quale  e' parere obbligatorio, le preclude qualsiasi
 potere di controllo e di  verifica  sulle  modalita'  di  svolgimento
 della  compensazione,  qualsiasi  possibilita' di pronunciarsi almeno
 sul modo in cui l'AIMA applica i criteri stabiliti dalla legge  (quei
 criteri  alla  cui  elaborazione  la  stessa provincia avrebbe dovuto
 potere partecipare, ma illegittimamente  le  e'  stato  precluso:  v.
 supra  pp.  9  s.).  In  definitiva  anche  sotto questo fondamentale
 aspetto del regime delle quote  di  produzione  viene  precluso  alla
 provincia ricorrente qualsiasi effettiva possibilita' di gestione, di
 controllo e di programmazione.
   3.  -  Violazione  delle  competenze  provinciali di cui alle norme
 statutarie  (e  d'attuazione)  gia'  citate;   dei   principi   della
 disciplina  comunitaria  in  materia di compensazione delle quote, di
 irretroattivita'  dei   provvedimenti   delle   autorita'   nazionali
 incidenti  sulle  imprese e di certezza del diritto; del principio di
 leale cooperazione; nonche'  ancora  artt.  3,  11,  41  e  97  della
 Costituzione.
   I  vizi  gia' illustrati risultano tanto piu' evidenti in relazione
 alla disciplina della compensazione nazionale stabilita anche per  il
 periodo  1995-1996  dal primo e dal terzo comma dell'art. 11: perche'
 qui  si  aggiunge,  aggravandoli,  il  carattere  retroattivo   della
 disciplina.
   Qui,   in  particolare,  proprio  il  carattere  retroattivo  della
 disciplina, che riguarda una compensazione gia conclusa dall'AIMA  il
 25  settembre  1996  (cfr.  art.  3,   decreto-legge n. 552/1996 gia'
 impugnato)  elimina  in  radice  qualsiasi  residua  possibilita'  di
 intervento  provinciale  e  annulla  ogni  potere  di controllo della
 compensazione e di programmazione del settore che pure rientra  nelle
 competenze costituzionalmente spettanti alla provincia ricorrente.
   Ma  non  vi  e'  solo  questo.  La sostituzione retroattiva (per il
 periodo 1995-1996) del  sistema  della  compensazione  nazionale  con
 quella  locale,  operata  dall'art.  1 del decreto-legge impugnato, e
 incostituzionale pure perche' viola, anche e proprio in relazione  al
 suo carattere retroattivo, la disciplina comunitaria.
   Come  si e' visto, il primo comma dell'art. 11 del decreto-legge n.
 542/1996 - entrato in vigore il 23 ottobre 1996 - ha sostituito  "dal
 periodo  1995-1996" la precedente compensazione locale (gia' regolata
 dai commi da 5 ad 8 dell'art. 5 della legge n. 468/1992)  con  quella
 nazionale   riservata   all'AIMA;   e   lo   stesso  primo  comma  ha
 espressamente stabilito che "gli adempimenti  gia'  svolti  ai  sensi
 delle  predette  disposizioni" cioe' le compensazioni gia' effettuate
 per il periodo 1995-1996, "non hanno  effetto".  Aggiunge  infine  il
 terzo  comma  dello  stesso art. 11 (ponendo anch'esso una disciplina
 retroattiva) che  gli  acquirenti  che  avessero  "gia'  disposto  la
 restituzione delle somme ai produttori ai sensi dell'art. 5, comma 8,
 della  legge  n.  468  del  1992" (cioe' che avessero disposto quella
 restituzione in base alla gia intervenuta compensazione locale per il
 periodo 1995-96) debbono in tal caso procedere  "a  nuove  trattenute
 nei  confronti  dei  produttori interessati, pari all'ammontare delle
 somme restituite".
   E' noto, infatti,  che  secondo  la  disciplina  comunitaria  (art.
 5-quater  regolamento  CEE  n.  804/68;  art.  1  regolamento  CEE n.
 3950/1992) e nazionale (art. 1,  comma  secondo,  d.P.R.  23  gennaio
 1993,  n. 569) il periodo di produzione lattiera inizia il 1 aprile e
 termina il 31 marzo dell'anno successivo.
   Pertanto il periodo di produzione 1995-1996  era  terminato  il  31
 marzo   1996:   circa   sette   mesi  prima  dell'entrata  in  vigore
 dell'impugnato  decreto-legge  n.  542/1996  (23  ottobre  1996).  Ed
 infatti  anche  le  procedure  di  compensazione (locale) del periodo
 1995-1996 erano state gia' da tempo concluse prima  che  entrasse  in
 vigore  il  decreto  n.   542/1996 qui impugnato, e prima anche della
 data del 25 settembre 1996  entro  cui  -  secondo  quanto  stabilito
 (anche  retroattivamente)  dall'art. 3, comma 3, del decreto-legge n.
 552/1996 - l'AIMA di fatto ha rieffettuato la  compensazione  (questa
 volta nazionale). E necessariamente quelle procedure di compensazione
 locale  erano  gia' state effettuate:   perche' la compensazione deve
 effettuarsi subito a ridosso della chiusura del relativo  periodo  di
 produzione.  Infatti  i risultati della compensazione sono essenziali
 per i produttori anche al fine di potere  programmare  -  sulla  base
 delle  quote  possedute  e  nei  risultati  della  compensazione - il
 periodo  di  produzione  che  si  conclude  il  31  marzo   dell'anno
 successivo.
   E'  chiaro,  allora,  che disciplinare retroattivamente, a campagna
 gia'  conclusa,  ed  a  compensazione  locale  gia'  effettuata,   le
 posizioni  individuali  dei  produttori  -  come  appunto ha fatto la
 disciplina impugnata  dispondendo  una  nuova  compensazione  per  il
 periodo  1995-1996  -  significa sconvolgere non solo i risultati del
 periodo di produzione gia' concluso, ma anche l'andamento  di  quello
 iniziato;  significa violare i diritti e le legittime aspettative dei
 produttori  (art.    41  Cost.)  e  violare   anche   la   disciplina
 comunitaria.
   Si  badi:  la  disciplina  comunitaria  violata  dalle disposizioni
 legislative qui impugnate non e' solo quella risultante  dalle  norme
 dei   regolamenti   comunitari   gia'   indicati,   che   fissano  la
 periodizzazione della produzione lattiera (dal 1 aprile al 31  marzo)
 e  con cio' stesso definiscono i termini ed i ritmi per gli eventuali
 provvedimenti delle autorita'  nazionali  che  incidono  sulle  quote
 individuali  e  sul  regime di produzione (come si e' illustrato piu'
 diffusamente nel ricorso relativo al decreto-legge n. 552/1996). Cio'
 che risulta violato, infatti, e' anche  un  piu'  generale  principio
 della  disciplina  comunitaria  - piu' volte affermato dalla Corte di
 giustizia del Lussemburgo (per tutte, v.  da  ultimo  sentenza  della
 Corte  di giustizia CEE - V Sezione, 11 agosto 1995, nel procedimento
 C-1/94: Cavarzere  produzioni  industriali  S.p.a.  contro  Ministero
 agricoltura  e  foreste) - secondo cui, salvo eccezioni espressamente
 previste in casi particolari dai regolamenti comunitari (che nel caso
 in questione non sussistono), gli interventi nazionali  che  incidono
 in  modo  limitativo  sulle attivita' e capacita' delle imprese (come
 appunto anche quelli relativi  alla  compensazione  delle  produzioni
 individuali)  non  possono  mai  essere retroattivi per le preminenti
 esigenze di certezza del diritto  e  della  tutela  che  deve  essere
 garantita alla iniziativa ed all'affidamento delle imprese.
   Riassumendo,  la  disciplina in questione, che (unitamente a quella
 dell'art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 552/1996  gia'  impugnata)
 ha  retroattivamente  cancellato  la  compensazione  provinciale gia'
 effettuata per il periodo 1995-1996, sostituendola con una successiva
 compensazione nazionale - anch'essa introdotta  in  via  retroattiva,
 perche' di fatto gia' effettuata dall'AIMA prima della sua entrata in
 vigore   (entro   il   25   settembre  1996:  art.  3,  terzo  comma,
 decreto-legge n. 552/1996) - in primo luogo ha violato i diritti  dei
 produttori.    Si  tratta, infatti, di una disciplina che in modo del
 tutto irragionevole (e percio' stesso lesivo dell'art. 3 della Cost.)
 viola la liberta' di iniziativa economica  dei  produttori  (art.  41
 della  Cost.),  e  viola  in particolare e con la massima evidenza le
 specifiche disposizioni e principi comunitari gia' indicati circa  la
 non retroattivita' dei provvedimenti - come quelli di compensazione -
 incidenti  sulle attivita' e capacita' delle imprese (con violazione,
 quindi, anche dell'art.  11 della Cost.). Tale disciplina, che incide
 sulla  dimensione  produttiva  di  aziende  del   settore   agricolo,
 ricadente  nella  competenza  primaria  della  provincia  ricorrente,
 parallelamente  viola  appunto  tale   competenza   provinciale.   In
 particolare  la  disciplina retroattiva della compensazione nazionale
 per  il  periodo  1995-1996  -  la  cui  procedura  e'  integralmente
 demandata all'AIMA senza alcun significativo intervento delle regioni
 e  province autonome, che pure sono preposte anch'esse al governo del
 settore - determina  una  gravissima  violazione  delle  gia'  citate
 attribuzioni della provincia ricorrente: provincia che viene messa di
 fronte  agli  effetti  retroattivi  ed  automatici,  per  il  periodo
 1995-1996, della compensazione nazionale effettuata  dall'AIMA  senza
 alcuna sua partecipazione. Oltre alle norme e principi costituzionali
 e comunitari gia' indicati, ne risultano dunque violate le competenze
 provinciali  di  cui  agli  artt.  8,  n.  21,  e 16 dello statuto (e
 relative norme  d'attuazione:  d.P.R.  n.  279/1974);  come  pure  il
 principio  di  leale  collaborazione  che - come affermato da codesta
 ecc.ma Corte nella sentenza n. 520/1995 - governa i rapporti che,  in
 tale  materia,  intercorrono  fra  lo  Stato  e le regioni e province
 autonome.
   Last but not least, col presente ricorso si deducono anche dei vizi
 di incostituazionalita' che, avendo carattere formale, riguardano nel
 loro complesso la disciplina contenuta nell'art. 11 del decreto-legge
 n. 542/1992; ovvero dei  vizi  che  colpiscono  il  decreto-legge  n.
 542/1996  e la stessa legge di conversione n. 649/1996, per contrasto
 con l'art.  77 della Cost.
   4.  -  Violazione,  sotto  ulteriore  profilo,   delle   competenze
 provinciali  di  cui  alle  norme  statutarie  gia' indicate, nonche'
 dell'art. 52, comma 4, dello statuto speciale Trentino-Alto  Adige  e
 relative  norme  di  attuazione  (art.  19,  comma secondo, d.P.R. n.
 49/1973).
   L'art. 52, comma 4, dello statuto  Trentino-Alto  Adige  stabilisce
 che  il  presidente  della giunta provinciale "interviene alle sedute
 del  Consiglio  dei  Ministri  quando  si  tratta  di  questioni  che
 riguardano  1a  provincia"; l'art. 19, comma 2, del d.P.R. 1 febbraio
 1973, n.  49 (recante norme d'attuazione dello statuto) specifica che
 il presidente della giunta provinciale e' invitata  alle  sedute  del
 Consiglio  dei  Ministri quando questo "chiamata ad approvare disegni
 di legge, atti aventi valore  di  legge,  atti  o  provvedimenti  che
 riguardano la sfera di attribuzioni.... delle province".
   Alla provincia ricorrente e' noto che, secondo la giurisprudenza di
 codesta  ecc.ma  Corte,  l'obbligo  di  invitare  il presidente della
 giunta provinciale sussiste quando il Consiglio  dei  Ministri  debba
 decidere su questioni che tocchino un interesse "differenziato" della
 provincia.  Ma  la  provincia ricorrente ritiene appunto che tanto si
 era verificato nel caso in questione  (anche  in  considerazione  del
 carattere  "esclusivo"  delle  competenze  spettanti  alla  provincia
 ricorrente  in  materia  di  agricoltura,  diversamente  dalle  altre
 regioni   cui   spetta   invece   in   materia  una  competenza  solo
 concorrente).
   Pertanto il presidente della giunta provinciale  ricorrente  doveva
 essere  invitato a partecipare alla seduta del Consiglio dei Ministri
 in cui venne approvato  il  decreto-legge  n.  542/1996;  e  comunque
 almeno a quella successiva in cui venne approvato il disegno di legge
 di  conversione  del suddetto decreto-legge (poi divenuto la legge n.
 649/1996). Ma nulla di tutto cio' e' avvenuto,  da  cui  discende  la
 incostituzionalita'  del  decreto-legge  n.  542/1996 e (anche in via
 autonoma) della stessa legge di conversione n. 649/1996.
   5. - Violazione delle competenze  provinciali  di  cui  alle  norme
 statutarie (e d'attuazione) gia' indicate; nonche' dell'art. 77 della
 Costituzione.
   5.1. - Il decreto-legge n. 552/1996 e' illegittimo perche' adottato
 in  mancanza dei necessari presupposti di straordinaria necessita' ed
 urgenza. La disciplina in esso  contenuta  contiene  delle  modifiche
 (incostituzionali)  della precedente legislazione vigente (per quanto
 qui piu' particolarmente interessa legge  n.  468/1992)  per  la  cui
 adozione  non sussistevano, invero, motivi di urgenza particolari; la
 qual cosa risulta tanto piu' evidente ove si consideri che gran parte
 delle disposizioni impugnate hanno efficacia retroattiva.
   Il decreto-legge manca dunque di quei presupposti costituzionali la
 cui carenza - secondo la piu' recente giurisprudenza - e' censurabile
 nel giudizio di costituzionalita' (sentenze n. 29 e 165 del 1995).
   5.2. - Sotto un ulteriore profilo  il  decreto-legge  impugnato  e'
 incostituzionale   perche'   esso   e'  l'ultimo  di  una  catena  di
 decreti-legge non convertiti e reiterati dal Governo (a  partire  dal
 27  ottobre  1995,  n.  446).  In particolare esso ha riprodotto alla
 lettera la disciplina gia' stabilita dal d.-l. 8 agosto 1996, n.  440
 (del qua1e v. infatti l'art. 11).
   Secondo  il  piu'  recente  insegnamento  di  codesta  ecc.ma Corte
 (sentenza n. 360/1996) l'art. 77 Cost. e' violato (e  la  Corte  puo'
 conoscere  del relativo vizio) allorquando un decreto-legge riproduca
 il contenuto di un  precedente  decreto-legge  non  convertito  senza
 introdurre  variazioni  sostanziali;  e senza che il nuovo decreto si
 fondi su di nuovi, autonomi, sopravvenuti (e per sempre straordinari)
 presupposti di necessita' e di  urgenza,  che  non  possono  comunque
 essere   ricondotti   agli   inconvenienti  derivanti  dalla  mancata
 conversione del precedente decreto-legge.
   Tale e',  appunto,  il  caso  del  decreto-legge  n.  542/1996  qui
 impugnato,  che  riproduce  senza modifiche sostanziali la disciplina
 del precedente decreto-legge non convertito n. 440/1996 (a sua  volta
 reiterativo di precedenti decreti-legge non convertiti); e che non si
 fonda  su di autonomi e sopravvenuti motivi di necessita' ed urgenza,
 nuovi ed ulteriori rispetto a quelli su cui si fondava il  precedente
 decreto non convertito (motivi, anche quelli, peraltro insussistenti,
 e  comunque non conformi a quanto richiesto dall'art. 77 della Cost.,
 secondo quanto gia' detto in precedenza: 4.1.).
   Dunque, il decreto-legge n. 542/1996  e'  incostituzionale  perche'
 costituisce l'ultimo anello di una catena di decreti-legge reiterati,
 in violazione del principio del carattere necessariamente provvisorio
 della  decretazione  d'urgenza sancita dall'art. 77 della Cost., come
 illustrato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 360/1996.
   5.3. - In relazione alle censure dedotte in precedenza (n. 5.1.   e
 n.  5.2.) si osserva che esse non possono ritenersi superate o sanate
 dalla intervenuta conversione del decreto-legge n. 542/1996, ad opera
 della legge n. 649/1996.  Vero  e',  piuttosto,  che  quei  vizi  del
 decreto-legge   si  trasferiscono  sulla  (o  comunque  inficiano  la
 validita' della) stessa legge di conversione.
   In particolare, per quanto riguarda il vizio relativo alla mancanza
 dei  presupposti  di  straordinaria  necessita'  ed  urgenza  (5.1.),
 codesta  stessa  Corte,  nella  citata  sentenza  n. 29/1995, ha gia'
 affermato che la evidente mancanza  di  quei  presupposti  "configura
 tanto  un  vizio di legittimita' costituzionale del decreto-legge, in
 ipotesi  adottato  al  di  fuori   dell'ambito   delle   possibilita'
 applicative   costituzionalmente   previste,   quanto   un  vizio  in
 procedendo della stessa legge di  conversione,  avendo  quest'ultima,
 nel caso ipotizzato, valutato erroneamente l'esistenza di presupposti
 di  validita'  in realta' insussistenti e, quindi convertito in legge
 un atto che non  poteva  essere  legittimo  oggetto  di  conversione.
 Pertanto,   non   esiste   alcuna   preclusione  affinche'  la  Corte
 costituzionale proceda all'esame del decreto-legge e/o della legge di
 conversione sotto il profilo del rispetto dei requisiti di  validita'
 costituzionale   relativi   alla  insussistenza  dei  presupposti  di
 necessita' e urgenza, dal momento  che  il  correlativo  esame  delle
 Camere  in  sede  di  conversione  comporta una valutazione del tutto
 diversa  e,  precisamente,  di  tipo  prettamente  politico  sia  con
 riguardo  al contenuto della decisione, sia con riguardo agli effetti
 della stessa".
   Nel   caso   in   questione,   ne   deriva   dunque    la    sicura
 incostituzionalita'  (e  sindacabilita')  sia  del  decreto-legge  n.
 542/1996, sia della stessa legge di conversione  n.  649/1996,  sotto
 entrambi  i  profili  dinanzi illustrati: mancanza dei presupposti di
 necessita'  ed  urgenza  (5.1.),  e  illegittima   reiterazione   dei
 precedenti decreti-legge non convertiti (5.2.).
   Infatti,  con  riserva di ritornare piu' ampiamente in argomento in
 una successiva memoria, osserviamo che quanto affermato  dalla  Corte
 nella  sentenza  n.  29/1995,  a  proposito  della sindacabilita' del
 decreto-legge  incostituzionale  perche'  privo  di  presupposti   di
 necessita'  ed  urgenza,  ancorche' convertito, vale allo stesso modo
 per sostenere la sindacabilita' del decreto-legge (e  della  relativa
 legge  di  conversione)  incostituzionale  perche'  riproduttivodella
 disciplina di un precedente  decreto-legge  non  convertito:  anzi  a
 maggior  ragione  i  principi della sentenza n. 29/1995 si attagliano
 anche a questa seconda ipotesi  (il  cui  profilo  delle  valutazioni
 politiche  e'  recessivo  rispetto a quella precedente). Ne' in senso
 contrario ci sembra costituire argomento decisivo  un  obiter  dictum
 contenuto nella motivazione della sentenza n. 360/1996, sul cui reale
 significato  e  valore ci si riserva - come gia' detto - di ritornare
 nella successiva memoria.
   5.4. - Infine, l'art. 77 della  Costituzione  risulta  violato  dal
 decreto-legge   impugnato   nella   parte   in   cui   esso   dispone
 retroattivamente disciplinando fattispecie  gia'  verificatesi  prima
 della  sua  entrata  in  vigore  (avvenuta  il  23  ottobre 1996): in
 particolare, come gia si e' visto, perche' esso  (v.  spec.  primo  e
 terzo  comma  dell'art.    11)  disciplina la compensazione nazionale
 anche  per  il  periodo  1995-1996:    cioe'  la  compensazione  gia'
 effettuata  dall'AIMA  alla data del 25 settembre 1996 ((cfr. il gia'
 impugnato art. 3, comma 3, del decreto-legge n.  552/1996,  anch'esso
 entrato in vigore il 23 ottobre 1996).
   Anche  a  questo  proposito con riserva di ulteriori svolgimenti ed
 approfondimenti  in  una  successiva  memoria,  si  deduce  che  tale
 disciplina del decreto-legge n. 542/1996 e' incostituzionale perche',
 cosi'  disponendo  retroattivamente,  il  decreto-legge  impugnato ha
 voluto surrettiziamente eludere - e quindi violare - l'art. 77  della
 Cost.,  facendo  cio' che l'art. 77, ultimo comma, espressamente gia'
 preclude:  cioe' "regolare i rapporti giuridici sorti sulla base  dei
 decreti   non   convertiti"   (come,   con   disposizione   meramente
 dichiarativa, stabilisce anche l'art. 15, lettera d), della legge  n.
 400/1988.
   Infatti  le  suddette  disposizioni  retroattive  dell'art.  11 del
 decreto-legge n. 542/1996 (assieme a quelle  collegate  dell'art.  3,
 comma   3,   del  decreto-legge  n.  552/1996)  traggono  origine  da
 corrispondenti   disposizioni   di   precedenti   decreti-legge   non
 convertiti e reiterati: fino appunto al decreto-legge n. 542/1996 (ed
 al   decreto-legge   n.  552/1996.  Si  tratta,  precisamente,  delle
 corrispondenti disposizioni dell'art.  11 del d.-l. 8 agosto 1996, n.
 440, che gia' aveva stabilito che anche per il periodo  1995-1996  la
 compensazione  nazionale effettuata dall'AIMA si dovesse sostituire a
 quel1a (locale) gia' effettuata ai  sensi  dell'art.  5,  commi  5-9,
 della  legge  n. 468/1992; disposizioni sistematicamente connesse con
 quelle dell'art. 3, comma 3, del d.-l.  8 luglio 1996,  n.  353  (non
 convertito  e  successivamente  reiterato da una catena di successivi
 decreti-legge: d.-l. 6 settembre 1996,  n.  643,  art.  3;  d.-l.  23
 ottobre 1996, n. 552, art. 3, convertito in legge n. 642/1996, e gia'
 impugnato)  che  aveva  previsto  che per il periodo 1995-1996 l'AIMA
 dovesse effettuare la  compensazione  entro  il  successivo  (allora)
 settembre 1996.
   E'  noto che il decreto-legge n. 440/1996 (cosi' come il decreto n.
 353/1996) non venne  convertito,  ma  reiterato:  da  ultimo  con  il
 decreto-legge  n.  542/1996  qui  impugnato  (ed  il decreto-legge n.
 353/1996 con il decreto-legge n. 552/1996  gia'  impugnato).  Orbene,
 come  gia'  si  e' detto nel precedente ricorso svolgendo una analoga
 censura nei confronti delle disposizioni collegate dell'art. 3, comma
 3, del  decreto-legge  n.  552/1996,  anche  a  proposito  delle  qui
 impugnate disposizioni dell'art. 11 del decreto-legge n. 542/1996, si
 deve  osservare  che, con esse, il Governo ha voluto surrettiziamente
 far salvi i provvedimenti gia' adottati e gli effetti  gia'  prodotti
 sulla  base  dei  precedenti  decreti-legge  non  convertiti: cioe' i
 provvedimenti di  compensazione  gia'  effettuati  dall'AIMA  per  il
 periodo  1995/1996  ed  i  conseguenti  versamenti.  Surrettiziamente
 perche' il Governo non ha fatto questo inserendo nel decreto-legge n.
 542/1996 (cosi' come non lo ha fatto col decreto-legge  n.  552/1996)
 una  norma che espressamente facesse salvi i provvedimenti adottati e
 gli effetti prodotti in base ai  decreti-legge  non  convertiti  (con
 disposizioni  la  cui  incostituzionalita' sarebbe stata pero' troppo
 evidente e sfacciata), ma piuttosto lo ha fatto facendo retroagire le
 norme dell'ultimo decreto-legge, entrato in vigore il 23 ottobre 1996
 (e  poi  finalmente  convertito)  ad  un  accadimento  -   cioe'   la
 compensazione  nazionale  effettuata dall'AIMA - gia' verificatosi in
 una data precedente:  "entro il 25 settembre 1996",  come  recita  il
 terzo  comma  dell'art.    3  del  decreto-legge n. 552/1996 al quale
 l'art. 11 del decreto-legge n. 552/1996 (entrato in vigore lo  stesso
 giorno  23  dicembre  1996  e'  sistematicamente ed indissolubilmente
 collegato nella parte relativa al periodo 1995-1996.
   Il Governo, in tal modo, ha fatto con un  decreto-legge,  cio'  che
 poteva  fare  solo il Parlamento con la legge di conversione: salvare
 in modo espresso  i  provvedimenti  adottati  dall'AIMA  in  base  ai
 precedenti decreti-legge non convertiti.
   Per gli stessi motivi gia' detti in precedenza (5.3.) - e su cui si
 tornera'  in  memoria  - il suddetto vizio di incostituzionalita' del
 decreto-legge n. 542/1996 non puo' ritenersi sanato  dalla  legge  di
 conversione  n. 649/1996; ed anzi si trasmette ad essa, come vizio in
 procedendo  determinando  la  incostituzionalita'  della   norma   di
 conversione  contenuta  nel  primo  comma  dell'art. 1 della suddetta
 legge  n.  649/1996.  Che  pertanto  con il presente atto si impugna,
 unitamente al decreto-legge convertito.
   5.5. - E' palese, ma per scrupolo difensivo  si  ritiene  opportuno
 sottolinearlo,   che   tutte  le  censure  relative  alla  violazione
 dell'art.  77 della Costituzione vengono qui dedotte dalla  provincia
 ricorrente come mezzo al fine per censure la violazione delle proprie
 competenze.    Infatti e' anche attraverso la violazione dell'art. 77
 della Costituzione che tale lesione  si  e'  verificata:  perche'  il
 Governo, male esercitando i suoi poteri di decretazione di urgenza (e
 poi lo stesso Parlamento in sede di conversione), ha illegittimamente
 limitato (ed in certi casi cancellato), come si e ampiamente visto in
 precedenza,  i  poteri  di  governo, di programmazione e di controllo
 della  produzione  lattiera  che  pure  rientrano  nelle   competenze
 esclusive  della  provincia  ricorrente,  e  che essa deve in qualche
 misura  potere  esercitare  anche  in  relazione  alle  procedure  di
 compensazione.