Ricorso della provincia autonoma di Bolzano, in persona del presidente della Giunta provinciale pro-tempore dott. Luis Dunrnwalder, giusta deliberazione della Giunta n. 84 del 17 gennaio 1977, rappresentata e difesa - in virtu' di procura speciale del 17 gennaio 1997, rogata dal vice segretario generale della Giunta dott. Hermann Berger (rep. n. 18243) - dagli avv.ti proff.ri Sergio Panunzio e Roland Riz e presso lo studio del primo di essi elettivamente domiciliata in Roma, piazza Borghese n. 3 contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica; per la dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 11 del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 542, recante "Differimento dei termini previsti da disposizioni legislative in materia di interventi in campo economico e sociale", convertito, con modificazioni, in legge 23 dicembre 1996, n. 649; nonche' dell'art. 1, comma 1, della suddetta legge n. 649/1996. F a t t o 1. - Non soltanto per esigenze di sintesi e di celerita' ci sembra che qui si possa prescindere da una analitica esposizione dei presupposti di diritto e di fatto su cui si fonda il presente ricorso. In verita' tali presupposti sono ormai notissimi a codesta ecc.ma Corte, non solo perche' i piu' remoti (e cioe': la disciplina comunitaria delle quote di produzione del latte, la conseguente disciplina nazionale stabilita dalla legge n. 468/1992, e le modifiche poi introdotte dal decreto-legge n. 727/1994, convertito in legge n. 46/1995) sono stati esaminati in occasione del giudizio conclusosi con la sentenza di codesta ecc.ma Corte n. 520/1995; ma anche perche' le vicende successive, costituite sopratutto dall'accavallarsi caotico di successivi interventi legislativi del Governo, attraverso catene di decreti legge non convertiti e reiterati, hanno dato luogo a numerosissimi ricorsi di regioni, sia ad autonomia ordinaria che speciale, che hanno impugnato i vari decreti-legge via via succedutisi cioe' i decreti-legge n. 124/1996, n. 260/1996, n. 353/1996, n. 440, n. 463/1996, n. 542/1996, n. 552/1996) dando luogo ad una catena di giudizi di costituzionalita' tuttora pendenti. Con la conversione in legge dei decreti-legge n. 542/1996 e n. 552/1996 (rispettivamente con leggi n. 649/1996 4 n. 642/1996) e la pressoche' coeva entrata in vigore della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (collegato alla legge finanziaria 1997 si e' giunti ad una tappa decisiva di questa lunga vicenda (anche se forse non e' l'ultima). In particolare con la legge n. 649/1996 e' stato convertito il decreto-legge n. 542/1996 (che si impguna assieme alla legge di conversione con il presente ricorso) che aveva reiterato senza modificazioni la disciplina del decreto-legge, non convertito, n. 440/1996: quest'ultimo - come si e' detto - gia' impugnato innanzi a codesta ecc.ma Corte in particolare dalle regioni Lombardia, Veneto, Lazio, Basilicata, Molise e Friuli-Venezia Giulia. Lo stesso decreto-legge n. 542/1996 e' stato impugnato prima della sua conversione dalle suddette regioni (e da altre), con ricorsi che dovranno quindi essere esaminati unitariamente al presente della provincia autonoma di Bolzano (ricorsi n. 45, n. 48 e n. 49/1996). Tanto basta, riteniamo, a giustificare la coincisione delle presenti premesse di fatto. 2. - Piuttosto dobbiamo ricordare preliminarmente quali siano le competenze provinciali che vengono in questione con il presente ricorso, e quale il loro fondamento normativo. In base agli artt. 8, n. 21, e 16 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige (decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670) la provincia ricorrente e' titolare di competenze esclusive (o "primarie") in materia di "agricoltura" e di "patrimonio zootecnico": competenze sia legislative che amministrative, nonche' la connessa potesta' di programmazione degli interventi in materia. Tali attribuzioni sono nella piena disponibilita' della provincia anche a seguito delle emanazione delle relative norme d'attuazione dello statuto speciale (di cui specialmente al d.P.R. n. 279/1974). 3. - Cio' premesso, e' stata recentemente pubblicata la gia' citata legge 23 dicembre 1996, n. 649, che ha convertito con modificazioni il d.-l. 23 ottobre 1996, n. 542. Di tale decreto-legge (la cui disciplina, come si e' detto, riproduce quella del decreto-legge n. 440/1996) ai fini del presente ricorso vengono in evidenza le norme contenute nell'art. 11. L'art. 11 stabilisce una nuova disciplina della produzione lattiera per cio' che concerne in particolare l'aspetto della compensazione. Una disciplina che non vale solo pro-futuro ma che (soprattutto art. 11, commi 1 e 3) ha efficacia retroattiva, riguardando anche il periodo 1995-1996 (periodo di produzione gia' conclusosi il 31 marzo 1996). Nei suoi tre commi l'art.11 (che non e' stato modificato dalla legge di conversione) cosi' letteralmente dispone: "1. Con effetto dal periodo 1995-1996 di regolamentazione della produzione lattiera, cessa l'applicazione della procedura di compensazione prevista dall'art. 5, commi 5, 6, 7, 8 e 9, della legge 26 novembre 1992, n. 468, e gli adempimenti gia' svolti ai sensi delle predette disposizione non hanno effetto. 2. - I versamenti e le restituzioni delle somme trattenute dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare, previsti dalla legge 26 novembre 1992, n. 468, e successive modificazioni, sono effettuati a seguito dell'espletamento delle procedure di compensazione nazionale da parte dell'AIMA. Sulle somme residue spettanti ai produttori restano dovuti gli interessi calcolati al tasso legale. 3. - Gli acquirenti che hanno gia' disposto la restituzione delle somme ai produttori ai sensi dell'art. 5, ottavo comma della legge n. 468 del 1992, procedono a nuove trattenute nel confronti nei produttori interessati, pari all'ammontare delle somme restituite. Ove cio' non fosse possibile, si applicano le disposizioni di cui all'art. 7 della suddetta legge n. 468 del 1992. Le suddette disposizioni legislative sono costituzionalmente illegittime e lesive delle competenze della provincia autonoma dl Bolzano, che pertanto le impugna con il presente ricorso, per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Violazione delle competenze statutarie di cui agli articoli 8, n. 21, e 16 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige (e relative norme d'attuazione); dei principi della disciplina comunitaria in materia di compensazione delle quote; del principio di leale cooperazione fra Stato, regioni e provincie autonome; nonche' degli artt. 3, 11, 41 e 97 della Costituzione. L'art. 11 del decreto-legge impugnato ha stabilito la cessazione a tempo indeterminato, ed a partire dallo scorso periodo 1995-1996 gia' concluso, della applicazione della procedura di compensazione in sede provinciale prevista dall'art. 5, commi 5 e 9, della legge n. 468/1992; con la conseguente attribuzione all'AIMA del compito di svolgere l'unica compensazione oggi consentita dalla legislazione vigente: cioe la compensazione nazionale. La disciplina dell'art. 11 del decreto-legge qui impugnato va coordinata con quella dell'art. 3 del citato decreto-legge n. 552/1996 (che la provincia ha gia' autonomamente impugnato), la quale pure disciplina la compensazione in sede nazionale affidato all'AIMA, stabilendo criteri applicativi di carattere generale e norme particolari (retroattive) per la compensazione relativa al periodo 1995-1996. Ne risulta che la disciplina stabilita dall'art. 11 del decreto-legge n. 542/1996 (assieme a quella dell'art. 3 del decreto-legge n. 552/1996) ha imposto l'abbandono della procedura di compensazione che sino ad oggi - in base all'art. 5 della legge n. 468/1992 - si svolgevano, nella provincia di Bolzano, appunto a livello provinciale (tramite le 5 associazioni di produttori operanti nella provincia). Procedura di compensazione locale che, oggi, risulta invece assorbita e superata dalla compensazione nazionale riservata all'AIMA, e disciplinata appunto dall'art. 11 del decreto-legge n. 542/1996 qui impugnato. E' evidente come la eliminazione del livello locale della compensazione, senza l'inserimento di alcuna istanza provinciale (o regionale) risulti lesiva degli interessi dei produttori provinciali (e dei principi dell'art. 41 Cost.), e delle competenze della provincia stessa. Infatti, svolgendosi la compensazione a livello solo nazionale risulta piu' difficile che le eccedenze dei produttori provinciali possano trovare aggiustamento e compensazione nell'ambito della stessa provincia, anche utilizzando eventuali produzioni sottoquota di altri produttori provinciali, e diviene impossibile per la provincia stessa un efficace esercizio dei suoi poteri di programmazione di governo e di controllo del settore e del regime delle quote. Con cio' non si vuole certo escludere la opportunita' di una compensazione anche nazionale (del resto gia' prevista dalla disciplina vigente) rivolta a coordinare i risultati di una precedente compensazione di livello locale: per esempio al fine di utilizzare eventuali eccedenze di quote verificatesi in una provincia. Ma cio' che non e' ammissibile, e che lede le competenze della provincia ricorrente, e' la radicale esclusione di un primo livello provinciale quale e' stata disposta con i primi tre commi dell'art. 3 del decreto-legge impugnato. Tali disposizioni violano dunque non solo le competenze provinciali in questione e le relative norme costituzionali gia' indicate; ma anche la disciplina comunitaria. Infatti la disciplina stabilita dai vari regolamenti CEE che hanno via via regolato e che disciplinano il settore (in particolare regol. Cons. n. 804/68 del 27 giugno 1968; regol. Cons. n. 856/1984 del 31 marzo 1984 (il cui art. 1, in particolare, aggiunge l'art. 5-quater al regol. n. 804/1968); regol. Cons. n. 857/1984 del 31 marzo 1984; regol. Cons. n. 3950/1992 del 28 dicembre 1992) richiede che la compensazione sia operata non solo a livello nazionale, ma ancor prima e necessariamente a livello locale (provinciale o regionale) . Di qui un ulteriore profilo di incostituzionalita' della disciplina impugnata, che viola i principi della disciplina comunitaria vigente in materia (ed in relazione a cio' anche l'art. 11 Cost.) . La radicale eliminazione del livello locale della compensazione, con conseguente estromissione della provincia ricorrente, operata dalla disciplina impugnata risulta poi tanto piu' grave ed evidente, ed incostituzionale anche sotto ulteriori profili, per i seguenti motivi. In primo luogo perche' i criteri che l'AIMA deve seguire nella compensazione sono stati stabiliti direttamente ed esaustivamente dal primo comma dell'art. 1 del decreto-legge n. 552/1996, senza che la provincia autonoma ricorrente abbia al riguardo potuto esprimersi in alcun modo (e diversamente da quanto stabilito dall'art. 5, comma 12 della legge n. 468/1992, che richiede invece il parere delle regioni autonome). Tale censura e' stata in particolare dedotta ed argomentata nel ricorso gia' proposto dalla stessa provincia autonoma di Bolzano avverso l'art. 3 del decreto-legge n. 552/1996 (spec. p. 25, cui pertanto si rinvia. L'ulteriore profilo di incostituzionalita' e' poi dato dal fatto che l'art. 11 qui impugnato (spec. il comma 2, ed analogamente l'art. 3 del decreto-legge n. 552/1996 gia' impugnato) non prevede neppure che nel corso del procedimento di compensazione nazionale l'AIMA debba richiedere un parere delle regioni e provincie autonome interessate. Quest'ultima lacuna e' particolarmente grave perche' soprattutto una volta eliminato il livello della compensazione locale, in principio di leale cooperazione - secondo quanto gia' affermato a codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 520/1995 - impone che nella procedura dl compensazione nazionale l'AIMA agisca in collaborazione con le regioni e province autonome. Ricordiamo come nella sentenza n. 520/1995 codesta ecc.ma Corte dichiaro' la incostituzionalita' di una disposizione legislativa che prevedeva l'adozione da parte dell'AIMA di provvedimenti individuali incidenti sulle quote dei produttori (si trattava allora di provvedimenti di riduzione delle quote ex art. 2, comma 1, del decreto-legge n. 727/1994) senza che tali provvedimenti fossero preceduti dalla richiesta di parere delle competenti regioni. Cio' in quanto - come venne allora rilevato - quella disciplina concerneva "interventi sulla dimensione produttiva di aziende comprese nel settore agricolo" di competenza regionale. Ma analogamente - si puo' oggi osservare - incidono sulla possibilita' di produzione delle aziende anche gli interventi di compensazione disciplinati dall'art. 11 del decreto-legge n. 542/1996: la ratio decidendi della sentenza n. 520/1995 si attaglia perfettamente alla questione oggi sottoposta al giudizio di codesta ecc.ma Corte. Piuttosto va rilevato come il giudizio definito con la sentenza n. 520/1995 era stato promosso da regioni ad autonomia ordinaria, cui spetta in materia - ai sensi dell'art. 117 della Costituzione - una competenza di tipo "concorrente". Sarebbe ragionevole ritenere che, allorquando si tratti di regioni o province autonome che, come quella ricorrente, sono titolari di competenze "esclusive" (o "primari") in materia di agricoltura, il maggior grado di autonomia costituzionalmente riconosciuto richieda un tipo di procedura cooperativa che riconosca un ruolo piu' incisivo alle regioni o province autonome: e quindi non la semplice richiesta di parere ma piuttosto l'intesa. Come che sia, non puo' comunque esservi dubbio che, per quanto riguarda la provincia autonoma ricorrente, nelle procedure di compensazione nazionale effettuate dall'AIMA ai sensi dell'impugnato art. 11, comma 2, del decreto-legge n. 542/1996 (ed art. 3 decreto-legge n. 552/1996 gia' impugnato) avrebbe dovuto essere prevista, se non una intesa in ordine alla compensazione delle quote dei produttori operanti nel suo territorio, almeno una richiesta di parere della provincia ricorrente. Ma tale parere non e' stato previsto dalle impugnate disposizioni dell'art. 11 che pertanto sono per cio' stesso incostituzionali, anche per violazione del principio di leale cooperazione (in relazione agli artt. 8, n. 21, e 16 statuto, nonche' agli artt. 5 e 116 della Costituzione). La negazione alla provincia anche della forma piu' "tenue" di collaborazione, quale e' parere obbligatorio, le preclude qualsiasi potere di controllo e di verifica sulle modalita' di svolgimento della compensazione, qualsiasi possibilita' di pronunciarsi almeno sul modo in cui l'AIMA applica i criteri stabiliti dalla legge (quei criteri alla cui elaborazione la stessa provincia avrebbe dovuto potere partecipare, ma illegittimamente le e' stato precluso: v. supra pp. 9 s.). In definitiva anche sotto questo fondamentale aspetto del regime delle quote di produzione viene precluso alla provincia ricorrente qualsiasi effettiva possibilita' di gestione, di controllo e di programmazione. 3. - Violazione delle competenze provinciali di cui alle norme statutarie (e d'attuazione) gia' citate; dei principi della disciplina comunitaria in materia di compensazione delle quote, di irretroattivita' dei provvedimenti delle autorita' nazionali incidenti sulle imprese e di certezza del diritto; del principio di leale cooperazione; nonche' ancora artt. 3, 11, 41 e 97 della Costituzione. I vizi gia' illustrati risultano tanto piu' evidenti in relazione alla disciplina della compensazione nazionale stabilita anche per il periodo 1995-1996 dal primo e dal terzo comma dell'art. 11: perche' qui si aggiunge, aggravandoli, il carattere retroattivo della disciplina. Qui, in particolare, proprio il carattere retroattivo della disciplina, che riguarda una compensazione gia conclusa dall'AIMA il 25 settembre 1996 (cfr. art. 3, decreto-legge n. 552/1996 gia' impugnato) elimina in radice qualsiasi residua possibilita' di intervento provinciale e annulla ogni potere di controllo della compensazione e di programmazione del settore che pure rientra nelle competenze costituzionalmente spettanti alla provincia ricorrente. Ma non vi e' solo questo. La sostituzione retroattiva (per il periodo 1995-1996) del sistema della compensazione nazionale con quella locale, operata dall'art. 1 del decreto-legge impugnato, e incostituzionale pure perche' viola, anche e proprio in relazione al suo carattere retroattivo, la disciplina comunitaria. Come si e' visto, il primo comma dell'art. 11 del decreto-legge n. 542/1996 - entrato in vigore il 23 ottobre 1996 - ha sostituito "dal periodo 1995-1996" la precedente compensazione locale (gia' regolata dai commi da 5 ad 8 dell'art. 5 della legge n. 468/1992) con quella nazionale riservata all'AIMA; e lo stesso primo comma ha espressamente stabilito che "gli adempimenti gia' svolti ai sensi delle predette disposizioni" cioe' le compensazioni gia' effettuate per il periodo 1995-1996, "non hanno effetto". Aggiunge infine il terzo comma dello stesso art. 11 (ponendo anch'esso una disciplina retroattiva) che gli acquirenti che avessero "gia' disposto la restituzione delle somme ai produttori ai sensi dell'art. 5, comma 8, della legge n. 468 del 1992" (cioe' che avessero disposto quella restituzione in base alla gia intervenuta compensazione locale per il periodo 1995-96) debbono in tal caso procedere "a nuove trattenute nei confronti dei produttori interessati, pari all'ammontare delle somme restituite". E' noto, infatti, che secondo la disciplina comunitaria (art. 5-quater regolamento CEE n. 804/68; art. 1 regolamento CEE n. 3950/1992) e nazionale (art. 1, comma secondo, d.P.R. 23 gennaio 1993, n. 569) il periodo di produzione lattiera inizia il 1 aprile e termina il 31 marzo dell'anno successivo. Pertanto il periodo di produzione 1995-1996 era terminato il 31 marzo 1996: circa sette mesi prima dell'entrata in vigore dell'impugnato decreto-legge n. 542/1996 (23 ottobre 1996). Ed infatti anche le procedure di compensazione (locale) del periodo 1995-1996 erano state gia' da tempo concluse prima che entrasse in vigore il decreto n. 542/1996 qui impugnato, e prima anche della data del 25 settembre 1996 entro cui - secondo quanto stabilito (anche retroattivamente) dall'art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 552/1996 - l'AIMA di fatto ha rieffettuato la compensazione (questa volta nazionale). E necessariamente quelle procedure di compensazione locale erano gia' state effettuate: perche' la compensazione deve effettuarsi subito a ridosso della chiusura del relativo periodo di produzione. Infatti i risultati della compensazione sono essenziali per i produttori anche al fine di potere programmare - sulla base delle quote possedute e nei risultati della compensazione - il periodo di produzione che si conclude il 31 marzo dell'anno successivo. E' chiaro, allora, che disciplinare retroattivamente, a campagna gia' conclusa, ed a compensazione locale gia' effettuata, le posizioni individuali dei produttori - come appunto ha fatto la disciplina impugnata dispondendo una nuova compensazione per il periodo 1995-1996 - significa sconvolgere non solo i risultati del periodo di produzione gia' concluso, ma anche l'andamento di quello iniziato; significa violare i diritti e le legittime aspettative dei produttori (art. 41 Cost.) e violare anche la disciplina comunitaria. Si badi: la disciplina comunitaria violata dalle disposizioni legislative qui impugnate non e' solo quella risultante dalle norme dei regolamenti comunitari gia' indicati, che fissano la periodizzazione della produzione lattiera (dal 1 aprile al 31 marzo) e con cio' stesso definiscono i termini ed i ritmi per gli eventuali provvedimenti delle autorita' nazionali che incidono sulle quote individuali e sul regime di produzione (come si e' illustrato piu' diffusamente nel ricorso relativo al decreto-legge n. 552/1996). Cio' che risulta violato, infatti, e' anche un piu' generale principio della disciplina comunitaria - piu' volte affermato dalla Corte di giustizia del Lussemburgo (per tutte, v. da ultimo sentenza della Corte di giustizia CEE - V Sezione, 11 agosto 1995, nel procedimento C-1/94: Cavarzere produzioni industriali S.p.a. contro Ministero agricoltura e foreste) - secondo cui, salvo eccezioni espressamente previste in casi particolari dai regolamenti comunitari (che nel caso in questione non sussistono), gli interventi nazionali che incidono in modo limitativo sulle attivita' e capacita' delle imprese (come appunto anche quelli relativi alla compensazione delle produzioni individuali) non possono mai essere retroattivi per le preminenti esigenze di certezza del diritto e della tutela che deve essere garantita alla iniziativa ed all'affidamento delle imprese. Riassumendo, la disciplina in questione, che (unitamente a quella dell'art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 552/1996 gia' impugnata) ha retroattivamente cancellato la compensazione provinciale gia' effettuata per il periodo 1995-1996, sostituendola con una successiva compensazione nazionale - anch'essa introdotta in via retroattiva, perche' di fatto gia' effettuata dall'AIMA prima della sua entrata in vigore (entro il 25 settembre 1996: art. 3, terzo comma, decreto-legge n. 552/1996) - in primo luogo ha violato i diritti dei produttori. Si tratta, infatti, di una disciplina che in modo del tutto irragionevole (e percio' stesso lesivo dell'art. 3 della Cost.) viola la liberta' di iniziativa economica dei produttori (art. 41 della Cost.), e viola in particolare e con la massima evidenza le specifiche disposizioni e principi comunitari gia' indicati circa la non retroattivita' dei provvedimenti - come quelli di compensazione - incidenti sulle attivita' e capacita' delle imprese (con violazione, quindi, anche dell'art. 11 della Cost.). Tale disciplina, che incide sulla dimensione produttiva di aziende del settore agricolo, ricadente nella competenza primaria della provincia ricorrente, parallelamente viola appunto tale competenza provinciale. In particolare la disciplina retroattiva della compensazione nazionale per il periodo 1995-1996 - la cui procedura e' integralmente demandata all'AIMA senza alcun significativo intervento delle regioni e province autonome, che pure sono preposte anch'esse al governo del settore - determina una gravissima violazione delle gia' citate attribuzioni della provincia ricorrente: provincia che viene messa di fronte agli effetti retroattivi ed automatici, per il periodo 1995-1996, della compensazione nazionale effettuata dall'AIMA senza alcuna sua partecipazione. Oltre alle norme e principi costituzionali e comunitari gia' indicati, ne risultano dunque violate le competenze provinciali di cui agli artt. 8, n. 21, e 16 dello statuto (e relative norme d'attuazione: d.P.R. n. 279/1974); come pure il principio di leale collaborazione che - come affermato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 520/1995 - governa i rapporti che, in tale materia, intercorrono fra lo Stato e le regioni e province autonome. Last but not least, col presente ricorso si deducono anche dei vizi di incostituazionalita' che, avendo carattere formale, riguardano nel loro complesso la disciplina contenuta nell'art. 11 del decreto-legge n. 542/1992; ovvero dei vizi che colpiscono il decreto-legge n. 542/1996 e la stessa legge di conversione n. 649/1996, per contrasto con l'art. 77 della Cost. 4. - Violazione, sotto ulteriore profilo, delle competenze provinciali di cui alle norme statutarie gia' indicate, nonche' dell'art. 52, comma 4, dello statuto speciale Trentino-Alto Adige e relative norme di attuazione (art. 19, comma secondo, d.P.R. n. 49/1973). L'art. 52, comma 4, dello statuto Trentino-Alto Adige stabilisce che il presidente della giunta provinciale "interviene alle sedute del Consiglio dei Ministri quando si tratta di questioni che riguardano 1a provincia"; l'art. 19, comma 2, del d.P.R. 1 febbraio 1973, n. 49 (recante norme d'attuazione dello statuto) specifica che il presidente della giunta provinciale e' invitata alle sedute del Consiglio dei Ministri quando questo "chiamata ad approvare disegni di legge, atti aventi valore di legge, atti o provvedimenti che riguardano la sfera di attribuzioni.... delle province". Alla provincia ricorrente e' noto che, secondo la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, l'obbligo di invitare il presidente della giunta provinciale sussiste quando il Consiglio dei Ministri debba decidere su questioni che tocchino un interesse "differenziato" della provincia. Ma la provincia ricorrente ritiene appunto che tanto si era verificato nel caso in questione (anche in considerazione del carattere "esclusivo" delle competenze spettanti alla provincia ricorrente in materia di agricoltura, diversamente dalle altre regioni cui spetta invece in materia una competenza solo concorrente). Pertanto il presidente della giunta provinciale ricorrente doveva essere invitato a partecipare alla seduta del Consiglio dei Ministri in cui venne approvato il decreto-legge n. 542/1996; e comunque almeno a quella successiva in cui venne approvato il disegno di legge di conversione del suddetto decreto-legge (poi divenuto la legge n. 649/1996). Ma nulla di tutto cio' e' avvenuto, da cui discende la incostituzionalita' del decreto-legge n. 542/1996 e (anche in via autonoma) della stessa legge di conversione n. 649/1996. 5. - Violazione delle competenze provinciali di cui alle norme statutarie (e d'attuazione) gia' indicate; nonche' dell'art. 77 della Costituzione. 5.1. - Il decreto-legge n. 552/1996 e' illegittimo perche' adottato in mancanza dei necessari presupposti di straordinaria necessita' ed urgenza. La disciplina in esso contenuta contiene delle modifiche (incostituzionali) della precedente legislazione vigente (per quanto qui piu' particolarmente interessa legge n. 468/1992) per la cui adozione non sussistevano, invero, motivi di urgenza particolari; la qual cosa risulta tanto piu' evidente ove si consideri che gran parte delle disposizioni impugnate hanno efficacia retroattiva. Il decreto-legge manca dunque di quei presupposti costituzionali la cui carenza - secondo la piu' recente giurisprudenza - e' censurabile nel giudizio di costituzionalita' (sentenze n. 29 e 165 del 1995). 5.2. - Sotto un ulteriore profilo il decreto-legge impugnato e' incostituzionale perche' esso e' l'ultimo di una catena di decreti-legge non convertiti e reiterati dal Governo (a partire dal 27 ottobre 1995, n. 446). In particolare esso ha riprodotto alla lettera la disciplina gia' stabilita dal d.-l. 8 agosto 1996, n. 440 (del qua1e v. infatti l'art. 11). Secondo il piu' recente insegnamento di codesta ecc.ma Corte (sentenza n. 360/1996) l'art. 77 Cost. e' violato (e la Corte puo' conoscere del relativo vizio) allorquando un decreto-legge riproduca il contenuto di un precedente decreto-legge non convertito senza introdurre variazioni sostanziali; e senza che il nuovo decreto si fondi su di nuovi, autonomi, sopravvenuti (e per sempre straordinari) presupposti di necessita' e di urgenza, che non possono comunque essere ricondotti agli inconvenienti derivanti dalla mancata conversione del precedente decreto-legge. Tale e', appunto, il caso del decreto-legge n. 542/1996 qui impugnato, che riproduce senza modifiche sostanziali la disciplina del precedente decreto-legge non convertito n. 440/1996 (a sua volta reiterativo di precedenti decreti-legge non convertiti); e che non si fonda su di autonomi e sopravvenuti motivi di necessita' ed urgenza, nuovi ed ulteriori rispetto a quelli su cui si fondava il precedente decreto non convertito (motivi, anche quelli, peraltro insussistenti, e comunque non conformi a quanto richiesto dall'art. 77 della Cost., secondo quanto gia' detto in precedenza: 4.1.). Dunque, il decreto-legge n. 542/1996 e' incostituzionale perche' costituisce l'ultimo anello di una catena di decreti-legge reiterati, in violazione del principio del carattere necessariamente provvisorio della decretazione d'urgenza sancita dall'art. 77 della Cost., come illustrato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 360/1996. 5.3. - In relazione alle censure dedotte in precedenza (n. 5.1. e n. 5.2.) si osserva che esse non possono ritenersi superate o sanate dalla intervenuta conversione del decreto-legge n. 542/1996, ad opera della legge n. 649/1996. Vero e', piuttosto, che quei vizi del decreto-legge si trasferiscono sulla (o comunque inficiano la validita' della) stessa legge di conversione. In particolare, per quanto riguarda il vizio relativo alla mancanza dei presupposti di straordinaria necessita' ed urgenza (5.1.), codesta stessa Corte, nella citata sentenza n. 29/1995, ha gia' affermato che la evidente mancanza di quei presupposti "configura tanto un vizio di legittimita' costituzionale del decreto-legge, in ipotesi adottato al di fuori dell'ambito delle possibilita' applicative costituzionalmente previste, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione, avendo quest'ultima, nel caso ipotizzato, valutato erroneamente l'esistenza di presupposti di validita' in realta' insussistenti e, quindi convertito in legge un atto che non poteva essere legittimo oggetto di conversione. Pertanto, non esiste alcuna preclusione affinche' la Corte costituzionale proceda all'esame del decreto-legge e/o della legge di conversione sotto il profilo del rispetto dei requisiti di validita' costituzionale relativi alla insussistenza dei presupposti di necessita' e urgenza, dal momento che il correlativo esame delle Camere in sede di conversione comporta una valutazione del tutto diversa e, precisamente, di tipo prettamente politico sia con riguardo al contenuto della decisione, sia con riguardo agli effetti della stessa". Nel caso in questione, ne deriva dunque la sicura incostituzionalita' (e sindacabilita') sia del decreto-legge n. 542/1996, sia della stessa legge di conversione n. 649/1996, sotto entrambi i profili dinanzi illustrati: mancanza dei presupposti di necessita' ed urgenza (5.1.), e illegittima reiterazione dei precedenti decreti-legge non convertiti (5.2.). Infatti, con riserva di ritornare piu' ampiamente in argomento in una successiva memoria, osserviamo che quanto affermato dalla Corte nella sentenza n. 29/1995, a proposito della sindacabilita' del decreto-legge incostituzionale perche' privo di presupposti di necessita' ed urgenza, ancorche' convertito, vale allo stesso modo per sostenere la sindacabilita' del decreto-legge (e della relativa legge di conversione) incostituzionale perche' riproduttivodella disciplina di un precedente decreto-legge non convertito: anzi a maggior ragione i principi della sentenza n. 29/1995 si attagliano anche a questa seconda ipotesi (il cui profilo delle valutazioni politiche e' recessivo rispetto a quella precedente). Ne' in senso contrario ci sembra costituire argomento decisivo un obiter dictum contenuto nella motivazione della sentenza n. 360/1996, sul cui reale significato e valore ci si riserva - come gia' detto - di ritornare nella successiva memoria. 5.4. - Infine, l'art. 77 della Costituzione risulta violato dal decreto-legge impugnato nella parte in cui esso dispone retroattivamente disciplinando fattispecie gia' verificatesi prima della sua entrata in vigore (avvenuta il 23 ottobre 1996): in particolare, come gia si e' visto, perche' esso (v. spec. primo e terzo comma dell'art. 11) disciplina la compensazione nazionale anche per il periodo 1995-1996: cioe' la compensazione gia' effettuata dall'AIMA alla data del 25 settembre 1996 ((cfr. il gia' impugnato art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 552/1996, anch'esso entrato in vigore il 23 ottobre 1996). Anche a questo proposito con riserva di ulteriori svolgimenti ed approfondimenti in una successiva memoria, si deduce che tale disciplina del decreto-legge n. 542/1996 e' incostituzionale perche', cosi' disponendo retroattivamente, il decreto-legge impugnato ha voluto surrettiziamente eludere - e quindi violare - l'art. 77 della Cost., facendo cio' che l'art. 77, ultimo comma, espressamente gia' preclude: cioe' "regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti" (come, con disposizione meramente dichiarativa, stabilisce anche l'art. 15, lettera d), della legge n. 400/1988. Infatti le suddette disposizioni retroattive dell'art. 11 del decreto-legge n. 542/1996 (assieme a quelle collegate dell'art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 552/1996) traggono origine da corrispondenti disposizioni di precedenti decreti-legge non convertiti e reiterati: fino appunto al decreto-legge n. 542/1996 (ed al decreto-legge n. 552/1996. Si tratta, precisamente, delle corrispondenti disposizioni dell'art. 11 del d.-l. 8 agosto 1996, n. 440, che gia' aveva stabilito che anche per il periodo 1995-1996 la compensazione nazionale effettuata dall'AIMA si dovesse sostituire a quel1a (locale) gia' effettuata ai sensi dell'art. 5, commi 5-9, della legge n. 468/1992; disposizioni sistematicamente connesse con quelle dell'art. 3, comma 3, del d.-l. 8 luglio 1996, n. 353 (non convertito e successivamente reiterato da una catena di successivi decreti-legge: d.-l. 6 settembre 1996, n. 643, art. 3; d.-l. 23 ottobre 1996, n. 552, art. 3, convertito in legge n. 642/1996, e gia' impugnato) che aveva previsto che per il periodo 1995-1996 l'AIMA dovesse effettuare la compensazione entro il successivo (allora) settembre 1996. E' noto che il decreto-legge n. 440/1996 (cosi' come il decreto n. 353/1996) non venne convertito, ma reiterato: da ultimo con il decreto-legge n. 542/1996 qui impugnato (ed il decreto-legge n. 353/1996 con il decreto-legge n. 552/1996 gia' impugnato). Orbene, come gia' si e' detto nel precedente ricorso svolgendo una analoga censura nei confronti delle disposizioni collegate dell'art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 552/1996, anche a proposito delle qui impugnate disposizioni dell'art. 11 del decreto-legge n. 542/1996, si deve osservare che, con esse, il Governo ha voluto surrettiziamente far salvi i provvedimenti gia' adottati e gli effetti gia' prodotti sulla base dei precedenti decreti-legge non convertiti: cioe' i provvedimenti di compensazione gia' effettuati dall'AIMA per il periodo 1995/1996 ed i conseguenti versamenti. Surrettiziamente perche' il Governo non ha fatto questo inserendo nel decreto-legge n. 542/1996 (cosi' come non lo ha fatto col decreto-legge n. 552/1996) una norma che espressamente facesse salvi i provvedimenti adottati e gli effetti prodotti in base ai decreti-legge non convertiti (con disposizioni la cui incostituzionalita' sarebbe stata pero' troppo evidente e sfacciata), ma piuttosto lo ha fatto facendo retroagire le norme dell'ultimo decreto-legge, entrato in vigore il 23 ottobre 1996 (e poi finalmente convertito) ad un accadimento - cioe' la compensazione nazionale effettuata dall'AIMA - gia' verificatosi in una data precedente: "entro il 25 settembre 1996", come recita il terzo comma dell'art. 3 del decreto-legge n. 552/1996 al quale l'art. 11 del decreto-legge n. 552/1996 (entrato in vigore lo stesso giorno 23 dicembre 1996 e' sistematicamente ed indissolubilmente collegato nella parte relativa al periodo 1995-1996. Il Governo, in tal modo, ha fatto con un decreto-legge, cio' che poteva fare solo il Parlamento con la legge di conversione: salvare in modo espresso i provvedimenti adottati dall'AIMA in base ai precedenti decreti-legge non convertiti. Per gli stessi motivi gia' detti in precedenza (5.3.) - e su cui si tornera' in memoria - il suddetto vizio di incostituzionalita' del decreto-legge n. 542/1996 non puo' ritenersi sanato dalla legge di conversione n. 649/1996; ed anzi si trasmette ad essa, come vizio in procedendo determinando la incostituzionalita' della norma di conversione contenuta nel primo comma dell'art. 1 della suddetta legge n. 649/1996. Che pertanto con il presente atto si impugna, unitamente al decreto-legge convertito. 5.5. - E' palese, ma per scrupolo difensivo si ritiene opportuno sottolinearlo, che tutte le censure relative alla violazione dell'art. 77 della Costituzione vengono qui dedotte dalla provincia ricorrente come mezzo al fine per censure la violazione delle proprie competenze. Infatti e' anche attraverso la violazione dell'art. 77 della Costituzione che tale lesione si e' verificata: perche' il Governo, male esercitando i suoi poteri di decretazione di urgenza (e poi lo stesso Parlamento in sede di conversione), ha illegittimamente limitato (ed in certi casi cancellato), come si e ampiamente visto in precedenza, i poteri di governo, di programmazione e di controllo della produzione lattiera che pure rientrano nelle competenze esclusive della provincia ricorrente, e che essa deve in qualche misura potere esercitare anche in relazione alle procedure di compensazione.