ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di ammissibilita', ai sensi dell'art.  2,  primo  comma,
 della  legge  costituzionale  11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di
 referendum popolare per l'abrogazione degli articoli:
     4, primo comma, limitatamente alle parole  "e  con  la  Comunita'
 economica  europea"  e 6, del decreto del Presidente della Repubblica
 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega  di  cui  all'art.  1
 della legge 22 luglio 1975, n. 382);
     9  e  11  della  legge  9 marzo 1989, n. 86 (Norme generali sulla
 partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario e  sulle
 procedure  di  esecuzione  degli obblighi comunitari), iscritto al n.
 88 del registro referendum.
   Vista l'ordinanza del 26-27 novembre 1996 con  la  quale  l'Ufficio
 centrale   per  il  referendum  presso  la  Corte  di  cassazione  ha
 dichiarato legittima la richiesta;
   Udito nella camera di consiglio  dell'8  gennaio  1997  il  giudice
 relatore Carlo Mezzanotte;
   Uditi gli avvocati Giovanni Motzo e Andrea Comba per i delegati del
 Consigli   regionali  della  Lombardia,  del  Piemonte,  della  Valle
 d'Aosta, della Calabria, del Veneto e della Puglia.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  L'Ufficio centrale per il referendum,  costituito  presso  la
 Corte  di  cassazione, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n.
 352,  e  successive  modificazioni,  ha  esaminato  la  richiesta  di
 referendum  popolare, presentata dai Consigli regionali delle Regioni
 Piemonte, Valle d'Aosta, Veneto, Lombardia, Calabria  e  Puglia,  sul
 seguente quesito:
   "Volete   voi   che   siano   abrogati:   l'art.  4,  primo  comma,
 limitatamente alle parole ''e con la Comunita' economica europea''  e
 l'art.  6  del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega
 di cui all'art.  1 della legge 22 luglio 1975, n. 382); gli artt. 9 e
 11  della  legge  9  marzo  1989,  n.  86   (Norme   generali   sulla
 partecipazione  dell'Italia al processo normativo comunitario e sulle
 procedure di esecuzione degli obblighi comunitari)?".
   2. - Con ordinanza depositata in data 27 novembre  1996,  l'Ufficio
 centrale  per  il  referendum  ha  dichiarato  la  legittimita' della
 richiesta, stabilendo come denominazione del  referendum:  Abolizione
 dei  limiti  statali alla partecipazione delle Regioni alle attivita'
 della Unione europea.
   3.  -  Ricevuta  la   comunicazione   dell'ordinanza   dall'Ufficio
 centrale,  il  Presidente  di  questa Corte ha fissato il giudizio di
 ammissibilita'  della  richiesta  referendaria  per  la   camera   di
 consiglio  dell'8  gennaio 1997, disponendo altresi' le comunicazioni
 previste dall'art. 33, secondo comma, della legge n. 352 del 1970.
   4.  -  Nell'imminenza  della  camera  di  consiglio, i delegati dei
 Consigli regionali delle  Regioni  promotrici  del  referendum  hanno
 depositato una memoria, con la quale insistono perche' sia dichiarata
 l'ammissibilita' della richiesta e chiariscono che, poiche' la stessa
 mirerebbe  alla  abrogazione  delle  leggi  che  prevedono interventi
 statali limitativi dell'autonomia regionale nei rapporti con l'Unione
 europea, il quesito non  difetterebbe  di  chiarezza,  univocita'  ed
 omogeneita' e risponderebbe anche al criterio della completezza.
   Per  quanto riguarda il limite che l'istituto referendario incontra
 nelle   leggi   di   autorizzazione   alla   ratifica   di   trattati
 internazionali,  i  delegati  dei  Consigli regionali rilevano che il
 divieto costituzionale riguarderebbe  le  sole  leggi  necessarie  al
 perfezionamento   dei   trattati   e   non   quelle   di  adattamento
 dell'ordinamento  interno;  comunque,  anche  a   volerne   estendere
 l'interpretazione, il limite dovrebbe essere rappresentato solo dalle
 norme  la  cui abrogazione comporti inadempimento di obblighi assunti
 nell'ordinamento internazionale.
   Sotto un diverso profilo, i delegati dei Consigli regionali  notano
 che,  nell'evoluzione  del  diritto  comunitario,  la Regione sarebbe
 ormai considerata un destinatario dei diritti  e  degli  obblighi,  a
 fianco  degli Stati e dei cittadini: le amministrazioni tenute a dare
 attuazione alle norme comunitarie direttamente applicabili  sarebbero
 anche  quelle  degli  enti territoriali; le amministrazioni regionali
 sarebbero poi responsabili esse stesse nei confronti dei cittadini in
 caso  di  mancato  adempimento  degli  obblighi;   varie   forme   di
 collaborazione  diretta  tra  organi comunitari e Regioni, al fine di
 decisioni, attuazioni e verifiche, sarebbero previste dal  cosiddetto
 "partenariato"  disciplinato  in  numerosi regolamenti CEE; lo stesso
 trattato sull'Unione europea, infine, con la creazione  del  Comitato
 per  le  Regioni  e  l'introduzione  del principio di sussidiarieta',
 sembrerebbe confermare per le Regioni lo status di soggetti a diretta
 rilevanza comunitaria.
   In conclusione, l'esigenza di appagamento di  istanze  unitarie  si
 esprimerebbe,  ormai,  secondo  i  delegati dei Consigli regionali, a
 livello comunitario e non piu' a livello dei singoli  Stati,  ne'  il
 processo  di  integrazione  europea  potrebbe  essere  considerato un
 semplice accordo internazionale tra Stati sovrani, come dimostrerebbe
 la distinzione tra rapporti  internazionali  e  rapporti  comunitari,
 presente nella normativa statale.
                         Considerato in diritto
   1.  -  La richiesta di referendum abrogativo riguarda gli artt.  4,
 primo comma, e 6 del d.P.R. 24  luglio  1977,  n.  616,  concernenti,
 l'uno,  le competenze dello Stato nelle materie definite dallo stesso
 decreto, e, l'altro, sia le competenze delle Regioni  nell'attuazione
 dei  regolamenti e delle direttive della comunita' economica europea,
 che la previsione di poteri sostitutivi dello Stato per  il  caso  di
 accertata   inattivita'   degli   organi   regionali   che   comporti
 inadempimenti agli obblighi comunitari. La richiesta referendaria  ha
 ad  oggetto,  altresi', gli artt. 9 e 11 della legge 9 marzo 1989, n.
 86, concernenti, il  primo,  le  competenze  delle  Regioni  e  delle
 province  autonome  nell'esecuzione  degli  obblighi  comunitari,  la
 funzione  statale  di  indirizzo  e  coordinamento  ed  il   relativo
 procedimento,  e,  il  secondo, le conseguenze dell'inadempimento, da
 parte  delle  Regioni,  degli  obblighi  derivanti  dall'appartenenza
 dell'Italia  alla  Comunita'  europea, consistenti nella attribuzione
 allo Stato di poteri sostitutivi.
   2. - La richiesta referendaria e' inammissibile.
   La tecnica adottata, nell'investire  solo  parzialmente  l'art.  4,
 primo  comma,  del  d.P.R.  n.  616  del  1977  e nel chiedere invece
 l'abrogazione dell'intero testo in relazione alle altre  disposizioni
 sopra  indicate,  e' idonea a chiarire e a rendere oggettiva la ratio
 ispiratrice dell'intera proposta referendaria.
   Il predetto primo comma dell'art. 4,  nella  attuale  formulazione,
 stabilisce:  "lo  Stato, nelle materie definite dal presente decreto,
 esercita soltanto le funzioni amministrative indicate negli  articoli
 seguenti,  nonche'  la  funzione  di indirizzo e di coordinamento nei
 limiti, nelle forme e con le modalita'  previste  dall'art.  3  della
 legge  22  luglio  1975,  n.  382, e le funzioni, anche nelle materie
 trasferite o delegate, attinenti ai rapporti internazionali e con  la
 comunita'  economica  europea,  alla  difesa nazionale, alla pubblica
 sicurezza". Le funzioni spettanti allo Stato nelle materie trasferite
 o delegate non vengono qui enumerate  e  positivamente  regolate;  la
 loro  esistenza  e  la  loro  spettanza  allo  Stato  vengono  invece
 sinteticamente enunciate con proclamazione di carattere generale.  Ed
 allora, la circostanza che la proposta referendaria colpisca soltanto
 le  parole  "e  con la Comunita' economica europea" fa si' che il suo
 significato oggettivo sia quello  di  restringere  ai  soli  rapporti
 internazionali  (oltre  che  alla  difesa  nazionale  e alla pubblica
 sicurezza) la vigenza del principio che allo Stato spettino  funzioni
 nelle  materie trasferite o delegate e di impedire che tale principio
 sia vigente ed operante anche nell'ambito dei rapporti comunitari. E'
 quindi evidente che  il  quesito  non  mira  tanto  ad  ottenere  una
 successiva  diversa  disciplina  legislativa  delle  funzioni statali
 attinenti ai rapporti con la Comunita' economica europea quando venga
 in  considerazione  una  qualsiasi  competenza  regionale,  quanto  a
 contrastare  in linea di principio, appunto la stessa possibilita' di
 funzioni statali in tale ambito di rapporti.
   3. - L'operazione manipolativa condotta sull'art. 4,  primo  comma,
 del  d.P.R.  n.  616  del  1977,  consente  di cogliere con la stessa
 chiarezza la ratio obiettiva della richiesta  di  abrogazione  totale
 delle altre disposizioni sopra richiamate. E' del tutto estraneo alla
 complessiva   proposta   promuovere,   per   mezzo   dell'abrogazione
 referendaria, la definizione di una nuova disciplina  delle  funzioni
 statali  enumerate  e  regolate  in  quelle disposizioni (artt. 6 del
 d.P.R. n. 616 del 1977, e 9 e 11 della legge n. 86 del 1989),  ed  e'
 invece   evidente   l'intendimento,   che   si  fa  dunque  oggettivo
 nell'intero quesito, di  eliminare  con  referendum  autoapplicativo,
 insieme  al principio dell'esistenza di funzioni statali nei rapporti
 comunitari (art. 4, primo comma, del d.P.R.  n.  616  del  1977),  la
 positiva  disciplina delle funzioni stesse, in modo che ogni potere e
 ogni funzione, compresi quelli che attengano  a  istanze  unitarie  e
 infrazionabili,  siano rimessi alle Regioni. Tale essendo l'oggettiva
 consistenza della richiesta  referendaria,  essa  e'  da  dichiararsi
 inammissibile.
   Anche  se  nell'attuale stadio del processo di integrazione europea
 si assiste ad una crescente espansione del ruolo delle autonomie  nel
 contesto  del  diritto  comunitario,  l'insieme delle funzioni che lo
 Stato e' chiamato ad esercitare nei rapporti con la comunita' europea
 non  puo'  essere  rimosso  e  globalmente  assunto  dalle   Regioni,
 ostandovi  il principio di unita' e indivisibilita' della Repubblica,
 sancito  nell'art.  5  della  Costituzione.  E'  infatti  su   questo
 principio  che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (da ultimo,
 sentenza n. 126 del 1996),  si  fonda  la  spettanza  allo  Stato  di
 funzioni (che si concretano in atti di indirizzo e di coordinamento e
 nell'esercizio  di  poteri  sostitutivi  o  suppletivi),  che possono
 essere bensi' diversamente disciplinate  in  direzione  di  una  piu'
 consistente  valorizzazione  del  principio autonomistico, ma che non
 possono essere  fatte  definitivamente  tacere,  secondo  l'obiettivo
 intendimento che si appalesa nella richiesta referendaria.