IL PRETORE
   Letti gli atti, sciogliendo la riserva che precede, osserva:
   I. - La presente controversia e'  stata  introdotta  con  citazione
 notificata  il  25 settembre 1995. Dopo l'esperimento dell'udienza di
 prima comparizione e la concessione della provvisoria esecutivita' al
 decreto opposto, veniva espletata l'udienza ex art.  183  e,  quindi,
 fissata  udienza ex art. 184 c.p.c., nella quale nessuno compariva ed
 il giudicante si riservava, occorrendo stabilire se al processo fosse
 applicabile la norma dell'art. 309 c.p.c. nel  testo  risultante  dal
 rinvio  all'art.  181  primo  comma  c.p.c.  nel testo inopinatamente
 novellato  (o  meglio, come si vedra', rinovellato) dall'art. 4 comma
 1-bis del d.-l. 18 ottobre 1995 n. 432,  come  modificato  (o  meglio
 aggiunto)  dall'allegato approvato dall'art. 1 (ed unico) della legge
 di conversione di detto decreto, cioe' la legge 20 dicembre  1995  n.
 534.
   Tale  nuovo  testo  dell'art.  181 secondo comma c.p.c., che non ha
 fatto altro  che  ripristinare  il  vecchio  testo  modificato  dalla
 sfortunata legge 26 novembre 1990 n. 353/1990, e' entrato in vigore a
 far  tempo  dal  21  dicembre  1995,  giusta la disposizione generale
 dell'art. 15 comma 5 della legge 23 agosto 1988 n. 400.
   Non sembra dubbio che, alla stregua del c.d. principio tempus regit
 actum la nuova norma (vecchia quanto al  contenuto)  sia  applicabile
 alla  presente  controversia,  di  modo  che,  di fronte alla mancata
 comparizione dell'unica parte costituita si dovrebbe,  in  forza  del
 primo  comma  dell'art.  181,  fissare  altra  udienza,  cui  appunto
 rinviare la causa.
   In particolare, il  testo  dell'art.  181  primo  comma  nuovamente
 reintrodotto  dispone  che  "se  nessuna delle parti comparisce nella
 prima udienza, il giudice fissa una udienza  successiva,  di  cui  il
 cancelliere da' comunicazione alle parti costituite. Se nessuna delle
 parti  comparisce  alla  nuova udienza, il giudice, con ordinanza non
 impugnabile, dispone la cancellazione della causa  dal  ruolo".  Tale
 testo,  salva  la  sostituzione del riferimento al giudice istruttore
 del  vecchio  processo  avanti  al  tribunale,  del  riferimento   al
 "giudice"  (imposto dalla scomparsa nel nuovo rito processuale civile
 della figura del  giudice  istruttore),  e'  quello  che  nel  nostro
 ordinamento  venne introdotto dall'art. 15 della legge 14 luglio 1950
 n. 581, cioe' dalla famosa (o forse famigerata, per chi abbia a cuore
 un modello processuale civile moderno) Novella del 1950.
    Per effetto del rinvio (formale o ricettizio  che  sia)  dell'art.
 309  c.p.c.  al  primo comma dell'art. 181, la diciplina dell'assenza
 delle parti costituite in prima udienza, nel senso  della  previsione
 di  un  rinvio  dell'udienza,  e'  ridiventata applicabile anche alle
 udienze successive all'udienza di prima  comparizione.  Per  cui,  il
 nostro  processo  civile  ha   tornato ad ispirarsi ad una regola, in
 base  alla  quale  e'  consentito  alle  parti  costituite,  se  sono
 d'accordo,  ovvero  all'unica  parte  costituita,  di  dilazionare lo
 svolgimento del procedimento senza palesare in alcun modo la  ragione
 della dilazione e senza che al giudice sia consentito alcun potere di
 valutazione in ordine alla ragionevolezza della dilazione.
   Ritiene questo pretore che la reintroduzione di tale disciplina non
 sia  conforme  a Costituzione e sulla base di questo convincimento ha
 gia' sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
 309  c.p.c.,  dapprima con l'ordinanza del 24 gennaio 1996 resa nella
 causa  fra  Immobiliare  Giga  s.r.l.  e  Zamboni  Alfio  Tullio  (n.
 5743/1995  r.g.c.)  e,  poi, con l'ordinanza del 13 maggio 1996 nella
 causa fra Residence Santa Giuliana s.r.l. e Vernizzi Rinaldo e  Russo
 Anna   (n.      6264/1995  r.g.c.),  nella  quale  le  ragioni  della
 incostituzionalita'  sono  state  aggiornate  al  lume  del   recente
 disconoscimento  da parte della Corte costituzionale della rilevanza,
 ai fini della  regolamentazione  del  processo  civile,  della  norma
 dell'art.  97  della Costituzione.  Nella recente sentenza n. 84/1996
 la Corte costituzionale ha, infatti, ribadito che la norma  dell'art.
 97  rileverebbe  solo ai fini della regolamentazione dell'ordinamento
 degli uffici giudiziari a livello amministrativo e non invece ai fini
 della   concreta  regolamentazione  del  processo  sotto  il  profilo
 dell'esercizio della funzione giurisdizionale.
   Pur non condividendo tale autorevole opinione questo pretore, nella
 citata ordinanza del 13 maggio 1996 vi ha  prestato  ossequio  ed  ha
 abbandonato come parametro di riscontro della sollevanda questione di
 costituzionalita'  dell'art.  309 c.p.c. il riferimento all'art.  97,
 gia' utilizzato nell'ordinanza del 24 gennaio 1996.
   II.  - Con la presente ordinanza si intende sollevare  anche  nella
 presente  controversia  la  questione  di legittimita' costituzionale
 dell'art. 309 c.p.c. nel testo che  ora  rinvia  all'art.  181  primo
 comma  come  modificato  dalla  legge  n.  534/1995.  La questione si
 solleva sulla base  del  richiamo  integrale  delle  ragioni  esposte
 nell'ordinanza del 13 maggio 1996, che appare inutile qui riprodurre,
 bastando  - si crede - un richiamo per relationem. In tale ordinanza,
 del  resto,  si  evidenzio'  come  la   Corte   costituzionale,   ove
 accogliesse la questione sull'art. 309, potrebbe d'ufficio dichiarare
 incostituzionale  direttamente  anche  l'art. 181 primo comma c.p.c.,
 che in forza del rinvio ne somministra il contenuto.
   In ordine alla rilevanza della questione di legittimita'  dell'art.
 309  c.p.c.  nel presente giudizio, si osserva che essa e' manifesta,
 poiche' il giudicante dovrebbe necessariamene provvedere ad applicare
 la  norma  denunciata  come  incostituzionale  e  fissare  una  nuova
 udienza,  anziche' disporre l'immediata cancellazione della causa dal
 ruolo, come dovrebbe essere  secondo  la  disciplina  che  si  reputa
 conforme  alla  Costituzione,  siccome  illustrato  nell'ordinanza 13
 maggio 1996.