Ricorso  della  regione  Lombardia,  in  persona   del   presidente
 pro-tempore  della  Giunta  regionale,  on.  dr.  Roberto  Formigoni,
 rappresentata e difesa, come da delega a margine del  presente  atto,
 ed  in  virtu' di deliberazione di autorizzazione a stare in giudizio
 dagli avv.   proff. Giuseppe Franco Ferrari  e  Massimo  Luciani,  ed
 elettivamente  domiciliata  presso  lo  studio  del  secondo in Roma,
 lungotevere delle Navi n. 30;
   Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri  a  seguito  e  per
 l'effetto  del  O.M. Sanita' prot. 600.8/VEET/24436/AG/112/635 "Norme
 transitorie per la indentificazione degli animali della specie bovina
 e bufalina", pervenuta alla regione Lombardia il  27  febbraio  1997,
 nonche'  della  nota  telegrafica  spedita  il  21  febbraio  1997  e
 pervenuta il 24 febbraio, a firma del direttore generale Dipartimento
 alimentazione nutrizione sanita' pubblica veterinaria  del  Ministero
 della Sanita' pervenuta il 24 febbraio 1997.
   1.  -  Con d.P.R. 30 aprile 1996, n. 137, regolamento recante norme
 per    l'attuazione    della    direttiva     92/102/CEE     relativa
 all'identificazione  e  alla  registrazione  degli  animali, e' stata
 introdotta una complessa e articolata disciplina delle  modalita'  di
 identificazione e registrazione degli animali.
   Il sistema ivi completato prevede anzitutto un elenco delle aziende
 che  detengono  animali,  gestito  dai  servizi veterinari delle USL;
 contempla inoltre la tenuta di  registri  aziendali,  particolarmente
 completi  per  gli  animali  della  specie bovina e bufalina (art. 3,
 comma 2), ma soggetti a formalita' anche per le specie ovina, caprina
 e suina.
   L'art.   4   del   regolamento   contempla   un    meccanismo    di
 indentificazione  degli  animali attraverso la apposizione di marchio
 di indentificazione a cura e spese dell'azienda di origine. Lo stesso
 articolo disciplina i materiali e la conformazione del marchio (comma
 3),  i casi di rimovibilita' o sostituibilita' (comma 4), i caratteri
 del marchio con particolare riguardo alle specie  bovina  e  bufalina
 (all.  I), l'assegnazione e la distribuzione dei marchi auricolari da
 parte delle USL (art. 5), la tempistica dell'apposizione del  marchio
 (art. 6).
   Tale  normativa  non  e'  stata a suo tempo impugnata dalla regione
 ricorrente per sua consapevole scelta, nonostante numerosi profili di
 dubbia legittimita' costituzionale: ad  esempio,  si  sarebbe  potuto
 lamentare il ricorso alla forma del regolamento per la adozione di un
 atto  che  ha  caratteri sostanziali di indirizzo e coordinamento; si
 sarebbe altresi' potuto  lamentare  il  fatto  che  la  normativa  si
 indirizzasse  direttamente alle USSL. aggirando il livello regionale,
 e che non lasciasse alcun  margine  di  discrezionalita'  ne'  alcuno
 spazio di autonomia alle eventuali determinazioni regionali.
   La   regione   Lombardia  ha  tuttavia  ritenuto  di  non  proporre
 impugnazione, confidando in una rapida e non troppo lesiva attuazione
 della disciplina.
   In epoca successiva, e piu' precisamente con la circolare 14 agosto
 1996 n. 11 (Gazzetta Ufficiale n. 250 del 24 ottobre 1996: cfr.  all.
 2), il Ministero della sanita' ha ritenuto di adottare una disciplina
 attuativa  del  regolamento,  a  carattere  estremamente dettagliato,
 denominandolo "norme tecniche di  indirizzo  per  l'applicazione  del
 d.P.R. 30 aprile 1996, n. 317". Tale disciplina, troppo analitica per
 essere  riassunta  in questa sede, contiene ulteriori prescrizioni in
 ordine alla marca auricolare a  punzonatura,  che  viene  addirittura
 descritta nelle figure A e B dell'allegato 6.
   La  circolare  configura  espressamente  a  piu'  riprese un regime
 transitorio (cfr. in particolare la seconda colonna di pag. 32, che:
     a) demanda alle regioni e province autonome di stabilire tempi  e
 modi   di   applicazione   omogenea  del  provvedimento  sul  proprio
 territorio;
     b)  consente  per  la  prima  fase  attuativa  del  decreto   del
 Presidente  della  Repubblica  n.  317/1996, l'utilizzo temporaneo di
 contrassegni   gia'   "ufficialmente   riconosciuti"    validi    per
 l'identificazione  degli  animali a fini di profilassi delle malattie
 infettive;
     c) consente  eccezionalmente,  sino  a  completa  attuazione  del
 sistema  di indentificazione a regime, l'apposizione di marchi in uso
 sui capi iscritti a  libri  genealogici),  di  ovvio  contemperamento
 delle  esigenze  della  nuova  disciplina  con prassi preesistenti ed
 esigenze locali.
   La regione Lombardia non ha proposto  impugnazione  neppure  contro
 tale  ulteriore  atto,  ritenendo  anche  qui preferibile alla difesa
 rigorosa della propria sfera di competenza una ragionevole attuazione
 della nuova disciplina.
   2. - Il telegramma pervenuto il 24 febbraio,  tuttavia,  stabilisce
 ora  che  l'utilizzo  della marca auricolare per bovini a punzonatura
 del tipo 6B della circolare n.  11  sara'  consentita  esclusivamente
 fino al 31 dicembre 1997.
   L'ordinanza   ministeriale   pervenuta   il  27  febbraio  contiene
 prescrizioni  ulteriormente   lesive   della   sfera   regionale   di
 competenza, e in particolare:
     a)  le  regioni  e  le  province autonome sono tenute con effetto
 immediato ad avvalersi esclusivamente, per l'acquisizione dei  marchi
 auricolari,  del  centro  di  referenza  nazionale  di epidemiologia,
 programmazione    e    informazione,    individuato     nell'Istituto
 zooprifilattico  sperimentale dell'Abruzzo e del Molise "G. Caporale"
 di Teramo;
     b)  a tale centro vanno altresi' forniti dalle  Regioni  tutti  i
 dati  relativi  alla  applicazione  del  D.P.R.  n.  317/1996;  c. le
 modalita' e la frequenza di trasmissione dei dati sono concordate tra
 le aziende USSL, il Centro  di  referenza,  l'Aima,  il  Dipartimento
 alimenti,  nutrizione  e  sanita'  pubblica veterinaria del Ministero
 della sanita', il Ministero  delle  risorse  agricole,  alimentari  e
 forestali;
     c)   il  periodo  transitorio  viene  sostanzialmente  dichiarato
 concluso.
   Gli  atti  impugnati  configurano  una  lesione  della   sfera   di
 competenza  costituzionalmente assegnata alle Regioni, per i seguenti
 motivi di
                             D i r i t t o
   Violazione degli artt. 11, 97, 117, 118 e 119 Cost. Violazione  del
 d.P.R.   n.   317/1996.  Violazione  del  testo  unico  n.  358/1992.
 Violazione di precedenti atti di indirizzo e coordinamento.
   Tanto il decreto del Presidente della Repubblica n. 317/1996 quanto
 la circolare interpretativa n. 11/1996 contemplano  l'utilizzo  delle
 marche   a   punzonatura  per  il  bestiame  bovino  per  un  periodo
 transitorio di durata non determinata.  Tale  determinazione  e'  del
 tutto  ragionevole per una pluralita' di motivi: non  e' pregiudicato
 il passaggio al sistema di identificazione da utilizzarsi  a  regime;
 la tecnica della punzonatura e' pacificamente preferibile in numerose
 situazioni economico-geografiche, con particolare riguardo ad aree di
 montagna  con  numerose  aziende  di  piccole dimensioni; l'integrale
 informatizzazione  dell'anagrafe  bovina  comporta  rilevanti   tempi
 tecnici,  oltre  ad  una  puntuale  intesa tra allevatori, USL e enti
 locali; la conclusione del periodo di utilizzo della punzonatura  ben
 puo'  e  deve essere lasciata a determinazioni locali, verosimilmente
 regionali. Alla  amministrazione  regionale  dovrebbe  dunque  essere
 lasciata la competenza a determinare la durata del regime transitorio
 della individuazione dei capi bovini e bufalini mediante punzonatura.
 Cosi'   d'altronde  prescrivevano  sia  il  regolamento  che  la  sua
 interpretazione ministeriale, sino alla recente ordinanza.
   Viceversa,   gli   atti   impugnati   mettono   arbitrariamente   e
 uniformemente  fine  al  regime  transitorio  con termini brevissimi,
 limitati all'anno solare  in  corso,  con  l'effetto  anzi  tutto  di
 trascurare   ogni   peculiarita'  economico-produttiva  locale  e  di
 comprimere le competenze amministrative  regionali,  gia'  ampiamente
 ridotte  dal  regolamento  e  dalla  circolare,  pur  accettate dalle
 regioni   pro bono pacis e per la  speranza  di  una  attuazione  non
 invasiva  delle  prerogative  regionali. Le regioni hanno tuttavia un
 perdurante, se non accresciuto, interesse ad  azionare  lo  strumento
 del  conflitto  di  attribuzione  per  lagnarsi  dell'uso  a  fini di
 indirizzo e coordinamento di atti amministrativi  adottati  in  forma
 semplificatissima  e  privi  del fondamento normativo primario che la
 giurisprudenza  costante  di  codesta  ecc.ma  Corte  ha  da   sempre
 prescritto.  L'esercizio,  in  precedenti occasioni non contestato da
 parte  regionale,  di  una  potesta'  di  indirizzo  e  coordinamento
 impropria  e  esclusiva  della  autonomia  e  della  discrezionalita'
 regionali   non   abilita   certamente  lo  Stato  a  nuovi  esercizi
 ulteriormente impropri e anzi ancora piu' semplificati  della  stessa
 potesta' in ancor piu' grave assenza di fondamento legislativo.
   Ma,  non  pago  di questa ulteriore accelerazione sul terreno della
 non necessaria uniformita', perseguita non mediante atti di indirizzo
 e coordinamento rispettosi del principio di legalita', ma a colpi  di
 ordinanza  e  circolare ministeriale, il Ministero introduce non solo
 una  uniforme  conclusione  del  regime  transitorio,  ma   modalita'
 gestionali del regime transitorio del tutto incredibili.
   In  altre  parole, delle due l'una: o gli atti impugnati pretendono
 di qualificarsi come  di  indirizzo  e  coordinamento,  e  allora  la
 violazione  del  principio  di  legalita'  e'  clamorosa; ovvero sono
 adottati in forma semplificata in quanto  meri  atti  amministrativi,
 ipotesi  piu'  plausibile,  in  questo  caso  essi  si caratterizzano
 altresi' per la violazione e falsa  applicazione  degli  stessi  atti
 precedenti di indirizzo e coordinamento.
   Tornando  al  contenuto  della  disciplina, sino ad oggi non e' mai
 stato in dubbio che il costo dei  punzoni  auricolari  e  della  loro
 applicazione   fosse   a  carico  degli  allevatori,  trattandosi  di
 limitazione all'iniziativa economica dettate da  motivi  di  evidente
 utilita'  sociale,  sotto  il  profilo  dell'igiene e della salute. A
 nulla rilevava poi che provvidenze nazionali, a carico  del  bilancio
 statale,  venissero selettivamente riconosciute agli allevatori, come
 ad esempio nel caso dei contributi alle associazioni  provinciali  in
 vista della gestione dei libri genealogici del bestiame di razza.
   Viceversa,  gli  atti  impugnati  impongono  ora  alle  Aziende USL
 l'acquisto diretto e la distribuzione agli allevatori  del  materiale
 necessario.    Il  che  significa  che i costi relativi sono a carico
 delle stesse aziende USL, e dunque  del  fondo  sanitario  regionale.
 Sotto  questo  profilo,  la vocazione accentratrice e uniformante del
 ministero  si  combina  con  l'addebito  di  un  costo  alla  finanza
 regionale,   in   assenza  di  qualunque  previsione  legislativa  di
 riferimento.
   Si potrebbe aggiungere, sul piano della coerenza, che stupisce  che
 la stessa autorita' ministeriale che pratica una politica di risparmi
 all'osso  su  altri  versanti  di  spesa,  dal  taglio del prezzo dei
 farmaci al convenzionamento con i medici  generici  e  specialistici,
 addebiti  al sistema sanitario costi rilevanti con tanta disinvoltura
 e in assenza  di  copertura  finanziaria  e  legislativa.  Ma  queste
 considerazioni  sono  forse  marginali. Rimane tuttavia il fatto che,
 coerenza ministeriale a parte, sussiste un problema  di  addossamento
 non normativamente autorizzato di spese.
   Ma,  come  se  non bastasse, gli atti impugnati contengono un'altro
 grave arbitrio. Essi prescrivono alle aziende USL  di  avvalersi  per
 l'approvvigionamento    di    un    unico    fornitore,    l'Istituto
 zooprofilattico sperimentale dell'Abruzzo  e  Molise,  prescelto  dal
 Ministero  al  di  fuori di qualunque procedura di evidenza pubblica,
 imposta  sia  dalla  normativa  europea   recepita   nell'ordinamento
 italiano  che  dalla disciplina interna in tema di contabilita' dello
 Stato.  Qui   l'ansia   uniformatrice   del   preteso   indirizzo   e
 coordinamento  esorbita  dall'ambito  della violazione del riparto di
 compentenza tra Stato e regioni, per  investire  le  piu'  elementari
 regole  di  comportamento dei soggetti pubblici nella acquisizione di
 beni e servizi.
   Di  piu',   in   base   all'art.   2   dell'ordinanza,   l'Istituto
 zooprofilattico  sperimentale  dell'Abruzzo viene ipso facto promosso
 organo del Ministero della sanita' e qualificato centro di referenza,
 e con tale istituto si  prescrive  che  i  servizi  veterinari  delle
 regioni  si  rapportino, concordando con esso, oltre che con l'AIMA e
 il MIRAAF, le modalita' tecniche e la  frequenza  della  trasmissione
 dei dati.
   All'arbitrario   uso   di  poteri  di  indirizzo  e  coordinamento,
 all'addebito di costi alle USL e alla finanza regionale senza  titolo
 legislativo,  all'aggiramento  di  tutte  le procedure previste dalla
 normativa statale e comunitaria sui contratti si  aggiunge  cosi'  la
 virtuale  equiparazione  delle  regioni  ad  organi  periferici dello
 Stato.