Ricorso della regione Lombardia, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta regionale, onorevole dott. Roberto Formigoni, rappresentata e difesa, come da delega a margine del presente atto, ed in virtu' di deliberazione di giunta regionale n. VI/27726 del 18 aprile 1997, di autorizzazione a stare in giudizio, dagli avvocati proff. Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, Lungotevere delle Navi n. 30; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 28 marzo 1997, n. 81, di conversione con modificazioni del d.-l. 31 gennaio 1997, n. 11 ("Misure straordinarie per la crisi del settore lattiero-caseario ed altri interventi urgenti a favore dell'agricoltura"), pubblicata in Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 75, del 1 aprile 1997, specificamente nella parte in cui converte gli art. 01, commi 1 e 2; 1, commi da 36 a 44. F a t t o 1. - Il regime delle c.d. quote latte, finalizzato al contenimento della produzione, da anni eccedente nel mercato europeo, e' stato introdotto in Italia, dopo un lungo contenzioso circa l'effettiva entita' della produzione interna e la irrogazione delle relative sanzioni comunitarie, dalla legge 26 novembre 1992, n. 468. Tale testo normativo, dopo aver demandato, all'art. 2, comma 2, la redazione di elenchi dei produttori titolari di quota e la loro pubblicazione in appositi bollettini all'azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo, (AIMA), all'art. 2, comma 2, limitatamente ai produttori di associazioni aderenti alla UNALAT, dispone la articolazione della quota in due parti: l'una (A), commisurata alla produzione di latte commercializzata nel periodo 1988-1989; l'altra (B), rapportata alla maggiore produzione commercializzata nel periodo 1991-1992. Poiche' peraltro il regolamento CEE del Consiglio n. 804/1968, del 27 giugno 1968, contemplava la periodica rideterminazione delle quote nazionali spettanti all'Italia, i commi 6-8 dello stesso art. 2, assegnavano alle regioni il compito di vigilare sulla effettiva produzione dei singoli operatori e di comunicare all'AIMA per l'aggiornamento del bollettino le eventuali situazioni di quota assegnata superiore a quella effettiva, e al Ministro dell'agricoltura e foreste, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e sentite le organizzazioni professionali maggiormente rappresentative, in caso di eccedenza delle quantita' attribuite ai produttori alla stregua dei commi 2 e 3 rispetto alle quote nazionali individuate in sede comunitaria, di stabilire con proprio decreto i criteri generali per il pieno allineamento con le quote nazionali nell'arco di un triennio, Lo stesso comma 8 imponeva che, con riferimento alle riduzioni obbligatorie della quota B, si tenesse conto "dell'esigenza di mantenere nelle aree di montagna e svantaggiate la maggior quantita' di produzione lattiera". 2. - Il d.-l. 23 dicembre 1994, n. 727, convertito con modificazioni in legge 24 febbraio 1995, n. 46, ha poi operato la riduzione delle quote B per singolo produttore, con l'esclusione degli operatori delle stalle ubicate nelle zone montane di cui alla direttiva del Consiglio CEE 75/268 del 28 aprile 1975, da effettuarsi entro il 31 marzo 1995, con operativita' dalla campagna 1995-1996. La legge di conversione n. 46/1995 ha innovato il decreto come segue: a) ha previsto (art. 2, comma 1, lettera O.a)) la riduzione della quota A non in produzione, almeno qualora essa ecceda il 50% della quota A attribuita; b) dopo avere confermato la riduzione della quota B (lett. a)), ha escluso (lett. b)) da entrambe le riduzioni i produttori non solo titolari di stalle ubicate in zone di montagna, ma anche quelli operanti "nelle zone svantaggiate e ad esse equiparate nonche' nelle isole"; c) ha consentito (art. 2, comma 2-bis) che i produttori che abbiano ottenuto, anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 468/1992, l'approvazione di un piano di sviluppo o di miglioramento zootecnico da parte della regione e che lo abbiano realizzato, possano chiedere la assegnazione di una quota corrispondente all'obiettivo di produzione indicato nel piano medesimo, in sostituzione delle quote A e B. Piu' in generale il decreto-legge n. 727/1994 e la legge n. 46/1995 hanno soppresso la previa consultazione della Conferenza tra Stato e regioni, rimettendo la istruttoria e la predisposizione del piano di rientro esclusivamente all'istanza ministeriale. Inoltre, la normativa ha introdotto un meccanismo di autocertificazione delle produzioni, in base al quale gli acquirenti sono autorizzati a considerare i quantitativi autocertificati dai produttori. 3. - La legge 46/1995 insieme con il decreto-legge convertito veniva impugnata dalla regione Lombardia con ricorso rubricato n. 22/1995, con allegazione di numerosi profili di incostituzionalita'. Codesta ecc.ma Corte, a seguito di discussione nella pubblica udienza del 23 novembre 1995, con decisione n. 520 del 28 dicembre 1995, accoglieva il predetto ricorso, in una con quello presentato dalla regione del Veneto e rubricato con n.r.g. 23/1995, sotto il profilo della incostituzionalita' dell'art. 2, comma 1, della legge, nella parte in cui non vi si contemplava il parere delle regioni interessate nel procedimento di riduzione delle quote individuali spettanti ai produttori di latte bovino. 4. - Il Governo e' poi intervenuto nuovamente con la decretazione di urgenza nel delicato settore de quo, adottando prima il d.-l. 15 marzo 1996, n. 124 e poi, reiterando il primo, adottando il d.-l. 16 maggio 1996, n. 260, impugnati con ricorsi n.r.g. 18 e 27/1996, pendenti avanti la ecc.ma Corte per la decisione, indi con il d.-l. 8 luglio 1996, n. 353, del pari impugnato con ricorso n.r.g. 33/1996, e pure essa in attesa di' decisione, con il d.-l. 8 agosto 1996, n 440, con il d.-l. 6 settembre 1996, n. 463, e infine con i dd.-ll. 23 ottobre 1996, nn. 542 e 552. Tali ultimi due decreti-legge, da ultimo, sono stati convertiti, rispettivamente, nelle leggi 20 dicembre 1996, n. 642, e 23 dicembre 1996, n. 649, entrambe impugnate con ulteriori ricorsi, rubricati ai nn. 12/1997 e 14/1997. I decreti-legge successivi alla legge n. 46 del 1995, appartengono a due nuove "catene" di decreti reiterati: una saldatasi con la legge di conversione del decreto-legge n. 542 del 1996 (legge n. 649 del 1996); l'altra saldatasi con la legge di conversione del decreto-legge n. 552 del 1996 (legge n. 642 del 1996), entrambe, come si e' detto, impugnate con ricorsi rubricati ai nn. 15/1997 e 13/1997. La prima catena e' relativa aIle previsi'ani sulle procedure di compensazione (in particolare, all'eliminazione delle procedure previste dalla legge n. 468 del 1992, sostituite da una compensazione nazionale gestita dall'AIMA), nonche' alla modalita' e ai tempi dei prelievi delle restituzioni. La seconda catena riguarda, un particolare, la disciplina dei bollettini dei produttori titolari di quota; 1a fissazione dei criteri di effettuazione della compensazione; le modalita' della compensazione medesima; la disciplina dell'abbandono della produzione; i termini per la cessione delle quote latte. Queste due catene, ancorche' distinte, sono interconnesse, e - per le ragioni gia' esposte nei ricorsi sopradescritti - hanno determinato gravissimi pregiudizi all'autonomia delle regioni in materia di agricoltura, disegnando uno scenario normativo incoerente e costituzionalmente illegittimo. L'incoerenza e l'illegittimita' sono state confermate e aggravate) dalla "saldatura" operata dalle menzionate leggi nn. 642 e 849 del 1996. A distanza di pochissimi giorni dalla pubblicazione (nella Gazzetta Ufficiale, rispettivamente, del 21 e del 23 dicembre 1996, delle leggi ora ricordate, il legislatore e' nuovamente intervenuto nel settore della produzione lattiera con la legge 23 dicembre 1996, n. 662 (che, addirittura, ancorche' pubblicata poco dopo, reca la stessa data della legge n. 649 del 1996), a conferma della caoticita' e della farraginosita' del suo agire. La legge (essa pure impugnata dalla ricorrente con ricorso rubricato al n. 20/1997 dedica alla produzione lattiera i commi da 166 a 174 dell'art. 2, ove si prevede quanto segue: a) i commi 166, 167 e 168 ripetono testualmente quanto gia' previsto dalI'art. 11 del decreto-legge n. 542 del 1996, convertito in legge n. 649 del 1996; b) il comma 168 ripete quasi testualmente (eliminando semplicemente il primo periodo) quanto gia' previsto dall'art. 3, comma 1, dei decreto-legge n. 552 del 1996, convertito in legge n. 642 del 1996; c) il comma 170 riproduce in parte l'art. 3, comma 3, dello stesso decreto-legge n. 552 del 1996, ma con alcune modificazioni. In particolare, nella nuova previsione: si elimina il riferimento alla compensazione nazionale da parte dell'AIMA (peraltro mantenuto in altre sedi); si proroga il termine per il versamento del prelievo supplementare da parte degli acquirenti al 31 gennaio 1997 (questa proroga, peraltro, era stata gia' disposta dalla legge di conversione n. 642 del 1996); si aggiunge (a mo' di contentino) la previsione della trasmissione alle regioni e alle province autonome degli elenchi redatti dall'AIMA a seguito della compensazione nazionale; d) il comma 171 dispone l'abrogazione retroattiva (a decorrere dal periodo 1995-1996) del decreto-legge n. 727 del 1994 (convertito in legge n. 46 del 1995); e) il comma 172 fa salvi gli effetti prodotti da una serie di decreti, fra i quali - ultimi della lista - i decreti-legge nn. 542 e 552 del 1996, gia' convertiti da leggi pubblicate appena pochi giorni prima; f) il comma 173 dispone la sostituzione dell'art. 10, comma 6, della legge n. 468 del 1992, prevedendo un nuovo regime della vendita e dell'affitto delle quote latte, rispetto al quale le regioni non hanno alcun ruolo, se non quello di destinatarie di comunicazioni da parte degli interessati, e di organi cui spetta il compito meramente esecutivo della verifica che il cedente la quota "non abbia gia' utilizzato la quota ceduta"; g) il comma 174, infine, prevede che, a decorrere dal periodo 1996-1997, l'acquisto di una quota latte non comporti la riduzione della quota gia' spettante all'acquirente. In questo modo, si e' determinato il risultato di aggravare ulteriormente la gia' esistente irragionevole disparita' di trattamento tra regioni e tra singoli produttori. 5. - Nonostante abbiano operato la "saldatura" finale delle descritte catene di decreti-legge, i confusi e contraddittori interventi normativi di fine anno non sono riusciti a scrivere la parola "fine" sotto la lunga e tormentata storia della disciplina in via d'urgenza della produzione lattiera. Il Governo e' infatti reintervenuto con il decreto-legge n. 11 del 1997, di cui in epigrafe, che rappresenta un nuovo, ennesimo intervento "straordinario" (sic|), che contribuisce a gettare ulteriori ombre ed incertezze su tutta la vicenda. Anche tale decreto e' stato impugnato dalla ricorrente con ricorso rubricato ai n. 25/1997 La storia di questo decreto e' nota: incalzato dalla protesta dei produttori, angosciati dall'imminente scadenza del c.d. superprelievo, ed esasperati dalla pachidermica gestione del settore lattiero-caseario da parte del MIRAAF e dell'AIMA, il Governo ha ritenuto opportuno intervenire, subito, con un provvedimento legislativo d'urgenza. 6. - Quanto ai suoi contenuti, il decreto in questione puo' essere diviso, per quanto qui interessa (e prescindendo dunque dalle disposizioni puramente finanziarie e da quelle previdenziali, di cui agli artt. 9-11) in due parti. In una prima parte si interviene, con forme di finanziamento agevolato ai produttori, onde far fronte alla crisi del settore determinata, per un verso, dall'encefalopatia spongiforme bovina, e per l'altro dalla sovrapproduzione di latte. Cosi', l'art. 1 stabilisce ammontare (comma 1), tasso (comma 2), criteri di calcolo (comma 3) e tempi e garanzie dei finanziamenti per fronteggiare i danni causati dalla menzionata epidemia (comma 4). L'art 2 fissa le procedure per la concessione dei finanziamenti. L'art 3 introduce, per i produttori che non abbiano chiesto il finanziamento di cui all'art.1, un premio per la perdita di reddito subita a causa dell'encefalopatia spongiforme bovina. L'art. 4 detta regole in materia di incentivi per l'abbandono della produzione lattiera, determinando ammontare, modalita' e tempi degli incentivi medesimi. L'art. 6 dispone un contributo straordinario al Fondo interbancario di garanzia e detta ulteriori regole in materia. In una seconda parte, logicamente differenziata dalla prima, il decreto si occupa direttamente del regime della produzione lattiera. Cosi', in particolare l'art. 7 istituisce una commissione governativa di indagine in materia di quote latte, e l'art. 8 detta norme in materia di identificazione e registrazione degli animali (anagrafe del bestiame), anche in applicazione del d.P.R. 30 aprile 1996, n. 317. Con delibera depositata in data 9 aprile 1997, la regione Lombardia ha parzialmente rinunciato al ricorso avverso il decreto-legge n. 11 del 1997 (limitatamente all'art. 7). 7. - Il decreto-legge n. 11 del 1997 viene ora convertito in legge ad opera della legge 28 marzo 1997, n. 81. La struttura del decreto e' stata profondamente alterata, poiche' i suoi vari articoli sono stati tutti raggruppati e trasformati in commi (ben 54|) di un solo maxi-articolo 1, ma il testo delle varie previsioni normative e' rimasto largamente intatto ad eccezione delle parti che qui appresso si indicano (ovviamente limitandosi a quanto interesso' il ricorso avverso il decreto-legge n. 11 del 1997, ovvero ora interessa l'attuale impugnativa). Viene, anzitutto, premesso al testo originario un art. 01, nel quale si prevede che le funzioni amministrative relative all'attuazione della normativa comunitaria in materia di quote latte siano svolte dalle regioni (e dalle province autonome). La soddisfazione con la quale dovrebbe essere accolto il doveroso riconoscimento del corretto assetto delle competenze in questo delicato settore e' destinata ad avere vita breve. Basta infatti leggere quanto l'art. 01 aggiunge a tale previsione, e precisamente: a) che l'assegnazione alle regioni delle predette funzioni vale solo "a decorrere dal periodo di applicazione 1997/1998"; b) che, "in attesa della riforma organica del settore" (videant posteri.....|), sono fatti salvi i compiti svolti dall'AIMA - niente meno - "in materia di aggiornamento del bollettino 1997-1998, di riserva nazionale, di compensazione nazionale e di programmi volontari di abbandono"; c) che, come se non bastasse, l'AIMA concorre con le regioni per gli altri adempimenti dello Stato nei confronti dell'Unione europea nel settore lattiero-caseario. Come si vede, l'incipit di tale articolo, apparentemente garantista per le regioni, si rivela addirittura derisorio quando inserito nel contesto dell'intera previsione normativa. Sempre nell'art. 01, poi, si prevede (al comma 2) che le funzioni di indirizzo e coordinamento, nonche' i poteri sostitutivi nei confronti delle regioni spettino al Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali. Viene ora introdotto all'art. 1, comma 42, e modificando doverosamente l'assurdo art. 8 del decreto (censurato per tale profilo al punto 3, del ricorso n. 25/1997 ad finem), il principio secondo cui le regioni si avvalgono della banca dati per la registrazione ed identificazione dei bovini da allevamento. La legge in epigrafe e' costituzionalmente illegittima per seguenti motivi di D i r i t t o Si deve premettere che in questa sede non verranno ripetute le censure gia' formulate nel ricorso n. 25/1997 avverso il decreto-legge n. 11 del 1997, nella misura in cui si trasferiscano - confermante alla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte - sulla legge di conversione. Si deve invece specificamente lamentare quanto segue, in riferimento al decreto-legge n. 11 del 1997, per come convertito dalla legge n. 81 del 1997. 1. - Quanto all'art. 01, comma 1, va lamentata la violazione degli artt. 5, 11, 41, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in riferimento al principio di leale cooperazione fra lo Stato e le regioni. Come si e' gia' rilevato in narrativa, l'art. 01 della legge impugnata, di nuovo inserimento, ha un contenuto che, oltre che ulteriormente illegittimo e lesivo delle prerogative regionali, appare altresi' addirittura provocatorio, alla luce delle vicende sin qui verificatesi nel rapporto tra Stato e regioni. La nuova disciplina ha l'ambizione di disegnare il futuro assetto delle competenze in materia di produzione del latte, pur in attesa della da tempo invocata "riforma organica del settore". Le competenze gestionali in attuazione della normativa comunitaria, in tale disegno riorganizzativo, spetterebbero alle regioni, a partire almeno dalla stagione produttiva 1997/l998. L'AIMA tuttavia tratterrebbe le competenze per l'aggiornamento del bollettino 1997/1998, oltre che quelle, evidentemente a regime e non limitate alla stagione produttiva citata, concernenti la riserva nazionale, la compensazione nazionale e i programmi volontari di abbandono. L'AIMA inoltre "concorre, altresi' con le regioni e le province autonome per gli altri adempimenti dello Stato nei confronti dell'Unione europea nel settore lattiero-caseario". Al Ministro, le funzioni di indirizzo e coordinamento, nonche' le azioni sostitutive in caso di eventuale inadempienza ragionale (comma 2). Tale assetto di competenze, per un verso, fa salve le prerogative dell'AIMA nel breve periodo, cioe' per il tempo necessario a completare le operazioni gia' piu' volte contestate dalle regioni per la loro illegittimita' costituzionale e comunitaria (definizione retroattiva delle quote, riparto iniquo e discriminatorio tra regioni, taglio indiscriminato di produzione esistente, salvaguardia di quote "cartacee" e non corrispondenti alla reale produzione "nella stalla"): con cio' verrebbe messa una vera e propria pietra tombale sulle inadempienze statali, reiteratamente contestate dalle regioni. Al tempo stesso, per il periodo medio e lungo, cioe' a regime, alle regioni verrebbero assegnate attribuzioni non realmente decisionali, ma solo burocratiche, con particolare riguardo alle sanzioni, mentre l'AIMA continuerebbe ad occuparsi delle funzioni, determinanti per la distribuzione territoriale della produzione, relative alla riserva nazionale, alla compensazione nazionale ed ai programmi volontari di abbandono. Essa inoltre continuerebbe ad essere corresponsabile con le regioni per gli adempimenti statali in campo europeo. In altre parole, l'assetto definitivo (salva riforma "organica") sarebbe per le regioni almeno altrettanto penalizzante di quello attuale. Mentre si attende l'esito del referendum abrogativo sul MIRAAF, il legislatore nazionale pare ostentare disinteresse per tale responso popolare, e preoccuparsi unicamente di garantire l'AIMA non solo nella sua stessa esistenza, ma anche nel suo assetto funzionale, gia' dimostrato cosi' inefficiente e inidoneo agli scopi prefigurati attraverso ani di disfunzioni, di sanzioni, di contenzioso sterile quanto non risolutivo. Tali previsioni, dunque, impedendo alle regioni un efficiente governo del settore violano l'art. 97 della Costituzione (in una con gli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione); precludendo la possibilita' che l'iniziativa privata sia realmente indirizzata a fini sociali violano l'art. 41 della Costituzione (sempre in una con i menzionati, ulteriori parametri); stravolgendo l'assetto delle competenze e impedendo l'attuazione degli impegni comunitari violano l'art. 11 della Costituzione (sempre in una con gli artt. 5, 117 e 118). 2. - Quanto all'art. 01, comma 2, va lamentata la violazione degli artt. 5, 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in riferimento agli artt. 3, comma 1, della legge 22 luglio 1975 n, 382; 4, comma 1, del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616; 2, comma 3, lett. d), della legge 23 agosto 1988, n. 400. Come esposto in narrativa, l'art. 01, comma 2, prevede che le funzioni di indirizzo e coordinamento, nonche' i poteri sostitutivi nei confronti delle regioni, spettino al Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali. L'illegittimita' di tali previsioni e' evidente. Quanto all'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento con atti del singolo Ministro, invero, si deve rilevare come le disposizioni di raffronto precludano tutte tale possibilita', affidando quella funzione al Consiglio dei Ministri. Quanto ai poteri sostitutivi, la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte e' salda nell'affermare che l'esercizio di simili poteri e' "subordinato al rispetto di garanzie sostanziali e procedimentali" (cfr., ad es., sent. n. 116 del 1994), che nella specie sono invece del tutto assenti. 3. - Quanto all'art. 1, commi da 36 a 44, valgono (ancorche' siano intervenute parziali modificazioni) le censure gia' formulate nel ricorso avverso il decreto-legge n. 11 del 1997, le quali sulla relativa legge di conversione debbono essere, secondo i principi, trasferite.