Ricorso  della  regione  Lombardia,  in  persona   del   Presidente
 pro-tempore   della   Giunta   regionale,   onorevole  dott.  Roberto
 Formigoni, rappresentata e difesa,  come  da  delega  a  margine  del
 presente  atto,  ed in virtu' di deliberazione di giunta regionale n.
 VI/27726 del 18 aprile 1997, di autorizzazione a stare  in  giudizio,
 dagli  avvocati  proff. Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani, ed
 elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in  Roma,
 Lungotevere delle Navi n. 30;
   Contro   il   Presidente   del   Consiglio   dei  Ministri  per  la
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge  28  marzo
 1997,  n.  81,  di conversione con modificazioni del d.-l. 31 gennaio
 1997,  n.  11  ("Misure  straordinarie  per  la  crisi  del   settore
 lattiero-caseario    ed    altri    interventi   urgenti   a   favore
 dell'agricoltura"), pubblicata in Gazzetta Ufficiale, serie  generale
 n.  75, del 1 aprile 1997, specificamente nella parte in cui converte
 gli art. 01, commi 1 e 2; 1, commi da 36 a 44.
                               F a t t o
   1. - Il regime delle c.d. quote latte, finalizzato al  contenimento
 della  produzione,  da  anni  eccedente nel mercato europeo, e' stato
 introdotto in Italia, dopo un  lungo  contenzioso  circa  l'effettiva
 entita'  della  produzione  interna  e  la irrogazione delle relative
 sanzioni comunitarie, dalla legge 26 novembre 1992, n. 468.
   Tale  testo normativo, dopo aver demandato, all'art. 2, comma 2, la
 redazione di elenchi dei produttori  titolari  di  quota  e  la  loro
 pubblicazione  in  appositi  bollettini  all'azienda di Stato per gli
 interventi  nel  mercato  agricolo,  (AIMA),  all'art.  2,  comma  2,
 limitatamente  ai  produttori  di  associazioni aderenti alla UNALAT,
 dispone la  articolazione  della  quota  in  due  parti:  l'una  (A),
 commisurata  alla  produzione  di  latte commercializzata nel periodo
 1988-1989;  l'altra  (B),   rapportata   alla   maggiore   produzione
 commercializzata nel periodo 1991-1992.
   Poiche'  peraltro il regolamento CEE del Consiglio n. 804/1968, del
 27 giugno 1968, contemplava la periodica rideterminazione delle quote
 nazionali spettanti all'Italia, i commi 6-8 dello  stesso  art.    2,
 assegnavano  alle  regioni  il  compito  di  vigilare sulla effettiva
 produzione  dei  singoli  operatori  e  di  comunicare  all'AIMA  per
 l'aggiornamento  del  bollettino  le  eventuali  situazioni  di quota
 assegnata   superiore   a   quella   effettiva,   e    al    Ministro
 dell'agricoltura  e  foreste,  acquisito  il  parere della Conferenza
 permanente per i rapporti tra lo Stato e  le  regioni  e  sentite  le
 organizzazioni professionali maggiormente rappresentative, in caso di
 eccedenza  delle  quantita' attribuite ai produttori alla stregua dei
 commi 2 e  3  rispetto  alle  quote  nazionali  individuate  in  sede
 comunitaria,  di stabilire con proprio decreto i criteri generali per
 il  pieno  allineamento  con  le  quote  nazionali  nell'arco  di  un
 triennio,  Lo  stesso  comma  8  imponeva  che,  con riferimento alle
 riduzioni obbligatorie della quota B, si tenesse conto "dell'esigenza
 di mantenere  nelle  aree  di  montagna  e  svantaggiate  la  maggior
 quantita' di produzione lattiera".
   2.   -   Il   d.-l.  23  dicembre  1994,  n.  727,  convertito  con
 modificazioni in legge 24 febbraio 1995, n. 46,  ha  poi  operato  la
 riduzione  delle  quote  B  per  singolo produttore, con l'esclusione
 degli operatori delle stalle ubicate nelle zone montane di  cui  alla
 direttiva del Consiglio CEE 75/268 del 28 aprile 1975, da effettuarsi
 entro il 31 marzo 1995, con operativita' dalla campagna 1995-1996.
   La  legge  di  conversione  n.  46/1995 ha innovato il decreto come
 segue:
     a) ha previsto (art. 2, comma 1, lettera O.a)) la riduzione della
 quota A non in produzione, almeno qualora essa ecceda  il  50%  della
 quota A attribuita;
     b)  dopo  avere confermato la riduzione della quota B (lett. a)),
 ha escluso (lett. b)) da entrambe le riduzioni i produttori non  solo
 titolari  di  stalle  ubicate  in  zone  di montagna, ma anche quelli
 operanti "nelle zone svantaggiate e ad esse equiparate nonche'  nelle
 isole";
     c)  ha  consentito  (art.  2,  comma  2-bis) che i produttori che
 abbiano ottenuto, anteriormente all'entrata in vigore della legge  n.
 468/1992,  l'approvazione  di un piano di sviluppo o di miglioramento
 zootecnico da parte  della  regione  e  che  lo  abbiano  realizzato,
 possano   chiedere   la  assegnazione  di  una  quota  corrispondente
 all'obiettivo  di  produzione  indicato  nel   piano   medesimo,   in
 sostituzione delle quote A e B.
   Piu' in generale il decreto-legge n. 727/1994 e la legge n. 46/1995
 hanno  soppresso la previa consultazione della Conferenza tra Stato e
 regioni, rimettendo la istruttoria e la predisposizione del piano  di
 rientro esclusivamente all'istanza ministeriale.
   Inoltre,    la   normativa   ha   introdotto   un   meccanismo   di
 autocertificazione delle produzioni, in base al quale gli  acquirenti
 sono  autorizzati  a  considerare  i quantitativi autocertificati dai
 produttori.
   3. - La legge  46/1995  insieme  con  il  decreto-legge  convertito
 veniva  impugnata  dalla  regione  Lombardia con ricorso rubricato n.
 22/1995, con allegazione di numerosi profili di  incostituzionalita'.
 Codesta ecc.ma Corte, a seguito di discussione nella pubblica udienza
 del  23  novembre  1995,  con  decisione n. 520 del 28 dicembre 1995,
 accoglieva il predetto ricorso, in una con  quello  presentato  dalla
 regione  del  Veneto e rubricato con n.r.g. 23/1995, sotto il profilo
 della incostituzionalita' dell'art. 2, comma 1,  della  legge,  nella
 parte   in  cui  non  vi  si  contemplava  il  parere  delle  regioni
 interessate nel procedimento di  riduzione  delle  quote  individuali
 spettanti ai produttori di latte bovino.
   4.  -  Il Governo e' poi intervenuto nuovamente con la decretazione
 di urgenza nel delicato settore de quo, adottando prima il d.-l.   15
 marzo 1996, n. 124 e poi, reiterando il primo, adottando il d.-l.  16
 maggio  1996,  n.  260,  impugnati  con  ricorsi n.r.g. 18 e 27/1996,
 pendenti avanti la ecc.ma Corte per la decisione, indi con  il  d.-l.
 8 luglio 1996, n. 353, del pari impugnato con ricorso n.r.g. 33/1996,
 e  pure  essa  in attesa di' decisione, con il d.-l. 8 agosto 1996, n
 440, con il d.-l. 6 settembre 1996, n. 463, e infine  con  i  dd.-ll.
 23  ottobre  1996,  nn.  542 e 552. Tali ultimi due decreti-legge, da
 ultimo,  sono  stati  convertiti,  rispettivamente,  nelle  leggi  20
 dicembre 1996, n. 642, e 23 dicembre 1996, n. 649, entrambe impugnate
 con  ulteriori  ricorsi,  rubricati  ai  nn.  12/1997  e  14/1997.  I
 decreti-legge successivi alla legge n. 46 del  1995,  appartengono  a
 due  nuove  "catene" di decreti reiterati: una saldatasi con la legge
 di conversione del decreto-legge n. 542 del 1996 (legge  n.  649  del
 1996);   l'altra   saldatasi   con   la   legge  di  conversione  del
 decreto-legge n. 552 del 1996 (legge n. 642 del 1996), entrambe, come
 si e' detto,  impugnate  con  ricorsi  rubricati  ai  nn.  15/1997  e
 13/1997.
   La  prima  catena  e'  relativa aIle previsi'ani sulle procedure di
 compensazione  (in  particolare,  all'eliminazione  delle   procedure
 previste dalla legge n. 468 del 1992, sostituite da una compensazione
 nazionale  gestita  dall'AIMA), nonche' alla modalita' e ai tempi dei
 prelievi  delle  restituzioni.  La  seconda   catena   riguarda,   un
 particolare,  la disciplina dei bollettini dei produttori titolari di
 quota;   1a   fissazione   dei   criteri   di   effettuazione   della
 compensazione;   le   modalita'   della  compensazione  medesima;  la
 disciplina dell'abbandono della produzione; i termini per la cessione
 delle quote latte.
   Queste due catene, ancorche' distinte, sono interconnesse, e -  per
 le   ragioni   gia'   esposte  nei  ricorsi  sopradescritti  -  hanno
 determinato gravissimi  pregiudizi  all'autonomia  delle  regioni  in
 materia  di agricoltura, disegnando uno scenario normativo incoerente
 e costituzionalmente  illegittimo.  L'incoerenza  e  l'illegittimita'
 sono  state  confermate  e aggravate) dalla "saldatura" operata dalle
 menzionate leggi nn.  642 e 849 del 1996.
   A distanza di pochissimi giorni dalla pubblicazione (nella Gazzetta
 Ufficiale,  rispettivamente,  del  21  e  del 23 dicembre 1996, delle
 leggi ora ricordate, il legislatore  e'  nuovamente  intervenuto  nel
 settore  della  produzione lattiera con la legge 23 dicembre 1996, n.
 662 (che, addirittura, ancorche' pubblicata poco dopo, reca la stessa
 data della legge n. 649 del 1996),  a  conferma  della  caoticita'  e
 della farraginosita' del suo agire.
   La   legge  (essa  pure  impugnata  dalla  ricorrente  con  ricorso
 rubricato al n. 20/1997 dedica alla produzione lattiera  i  commi  da
 166 a 174 dell'art. 2, ove si prevede quanto segue:
     a)  i  commi  166,  167  e  168 ripetono testualmente quanto gia'
 previsto dalI'art. 11 del decreto-legge n. 542 del  1996,  convertito
 in legge n. 649 del 1996;
     b)   il      comma  168  ripete  quasi  testualmente  (eliminando
 semplicemente il primo periodo) quanto  gia'  previsto  dall'art.  3,
 comma  1,  dei  decreto-legge n. 552 del 1996, convertito in legge n.
 642 del 1996;
     c) il comma 170 riproduce in  parte  l'art.  3,  comma  3,  dello
 stesso decreto-legge n. 552 del 1996, ma con alcune modificazioni. In
 particolare,  nella  nuova previsione: si elimina il riferimento alla
 compensazione nazionale da parte  dell'AIMA  (peraltro  mantenuto  in
 altre  sedi);  si  proroga  il termine per il versamento del prelievo
 supplementare da parte degli acquirenti al 31  gennaio  1997  (questa
 proroga, peraltro, era stata gia' disposta dalla legge di conversione
 n.  642  del  1996);  si aggiunge (a mo' di contentino) la previsione
 della trasmissione  alle  regioni  e  alle  province  autonome  degli
 elenchi redatti dall'AIMA a seguito della compensazione nazionale;
     d)  il  comma  171 dispone l'abrogazione retroattiva (a decorrere
 dal periodo 1995-1996) del decreto-legge n. 727 del 1994  (convertito
 in  legge n. 46 del 1995);
     e)  il  comma  172  fa salvi gli effetti prodotti da una serie di
 decreti, fra i quali - ultimi della lista - i decreti-legge nn. 542 e
 552 del 1996, gia' convertiti da leggi pubblicate appena pochi giorni
 prima;
     f) il comma 173 dispone la sostituzione dell'art.  10,  comma  6,
 della legge n. 468 del 1992, prevedendo un nuovo regime della vendita
 e  dell'affitto  delle  quote latte, rispetto al quale le regioni non
 hanno alcun ruolo, se non quello di destinatarie di comunicazioni  da
 parte  degli interessati, e di organi cui spetta il compito meramente
 esecutivo della verifica che il cedente  la  quota  "non  abbia  gia'
 utilizzato la quota ceduta";
     g)  il  comma  174,  infine, prevede che, a decorrere dal periodo
 1996-1997, l'acquisto di una quota latte non  comporti  la  riduzione
 della quota gia' spettante all'acquirente.
   In  questo  modo,  si  e'  determinato  il  risultato  di aggravare
 ulteriormente  la  gia'   esistente   irragionevole   disparita'   di
 trattamento tra regioni e tra singoli produttori.
   5.  -  Nonostante  abbiano  operato  la  "saldatura"  finale  delle
 descritte  catene  di  decreti-legge,  i  confusi  e   contraddittori
 interventi  normativi  di  fine  anno non sono riusciti a scrivere la
 parola "fine" sotto la lunga e tormentata storia della disciplina  in
 via  d'urgenza  della  produzione  lattiera.  Il  Governo  e' infatti
 reintervenuto con  il  decreto-legge  n.  11  del  1997,  di  cui  in
 epigrafe,    che    rappresenta   un   nuovo,   ennesimo   intervento
 "straordinario" (sic|), che contribuisce a gettare ulteriori ombre ed
 incertezze su tutta la vicenda. Anche tale decreto e' stato impugnato
 dalla ricorrente con ricorso rubricato ai n. 25/1997
   La  storia  di questo decreto e' nota: incalzato dalla protesta dei
 produttori,   angosciati    dall'imminente    scadenza    del    c.d.
 superprelievo,  ed esasperati dalla pachidermica gestione del settore
 lattiero-caseario da parte   del MIRAAF e dell'AIMA,  il  Governo  ha
 ritenuto   opportuno   intervenire,   subito,  con  un  provvedimento
 legislativo d'urgenza.
   6. - Quanto ai suoi contenuti, il decreto in questione puo'  essere
 diviso,  per  quanto  qui  interessa  (e  prescindendo  dunque  dalle
 disposizioni puramente finanziarie e da quelle previdenziali, di  cui
 agli artt.  9-11) in due parti.
   In  una  prima  parte  si  interviene,  con  forme di finanziamento
 agevolato ai produttori, onde  far  fronte  alla  crisi  del  settore
 determinata,  per  un verso, dall'encefalopatia spongiforme bovina, e
 per l'altro dalla sovrapproduzione di latte.
   Cosi', l'art. 1 stabilisce ammontare (comma 1),  tasso  (comma  2),
 criteri di calcolo (comma 3) e tempi e garanzie dei finanziamenti per
 fronteggiare  i  danni  causati  dalla menzionata epidemia (comma 4).
 L'art 2 fissa le procedure  per  la  concessione  dei  finanziamenti.
 L'art  3  introduce,  per  i  produttori  che  non abbiano chiesto il
 finanziamento di cui all'art.1, un premio per la perdita  di  reddito
 subita  a causa dell'encefalopatia spongiforme bovina. L'art. 4 detta
 regole in materia  di  incentivi  per  l'abbandono  della  produzione
 lattiera,  determinando  ammontare, modalita' e tempi degli incentivi
 medesimi. L'art. 6  dispone  un  contributo  straordinario  al  Fondo
 interbancario di garanzia e detta ulteriori regole in materia.
   In  una  seconda  parte,  logicamente differenziata dalla prima, il
 decreto si occupa direttamente del regime della produzione  lattiera.
 Cosi', in particolare l'art. 7 istituisce una commissione governativa
 di  indagine  in  materia  di  quote latte, e l'art. 8 detta norme in
 materia di identificazione e registrazione  degli  animali  (anagrafe
 del  bestiame),  anche  in applicazione del d.P.R. 30 aprile 1996, n.
 317.
   Con delibera depositata in data 9 aprile 1997, la regione Lombardia
 ha parzialmente rinunciato al ricorso avverso il decreto-legge n.  11
 del 1997 (limitatamente all'art. 7).
   7. - Il decreto-legge n. 11 del 1997 viene ora convertito in  legge
 ad  opera  della legge 28 marzo 1997, n. 81. La struttura del decreto
 e' stata profondamente alterata, poiche' i suoi  vari  articoli  sono
 stati  tutti  raggruppati e trasformati in commi (ben 54|) di un solo
 maxi-articolo 1, ma il testo  delle  varie  previsioni  normative  e'
 rimasto  largamente intatto ad eccezione delle parti che qui appresso
 si indicano (ovviamente limitandosi a quanto  interesso'  il  ricorso
 avverso  il  decreto-legge  n.  11  del  1997,  ovvero  ora interessa
 l'attuale impugnativa).
   Viene, anzitutto, premesso al testo  originario  un  art.  01,  nel
 quale   si   prevede   che   le   funzioni   amministrative  relative
 all'attuazione della normativa comunitaria in materia di quote  latte
 siano   svolte   dalle   regioni  (e  dalle  province  autonome).  La
 soddisfazione con  la  quale  dovrebbe  essere  accolto  il  doveroso
 riconoscimento  del  corretto  assetto  delle  competenze  in  questo
 delicato settore e' destinata ad  avere  vita  breve.  Basta  infatti
 leggere quanto l'art. 01 aggiunge a tale previsione, e precisamente:
     a)  che  l'assegnazione alle regioni delle predette funzioni vale
 solo "a decorrere dal periodo di applicazione 1997/1998";
     b) che, "in attesa della riforma organica del  settore"  (videant
 posteri.....|),  sono fatti salvi i compiti svolti dall'AIMA - niente
 meno - "in materia di  aggiornamento  del  bollettino  1997-1998,  di
 riserva   nazionale,   di  compensazione  nazionale  e  di  programmi
 volontari di abbandono";
     c) che, come se non bastasse, l'AIMA concorre con le regioni  per
 gli  altri  adempimenti dello Stato nei confronti dell'Unione europea
 nel settore lattiero-caseario.
   Come si vede, l'incipit di tale articolo, apparentemente garantista
 per le regioni, si rivela addirittura derisorio quando  inserito  nel
 contesto dell'intera previsione normativa.
   Sempre  nell'art.  01, poi, si prevede (al comma 2) che le funzioni
 di indirizzo  e  coordinamento,  nonche'  i  poteri  sostitutivi  nei
 confronti  delle regioni spettino al Ministro delle risorse agricole,
 alimentari e forestali.
   Viene  ora  introdotto  all'art.  1,  comma   42,   e   modificando
 doverosamente  l'assurdo  art.  8  del  decreto  (censurato  per tale
 profilo al punto 3, del ricorso n. 25/1997 ad  finem),  il  principio
 secondo  cui  le  regioni  si  avvalgono  della  banca  dati  per  la
 registrazione ed identificazione dei bovini da allevamento.
   La legge in epigrafe e' costituzionalmente illegittima per seguenti
 motivi di
                             D i r i t t o
   Si deve premettere che in questa  sede  non  verranno  ripetute  le
 censure   gia'   formulate   nel   ricorso   n.  25/1997  avverso  il
 decreto-legge n. 11 del 1997, nella misura in cui si trasferiscano  -
 confermante alla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte - sulla legge
 di conversione.
   Si   deve   invece   specificamente   lamentare  quanto  segue,  in
 riferimento al decreto-legge n. 11  del  1997,  per  come  convertito
 dalla legge n. 81 del 1997.
   1.  - Quanto all'art. 01, comma 1, va lamentata la violazione degli
 artt. 5, 11, 41, 97, 115, 117 e  118  della  Costituzione,  anche  in
 riferimento  al  principio  di  leale  cooperazione fra lo Stato e le
 regioni. Come si e' gia' rilevato in narrativa, l'art. 01 della legge
 impugnata, di nuovo inserimento,  ha  un  contenuto  che,  oltre  che
 ulteriormente  illegittimo  e  lesivo  delle  prerogative  regionali,
 appare altresi' addirittura provocatorio, alla luce delle vicende sin
 qui verificatesi nel rapporto tra Stato e regioni.
   La nuova disciplina ha l'ambizione di disegnare il  futuro  assetto
 delle  competenze  in  materia di produzione del latte, pur in attesa
 della da tempo invocata "riforma organica del settore".
   Le competenze gestionali in attuazione della normativa comunitaria,
 in  tale  disegno  riorganizzativo,  spetterebbero  alle  regioni,  a
 partire  almeno  dalla stagione produttiva 1997/l998. L'AIMA tuttavia
 tratterrebbe  le  competenze  per  l'aggiornamento   del   bollettino
 1997/1998,  oltre  che  quelle, evidentemente a regime e non limitate
 alla stagione produttiva citata, concernenti la riserva nazionale, la
 compensazione nazionale e i programmi volontari di abbandono.  L'AIMA
 inoltre "concorre, altresi' con le regioni e le province autonome per
 gli  altri  adempimenti dello Stato nei confronti dell'Unione europea
 nel   settore  lattiero-caseario".    Al  Ministro,  le  funzioni  di
 indirizzo e coordinamento, nonche' le azioni sostitutive in  caso  di
 eventuale inadempienza ragionale (comma 2).
   Tale  assetto  di competenze, per un verso, fa salve le prerogative
 dell'AIMA  nel  breve  periodo,  cioe'  per  il  tempo  necessario  a
 completare le operazioni gia' piu' volte contestate dalle regioni per
 la  loro  illegittimita'  costituzionale  e  comunitaria (definizione
 retroattiva  delle  quote,  riparto  iniquo  e  discriminatorio   tra
 regioni,  taglio indiscriminato di produzione esistente, salvaguardia
 di quote "cartacee" e non corrispondenti alla reale produzione "nella
 stalla"): con cio' verrebbe messa una vera e propria  pietra  tombale
 sulle inadempienze statali, reiteratamente contestate dalle regioni.
   Al tempo stesso, per il periodo medio e lungo, cioe' a regime, alle
 regioni  verrebbero assegnate attribuzioni non realmente decisionali,
 ma solo burocratiche, con particolare riguardo alle sanzioni,  mentre
 l'AIMA continuerebbe ad occuparsi delle funzioni, determinanti per la
 distribuzione  territoriale  della  produzione, relative alla riserva
 nazionale, alla compensazione nazionale ed ai programmi volontari  di
 abbandono.  Essa  inoltre continuerebbe ad essere corresponsabile con
 le regioni per gli adempimenti statali in campo europeo.
   In altre parole, l'assetto definitivo  (salva  riforma  "organica")
 sarebbe  per  le  regioni  almeno  altrettanto penalizzante di quello
 attuale. Mentre si attende  l'esito  del  referendum  abrogativo  sul
 MIRAAF, il legislatore nazionale pare ostentare disinteresse per tale
 responso  popolare, e preoccuparsi unicamente di garantire l'AIMA non
 solo nella sua stessa esistenza, ma anche nel suo assetto funzionale,
 gia' dimostrato cosi' inefficiente e inidoneo agli scopi  prefigurati
 attraverso  ani  di  disfunzioni, di sanzioni, di contenzioso sterile
 quanto non risolutivo.
   Tali previsioni,  dunque,  impedendo  alle  regioni  un  efficiente
 governo  del settore violano l'art. 97 della Costituzione (in una con
 gli  artt.  5,  117  e  118  della  Costituzione);   precludendo   la
 possibilita'  che  l'iniziativa  privata  sia realmente indirizzata a
 fini sociali violano l'art. 41 della Costituzione (sempre in una  con
 i  menzionati,  ulteriori  parametri);  stravolgendo  l'assetto delle
 competenze e impedendo l'attuazione degli impegni comunitari  violano
 l'art.  11  della  Costituzione (sempre in una con gli artt. 5, 117 e
 118).
   2. - Quanto all'art. 01, comma 2, va lamentata la violazione  degli
 artt. 5, 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in riferimento agli
 artt.  3, comma 1, della legge 22 luglio 1975 n, 382; 4, comma 1, del
 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616; 2, comma 3, lett. d),  della  legge  23
 agosto  1988,  n. 400. Come esposto in narrativa, l'art. 01, comma 2,
 prevede che le funzioni  di  indirizzo  e  coordinamento,  nonche'  i
 poteri  sostitutivi nei confronti delle regioni, spettino al Ministro
 delle risorse agricole, alimentari e forestali.  L'illegittimita'  di
 tali previsioni e' evidente.
   Quanto  all'esercizio  della  funzione di indirizzo e coordinamento
 con atti del singolo Ministro,  invero,  si  deve  rilevare  come  le
 disposizioni  di  raffronto  precludano  tutte    tale  possibilita',
 affidando quella funzione al Consiglio dei Ministri.
   Quanto ai poteri sostitutivi, la giurisprudenza di  codesta  ecc.ma
 Corte  e'  salda  nell'affermare  che l'esercizio di simili poteri e'
 "subordinato al rispetto di garanzie  sostanziali  e  procedimentali"
 (cfr.,  ad  es., sent. n. 116 del 1994), che nella specie sono invece
 del tutto assenti.
   3.  - Quanto all'art. 1, commi da 36 a 44, valgono (ancorche' siano
 intervenute parziali modificazioni) le  censure  gia'  formulate  nel
 ricorso  avverso  il  decreto-legge    n. 11 del 1997, le quali sulla
 relativa legge di conversione debbono  essere,  secondo  i  principi,
 trasferite.