ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma primo
 (recte:   comma   secondo),   d.P.R.   30   giugno   1970,   n.   540
 (Semplificazione   dei  procedimenti  amministrativi  in  materia  di
 brevetti per invenzioni industriali, per modelli di utilita', modelli
 e disegni ornamentali e in materia  di  registrazione  di  marchi  di
 impresa),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  20 maggio 1995 dalla
 Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio  italiano
 brevetti  e  marchi  di  Roma sul ricorso proposto da Vacchi Claudio,
 iscritta al n. 320 del registro ordinanze  1996  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  16, prima serie speciale,
 dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  9  aprile 1997 il giudice
 relatore Cesare Ruperto.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  Nel corso di un procedimento in cui il titolare di una  ditta
 aveva  impugnato il provvedimento - comunicatogli l'11 ottobre 1994 -
 con  cui  l'Ufficio  italiano  brevetti  e  marchi  aveva  negato  la
 registrazione  di  un  marchio  d'impresa, la Commissione dei ricorsi
 contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano  brevetti  e  marchi  ha
 rilevato  che  il  ricorso  risultava  spedito  all'Ufficio  centrale
 brevetti in data 4 novembre 1994 mediante raccomandata con avviso  di
 ricevimento,  ma  era pervenuto - giusta verbalizzazione dell'Ufficio
 stesso - soltanto l'11 novembre successivo, cioe' oltre il termine di
 trenta giorni fissato dalla legge a pena di decadenza.
   La Commissione, pertanto, con ordinanza emessa il 20  maggio  1995,
 ha  sollevato  -  in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione -
 questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma  primo
 (recte:   comma   secondo),   del  d.P.R.  30  giugno  1972,  n.  540
 (Semplificazione  dei  procedimenti  amministrativi  in  materia   di
 brevetti  per invenzioni industriali, modelli industriali e marchi di
 impresa), nella parte in cui, nel caso di  trasmissione  del  ricorso
 (avverso  il rigetto della domanda di brevetti e di marchi d'impresa)
 mediante il servizio postale, prevede come data del  deposito  quella
 del ricevimento del plico e della relativa verbalizzazione.
   Rileva   l'Autorita'   rimettente   come   il   ricorso  avverso  i
 provvedimenti concernenti  i  brevetti  per  invenzioni  industriali,
 modelli  e  marchi  d'impresa  debba essere presentato, ex art. 1 del
 d.P.R. n. 540 del 1972, mediante deposito presso  l'Ufficio  centrale
 ovvero  presso  gli  UPICA  (Uffici provinciali industria commercio e
 artigianato)  competenti,  i  quali,  all'atto  del  ricevimento,  ne
 redigono  processo  verbale.   La norma impugnata prevede altresi' la
 possibilita' di trasmettere il ricorso a mezzo del  servizio  postale
 in  plico  raccomandato  diretto all'Ufficio centrale, stabilendo che
 questo, all'atto del ricevimento, "redige processo  verbale,  la  cui
 data si considera data del deposito".
   Premessa   la  propria  legittimazione  a  sollevare  questione  di
 legittimita' costituzionale, la rimettente  Commissione  ritiene  che
 far  coincidere  la  data  del  deposito  con  quella del ricevimento
 anziche' con quella della spedizione del ricorso, risulti lesivo  del
 diritto   di   agire  in  giudizio,  poiche'  l'esercizio  di  questo
 risulterebbe condizionato dall'attivita' del  Servizio  postale,  del
 tutto  indipendente  dall'iniziativa del titolare del diritto stesso,
 la cui tutela sarebbe resa percio' difficile e spesso impossibile.
   Secondo  la  Commissione,  disposizioni  siffatte  possono  trovare
 giustificazione  allorche'  siano  collegate  al  momento iniziale di
 decorrenza di un termine e non gia' quando, come nella specie, sia ad
 esse connesso l'effetto della decadenza. Ne' d'altra  parte  potrebbe
 argomentarsi  che  la  scelta  del  servizio postale viene compiuta a
 rischio e pericolo dell'interessato, posto che, una volta  consentito
 l'uso  di  tale  strumento,  il  legislatore  sarebbe tenuto anche ad
 assicurarne  il  risultato.    Nell'ordinamento,  del   resto,   sono
 rinvenibili  numerose  altre  ipotesi - che la rimettente esemplifica
 con riguardo al contenzioso tributario, al  giudizio  di  Cassazione,
 alle  impugnazioni  nel  processo penale - in cui l'azione dinanzi ad
 organi giurisdizionali o amministrativi si considera proposta con  la
 spedizione del plico raccomandato.
   2.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che  ha  concluso
 per  l'infondatezza della questione, ricordando il principio generale
 secondo cui la notifica si intende perfezionata nel  momento  in  cui
 l'atto  perviene  al  destinatario:  principio,  rispetto al quale le
 ipotesi indicate dalla rimettente Commissione  configurerebbero  mere
 eccezioni.  Non  risulterebbero  violati  gli  evocati parametri, sia
 perche'  il  principio  di  uguaglianza  puo'  essere  evocato   solo
 nell'a'mbito  dello  stesso  procedimento,  sia  per  l'ampiezza  del
 termine e la pluralita' dei mezzi a disposizione dell'interessato.
                         Considerato in diritto
   1.  -    La  Commissione  dei  ricorsi   contro   i   provvedimenti
 dell'Ufficio  italiano  brevetti  e  marchi ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma  primo  (recte:  comma
 secondo),  del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 540, nella parte in cui, nel
 caso di trasmissione mediante servizio postale del ricorso avverso il
 rigetto della domanda di registrazione di marchio, prevede come  data
 del  deposito  quella del ricevimento del plico anziche' quella della
 sua  spedizione.  A  parere  dell'autorita'  rimettente,   la   norma
 impugnata  risulterebbe lesiva degli artt. 3 e 24 della Costituzione,
 sia  per  il  confronto  con  altre  ipotesi  normative  in  cui   la
 proposizione   dell'azione   e'   individuata  con  riferimento  alla
 spedizione   della   raccomandata,   sia   perche'   farebbe   carico
 all'interessato dell'inattivita' del servizio postale.
   2. - La questione non e' fondata.
   2.1  -  L'art.  75  del  r.d. 21 giugno 1942, n. 929, in materia di
 brevetti per  marchi  d'impresa,  prevedeva  che  il  deposito  delle
 domande  relative  si  effettuasse in Roma, presso l'Ufficio centrale
 dei brevetti,  ovvero  presso  gli  uffici  periferici  indicati  nel
 regolamento   di  esecuzione.     Analoga  previsione  era  contenuta
 nell'art. 92 del r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, in  tema  di  brevetti
 per  invenzioni  industriali,  che  tuttavia consentiva anche l'invio
 delle  domande  e  della documentazione mediante servizio postale con
 plico raccomandato diretto  all'Ufficio  centrale.  In  tal  caso  si
 considerava  come  data del deposito quella del verbale che l'ufficio
 era tenuto a redigere all'atto del ricevimento con la  specificazione
 anche dell'ora.
   La  legge  19  ottobre  1956, n. 1356, ratificava e dava esecuzione
 alla Convenzione europea relativa alle formalita' prescritte  per  le
 domande  di  brevetto,  firmata  a  Parigi  l'11  dicembre  1953, che
 all'art. 3, par. 3, recita:   "Les  Etats  Contractants  autoriseront
 l'envoi postal des demandes, sans pre'judice de toute re'glementation
 nationale concernant l'exigence d'un mandataire ou d'una e'lection de
 domicile".
   Con la legge 18 marzo 1968, n. 249, art. 4, il legislatore delegava
 il  Governo  a disciplinare le procedure amministrative allo scopo di
 rendere il  piu'  sollecita  possibile  l'azione  amministrativa,  in
 particolare  attraverso  l'eliminazione  di competenze ed adempimenti
 non necessari.
   In attuazione di tale delega e' stato emanato appunto il d.P.R.  30
 giugno 1972, n. 540,  che,  ispirandosi  gia'  nel  suo  titolo  alla
 finalita'  di semplificazione, ha assoggettato ad un modello uniforme
 i vari itinera procedurali in precedenza previsti distintamente  onde
 ottenere il brevetto per invenzioni industriali, modelli di utilita',
 modelli  e  disegni  ornamentali  nonche' la registrazione dei marchi
 d'impresa. Esso  ha  abrogato  espressamente  (v.  art.  14)  le  due
 succitate  norme,  rispettivamente dettate per brevetti industriali e
 per marchi d'impresa nel 1939 e nel 1942, prevedendo invece, sub art.
 1, comma primo, che tutti gli atti comunque concernenti le  procedure
 in  materia  possono  essere  depositati presso gli uffici periferici
 determinati  con  decreto  del  Ministro  dell'industria,   i   quali
 assicurano un'uniformita' di luoghi e di orari su tutto il territorio
 nazionale. Tuttavia, col denunciato art. 2, si consente che tali atti
 siano  inviati  mediante plico raccomandato con avviso di ricevimento
 all'Ufficio italiano brevetti e marchi  in  Roma,  il  quale  -  come
 stabilisce il secondo comma, cui va correttamente riferita la censura
 -  redige, all'atto del ricevimento, processo verbale, la cui data si
 considera come quella di deposito.
   Sempre in vigore e' peraltro rimasto l'art. 33 del regio decreto n.
 929 del 1942 per i marchi, che  prevede  la  facolta'  di  presentare
 ricorso  entro  trenta  giorni  dalla comunicazione del provvedimento
 dell'Ufficio (similmente dispone l'art. 35 del regio decreto n.  1127
 del  1939 per i brevetti); ricorso che va rivolto alla Commissione di
 cui  all'art.  71  di  quest'ultimo  regio  decreto,  secondo  quanto
 stabilito dall'art. 53 dello stesso regio decreto n. 929 del 1942.
   In  vigore  e' rimasto anche l'art. 79 del r.d. 5 febbraio 1940, n.
 244, che consente l'invio dei ricorsi per raccomandata,  senza  nulla
 peraltro  disporre  circa il momento in cui si considera perfezionato
 il deposito. Momento che la Corte di cassazione ha  individuato,  con
 varie decisioni, nella verbalizzazione della ricezione del plico.
   2.2.  - Cosi' delineato il quadro normativo, occorre ricordare come
 questa Corte abbia piu' volte affermato che l'utilizzo  del  servizio
 postale,  nell'a'mbito  della  pur  legittima  pluralita'  di  moduli
 notificatori,  e'  di  per  se'  compatibile  con  l'art.  24   della
 Costituzione  (v.  sentenze  nn.  201 e 408 del 1991), in quanto tale
 servizio e' deputato istituzionalmente a fornire un agevole mezzo  di
 prova  della spedizione e dell'arrivo a destinazione di una lettera o
 di un plico (v. sentenze n. 50 del 1992 e n. 170 del 1971); rilevando
 inoltre come la presentazione di domande all'Ufficio brevetti risulti
 facilitata dalla possibilita' di avvalersi del  servizio  stesso  (v.
 sentenza n. 236 del 1996).
   Da tali affermazioni non e' dato tuttavia pervenire a ritenere che,
 una  volta  concessa  detta  facilitazione,  il legislatore sia anche
 tenuto a far coincidere in ogni caso la  data  della  spedizione  con
 quella   del   deposito  dell'atto.  Nello  scandire  i  momenti  del
 procedimento occorre infatti bilanciare  gli  interessi  opposti  che
 vengono  in  considerazione  nelle  varie  situazioni,  ammettendo  o
 negando  quanto  sopra,  a  seconda  delle  interferenze  che  l'atto
 depositando sia suscettibile di produrre con rapporti altrui.
   Nelle   ipotesi   prospettate   dalla   rimettente   quale   tertia
 comparationis evidentemente, il legislatore ha  ritenuto  che  nessun
 altro  soggetto  possa  trarre  nocumento  dall'incertezza  derivante
 dall'attribuire alla data di spedizione l'idoneita' a far considerare
 soddisfatto l'onere d'osservanza  del  termine.  Altrettanto  non  ha
 ritenuto,  operando  nella  sua  discrezionalita', relativamente alla
 complessa materia dei brevetti e dei marchi. Ma non si puo' dire  che
 in   tal  modo  abbia  violato  il  principio  di  ragionevolezza  e,
 tantomeno,  il  diritto  di  difesa  del  soggetto   autorizzato   ad
 utilizzare il mezzo postale.
   Sotto  il primo profilo, basti considerare che la presentazione del
 ricorso alla Commissione avviene attraverso il deposito senza  previa
 o  successiva  notificazione  ad  altri  soggetti,  pur potendo nella
 fattualita' avere effetti nei confronti  di  terzi  interessati  alla
 consolidazione  della  situazione che col ricorso s'intenda rimuovere
 (e dunque alla certezza in ordine alla pendenza del ricorso  stesso).
 Il che giustifica la previsione che, ai fini del rispetto del termine
 dei  trenta giorni, l'atto sia ricevuto e immediatamente verbalizzato
 dall'ufficio di destinazione, onde conseguire appunto tale certezza.
   Sotto il secondo profilo, va rilevato che la spedizione  per  posta
 costituisce una possibile alternativa offerta al ricorrente, rispetto
 a  quella  di  depositare  il  ricorso direttamente, presso l'Ufficio
 centrale di Roma o anche presso gli uffici e gli enti determinati con
 decreto del Ministro a' sensi dell'art. 1 dello stesso d.P.R.  n. 540
 del 1972.
   A tutto cio'  si  aggiunga  la  ragionevole  ampiezza  del  termine
 previsto   per  il  ricorso  (trenta  giorni),  a  fronte  di  quello
 ristrettissimo (tre giorni), in presenza del quale questa Corte,  con
 la sentenza 16 ottobre 1990, n. 461 richiamata dalla rimettente, ebbe
 a  dichiarare  costituzionalmente  illegittimo  il combinato disposto
 degli artt.  169, ultimo comma, 175 e 202, secondo comma, del  codice
 di  procedura  penale del 1930. Ampiezza, che consente al soggetto di
 ben valutare, usando l'ordinaria diligenza, il tempo  presumibilmente
 necessario  per  l'arrivo  del  plico  a  destinazione  e  di operare
 conseguentemente la propria scelta del  mezzo  di  presentazione  del
 ricorso;  tenuto  conto  anche  del  fatto che l'art. 4, terzo comma,
 dello stesso d.P.R.  n. 540 del 1972 da' per osservato il termine  in
 caso  di  ritardo  determinato  da interruzione del servizio postale,
 purche' il plico sia stato spedito  per  raccomandata  almeno  cinque
 giorni prima della scadenza.