LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento di ricusazione n. 582/1996 r.p.p. nei confronti di dott. Franco Giordana (Presidente), dott.ssa Maria Enrica Pennello (Giudice), dott.ssa Emanuela Ciabatti (Giudice) proposta da Tortorella Corrado nato a Pozzuoli il 19 giugno 1969; Ritenuto che la ricusazione viene formulata nei confronti dei giudici componenti il collegio investito dal procedimento penale in corso a carico di alcuni soggetti imputati per concorso nel reato di cui all'art. 314 c.p., con riferimento al fatto che l'identico collegio ha gia' emesso sentenza ai sensi dell'art. 444-448 codice di procedura penale nei confronti di un coimputato e cosi', secondo il ricusante, valutato sia pura incidenter tantum la posizione e conseguentemente la eventuale (cor)responsabilita' di altro soggetto ancora da giudicare; che la Corte costituzionale, con sentenza 17 ottobre-2 novembre 1996, n. 371, nel dichiarare la illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato, in ordine alla sua responsabilita' penale sia gia' stata comunque valutata, ha osservato nella motivazione: 1) che "cio' che conta ai fini dell'integrita' del giusto processo, e' che il giudice del nuovo dibattimento non sia lo stesso che abbia preso parte al primo e che, per il peculiare atteggiarsi della fattispecie di concorso, abbia dovuto formarsi un convincimento non soltanto sul merito dell'azione penale svolta contro gli imputati ma anche, seppure incidentalmente, sul merito della posizione del terzo"; 2) che "la capacita' di qualificazione che quel principio possiede trascende, a ben vedere, la particolare struttura dei reati a concorso necessario ed abbraccia in un medesimo giudizio di disvalore tutte le ipotesi in cui, qualunque ne sia stato il motivo, il giudice, nella sentenza che definisce il processo, abbia incidentalmente espresso valutazioni di merito intorno alla responsabilita' penale di un terzo non imputato in quel processo"; che la sentenza, pronunciata immediatamente secondo la previsione dell'art. 448 c.p.p., ha avuto come conseguenza necessaria la separazione dei processi a carico dei coimputati dello stesso reato, non "patteggianti", determinando una situazione analoga a quella esaminata dalla Corte costituzionale nella citata sentenza n. 371/1996; che la sentenza che dispone l'applicazione della pena su richiesta presuppone, a norma del secondo comma dell'art. 444 c.p.p., il previo esame da parte del giudice della non ricorrenza degli estremi per la pronuncia di sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p.; che tale previo esame, indipendentemente dalla maggiore o minore diffusione della motivazione, pare implicare - almeno nella fattispecie di cui ci si occupa - anche una valutazine incidentale del merito dell'accusa mossa al coimputato dello stesso reato e non "patteggiante", essendo riferita sia pure sulla base degli atti a risultanze probatorie (quali le dichiarazioni di coimputati, la confessione di chi richiede l'applicazione della pena, i confronti, le dichiarazioni di persone informate sui fatti e simili) coinvolgenti oggettivamente, in quanto costituenti base e fondamento comune dell'accusa, la posizione processuale del ricusante, il quale dovra' in prosieguo essere giudicato dagli stessi magistrati sulla base (anche) delle dette risultanze in relazione alle quali in sede di applicazione della pena su richiesta e' stata ritenuta la non applicabilita' del citato art. 129 c.p.p., ed e' stata pronunciata conseguentemente una sentenza equiparata ad una pronuncia di condanna (art. 445, comma 1 c.p.p.); che, secondo giurisprudenza costante, l'elencazione dei motivi di astensione e di ricusazione del giudizio e' di stretta interpretazione e non consente estensioni analogiche; che, pertanto, la questione, anche se opinabile, non appare manifestamente infondata con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione ed e' evidentemente rilevante ai fini della decisione sulla ricusazione, dovendosi qui applicare l'art. 34 c.p.p. nella formulazione che dovesse risultare dal giudizio della Corte;