IL PRETORE
   Ha  emesso la seguente ordinanza, letto il ricorso ex art 700 c.pc.
 proposto da Di Pierro Alberto nei  confronti  dell'Azienda  sanitaria
 locale Caserta 1; esaminati gli atti, a scioglimento della riserva di
 cui al verbale di udienza del 19 dicembre 1996;
                             O s s e r v a
   Con  il  ricorso  depositato  il 3 dicembre 1996 l'epigrafata parte
 ricorrente premesso di svolgere attivita' convenzionata con la U.S.L.
 n. 26 in qualita' di medico generico, di  essersi  vista  comunicare,
 con  provvedimento  n. 26555 del 20 novembre 1996, la risoluzione del
 rapporto di convenzionamento per superamento del settantesimo anno di
 eta',  con  conseguente  cancellazione  dall'elenco  dei  medici   di
 medicina  generale  convenzionata  dal  17 dicembre 1996, ha adito il
 pretore giudice del lavoro chiedendo che in via cautelare, al fine di
 evitare un pregiudizio imminente ed irreparabile delle  sue  ragioni,
 fosse  sospesa  la  esecuzione  del  provvedimento di risoluzione del
 rapporto di convenzione fino al giudizio di merito  ed  ha  sollevato
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma quarto,
 della legge n. 549/1995 per contrasto con gli artt. 3, 4, 32, 33 e 35
 della Costituzione.
   La resistente, alla quale veniva ritualmente notificato il  ricorso
 introduttivo,  si  costituiva  deducendo  nel  merito  la carenza dei
 presupposti di cui  all'art.  700  c.p.c.  per  la  emissione  di  un
 provvedimento di urgenza.
   Va   preliminarmente  affrontata,  pur  in  mancanza  di  specifica
 deduzione in proposito ad opera  di  parte  convenuta,  la  questione
 dell'ammissibilita'  della  questione  di legittimita' costituzionale
 nel corso di un procedimento cautelare. Ritiene il pretore di aderire
 all'orientamento, favorevole a tale possibilita', di recente espresso
 dalla  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale;  in particolare,
 contestando   l'eccezione   di   inammissibilita'   sostenuta   dalla
 Presidenza del Consiglio dei Ministri, in quanto la sospensione degli
 atti  impugnati  avrebbe  comportato  l'avvenuto esercizio del potere
 cautelare da parte del giudice remittente, la Corte costituzionale ha
 rilevato  che  la  sospensione  degli  atti  in  via  provvisoria   e
 temporanea  fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l'incidente
 di costituzionalita' non  determina,  per  la  sua  natura  meramente
 tecnica, l'esaurimento del potere cautelare del giudice stesso (Corte
 costituzionale 12 ottobre 1990, n. 444).
   Cio'  premesso,  la  questione di legittimita' costituzionale della
 norma di cui all'art. 2, comma quarto, della legge n. 549/1995 appare
 rilevante per il giudizio in corso, poiche' l'esistenza  della  norma
 nel  suo tenore letterale elimina in radice il diritto del ricorrente
 a continuare il proprio rapporto con  il  servizio  sanitario  avendo
 egli  compiuto  il  settantesimo  anno  di  eta',  mentre l'eventuale
 declaratoria di  incostituzionalita'  consentirebbe  la  prosecuzione
 dell'attivita' professionale.
   La  questione,  a  parere  del giudicante, come peraltro hanno gia'
 ritenuto altri giudici (cfr. ordinanza del pretore di Napoli  del  16
 giugno  1996  in  causa  tra Mezzacapo Nicola e ASL Napoli 1), non e'
 manifestamente infondata, poiche' la norma citata appare in contrasto
 con l'art. 3 della Costituzione in relazione agli artt.  4,  32,  33,
 comma quinto della Costituzione.
   Poiche'   il   tema  oggetto  del  presente  giudizio  riguarda  la
 disciplina del rapporto convenzionale tra i medici "generalisti" e le
 aziende sanitarie  locali  (gia'  U.S.L.),  prima  di  affrontare  la
 questione  di  costituzionalita' della citata norma, appare opportuno
 delineare le caratteristiche  del  servizio  offerto  dai  medici  di
 medicina   generale.      A   differenza   dei   medici   specialisti
 convenzionati, che  operano  nell'ambito  delle  strutture  sanitarie
 pubbliche  ed  erogano le proprie prestazioni avvalendosi dei mezzi e
 delle  strutture  del  servizio  sanitario  nazionale,  i  medici  di
 medicina generale esercitano l'assistenza sanitaria con propri mezzi,
 nei  propri  studi  professionali,  non sono in alcun modo sussidiati
 dalle ASL che si limitano ad erogare i compensi e a  fornire  loro  i
 timbri ed i ricettari.
   Va  detto,  inoltre,  che  in  base all'evoluzione della disciplina
 legislativa in materia di rapporto medici di  base  (dalla  legge  n.
 833/1978  al  recente  decreto  legislativo  7 dicembre 1993, n. 517,
 attraverso  la  legge  23  ottobre  1992,  n.  421,  ed  il   decreto
 legislativo  n.  502  del  30  dicembre 1992) appare evidente come il
 rapporto dei medici di base sia  stato  concepito  come  un  rapporto
 libero-professionale,  come  il  rapporto  medico-paziente  sia stato
 improntato al  principio  della  liberta'  di  scelta  da  parte  del
 cittadino  utente  del  servizio  (cfr.  art. 19 legge istitutiva del
 Servizio sanitario nazionale), e come, infine,  tali  caratteristiche
 siano  state  accentuate  nel  nuovo sistema (cfr. art. 8 del decreto
 legislativo n. 502/1992 citato); la liberta' di scelta da  parte  del
 cittadino  e  stata  ribadita  da  ultimo dalla legge n. 549/1995 che
 all'art. 2, comma settimo, conferma "agli assistiti  la  facolta'  di
 libera  scelta delle strutture sanitarie e dei professionisti a norma
 degli  artt.  8 e 14 del decreto legislativo n. 502/1992 e succ. mod.
 ed integrazioni". Deve essere  sottolineato,  al  proposito,  che  la
 liberta'  di  scelta  del  medico  non  viene  piu'  concepita,  come
 dall'art.  19  legge  n.  833/1978  "nei   limiti   oggettivi   della
 organizzazione  dei servizi sanitari", ma come finalita' stessa della
 legge (con il solo limite del  massimo  di  assistiti  da  parte  del
 medico),  insieme  a  quella  di  garantire  migliore  assistenza  al
 cittadino, che  viene  perseguita  attraverso  la  incentivazione  al
 contenimento  dei  consumi sanitari, attraverso la valorizzazione del
 volontariato etc. (cfr. art. 1 legge delega n. 421/1992).
   Gia' sotto il profilo della mancanza di coerenza con il  precedente
 sviluppo  legislativo  in  materia,  suscita, quindi, perplessita' la
 norma  introdotta  dalla  legge  28  dicembre  1995,  n.  549,  nella
 previsione  di  un  rigido limite legale di eta' dell'esercizio delle
 attivita' di medico di base, non previsto dalla  legge  n.  833/1978.
 Tale incoerenza, di per se' sola, non sarebbe suscettibile di fondare
 un  giudizio di incostituzionalita' della norma in esame, secondo una
 tendenza piu' volte affermata nella legislazione, in base alla  quale
 e'  possibile  introdurre  norme nuove nell'ordinamento che esprimano
 orientamenti contrastanti con le precedenti, purche' non si ravvisino
 lesioni a beni costituzionalmente protetti; puo' fondarlo, pero', se,
 come ritiene il pretore per  la  norma  in  questione,  sussiste  una
 lesione di principi costituzionali.
   In  effetti,  affermata la natura libero-professionale del rapporto
 esistente  tra  la  ASL  ed  il  medico  di  base,  ne  consegue  che
 l'introduzione   legislativa   del   limite  di  eta'  determina  una
 ingiustificata disparita' di trattamento con altri soggetti esercenti
 la professione libera, ed in particolare rispetto ad altri  esercenti
 la  professione  sanitaria  pure  convenzionati  con  la ASL, come ad
 esempio i medici  specialisti  ambulatoriali,  per  i  quali  non  e'
 previsto  un siffatto limite di eta'; sotto tale profilo, la norma in
 esame viola il principio di  uguaglianza  di  cui  all'art.  3  della
 Costituzione,  senza  alcuna  razionale giustificazione, posto che il
 problema dell'equa distribuzione della  possibilita'  di  accesso  al
 mondo  del  lavoro  viene gia' garantito, nel nuovo sistema normativo
 delineato dalle ricordate norme, attraverso  il  ricorso  al  sistema
 delle incompatibilita' ( cfr. art. 4 legge 30 dicembre 1991, n. 412),
 e  che  non  sembra  potersi  vedere  nella  limitazione  de  quo una
 espressione della condivisibile esigenza di tutela della  salute  dei
 cittadini,  poiche'  se  cosi'  fosse (sul presupposto che il passare
 degli anni ed il naturale invecchiamento  dell'individuo  lo  rendano
 non  piu' affidabile sul piano della efficienza professionale) non si
 comprenderebbe il motivo per cui uno stesso limite non  debba  essere
 previsto anche, ad esempio, per i medici specialisti ambulatoriali, o
 per altre professioni intellettuali. A tal proposito va ricordato che
 l'art.  33,  comma  quinto,  della Costituzione, che pure, sotto tale
 profilo, appare violato, pone come unico limite  all'esercizio  della
 professione  il  superamento  dell'esame di abilitazione. Se e' vero,
 infatti, che il limite di eta' viene normalmente imposto dalla  legge
 per  i  rapporti  di  lavoro  dipendente  sia  pubblico  che privato,
 tuttavia va sottolineata la tendenza ad ampliare le  possibilita'  di
 lavoro  degli  anziani  che  caratterizza,  ad esempio, la previsione
 della possibilita' per i dipendenti civili dello Stato e  degli  enti
 pubblici  non  economici  di  permanere  in  servizio  per un periodo
 massimo  di  un  biennio  oltre  i  limiti  di  eta'  previsti per il
 collocamento a riposo (cfr. art. 16 decreto legislativo n. 503/1992),
 e la estensione di tale possibilita' anche ai magistrati, che possono
 rimanere in servizio fino a settantadue anni (cfr.  legge  24  aprile
 1993, n. 125).
   La  norma di cui all'art. 2, comma quarto, legge n. 549/1995 appare
 in contrasto anche  con  il  principio  sancito  dall'art.  32  della
 Costituzione, poiche' la limitazione alla liberta' di esercizio della
 professione   del   medico   di  base  determina  indirettamente  una
 violazione della liberta' del cittadino utente del servizio sanitario
 di continuare  a  usufruire  dell'attivita'  del  proprio  medico  di
 fiducia.
   La   norma   in   esame,   infine,  appare  presentare  profili  di
 illegittimita' costituzionale anche in relazione alla  norma  di  cui
 all'art.  4 della Costituzione, che garantisce a tutti i cittadini la
 possibilita' di svolgere la propria attivita' o funzione che concorra
 al progresso della societa'; infatti, privare il medico di base della
 possibilita' di lavoro per il raggiungimento del settantesimo anno di
 eta' significa negargli la possibilita' di lavoro, poiche' il  medico
 di  medicina generale, privato del rapporto convenzionale con la ASL,
 pur se - ipoteticamente - intenzionato  ad  intraprendere  la  libera
 professione,  sarebbe  destinato  a  perdere i propri "clienti", che,
 fatalmente, sarebbero portati a fluire, per  le  stesse  prestazioni,
 del  servizio sanitario nazionale gratuito e rivolgendosi a medici di
 medicina generale convenzionati.
   Per i motivi suesposti la questione di legittimita'  costituzionale
 della   norma   di   cui   all'art.   2,  comma  quarto,  non  appare
 manifestamente infondata e, poiche' il  presente  giudizio  cautelare
 non  puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione di tale
 questione, va  emessa,  in  accoglimento  del  ricorso  ed  ai  sensi
 dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ordinanza con la quale
 si  deve  disporre  la immediata trasmissione degli atti del presente
 giudizio alla Corte costituzionale.
   La  sollevata   questione   impone   la   sospensione   dell'intero
 procedimento cautelare ed altresi' - in via provvisoria e temporanea,
 fino   alla  ripresa  del  giudizio  cautelare  dopo  l'incidente  di
 costituzionalita' - dell'efficacia della impugnata  comunicazione  n.
 26555 della ASL Caserta 1 del 20 gennaio 1996.
   Vanno,  infine,  disposti  gli adempimenti di cui all'art. 23 della
 legge da ultimo citata.