ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 707  del  codice
 penale,  promossi con ordinanze emesse il 9 febbraio 1996 dal pretore
 di Verbania - sezione distaccata di Domodossola  -  nel  procedimento
 penale  a  carico di Maffei Guerrino Settimo ed altri, iscritta al n.
 1196  del  registro  ordinanze  1996  e  pubblicata  nella   Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  44, prima serie speciale, dell'anno
 1996 ed il 13 novembre 1996 dalla  Corte  d'appello  di  Messina  nel
 procedimento  penale  a  carico  di  Finocchiaro  Domenico  ed altro,
 iscritta al n.  39 del registro ordinanze  1997  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  8,  prima serie speciale,
 dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  9  aprile 1997 il giudice
 relatore Francesco Guizzi;
   Ritenuto che nel corso del procedimento penale a carico  di  Maffei
 Guerrino,   Colombo   Pierluigi   e  Dapoto  Nicola,  imputati  della
 contravvenzione di cui all'art. 707 del codice penale, perche'  colti
 in  possesso, non giustificato, di attrezzi atti a forzare serrature,
 il  difensore  ha  sollevato questione di legittimita' costituzionale
 della disposizione in esame per contrasto con gli artt. 3 e 27  della
 Costituzione;
     che  il pretore di Verbania - sezione distaccata di Domodossola -
 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e  27,  terzo
 comma,  della  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 707 del codice penale, nella parte in cui prevede  la  pena
 minima  edittale  di mesi sei di arresto, anziche' quella generale di
 cui all'art. 25 dello stesso codice (giorni cinque);
     che con una previsione generale, valida qualora  specificatamente
 non  derogata,  l'art.  25  del  codice penale stabilisce che la pena
 dell'arresto ha una soglia minima di cinque giorni, e l'art. 708, che
 ha in comune con la incriminazione de qua il presupposto  soggettivo,
 statuisce che il minimo non superi la pena di tre mesi di arresto;
     che  il  furto  semplice  viene  punito con un minimo di quindici
 giorni di pena detentiva di fatto applicata, attraverso  il  giudizio
 di  equivalenza  fra  le circostanze di reato, anche quando sia stato
 ipotizzato un furto aggravato ai sensi  dell'art.  625  dello  stesso
 codice;
     che,  pertanto,  conseguirebbe  un  trattamento  piu'  severo per
 coloro che pongono in  essere  quei  semplici  atti  preparatori,  in
 quanto  tali  non punibili, ma sottoposti a sanzione dall'art. 707 in
 considerazione dei soli precedenti penali dell'imputato;
     che si tratterebbe, certo, di una sanzione detentiva  piu'  grave
 di quella normalmente irrogabile nel caso dell'esecuzione di un furto
 semplice  (quand'anche  commesso  mediante  l'uso di piccole pinze, o
 strumenti analoghi, o  con  l'asportazione  della  piastra  magnetica
 applicata agli oggetti esposti sui banchi dei grandi magazzini);
     che   il  possesso  anche  di  un  unico  attrezzo,  in  se'  non
 significativo  di  alcuna  particolare  pericolosita'  del  soggetto,
 sarebbe  sottoposto a una sanzione sproporzionata, tale da vanificare
 la finalita' rieducativa della pena (sentenza n. 341 del 1994, ove si
 riferisce l'art. 27, terzo comma, della Costituzione, pure alla  fase
 cognitiva del processo);
     che nel corso di un altro procedimento penale la Corte di appello
 di  Messina ha sollevato d'ufficio, in  riferimento agli artt. 3 e 27
 della Costituzione, identica questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 707 del codice penale;
     che,  ad  avviso  del  collegio   rimettente,   la   disposizione
 denunciata  riserverebbe  un trattamento sanzionatorio minimo, per un
 reato contravvenzionale  di  mero  pericolo,  piu'  grave  di  quello
 stabilito per il delitto di furto consumato (ove e' prevista una pena
 minima  di  15  giorni  di  reclusione),  con lesione dei principi di
 uguaglianza e ragionevolezza, nonche' con  violazione  del  principio
 della  finalita'  rieducativa della pena stabilito dall'art. 27 della
 Costituzione;
     che in entrambi  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio  dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello
 Stato, concludendo per l'inammissibilita' e,  comunque,  per  la  non
 fondatezza;
   Considerato   che   la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  707 del codice penale, nella parte in cui prevede la  pena
 minima  edittale  di mesi sei di arresto, anziche' quella generale di
 cui all'art. 25 dello stesso codice (giorni cinque), addirittura piu'
 grave  della pena stabilita per il furto consumato (e, in concorso di
 circostanza  attenuante,  anche  del  reato  di   furto   aggravato),
 sollevata  dai  giudici  a  quibus  in  relazione agli artt. 3, primo
 comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, ha gia' formato oggetto
 di pronuncia di non fondatezza  da  parte  di  questa  Corte  con  la
 sentenza n. 370 del 1996;
     che   rientra   nella   discrezionalita'   del   legislatore   la
 determinazione della quantita' o qualita' della sanzione, purche'  si
 osservi  il  limite  della  ragionevolezza,  non violata, nel caso di
 specie, per la diversita' delle situazioni  comparate;
     che, pertanto, riuniti i  giudizi,  la  questione  va  dichiarata
 manifestamente infondata;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;