Ricorso per il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato
 e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato e  presso  la  sede  di
 questa  in  Roma,  via  dei  Portoghesi n. 12 legalmente domiciliato,
 contro la regione Puglia, in  persona  del  presidente  della  Giunta
 regionale   in   carica,   per  la  dichiarazione  di  illegittimita'
 costituzionale dell'art. 1 della legge regionale  sulla  applicazione
 dell'art.  26 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 in tema di assegni
 vitalizi spettanti ai membri del Consiglio regionale approvata il  17
 giugno 1997 del Consiglio regionale della Puglia in sede di riesame a
 seguito di rinvio governativo e comunicata in data 20 giugno 1997.
                               F a t t o
   Il  Consiglio  regionale  della  Puglia aveva approvato, in data 24
 marzo 1997, la legge regionale sull'applicazione dell'art.  26  della
 legge  23  dicembre  1994,  n. 724 agli assegni vitalizi spettanti ai
 membri del Consiglio  regionale.
   Con tale legge la  regione  estendeva  agli  assegni  vitalizi  dei
 consiglieri  il  regime  fiscale dettato dall'art. 5-bis del d.-l. 28
 giugno 1995 n. 220, introdotto dalla legge di  conversione  8  agosto
 1995  n.  349,  riguardante  gli  assegni  vitalizi  dei  membri  del
 Parlamento nazionale.
   La  legge  non  era  stata  promulgata  perche' il Governo ne aveva
 chiesto il riesame rilevando  che  la  disposizione  che  tendeva  ad
 estendere   gli   assegni   vitalizi  dei  consiglieri  regionali  il
 trattamento tributario previsto per gli assegni vitalizi  dei  membri
 del Parlamento nazionale rappresentava indubbiamente una disposizione
 di   carattere  fiscale  che  e'  materia  estranea  alle  competenze
 regionali.
   Il  Consiglio  regionale,  nella  seduta  del  17  giugno  1997  ha
 riapprovato  a  maggioranza  assoluta  la  legge,  apportando al teso
 originario esclusivamente la modifica necessaria  per  correggere  un
 errore materiale contenuto nel precedente testo.
   Avverso  l'indicata legge regionale il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  in  esecuzione  della  deliberazione  del  Consiglio   dei
 Ministri  del  27  giugno 1997 di impugnazione della legge regionale,
 con  il  presente   ricorso   propone   questione   di   legittimita'
 costituzionale,  a  norma  dell'art.  127  della Costituzione, per il
 seguente motivo:
   La legge 23 dicembre 1994 n. 724, all'art. 26,  compreso  nel  capo
 IV, dedicato alle disposizioni fiscali, ha soppresso i regimi fiscali
 particolari  riguardanti  sia  le indennita' sia gli assegni vitalizi
 spettanti, tra gli altri, ai parlamentari e ai consiglieri regionali.
   La norma, per quanto  in  particolare  si  riferisce  agli  assegni
 vitalizi, ha cura di precisare che la soppressione del regime fiscale
 di  favore  riguarda  esclusivamente la quota parte che non derivi da
 fonti riferibili  a  trattenute  effettuate  dal  percettore  e  gia'
 assoggettate a ritenute fiscali.
   In sede di conversione del d.-l. 28 giugno 1995, n. 250, contenente
 numerose  norme di carattere fiscale, il legislatore, nell'intento di
 determinare con  precisione  tanto  la  quota  di  assegno  vitalizio
 corrispondente ai contributi versati dal beneficiario e quanto quella
 corrispondente  ai  contributi  a  carico  del  bilancio  statale, ha
 introdotto, per i soli parlamentari nazionali,  la  regola  che  deve
 essere  seguita  nel relativo calcolo. Precisamente, ha stabilito che
 la quota che non corrisponde ai contributi versati  dai  beneficiari,
 cioe'  la  quota rispetto alla quale viene a cessare ogni trattamento
 fiscale  speciale  di  favore,  deve  essere  determinata  in  misura
 corrispondente   al   rapporto   tra  l'ammontare  complessivo  delle
 trattenute assoggettate a ritenute fiscali e la spesa complessiva per
 assegni vitalizi, fissando al tempo stesso il tetto massimo  dei  due
 quinti per questa quota.
   In  tale  situazione  e'  intervenuta  la  legge  regionale nei cui
 confronti  con  il  presente  atto  si  propone   la   questione   di
 legittimita'  costituzionale.    La legge e' intitolata "applicazione
 dell'art. 26 della legge 23 dicembre 1994 n. 724", ma in  realta'  ha
 un  oggetto  ben diverso: infatti, l'art. 26 della legge contiene una
 disposizione gia'  completa  e  immediatamente  operativa  anche  nei
 confronti  dei  consiglieri  regionali,  che  non abbisogna di alcuna
 ulteriore disposizione  per  la  sua  pronta,  concreta  e  integrale
 attuazione.
   La  legge  regionale  estende,  invero, ai consiglieri regionali il
 trattamento  tributario  poco  sopra  precisato  che  la   legge   di
 conversione del d.-l. 28 giugno 1995, n. 250 ha dettato con esclusivo
 riferimento ai parlamentari nazionali.
   Il  vero  contenuto  normativo  della  legge non consiste, insomma,
 nell'applicazione dell'art. 26 della legge 23 dicembre 1994  n.  724,
 ma  nella  estensione,  ai consiglieri regionali, dei criteri dettati
 dalla legge di conversione del decreto-legge  per  il  calcolo  della
 quota  degli  assegni  vitalizi  spettanti  ai  membri del Parlamento
 nazionale cui cessa di  essere  applicato  il  precedente  regime  di
 favore.
   Si  tratta,  per  la  verita', di criteri che appaiono estremamente
 ragionevoli, atteso che fissano il principio,  indubbiamente  sensato
 ed equilibrato, della proporzione tra la spesa complessiva sopportata
 dal  bilancio  per  l'erogazione degli assegni vitalizi e l'ammontare
 delle trattenute a carico dei beneficiari e sulle  quali  sono  state
 gia' pagate le imposte.
   Peraltro,  e'  indubbio  che  una  norma  che  detti  i criteri per
 l'applicazione delle imposte e', e non puo'  non  essere,  una  norma
 fiscale,  come  tale del tutto estranea alle competenze delle regioni
 costituzionalmente attribuite.
   Dunque,  del  tutto  indipendentemente  dalla  circostanza  che  le
 imposte  saranno  applicate  anche  ai  consiglieri regionali con gli
 stessi criteri enunciati dalla legge  per  i  membri  del  Parlamento
 nazionale,  appare  irrinunciabile che venga riaffermato il principio
 che alle regioni a statuto ordinario non compete alcuna  attribuzione
 in  materia  tributaria,  se  non  nei  limiti entro i quali la legge
 nazionale riconosca un qualche intervento a livello regionale.
   Nel caso in esame il legislatore nazionale non ha  previsto  alcuno
 spazio  a  disposizione  del  legislatore regionale e dunque la legge
 riapprovata dal Consiglio regionale  della  Puglia  e'  in  aperto  e
 insanabile  contrasto con la ripartizione di competenze fissato dalla
 Costituzione.