ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  26, primo
 comma, lettera d), della legge 27 luglio  1978,  n.  392  (Disciplina
 delle locazioni di immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il
 2  maggio 1995 (e pervenuta alla Corte il 17 luglio 1996) dal pretore
 di Firenze nel procedimento civile vertente tra  Martine  Fortemps  e
 Pier  Francesco  Rosselli  Del Turco ed altro, iscritta al n. 888 del
 registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di costituzione di Mario Rosselli Del Turco ed altri
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  7  maggio 1997 il giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  Con ordinanza emessa il 2 maggio  1995  (e  pervenuta  il  17
 luglio  1996)  nel  corso  di  un  giudizio  promosso per ottenere la
 determinazione, secondo i criteri stabiliti  dalla  legge  27  luglio
 1978,  n.  392  (Disciplina  delle locazioni di immobili urbani), del
 canone di locazione di una abitazione  compresa  in  un  immobile  di
 particolare  importanza  storico-artistica,  sottoposto  alla  tutela
 prevista dalla legge 1 giugno 1939, n. 1089, il pretore di Firenze ha
 sollevato,  in   riferimento   all'art.   3,   primo   comma,   della
 Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26,
 primo comma, lettera d), della legge n. 392  del  1978,  che  esclude
 dall'ambito  di  applicazione  dell'equo  canone gli immobili inclusi
 nella categoria catastale A/9 (palazzi di eminente pregio artistico o
 storico).
   Il pretore di Firenze  rileva  che  l'appartamento  locato  risulta
 classificato  nella  categoria  catastale  A/4  (abitazione  di  tipo
 popolare), pur essendo compreso in un palazzo dichiarato dal Ministro
 per i beni culturali, nel suo interno e nel suo esterno, di interesse
 storico artistico e sottoposto alla legge di tutela n. 1089 del 1939.
 Lo  stessogiudice  ritiene,  in   conformita'   alla   giurisprudenza
 prevalente,  che ai fini della determinazione del canone di locazione
 non sia vincolante la classificazione che  risulta  dal  catasto,  ma
 debbano    essere    considerate    le    effettive   caratteristiche
 dell'immobile.  Tuttavia,  proprio  l'esclusione  di  immobili  della
 categoria catastale A/9 dalla disciplina di determinazione legale del
 canone,  prevista  dalla  legge  n.  392  del  1978,  non  troverebbe
 ragionevole giustificazione, quando la locazione riguardi una  unita'
 immobiliare  di  ordinaria tipologia, sia pure compresa in un palazzo
 di eminente interesse artistico o storico, nel quale si puo'  trovare
 un  appartamento  di  scarsissimo pregio, come quello considerato che
 risulta catastalmente classificato  nella  categoria  A/4.  Per  tale
 unita'  abitativa sarebbe ingiustificata la possibilita' di convenire
 contrattualmente un canone maggiore rispetto a quello  che  la  legge
 stabilisce  per  un  analogo  appartamento,  compreso  in  un attiguo
 palazzo non sottoposto a tutela quale immobile di interesse artistico
 o storico.
   Per gli immobili della categoria catastale A/9 sarebbe prevista una
 compensazione con vantaggi, anche fiscali, in ragione dei  vincoli  e
 degli   oneri   imposti   al   proprietario.  Tuttavia  la  finalita'
 compensativa, legittimamente perseguita  dallo  Stato,  non  potrebbe
 gravare  sul conduttore, estraneo al rapporto tributario, rendendo il
 canone di locazione liberamente contrattabile.
   2. - E' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,   chiedendo   che   sia   dichiarata   l'inammissibilita'    o
 l'infondatezza della questione.
   L'Avvocatura   ritiene   che   l'interpretazione   letterale  della
 disposizione  denunciata  consenta  di  affermare  che   l'esclusione
 dall'ambito  di  applicazione  dell'equo  canone  operi  solo in base
 all'atto formale di classificazione  catastale;  inoltre,  la  stessa
 esclusione  si  riferirebbe  soltanto alla locazione di palazzi nella
 loro interezza  o  nella  parte  principale.  Questa  interpretazione
 supererebbe  il dubbio di legittimita' costituzionale, prospettato in
 base ad una interpretazione diversa, autorevolmente sostenuta ma  che
 non costituirebbe diritto vivente, secondo la quale, per un verso, il
 giudice   potrebbe   disapplicare  la  classificazione  dell'immobile
 risultante dal catasto e, per l'altro, sarebbe  sottratta  al  regime
 dell'equo  canone  la  locazione  di  ogni  singola  unita' abitativa
 compresa in palazzi di eminente pregio artistico o storico.
   Ad   avviso   dell'Avvocatura,   anche   seguendo    la    premessa
 interpretativa  dalla  quale muove il rimettente, la sottrazione alla
 disciplina  del  canone  legale  sarebbe  comunque  giustificata,  in
 ragione  delle  particolari caratteristiche dell'immobile delle quali
 partecipa anche la singola unita' immobiliare che di esso  fa  parte.
 Inoltre  la  base  di calcolo dell'equo canone, che nel sistema della
 legge e' costituita dal costo di costruzione  dell'edificio,  non  si
 adatterebbe agli immobili di pregio artistico o storico.
   3.  - Hanno depositato atto di costituzione, oltre il termine di 20
 giorni  dalla  pubblicazione  dell'ordinanza  di   rimessione   nella
 Gazzetta  Ufficiale  gli  eredi  del  locatore dell'immobile, che era
 parte  nel  giudizio  principale,  chiedendo  che  la  questione  sia
 dichiarata inammissibile o infondata.
                         Considerato in diritto
   1.  -    La questione di legittimita' costituzionale investe l'art.
 26, primo comma, lettera d), della legge 27 luglio 1978, n. 392, che,
 nel contesto della disciplina delle  locazioni  di  immobili  urbani,
 esclude  i  palazzi di eminente pregio artistico o storico (categoria
 A/9) dall'ambito di applicazione delle disposizioni  sulle  locazioni
 delle  abitazioni  e,  quindi,  anche  dalla determinazione dell'equo
 canone (art. 12).
   Il pretore di Firenze ritiene che  tale  esclusione  riguardi  ogni
 unita' abitativa, compresa in palazzi sottoposti alla tutela prevista
 dalla  legge  1  giugno  1939,  n.  1089 per gli edifici di interesse
 artistico o storico; cio' determinerebbe  una  lesione  dell'art.  3,
 primo  comma,  della  Costituzione,  per  irragionevole disparita' di
 trattamento rispetto alla  applicazione  della  disciplina  dell'equo
 canone  per un appartamento con caratteristiche analoghe, ma posto in
 un palazzo non sottoposto a tutela.
   2. - Preliminarmente deve essere dichiarato irricevibile l'atto  di
 costituzione in giudizio degli eredi del locatore, perche' depositato
 tardivamente,  oltre  il termine previsto dall'art. 25 della legge 11
 marzo 1953, n. 87 e dall'art. 3 delle norme integrative per i giudizi
 davanti alla Corte costituzionale.
   3.  -  Secondo la premessa dalla quale muove il giudice rimettente,
 la classificazione  dell'immobile,  quale  risulta  dal  catasto,  e'
 effetto  di  un  atto  amministrativo  disapplicabile  dal giudice il
 quale, nel decidere dell'equo canone di locazione,  deve  considerare
 l'immobile  secondo  la categoria corrispondente alle caratteristiche
 che esso effettivamente  presenta.  Lo  stesso  giudice  ritiene  che
 l'esclusione  dall'ambito  di applicazione dell'equo canone, prevista
 dalla norma denunciata, riguardi ogni unita' abitativa compresa in un
 palazzo che nel  suo  insieme  sia  qualificato  di  eminente  pregio
 artistico o storico.
   L'Avvocatura  dello  Stato  delinea  una  diversa  interpretazione,
 fondata  sul  dato  testuale  della  disposizione   denunciata,   che
 consentirebbe  di  superare il dubbio di legittimita' costituzionale:
 la classificazione dell'immobile  che  risulta  dal  catasto  sarebbe
 vincolante anche nel giudizio per la determinazione dell'equo canone,
 alla  cui  disciplina, in ogni caso, sarebbero sottratte le locazioni
 dell'intero immobile, e non quelle di  singole  unita'  abitative  in
 esso comprese.
   Sebbene   sia   possibile   una   diversa   interpretazione   della
 disposizione denunciata, non vi e' ragione per discostarsi da  quella
 fatta  propria dal giudice rimettente, sostenuta dalla giurisprudenza
 prevalente.  Una diversa interpretazione si imporrebbe solo se  fosse
 l'unica  compatibile con la Costituzione (da ultimo, sentenze n. 99 e
 n. 87 del 1997).
   4. - Nel merito la questione non e' fondata.
   Il legislatore, nel disciplinare le locazioni  di  immobili  urbani
 adibiti   ad   uso   di  abitazione,  ha  determinato  i  criteri  di
 applicazione della disciplina limitativa della libera  contrattazione
 tra  le  parti,  ma ha escluso da tale disciplina, tra gli altri, gli
 immobili di eminente pregio artistico o storico.
   Questa scelta del legislatore non e'  in  contrasto  con  l'art.  3
 della  Costituzione  sia  sotto  il  profilo della ragionevolezza che
 della parita' di trattamento.
   Rientra, difatti, nella discrezionalita' del legislatore e  non  e'
 manifestamente  irragionevole  la  norma  che  considera, ai fini del
 canone di locazione, i requisiti oggettivi dell'immobile, attribuendo
 rilievo al particolare pregio storico o artistico che esso  presenta.
 Caratteristica,  questa, che puo' essere ritenuta prevalente rispetto
 alle caratteristiche abitative altrimenti  rilevanti  ai  fini  della
 determinazione dell'equo canone.
   Neppure  sussiste  la  denunciata  disparita' di trattamento tra il
 conduttore di una unita' abitativa compresa in un palazzo di eminente
 pregio artistico o storico rispetto al conduttore di  una  abitazione
 posta in un edificio privo di tali requisiti, giacche' proprio questi
 ultimi   costituiscono  l'elemento  di  differenziazione,  idoneo  ad
 escludere  la  omogeneita'  e,  quindi,   la   comparabilita'   delle
 situazioni.