L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 14  agosto  1997,
 ha approvato il disegno di legge nn. 456, 122, 373, 379, 411, 431 dal
 titolo:  "Norme  per  la  protezione,  la tutela e l'incremento dalla
 fauna selvatica e per la  regolamentazione  del  prelievo  venatorio.
 Disposizioni per il settore agricolo e forestale", pervenuto a questo
 Commissariato  dello  Stato,  ai sensi e per gli effetti dell'art. 28
 dello Statuto speciale, il 19 agosto 1997.
   Il provvedimento  legislativo  contiene  un'organica  ed  esaustiva
 disciplina in materia di tutela ed incremento della fauna selvatica e
 di  prelievo  venatorio  in  buona  parte sostanzialmente conforme ai
 principi posti dalla legge n. 157/1992.
   Talune disposizioni, tuttavia, per lo piu'  frutto  di  emendamenti
 presentati  in  aula,  si discostano dalle prescrizioni della cennata
 legge nazionale dando adito a rilievi di carattere costituzionale.
   L'art.  19,  che  di seguito si trascrive, al primo comma, infatti,
 prevede indistintamente per tutte le specie cacciabili  con  la  sola
 eccezione  della  lepre,  delle  coturnici  e  del cinghiale, i primi
 giorni di settembre e il 31 gennaio come  data,  rispettivamente,  di
 apertura  e  di  chiusura,  della  stagione  venatoria in assenza del
 preventivo obbligatorio parere dell'Istituto  nazionale  della  fauna
 selvatica.
   "Periodi di attivita' venatoria.
   1.  -  L'Assessore  regionale per l'agricoltura e le foreste con le
 procedure di cui  al  comma  1  dell'art.  18,  sentito  il  comitato
 regionale  faunistico-venatorio,  determina  le date di apertura e di
 chiusura della relativa attivita' venatoria, nel  rispetto  dell'arco
 temporale compreso tra il primo giorno utile di settembre ed il 31 di
 gennaio.    Le  giornate  di  caccia  previste  complessivamente  per
 ciascuna  specie  non  possono  in  ogni  caso  superare  il   numero
 complessivo di giornate stabilito all'art. 18 della legge 11 febbraio
 1992, n. 257.
     a)  specie  cacciabili  dal primo giorno utile di settembre al 31
 dicembre: Omissis.
   2. - Per le stagioni venatorie successive a quella del 1997/1998 la
 caccia alla coturnice  siciliana  e'  subordinata  al  censimento  di
 consistenza della specie.
   3.  - Non e' consentita la caccia di appostamento alla beccaccia ed
 al beccaccino.
   4. - Nell'ambito della regione si applicano i provvedimenti che  il
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  emana  per  definire nuovi
 elenchi  e  per  adottare  variazioni  degli  elenchi  delle   specie
 cacciabili  ai  sensi  dell'art.  18, comma 3 della legge 11 febbraio
 1992, n. 157.  Nel caso di mancato rispetto dei termini ivi previsti,
 alla definizione  degli  elenchi  provvede  con  proprio  decreto  il
 presidente della regione entro i successivi sessanta giorni.
   5.  -  Limitatamente  all'isola  di  Pantelleria  e  per comprovate
 necessita'  ambientali  e  di  tutela  delle  coltivazioni  agricole,
 l'assessore  per  l'agricoltura  e  le  foreste,  sentito il Comitato
 faunistico-venatorio, e' autorizzato con proprio decreto a consentire
 la caccia esclusivamente del coniglio selvatico per tutto il  periodo
 dell'anno  ad  esclusione  dei  mesi  di  luglio  e agosto secondo la
 normativa di cui alla presente legge".  L'esercizio della facolta' di
 deroga ai termini di  cui  al  primo  comma  dell'art.  18  legge  n.
 157/1992,  attribuita  alle  singole  regioni in considerazione delle
 particolari situazioni ambientali delle diverse realta' territoriali,
 per ormai consolidato orientamento di codesta ecc.ma Corte  (sentenza
 n.  35  e  248 del 1995), deve necessariamente essere preceduto dalla
 valutazione dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica,  previsto
 dall'art.  7  della  legge  n. 157/1992 cioe' di un ente dotato della
 necessaria  competenza  tecnico-scientifica,  preposto  alla  ricerca
 nonche' in possesso dei dati relativi all'intero territorio nazionale
 ed  in raccordo con i corrispondenti organismi stranieri, e quindi in
 grado di asseverare le modifiche proposte dagli organi regionali.  La
 disposizione del primo comma, pertanto, laddove esclude la competenza
 dell'INFS ad  emanare  il  prescritto  parere,  attribuendola  ad  un
 organismo  regionale  non omologo ne' assimilabile, si ritiene lesiva
 di uno dei principi fondamentali  della  legge  n.  157/1992  che  ha
 attribuito  all'INFS  compiti di consulenza per lo Stato e le regioni
 al  fine  di tutelare il patrimonio ambientale costituito dalla fauna
 selvatica.
   Ad avviso del ricorrente non puo' ritenersi  sufficiente,  ai  fini
 della  diversa  determinazione  dei  periodi  entro cui e' ammesso il
 prelievo venatorio rispetto a quelli disposti dall'art. 18  legge  n.
 157/1992,  il  parere  di  un  organo  consultivo regionale ed est il
 comitato faunisto-venatorio.
   A  tale  consesso,  cui  partecipano  in   prevalente   maggioranza
 rappresentanti   delle   associazioni   di   categoria  e  funzionari
 amministrativi, il legislatore regionale non ha inteso attribuire una
 connotazione scientifica e di conseguenza non possiede la  necessaria
 competenza per valutare le eventuali refluenze negative sullo stato e
 la  tutela  della  funa  selvatica, nell'ipotesi di anticipazione e/o
 posticipazione della  data  di  apertura  della  stagione  venatoria,
 nonche'  sull'inserimento  o meno di talune specie animali fra quelle
 cacciabili.
   Infatti e' soltanto tre il numero dei membri designati fra  docenti
 in materia di biologia e tutela dell'ambiente (art. 12, lettera c).
   A  cio' si aggiunga che, secondo le previsioni del quinto comma del
 medesimo  art.  12,  il  comitato  in  questione  puo'  emettere   il
 prescritto  parere in seconda convocazione a maggioranza assoluta dei
 voti  indipendentemente  dal  numero  dei  presenti  e  quindi  anche
 nell'eventuale  assenza  di  personale  dotato di alta qualificazione
 scientifica.
   Il mancato avvalimento del qualificato  supporto  scientifico  reso
 istituzionalmente  dall'INPS  costituisce  indice di violazione anche
 dell'art. 97 della Costituzione giacche' la p.a. non pone  in  essere
 le   opportune   cautele   a   protezione   del   proprio  patrimonio
 indisponibile preferendo avvalersi di  un  organo  cui  e'  difficile
 riconoscere, per le ragioni sopra esposte, il necessario carattere di
 scientificita' e la competenza tecnica nelle variazioni.
   Analoghe  censure  si  ritiene di dover muovere alla previsione del
 quinto comma ove sostanzialmente si ammette per periodi  superiori  a
 quelli prefissati dall'art. 18 legge n. 15/1992 la caccia al coniglio
 selvatico nell'isola di Pantelleria.
   La  norma  contiene, infatti, una deroga assoluta ed ingiustificata
 al principio generale posto dall'art. 19, comma 2, legge n. 157/1992,
 peraltro riconfermato dallo stesso legislatore siciliano  con  l'art.
 4  del  d.d.l.  in  questione,  in  materia  di controllo della fauna
 selvatica e tutela delle produzioni agricole.  La disposizione de qua
 anziche' prevedere  il  ricorso  a  mezzi  ecologici  preventivamente
 vagliati   dall'INFS   ed   in   assenza  della  necessaria  verifica
 dell'inefficacia  degli  stessi  nonche'  della  predisposizione   di
 appositi    piani    di   abbattimento,   prevede   l'automatica   ed
 indiscriminata caccia al coniglio selvatico,  contribuendo  cosi'  al
 depauperamento  della  fauna  regionale  nella  mera  presunzione  di
 tutelare l'ambiente e gli interessi degli agricoltori.
   In relazione,  inoltre,  all'attivita'  di  controllo  della  fauna
 suscita  rilievi  di  costituzionalita'  anche sotto il profilo della
 violazione dell'art. 97 Cost., la disposizione  di  cui  al  comma  5
 lettera  b)  dell'art.  4  laddove  si  dispone  che  le ripartizioni
 faunistico-venatorie possano avvalersi per l'abbattimento della fauna
 ritenuta lesiva per l'ambiente  anche  delle  guardie  volontarie  di
 associazioni venatorie e ambientalistiche senza che contetualmente si
 preveda  il  possesso  da  parte  delle  stesse,  della  licenza  per
 l'esercizio  venatorio,  contrariamente  a  quanto  stabilito   dalla
 precedente lettera a), per i proprietari dei fondi.
   L'art.   19   della  legge  n.  157/1992,  comma  2  e  3,  dispone
 categoricamente,   per   intuibili   ragioni    di    tutela    anche
 dell'incolumita'  pubblica, che i piani di abbattimento siano attuati
 esclusivamente da soggetti  di  cui  sia  stata  verificata  (con  il
 rilascio  della licenza per l'esercizio venatorio) la conoscenza e la
 capacita' tecnica del maneggio  delle  armi.    Analoghe  censure  si
 ritiene  di  dover  muovere  alla  previsione contenuta nell'art. 26,
 comma 4, che di seguito  si  trascrive:  "Le  aziende  agro-venatorie
 possono  utilizzare  anche specie di fauna diverse da quelle indicate
 all'art.  19  purche'  le  relative   immissioni   e   modalita'   di
 abbattimento  seguano le prescrizioni di volta in volta dettate dalla
 ripartizione faunistico-venatoria competente per territorio.  Per  la
 fauna di allevamento immessa per l'esercizio della caccia alternativa
 durante  l'intero anno solare non si applicano limiti giornalieri per
 i capi abbattuti".
   Qualora  la  norma  de  qua  dovesse  trovare  attuazione  verrebbe
 sostanzialmente  autorizzata  la  caccia  anche in specie non incluse
 nell'elenco di quelle cacciabili in vilazione degli artt. 2, comma 1,
 16, comma 4; 18, comma 1 e 30, comma 1 lettere b), c), g),  h)  della
 legge n.  157/1992.  E' previsto infatti che possa costituire oggetto
 del  prelievo  venatorio  per l'intero anno qualunque specie animale,
 anche protetta purche' immessa e proveniente da allevamento.
   Giacche'  codesta  ecc.ma  Corte  con  sentenza  n.   578/1990   ha
 espressamente  sancito  il  principio  che  "anche i volatili nati od
 allevati (a seguito di cattura) in stato di cattivita' non per questo
 perdono  la  loro  naturale  qualita'  di  ''fauna  selvatica'',  ove
 risultino  appartenenti a specie viventi in stato di naturale libera'
 nel territorio nazionale" risulta evidente anche  l'interferenza  con
 la disciplina penale della materia.
   Altra  questione  che si ritiene di sottoporre all'esame di codesta
 ecc.ma Corte riguarda la violazione del principio dell'art. 13  della
 cennata  legge  n. 157/1992 circa l'esclusione di ogni arma e/o mezzo
 per l'esercizio venatorio  oltre  quelli  espressamente  ammessi  dal
 medesimo, posta in essere dalla norma contenuta nell'art. 20, comma 4
 ove si ammette quale ulteriore mezzo di caccia il furetto.
   L'ammettere  un  ulteriore  mezzo  di caccia oltre quelli stabiliti
 dalla normativa  statale  comporterebbe  refluenze  anche  nel  campo
 sanzionatorio  e  segnatamente  in quello penale, rendendo lecita una
 condotta  che  nel  rimanente  territorio  nazionale  e'  punita  con
 l'ammenda  sino  a  3.000.000  di lire dall'art. 30, lettera h) della
 legge n. 157/1992.
   Atteso che, ad avviso del  ricorrente,  debba  ritenersi  principio
 inderogabile posto a tutela della fauna selvatica e della incolumita'
 pubblica  quello  che  determina  la  durata  massima  della giornata
 venatoria, si ritiene illegittimo il comma 6  dell'art.  18,  ove  si
 protrae  a  mezz'ora  dopo  il tramonto l'esercizio della caccia, per
 violazione dell'art. 18, comma 7, della legge n. 157/1992.
   L'art. 23, comma 3, che di  seguito  si  trascrive,  determina  una
 composizione  del  comitato  di gestione degli ambiti territoriali di
 caccia che si ritiene elusiva del principio posto dall'art. 14, comma
 10 della legge n. 157 laddove determina con quota paritaria  del  30%
 la  partecipazione  negli  organi  direttivi dei rappresentanti delle
 associazioni venatorie e delle organizzazioni di categoria:
   "Struttura e funzioni dell'ambito territoriale di caccia.
   3. - Il comitato e' composto da:
     a)   quattro   rappresentanti   delle   associazioni    venatorie
 riconosciute  a  livello  regionale  maggiormente rappresentative nel
 territorio dell'ambito territoriale di caccia designati dalle  stesse
 associazioni;
     b) tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole
 degli  imprenditori presenti nel Consiglio regionale dell'agricoltura
 di cui all'art. 35 della legge regionale 25 marzo 1986, n. 13, scelti
 tra imprenditori agricoli con aziende ricadenti nelle  aree  comprese
 nell'ambito   territoriale   di   caccia   designati  dalle  medesime
 organizzazioni;
     c)  tre  rappresentanti   delle   associazioni   ambientalistiche
 maggiormente  rappresentative nel territorio dell'ambito territoriale
 di  caccia  riconosciute  a  livello   regionale,   designati   dalle
 associazioni medesime;
     d)  due  rappresentanti  nominati  dal  consiglio della provincia
 regionale in cui ricade l'ambito territoriale di caccia,  di  uno  in
 rappresentanza della minoranza".
   La  disposizione  regionale, nell'attribuire un numero inferiore di
 componenti (3 anziche'  4)  ai  rappresentanti  delle  organizzazioni
 professionali,   altera   immotivamente  l'equilibrio  che  la  norma
 nazionale di riferimento intende garantire per  la  composizione  dei
 confliggenti  interessi  delle  due  categorie  di  soggetti.    Tale
 previsione,  nel  riconoscere  una  minore  rappresentativita'  della
 categoria   degli  agricoltori,  realizza  anche  una  ingiustificata
 disparita' di trattamento degli  stessi  rispetto  agli  imprenditori
 agricoli  del rimanente territorio nazionale e costituisce violazione
 dell'art. 3 della Costituzione.
   Ultima disposizione oggetto di gravame per violazione dell'art.  12
 dello  Statuto  e'  l'art.  9,  comma  6,  laddove   si   attribuisce
 all'assessore  regionale per l'agricoltura e le foreste il compito di
 emanare  un  regolamento  di  attuazione   relativo   all'istituzione
 dell'Osservatorio faunistico siciliano.
   La  previsione,  cosi'  come formulata, conferisce all'assessore al
 ramo la competenza ad  emanare  una  disciplina  di  dettaglio  della
 materia  che,  seppure  sia  previsto  che  assuma la forma dell'atto
 amministrativo ("con proprio decreto"), contiene gli elementi che  ne
 identificano i caratteri normativi.
   La  disciplina  che dovra' essere emanata ha la funzione di rendere
 possibile la concreta attuazione della  previsione  legislativa,  per
 sua  natura  generale ed astratta e, sotto tale profilo, non puo' che
 essere contenuta in un regolamento di esecuzione, cioe'  in  uno  dei
 regolamenti  previsti  dall'art.  17  della  legge 23 agosto 1988, n.
 400.
   Stante la  suddetta  qualificazione  della  norma,  questa  avrebbe
 dovuto  pertanto essere emanata con atto del presidente della regione
 su deliberazione del Governo  regionale,  nel  rispetto  del  dettato
 dell'art.  12 dello Statuto.
   Anche  a  voler  prescindere  da ogni altra considerazione relativa
 alla sovrapponibilita' o meno delle funzioni esercitate dai  Ministri
 della  Repubblica con quelle esercitate dagli assessori regionali, la
 predetta disposizioni statutaria preclude di per se' la  possibilita'
 che venga considerato applicabile, per analogia, il comma 3 dell'art.
 17  della  citata  legge n. 400/1988, che disciplina la emanazione di
 regolamenti ministeriali o interministeriali.