ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 61  del  codice
 di  procedura  penale  del  1930,  promosso con ordinanza emessa il 7
 novembre 1996 dal  tribunale  di  Torino,  iscritta  al  n.  114  del
 registro  ordinanze  1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  18 giugno 1997 il giudice
 relatore Carlo Mezzanotte;
   Ritenuto che il tribunale di Torino - nel corso di un  procedimento
 penale  che ai sensi dell'art. 241 delle norme transitorie proseguiva
 secondo il previgente rito - con ordinanza del  7  novembre  1996  ha
 sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 24 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 61 del  codice  di
 procedura   penale   del   1930,  nella  parte  in  cui  non  prevede
 l'incompatibilita'  del  giudice,  pronunciatosi  con  sentenza   nei
 confronti  di  alcuni  imputati,  a  celebrare  il  dibattimento  nei
 confronti di altro concorrente nei medesimi reati;
     che dall'ordinanza di rimessione emerge che il tribunale aveva in
 precedenza giudicato,  previa  separazione  dei  procedimenti,  altri
 imputati,  alcuni dei quali accusati degli stessi reati oggi ascritti
 al  concorrente  sottoposto  al  distinto  giudizio  (associazione  a
 delinquere e reati di cui agli artt. 8 della legge 7 gennaio 1929, n.
 4,  e 4, numero 5, della legge 7 agosto 1982, n. 516: recte del d.-l.
 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge  7
 agosto 1982, n. 516);
     che,  ad avviso del rimettente, essendosi pronunciato sulle prove
 esistenti agli atti, si verserebbe in situazione del tutto analoga  a
 quella  posta  a base della sentenza di questa Corte n. 371 del 1996,
 con la quale  e'  stata  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  34,  comma  2,  cod.  proc.  pen.,  nella parte in cui non
 prevede che non possa partecipare al giudizio  nei  confronti  di  un
 imputato  il  giudice  che abbia pronunciato o concorso a pronunciare
 una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella  quale
 la   posizione   di   quello  stesso  imputato  in  ordine  alla  sua
 responsabilita' penale sia gia' stata comunque valutata;
     che  -  soggiunge  il giudice a quo - il dettato dell'art. 61 del
 codice del 1930 sarebbe sostanzialmente identico a  quello  dell'art.
 34  del  nuovo  codice  di procedura penale, al quale si riferisce la
 citata sentenza di questa Corte;
     che nel giudizio innanzi alla Corte e' intervenuto il  Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
 generale dello Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata
 infondata;
   Considerato  che,  secondo  l'ordinanza  di  rimessione,  la logica
 sottesa alla sentenza n. 371 del 1996 comporterebbe  che  il  giudice
 che   si   sia   pronunciato   in   un   precedente   giudizio  sulla
 responsabilita' di alcuni concorrenti sia per cio'  solo  colpito  da
 incompatibilita'  in  relazione al processo che venga successivamente
 celebrato nei confronti di altro o di altri concorrenti;
     che  invece  quella  sentenza  mantiene  espressamente  ferma  la
 precedente  acquisizione  giurisprudenziale, che risale alle sentenze
 n. 186 del 1992 e n. 439 del  1993:  nelle  ipotesi  di  concorso  di
 persone   nel   reato,   la  autonomia  delle  posizioni  di  ciascun
 concorrente  consente,  pur  nella  naturalistica  unitarieta'  della
 fattispecie,  una  segmentazione  di  processi e la scomposizione del
 fatto in una  pluralita'  di  condotte  autonomamente  valutabili  in
 processi  distinti, senza che la decisione dell'uno debba influenzare
 quella dell'altro;
     che con la sentenza n. 371 del 1996 si e' pero' affermato che  il
 principio costituzionale del giusto processo, anche indipendentemente
 dalle  ipotesi  di  concorso  di persone nel reato, impedisce che uno
 stesso giudice valuti piu' volte, in sentenza, in successivi processi
 la responsabilita' penale di una persona  in  relazione  al  medesimo
 reato;
     che  pertanto  l'incompatibilita'  del  giudice  non  puo' essere
 estesa a tutte  le  ipotesi  in  cui  si  proceda  separatamente  nei
 confronti  di diversi soggetti, concorrenti o meno nel reato, ma deve
 essere ragionevolmente circoscritta ai casi in cui, con  la  sentenza
 che  definisce il processo a carico di un imputato, vengano compiute,
 sia pure incidentalmente, valutazioni in ordine alla  responsabilita'
 penale di una persona formalmente estranea al processo;
     che   di   conseguenza   solo   attraverso  la  puntuale  analisi
 dell'effettivo contenuto della sentenza che si  assuma  pregiudicante
 puo'  essere  accertato  l'eventuale compimento di una valutazione in
 ordine alla responsabilita' del terzo,  suscettibile  di  determinare
 l'incompatibilita' del giudice al successivo giudizio;
     che  le  argomentazioni sopra svolte sono valide non soltanto per
 l'art. 34 del nuovo codice di procedura penale, ma anche  per  l'art.
 61   del   codice  di  procedura  penale  del  1930,  trattandosi  di
 disposizioni di analogo contenuto e di identica ratio;
     che nel caso di specie non risulta che  il  tribunale  di  Torino
 nella  sentenza  resa  nei  confronti di alcuni dei concorrenti abbia
 espresso   una   qualche   valutazione   circa   la   responsabilita'
 dell'ulteriore concorrente, la cui posizione era stata stralciata;
     che  lo  stesso  tribunale  in  tale  sentenza  si era limitato a
 dichiarare taluni reati estinti per amnistia,  a  escludere,  per  il
 delitto  di  associazione  a  delinquere,  la  prova  evidente  della
 insussistenza del fatto e a dichiararne l'estinzione per  intervenuta
 prescrizione,  dopo  aver concesso le attenuanti generiche: nulla era
 detto circa la posizione del concorrente estraneo al processo, che e'
 quindi rimasta non pregiudicata;
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 infondata;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.