Ricorso per conflitto di attribuzioni della provincia autonoma di Trento, in persona del presidente della Giunta provinciale pro-tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale n. 12227 del 31 ottobre 1997 (all. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 5 novembre 1997 (rep. n. 021251) rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, dirigente del Servizio affari generali della provincia autonoma di Trento (all. 2) - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri, 5 contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione che non spetta allo Stato di dettare con regolamento del Ministro della sanita' 17 luglio 1997, n. 308 (recante Norme per la disciplina dei compiti di coordinamento a livello nazionale delle attivita' dei centri regionali di coordinamento e compensazione in materia di sangue ed emoderivati), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 217 del 17 settembre 1997, e precisamente con l'art. 1, l'art. 2, comma 1, lett. b), c), d), e) ed f), e l'art. 4, comma 2, di esso, norme al di fuori dagli specifici ambiti di competenza ministeriale, in materia di competenza provinciale, nonche' per il conseguente annullamento delle indicate disposizioni di tale regolamento, per violazione: dell'art. 9, n. 10), e dell'art. 16 d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670; dell'art. 2 d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474; dell'art. 8, commi 1 e 2, lett. b) e c), comma 4 dell'art. 11, comma 3, lett. h), della legge 4 maggio 1990, n. 107; dell'art. 17, comma 1, lett. b), e comma 3 legge 23 agosto 1988, n. 400; dell'art. 136 della Costituzione; per i profili e nei modi di seguito illustrati. F a t t o Per la terza volta la ricorrente provincia autonoma di Trento si vede costretta ad adire codesta ecc.ma Corte costituzionale per tutelare le proprie competenze statutarie in materia sanitaria in relazione ad atti concernenti la disciplina della "raccolta, frazionamento, conservazione e distribuzione del sangue umano". E' quasi superfluo dunque ricordare che le competenze provinciali sono fondate sull'art. 9, n. 10), e sull'art. 16 dello Statuto, alle quali e' stata data piena operativita' con le norme di attuazione contenute nell'art. 2, comma 2, del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, come modificato dall'art. 1 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 267, in base al quale "alle province autonome competono le potesta' legislative ed amministrative attinenti al funzionamento ed alla gestione delle istituzioni ed enti sanitari". In tale materia, secondo l'art. 4, comma 1, della legge di base di riforma sanitaria n. 833 del 1978, allo Stato spetta di dettare "norme dirette ad assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi per tutto il territorio nazionale". Ed in attuazione di tale previsione e' stata approvata la legge 4 maggio 1990, n. 107, alla quale codesta ecc.ma Corte costituzionale ha riconosciuto il carattere di legge-cornice con sentenza 6 febbraio 1991, n. 49. Nella sua formulazione originaria tale legge prevedeva fra l'altro, all'art. 11, comma 1, il potere ministeriale di emanare norme di indirizzo e coordinamento alle quali avrebbbero dovuto "conformarsi" le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Ma su ricorso della provincia ora ricorrente codesta stessa ecc.ma Corte costituzionale dichiaro' l'illegittimita' costituzionale parziale di tale norma: con il risultato che essa deve ora intendersi come istitutiva di un potere del Ministro della sanita' di emanare norme regolamentari di esecuzione della legge n. 107 non dirette alle regioni e province autonome ne' concernenti gli ambiti di loro competenza, ma soltanto "nell'ambito della competenza sua propria e delle autorita' a lui sottordinate" (cosi' la sentenza sopra ricordata, riconducendo il regolamento al tipo previsto dall'art. 17, comma 3, legge n. 400/1988). Il potere regolamentare in questione veniva percio' cosi' correttamente ricondotto alla necessita' di emanare norme di esecuzione in relazione ad alcune specifiche competenze ministeriali previste dalla stessa legge n. 107. Nonostante che la competenza ministeriale risultasse cosi' delimitata, in data 1 settembre 1995 il Ministro della sanita' adotto' due decreti disciplinanti la materia in questione invasivi sotto diversi aspetti della competenza provinciale. La provincia autonoma di Trento dunque adi' per la seconda volta codesta ecc.ma Corte, chiedendo l'annullamento dei decreti in questione: annullamento che fu ottenuto con sentenza 14 marzo 1997, n. 61. Ora il Ministro della sanita' torna a disciplinare la materia, con un "Regolamento recante norme per la disciplina dei compiti di coordinamento a livello nazionale delle attivita' dei centri regionali di coordinamento e compensazione in materia di sangue ed emoderivati": e purtroppo anche questa volta la normativa ministeriale risulta, nelle parti qui impugnate, illegittima e lesiva delle prerogative costituzionali delle regioni e delle province autonome, ponendo obblighi e disciplinando comunque aspetti della gestione del servizio: al punto che l'art. 1 pone al decreto addirittura l'obiettivo di individuare "gli obiettivi generali e gli interventi da compiere per assicurare una risposta organica ai problemi che caratterizzano il settore trasfusionale". Per vero, la sola disposizione che nell'articolato del decreto menzioni espressamente le province autonome e' l'art. 4, il cui comma 2 stabilisce anche per esse una serie di compiti, doveri e poteri, in parte disciplinandone lo svolgimento. Tuttavia, anche gli altri articoli impugnati sono suscettibili di essere intesi come riferiti alle province autonome, qualora queste si intendano comprese, come talora accade, nell'espressione "regioni". La presente impugnazione di tali altri articoli e' fatta in via cautelativa, in quanto le relative disposizioni si intendano riferite anche alle province autonome. Per tale regione, l'esposizione in diritto iniziera' con le censure relative all'art. 4, comma 2. D i r i t t o 1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2. Come detto in narrativa, l'art. 4 e' la sola disposizione del regolamento qui impugnato a menzionare direttamente tra i destinatari delle proprie prescrizioni, accanto alle regioni, le province autonome. In relazione ad esso percio' la lesivita' puo' dirsi certa. Il comma 1 dell'art. 4 dispone, genericamente, che "le regioni e le province autonome, nel predisporre i programmi inerenti alle attivita' trasfusionali, devono perseguire l'obiettivo dell'autosufficienza sia regionale che nazionale", ribadendo in sostanza l'obiettivo gia' posto dall'art. 8, comma 1, della legge n. 107 del 1990. La precisazione che segue, secondo la quale le regioni e province autonome possono a tal fine avvalersi della collaborazione dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali (per le regioni e province autonome) carattere meramente facoltizzante. Per tali ragioni le disposizioni del comma 1 sono al di fuori della presente impugnazione. Specifico oggetto di impugnazione sono invece le disposizioni del comma 2. In esso, ribadito il compito regionale di assicurare il "coordinamento delle attivita' trasfusionali sotto il profilo programmatorio e finanziario", si dispone che a tale fine "le regioni e province autonome adottano le iniziative di carattere organizzativo necessarie per l'espletamento" di una serie di compiti e funzioni di seguito indicati ed in parte persino ulteriormente disciplinati. In particolare, le funzioni individuate dal regolamento sono: la "rilevazione del fabbisogno regionale annuale di sangue, emocomponenti, emoderivati e della quantita' di plasma necessaria da avviare ai centri di frazionamento" (lett. a); la "emanazione di direttive per l'invio delle eccedenze degli emocomponenti ed emoderivati verso aree carenti della regione e verso altre regioni"; la "regolamentazione della compensazione anche sotto il profilo contabile dei flussi di scambio di emocomponenti ed emoderivati relativi alle strutture sanitarie della regione"; la "emanazione di direttive per l'invio di plasma alle aziende produttrici di emoderivati e controllo della distribuzione degli emoderivati ottenuti"; il "monitoraggio della spesa farmaceutica al fine di controllare i consumi di prodotti derivati dal sangue nei presidi pubblici o privati e nelle farmacie esterne". Ora, ad avviso della ricorrente provincia risulta assolutamente evidente che con tali disposizioni il Ministro della sanita' non ha affatto dettato una disciplina di attuazione, "nell'ambito della competenza sua propria e delle autorita' a lui sottordinate", nell'ambito cioe' fissato per i regolamenti ministeriali dall'art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, ma ha invece emanato esattamente "le norme di indirizzo e coordinamento alle quali devono conformarsi le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per l'attuazione della presente legge", secondo il potere gia' previsto dal testo originario della legge n. 107 del 1990, ma dichiarato illegittimo da codesta ecc.ma Corte costituzionale con la sentenza n. 49 del 1991. Ora, nonostante i precedenti ricordati in narrativa, la ricorrente provincia non puo' supporre nel Ministrero della sanita' una deliberata volonta' di ignorare le pronunce di codesta ecc.ma Corte, e suppone invece che per mera incuria o disattenzione i funzionari che hanno predisposto le disposizioni in questione abbiano lavorato ritenendo ancora vigente il testo originario della legge n. 107, mentre esso non lo e' piu' in virtu' della citata sentenza. Le osservazioni che precedono prescindono dal contenuto dispositivo specifico delle ricordate disposizioni del comma 2. Una volta che sia certo, come in effetti e' piu' che certo, che tali disposizioni sono rivolte a disciplinare l'attivita' di competenza delle regioni e province autonome, e che dunque esse non operano nell'ambito della competenza del Ministero e delle autorita' sottordinate, la loro illegittimita' e invasivita' risultano in modo chiaro ed incontrovertibile. Non spetta al regolamento ministeriale ne' di indicare quali "iniziative" dovranno assumere le regioni e province autonome, ne' meno ancora di individuarne in alcun modo le funzioni. Invece, il contenuto proprio dell'art. 4, comma 2, del regolamento qui impugnato sta esattamente nell'individuare funzioni (quelle sopra ricordate) e relative modalita' di esercizio, che si dovrebbero concretare ad esempio, secondo la normativa ministeriale, in "direttive" concernenti oggetti specifici, o nella "regolamentazione" di aspetti particolari. Si noti che l'illegittimita' e l'invasivita' non verrebbero meno, ad avviso della ricorrente provincia autonoma di Trento, neppure se si potesse affermare (e cosi' non e') che si tratta di disposizioni meramente ripetitive di disposizioni legislative: non potendosi ammettere che ai doveri e poteri derivanti da fonte primaria si aggiunga un vincolo derivante dal regolamento ministeriale, che rimarrebbe operante anche nell'ipotesi del venire meno della normazione primaria. Altrettanto chiara sarebbe poi l'illegittimita' se si affermasse che si tratta (come comunque non e') di compiti diversi ed ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge n. 107 del 1990: perche' in siffatta ipotesi a maggiore ragione non spetta al regolamento ministeriale ne' di prevedere ne' di disciplinare tali eventuali nuovi compiti. L'invasivita' e l'illegittimita' sono palesi in ragione del fatto stesso di pretendere di disciplinare con semplice regolamento ministeriale l'attivita' delle regioni e province autonome. 2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett. b), c) e d). L'art. 2, comma 1, del decreto impugnato prevede alle lett. b) e c) che il Ministro della sanita', al fine di raggiungere l'autosufficienza nazionale di sangue ed emoderivati, da una parte concordi con le regioni "la rispettiva quota di partecipazione al programma di autosufficienza, la individuazione delle risorse ed i criteri di finanziamento e di compensazione, le modalita' di rilevazione e di contabilizzazione dei dati inerenti agli scambi di sangue e di emoderivati tra le stesse regioni" (lett. b), dall'altra stabilisca con le regioni "il piano annuale di distribuzione dei plasmaderivati eccedenti il fabbisogno regionale alle strutture sanitarie pubbliche e private del territorio nazionale" (lett. c). La lettera d) prevede poi il potere di "verificare periodicamente, lo stato di attuazione del programma annuale concordato". Anche in questo caso il Ministero si arroga con semplice regolamento ministeriale un ruolo di indirizzo e coordinamento, un potere di guida, di necessario consenso e di verifica, che non gli e' in alcun modo attribuito dalla legge. Se il Ministero ritiene insufficienti gli strumenti di coordinamento previsti dalla legge e' certo in suo potere promuovere la modifica di essa, attraverso l'iniziativa governativa delle leggi. Cio' che non e' in suo potere e' di modificarla o integrarla con proprio regolamento. Va ricordato che nella legge l'art. 8 comma 4, affidava al Ministro della sanita' il compito di emanare quelle "normative tecniche" in attuazione delle quali l'Istituto superiore di sanita' deve esercitare la funzioni di coordinamento tecnico dell'attivita' dei centri regionali di coordinamento. Dunque, gia' il fatto che le norme citate del decreto impugnato prevedano procedure concordate tra regioni e Ministero risulta illegittimo e lesivo: dato che la funzione di coordinamento tecnico e' affidata all'Istituto superiore di sanita', e non direttamente al Ministero. Ma il fatto e' che tali norme sono in realta' (con l'eventuale eccezione dalla previsione relativa alle "modalita' di rilevazione dei dati"), del tutto prive di qualsiasi contenuto tecnico. Codesta ecc.ma Corte ha infatti chiarito nella gia' citata sentenza n. 61/1997 che "vanno intese per norme tecniche quelle prescrizioni che vengono elaborate generalmente sulla base dei principi desunti dalle c.d. scienze esatte ...", e che "non si possono, percio', ricondurre a tale categoria disposizioni ... che appaiono, invece, volte ... a fissare criteri di organizzazione, ad individuare organi e procedure ...". Dunque l'art. 2, comma 1, lett. b), c) e d), in quanto prevede particolari procedure fondate su poteri ministeriali di codeterminazione e verifica, contiene disposizioni assolutamente esorbitanti da quanto stabilito nella legge n. 107. Esso, cioe', si pone come tentativo di "creare" competenze ministeriali eccedenti le previsioni della legge n. 107, che interferiscono con quelle assicurate ai centri regionali di coordinamento dall'art. 8 della legge n. 107. Anche tali disposizioni risultano quindi illegittime, in quanto, esorbitando dall'ambito di competenza assegnato al Ministero dalla legge di cornice, introducono a carico delle regioni l'obbligo di addivenire ad accordi in una materia affidata alla competenza provinciale, cosi' violando il noto principio secondo il quale "un regolamento ministeriale ... di attuazione di una legge statale ... non puo' porre norme volte a limitare la sfera delle competenze delle regioni e delle province autonome in materie loro attribuite"; il che "non solo deriva dalle regole costituzionali relative all'ordine delle fonti normative, ma e' stato espressamente sancito dall'art. 17, comma 3, legge n. 400/1988 ..." (v. la gia' citata sentenza n. 61/1997). Ne' varrebbe affermare che le norme in questione trovino la propria giustificazione nella pretesa esistenza di interessi nazionali. Da un lato, codesta ecc.ma Corte ha gia' rilevato a tale proposito, sempre nella sentenza n. 61 del 1997, che "la compressione della competenza regionale (o provinciale) non puo' essere predicata se non sulla base di una positiva ed inequivoca scelta in tal senso dello stesso legislatore statale", dall'altro e' d'obbligo constatare che, nel caso di specie, la scelta legislativa appare gia' compiuta addirittura nel senso opposto: dato che l'art. 8 della legge n. 107 stabilisce che "i centri regionali di coordinamento e compensazione assicurano il raggiungimento dell'autosufficienza di sangue, plasma ed emoderivati all'interno di ogni regione" (comma 1), e che essi hanno il compito di "rilevare il fabbisogno regionale annuale di plasmaderivati e determinare il quantitativo di plasma necessario per tale scopo", e di "sovrintendere alle attivita' dirette al controllo del fabbisogno trasfusionale di emazie e, se del caso, all'invio delle eccedenze di emazie verso le aree della regione e di altre regioni, attenendosi alle indicazioni dell'Istituto superiore di sanita', ai sensi del comma 4 del presente articolo". Tali norme rivelano che, salvi i compiti di coordinamento tecnico dell'Istituto superiore di sanita', le funzioni amministrative volte ad assicurare l'autosufficienza di sangue ed emoderivati e le eventuali ridistribuzioni spettano ai centri regionali di coordinamento: Non solo quindi un regolamento ministeriale di attuazione e' a priori inidoneo ad individuare pretese esigenze unitarie nelle materie regionali e provinciali, ma persino, nel caso di specie, esso addirittura contraddice le previsioni della legge che avrebbe il compito di attuare. Da tutto cio' risulta l'illegittimita' costituzionale e la lesivita' per la ricorrente provincia delle norme in questione; sempre che si ritenga, come detto in premessa, che il riferimento alle "regioni" risulta in questo caso comprensivo anche delle province autonome. 3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett. e). Ancora piu' evidente e' l'esorbitanza dai contenuti propri di un regolamento ministeriale dell'art. 2, comma 1, lett. c), del decreto impugnato, che addirittura attribuisce al Ministro della sanita' il compito di "emanare le linee guida relative ai modelli organizzativi e di funzionamento delle attivita' trasfusionali ed alla pratica trasfusionale nonche' alla formazione ed all'aggiornamento del personale che competono alle regioni ed all'Istituto superiore di sanita'". Tale norma non solo non fa alcun riferimento alla funzione di coordinamento tecnico di cui all'intestazione del decreto ma, cio' che e' piu' grave, non riguarda alcuna delle specifiche funzioni affidate al Ministero della sanita' dalla legge n. 107. Il conferimento al Ministero del compito di "emanare le linee guida relative ai modelli organizzativi e di funzionamento delle attivita' trasfusionali ed alla pratica trasfusionale" determina una chiara violazione dell'art. 17, comma 3, legge n. 400/1988 e una patente e illegittima invasione da parte di una fonte regolamentare delle competenze costituzionali della provincia autonoma di Trento. Lo stesso deve dirsi per quanto riguarda il potere di emanare le "linee guida" relative "alla formazione ed all'aggiornamento del personale, che competono alle regioni". Del tutto priva di base giuridica e' la pretesa di creare con regolamento ministeriale un potere che non ha fondamento nella legge. La competenza regionale alla formazione discende dallo statuto di autonomia sia per quanto riguarda la materia dell'assistenza sanitaria (art. 9, n. 10) che per quella della formazione professionale (art. 8, n. 29), ed e' specificamente ribadita dalla stessa legge n. 107, la quale prevede che ciascuna regione provveda "all'aggiornamento del personale sanitario sulle tematiche relative all'utilizzazione del sangue e degli emoderivati", art. 11, comma 3, lett. h). Anche qui va considerato che, se il Ministro della sanita' ritiene che il ruolo affidato ad esso dalla legge sia troppo limitato, deve promuovere - nel rispetto della Costituzione - la modifica della legge, ma esso di certo non puo' espanderlo ai danni delle regioni e province autonome autoattribuendosi poteri con proprio regolamento. 4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett. f). L'art. 2 comma 1, lett. f) prevede quale compito del Ministro della sanita' la definizione del "programma di emovigilanza". Che cosa esattamente sia il programma emovigilanza il regolamento non dice, e d'altronde l'espressione emovigilanza e' anche sconosciuta alla legge n. 107 del 1990, che non se ne occupa affatto. Il concetto e' dunque - qualunque possa essere il suo significato nell'ambito della disciplina medica - completamente ignoto al diritto positivo: il che gia' esclude che tale istituto possa essere disciplinato con regolamento ministeriale. In ogni modo, in quanto il programma di emovigilanza debba essere realizzato da parte delle regioni e province autonome, e' del tutto escluso che con proprio atto il Ministro della sanita' possa autoattribuirsene la "definizione". Anche in questo caso, l'eventuale esigenza di innovare il quadro legislativo, nei limiti costituzionali e con le garanzie proprie del procedimento legislativo, non puo' venire sostituita dalla autocreazione del proprio diritto da parte del Ministro della sanita'. 5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1. Il decreto ministeriale qui impugnato individua nella premessa la sua base giuridica - oltre che nell'art. 8, comma 4 - nell'art. 11, comma 1, della legge n. 107 del 1990. Come detto piu' volte, tale articolo deve leggersi - dopo la sentenza di codesta ecc.ma Corte n. 49 del 1991 - nel senso di abilitare il Ministro a dettare norme di attuazione della legge "nell'ambito della competenza sua propria e delle autorita' a lui sottordinate", senza interferire con gli ambiti di gestione del servizio, di competenza regionale e provinciale. Forse sulla base di un errore sulla vigenza dell'art. 11 ora citato nella sua versione originaria - dichiarata invece costituzionalmente illegittima (da qui anche un profilo di violazione del giudicato costituzionale, ex art. 136 della Costituzione) - l'art. 1 pone al decreto addirittura il compito di individuare "gli obiettivi generali e gli interventi da compiere per assicurare una risposta organica ai problemi che caratterizzano il settore trasfusionale". Risulta evidente da questa "dichiarazione d'intenti" che il decreto in questione, lungi dal limitarsi ad attuare le norme della legge n. 107 nella misura in cui esse prevedono compiti ministeriali, cerca illegittimamente di porsi come fonte di rango primario, autofondando la propria competenza. Infatti la prevista individuazione degli "obiettivi generali e gli interventi da compiere per assicurare una risposta organica ai problemi che caratterizzano il settore trasfusionale" non e' evidentemente materia di regolamento attuativo, per di piu' ministeriale, ma, se mai, di legge-quadro: tale norma risulta quindi in contrasto sia con le norme statutarie che affidano la competenza in materia alla provincia autonoma di Trento, sia con i principi costituzionali e legislativi (art. 17, comma 1, lett. b) e comma 3 legge n. 400/1988) che limitano la competenza dei regolamenti attuativi. L'art. 1 costituisce dunque esplicita ammissione di quanto piu' volte rilevato nel presente ricorso in relazione alle specifiche disposizioni sopra contestate: che il regolamento ministeriale n. 308 del 1997 costituisce un inaccettabile ed illegittimo surrogato di innovazioni legislative nella materia.