IL PRETORE 1. - Sciogliendo la riserva, osserva quanto segue. La sig.ra Teresa Toschi, locatrice di un immobile ad uso abitativo sito in Ponticella di S. Lazzaro di Savena, via Edera n. 18, concedeva lo stesso in locazione ai sigg.ri Sergio Corvino e Valente Brigida con contratto concluso, ai sensi dell'art. 11 della legge n. 395/1992, in data 22 luglio 1993; l'accordo in deroga all'equo canone, raggiunto con l'assistenza delle associazioni sindacali (S.U.N.I.A ed A.S.P.I), prevedeva una durata di due anni a partire dal primo agosto 1993, con prima scadenza al 31 luglio 1995 e rinnovazione dello stesso per ulteriori due anni, in conseguenza della contestuale rinuncia del locatore a dare la disdetta alla prima scadenza. Con citazione ritualmente notificata, la locatrice ha chiesto la convalida dell'intimazione di licenza per finita locazione per la data del 31 luglio 1997, identificata come la seconda scadenza contrattuale. Si sono opposti i conduttori, i quali hanno innanzi tutto eccepito la nullita' della clausola contrattuale relativa alla durata, perche' inferiore al quadriennio fissato nell'art. 1 della legge n. 392/1978, rilevando inoltre la mancata indicazione, nel contratto, delle esigenze transitorie del conduttore. Esigenze in realta' insussistenti, in quanto entrambi i conduttori vivevano e lavoravano a San Lazzaro di Savena. Essi hanno dunque concluso per il rigetto della convalida di sfratto, chiedendo che si dichiari che il contratto concluso tra le parti, in caso di mancato esercizio da parte del locatore della facolta' di recesso di cui all'art. 11 legge n. 359/1992, abbia scadenza otto anni dopo il suo inizio, ossia in data 31 luglio 2001. La difesa intimante ha, a sua volta, rilevato l'infondatezza dell'eccezione di nullita' della clausola, invocando l'applicazione del disposto dell'art. 2, comma 2, della legge 4 novembre 1996, n. 566 - recante "Disposizioni in materia di rilascio di immobili urbani ad uso abitativo e disposizioni di sanatoria" - secondo cui: "Sono fatti salvi gli effetti e le previsioni dei contratti di locazione d'immobili stipulati prima della data di entrata in vigore della presente legge in deroga alla legge 27 luglio 1978, n. 392, con l'assistenza delle organizzazioni della proprieta' edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative". Ad opinione della difesa Toschi, la disciplina del 1996 introduce una sanatoria di tutti i contratti "assistiti" qualunque deroga prevedano e comunque siano stati stipulati, anche se, per ipotesi, fossero intervenute sentenze (non ancora passate in giudicato) di accertamento dell'invalidita' del patto in deroga. A quel punto, la difesa degli intimati ha formalmente sollevato eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, della legge n. 566/1999, per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione. 2. - L'eccezione appare rilevante e non manifestamente infondata. L'esposizione che precede da' sufficientemente conto della decisiva rilevanza, nel presente giudizio della questione legata alla applicazione della disposizione sospetta di incostituzionalita'. La controversia e' infatti incentrata sulla validita' della clausola di deroga alla durata infraquadriennale del contratto, che parte locatrice assume essere stata sanata dall'art. 2 della legge citata. Va per completezza rilevato che in piu' occasioni questo ufficio ha espresso adesione all'orientamento (assolutamente maggioritario tanto in dottrina che in giurisprudenza) secondo cui la durata minima del patto in deroga e' di otto anni (quattro piu' quattro). I passaggi essenziali di tale tesi sono noti: a) l'art. 11, comma 2, della legge n. 359/1992 ha subordinato la validita' dei patti in deroga alla rinunzia del locatore alla facolta' di disdettare i contratti alla prima scadenza; b) per "prima scadenza" deve intendersi - atteso che l'art. 1 della legge n. 392/1978 non e' stato abrogato - una data successiva di almeno quattro anni all'inizio del contratto; c) alla rinunzia del locatore alla facolta' di disdettare il rapporto consegue, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 392/1978 la rinnovazione del contratto per altri quattro anni, salvo l'esercizio del recesso del locatore nelle forme di legge. La durata del contratto e' la piu' evidente, ma certo non l'unica disciplina della legge n. 392/1978 insuscettibile di deroga. L'elenco delle norme assolutamente inderogabili ricomprende, per espressa volonta' del legislatore (art. 11, comma 2, legge n. 359/1992), le disposizioni in materia di aggiornamento del canone in relazione agli immobili ad uso abitativo (art. 24 della legge n. 392/1978). Non e' il caso di riportare qui l'ampio dibattito che nell'ultimo quinquennio si e' sviluppato al riguardo. Basti ricordare che attualmente, in dottrina come in giurisprudenza, appare prevalente l'orientamento sulla inderogabilita' di molte altre norme della legge n. 392/1978, tra cui, ad esempio: l'art. 3 in materia di obbligo di disdetta; l'art. 5 in materia di inadempimento del conduttore; l'art. 6 in materia di successione del contratto; tutte le disposizioni di carattere processuale; l'art. 55 in materia di sanatoria della morosita'; l'intera parte dedicata agli immobili ad uso diverso dell'abitativo (in questo senso si e' recentemente pronunciata anche la Corte di cassazione, con sentenza n. 8939 dell'11 settembre 1997, che ha escluso l'applicabilita' dell'art. 11, comma 2-bis, della legge n. 359/1992 nel settore delle locazioni non abitative). In caso di mancato rispetto dei presupposti di applicabilita' dell'art. 11 della legge n. 359/1992 - o di pattuizioni su materie escluse dalla possibilita' di deroga - trova senz'altro applicazione l'art. 1419, comma 2, cod.civ., in materia di nullita' parziale ed inserzione automatica delle clausole imperative previste dalla legge n. 392/1978. Il tenore dell'art. 2, comma 2, della legge n. 566/1996 sembra inequivocabile: quelle nullita' sono sanate se il contratto e' stato concluso con l'assistenza delle associazioni rappresentative. La chiarezza del "significato proprio delle parole" adottate e della loro connessione (art. 12 disp. prel.) esimerebbe da una indagine piu' approfondita della reale volonta' del legislatore; tuttavia, considerata la particolarita' ed il rilievo della disposizione, e' opportuno ripercorrere brevemente la storia. 3. - Le origini della norma in esame vanno rintracciate, come desumibile dall'esame dei lavori parlamentari, nella sentenza della Corte costituzionale in data 25 luglio 1996, n. 309, che ha sancito l'incostituzionalita' dell'art. 11, comma 2, della legge n. 359/1992 nella parte in cui prevede come obbligatoria, per la validita' degli accordi in deroga alla legge n. 392/1978, l'assistenza delle organizzazioni della proprieta' edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale. La Consulta non ha posto in dubbio la legittimita' del collegamento della validita' di una deroga a norme imperative con la previsione di un onere di assistenza, ma ha censurato unicamente le modalita' con le quali questo onere e' disciplinato: "E' incoerente e incongrua la norma che prevede l'assistenza come obbligatoria per la validita' di un accordo tra privati, ma che non consente poi, di individuare con coerenza i soggetti abilitati a prestarla, ne' indica criteri di determinazione del corrispettivo cui si e' tenuti. Sotto altro profilo, e' ugualmente irragionevole la norma che impone l'onere di assistenza, ma non ne delinea in alcun modo il contenuto, ne' indica i criteri cui devono essere ispirate le valutazioni che, eventualmente, consentono a chi presta assistenza di incidere sull'esercizio dell'autonomia riconosciuta agli interessati, sino ad inibirla". L'art. 2, comma 2, della legge n. 566/1996 riproduce per larga parte una disposizione approvata in data 4 luglio 1995 dalla VIII Commissione, ambiente e territorio e lavori pubblici della Camera, che prevedeva l'abrogazione dell'art. 11 della legge n. 359/1992 e la riforma della disciplina sui patti in deroga. In quel contesto era facilmente comprensibile la volonta' del legislatore di fare "in ogni caso salvi gli effetti e le previsioni dei contratti in deroga comunque stipulati ai sensi dell'art. 11 ...". Piu' complessa e' l'individuazione del fondamento della sanatoria in assenza di queste condizioni. Ne' la ragione puo' essere individuata esclusivamente nella citata sentenza della Consulta, giacche' la stessa non ha comportato alcuna invalidita' dei patti in deroga contratti in corso "assistiti" ma ha casomai eliminato il profilo di nullita' procedurale dei contratti "non assistiti". La sanatoria si estende, del resto, anche ai contratti conclusi tra il deposito della sentenza della Corte costituzionale ed il vigore della legge n. 566/1996. Il dibattito sviluppatosi nella seduta della Commissione ambiente territorio e lavori pubblici della Camera illustra l'intenzione del legislatore di evitare un contenzioso in relazione sia alle domande di nullita' dei contratti, che alle possibili domande di ripetizione delle somme versate alle associazioni sindacali. Ma il frutto di questo travaglio e' andato certamente oltre le intenzioni, se e' vero che la lettera dell'art. 2, comma 2, della legge citata introduce inequivocabilmente una sanatoria generalizzata per qualsiasi clausola derogatoria alla legge n. 392/1978, sul solo presupposto dell'avvenuta prestazione dell'assistenza sindacale (in questo senso vanno orientandosi molti commentatori). In presenza di un dettato normativo dal contenuto cosi' chiaro, non pare consentita alcuna forma di interpretazione adeguatrice e non rimane pertanto altra scelta che sollevare la questione di costituzionalita' per violazione dell'art. 3 e 24 della Costituzione. 4. - In ordine al primo aspetto, deve rilevarsi come l'art. 2, comma 2, della legge n. 566/1996, che pure si proponeva di porre rimedio alla situazione venutasi a creare dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 309/1996, finisca per sconfessarne clamorosamente i contenuti in quanto ripropone, con riferimento ai contratti in corso, la irragionevole distinzione tra patti in deroga assistiti e non assistiti. La sanatoria e' infatti limitata proprio ai contratti conclusi secondo quei meccanismi che la Corte costituzionale aveva stigmatizzato sotto i profili della obbligatorieta', della incertezza dei criteri di rappresentativita' e dell'ampiezza dei poteri attribuiti ai sindacati. La disciplina trova tra l'altro applicazione - aspetto il cui paradosso non ha bisogno di commenti - anche a quelle clausole la cui illegittimita' sia stata rilevata, in sede di assistenza, dalle organizzazioni sindacali (e' noto che, in assenza di potere di veto, i sindacati hanno sovente sottoscritto "con riserva" alcuni patti in deroga, esprimendo il loro dissenso su alcune delle clausole contenute nell'accordo). La sanatoria finisce cosi' per premiare chi ha deliberatamente violato la legge e per snaturare totalmente il ruolo dell'assistenza, trasformandolo di fatto (contro la volonta' delle stesse organizzazioni sindacali), in uno strumento di elusione dei diritti dei cittadini rispettosi della legge. La disciplina introdotta dall'art. 2, comma 2, della legge n. 566/1996 e' manifestamente contraria anche all'art. 24 della Costituzione, in quanto ostacola immotivatamente l'esercizio del diritto di difesa dei conduttori che - come la signora Tacconi - invocano il rispetto del combinato disposto tra l'art. 11 della legge n. 359/1992 e le norme della legge n. 392/1978. L'art. 2, comma 2, della legge n. 566/1996 costituisce - a quanto e' dato sapere - la prima disposizione del nostro ordinamento che introduce una sanatoria generalizzata di nullita' esistenti nei contratti stipulati tra privati. Sanatoria di portata eccezionalmente estesa, se si considera l'elevatissimo numero di patti in deroga stipulati tra l'agosto 1992 ed il novembre 1996. Ed e' significativo che la Corte costituzionale - sia pure nella materia affatto diversa del pubblico impiego - abbia rilevato l'incostituzionalita' di disposizioni di sanatoria di vasta portata, che realizzino una "sorta di sanatoria in bianco per tutti i provvedimenti illegittimi siccome non conformi a quel sistema" (sentenza n. 1/1996). Per tutte queste ragioni, va dichiarata la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' dell'art. 2, comma 2, della legge n. 566/1996, nei limiti sopra illustrati, con le conseguenti statuizioni di cui al dispositivo.