ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 671 del  codice
 penale, promosso con ordinanza emessa il 31 ottobre 1996, dalla Corte
 d'appello  di  Trieste, nel procedimento penale a carico di Jovanovic
 Milanka, iscritta al n. 1342 del registro ordinanze 1996 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie  speciale
 dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  15  ottobre  1997  il  giudice
 relatore Francesco Guizzi;
   Ritenuto  che, mentre era chiamata a decidere della colpevolezza di
 Juvanovic Milanka, accusata del reato di cui all'art. 671 del  codice
 penale, per aver mendicato valendosi del figlio minore degli anni 14,
 che  teneva  in  braccio, la Corte d'appello di Trieste ha sollevato,
 d'ufficio,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 27, terzo comma, della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  del  predetto
 articolo;
     che, ad avviso del giudice a quo, la disposizione incriminatrice,
 pur  essendo  in  linea con la tutela costituzionale dei minori (art.
 31 della Costituzione), violerebbe i parametri indicati,  perche'  la
 pena  minima edittale, stabilita per tale reato, sarebbe in contrasto
 con i criteri di ragionevolezza e di proporzionalita';
     che questa Corte, attribuendosi  il  potere  di  sindacare  l'uso
 della discrezionalita' legislativa in materia, avrebbe affermato che,
 nel  rispetto  del  principio  di  eguaglianza,  la  pena deve essere
 proporzionata al disvalore del fatto commesso (sentenze n. 422 e  343
 del 1993, 313 del 1990 e 409 del 1989);
     che  l'irragionevolezza delle disposizioni emergerebbe ancora dal
 raffronto con l'ipotesi di reato, di  cui  all'art.  726  del  codice
 penale;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato,  concludendo  per
 la non fondatezza;
     che,  secondo  l'Avvocatura,  con  la sentenza n. 519 del 1995 la
 Corte costituzionale ha distinto la fattispecie di cui al primo comma
 dell'art. 670 del codice penale (mendicita' non invasiva)  da  quella
 di cui al secondo comma dello stesso articolo (mendicita' invasiva) e
 che  tale  distinzione  sarebbe  ancora  piu'  netta  con riferimento
 all'art. 671, in ragione dell'interesse  costituzionale  alla  tutela
 dei minori;
     che inoltre mancherebbe, nel caso di specie, ogni possibilita' di
 giudizio  "trilaterale", per l'inadeguatezza del riferimento all'art.
 726 del codice penale, dettato  in  materia  di  atti  contrari  alla
 pubblica decenza e turpiloquio.
   Considerato  che  la Corte costituzionale e' chiamata a decidere se
 l'art. 671, primo e secondo comma, del codice penale, nella parte  in
 cui  prevede un minimo di pena di mesi tre di arresto, leda gli artt.
 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, perche' in contrasto con  il
 criterio   di  ragionevolezza  e  proporzionalita'  della  pena,  non
 apparendo congrua quella  ivi  stabilita,  anche  nel  raffronto  con
 l'art.  726  del  codice  penale, ove si presenterebbe, ad avviso del
 rimettente, la stessa (o analoga) "oggettivita' giuridica";
     che, gia' con la sentenza  n.  519  del  1995,  questa  Corte  ha
 affermato,  in  riferimento  alla  sproporzione della sanzione penale
 minima, per l'ipotesi di reato di cui all'art.  670,  secondo  comma,
 del  codice  penale,  di  non  poter  accogliere  la  questione,  per
 l'evidente  diversita'   delle   condotte   indicate   quali   tertia
 comparationis;
     che  siffatta  diversita' emerge, allo stesso modo, comparando la
 censurata ipotesi di mendicita', invasiva con il  tertium    indicato
 nell'art.  726  del  codice  penale  che  e'  a  salvaguardia di beni
 giuridici distinti;
     che,  pertanto,  la  questione   va   dichiarata   manifestamente
 infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.