Ricorso della regione Veneto, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale autorizzato mediante deliberazione della giunta stessa n. 4561 in data 16 dicembre 1997, rappresentata e difesa, per mandato a margine del presente atto, dagli avv.ti prof. Mario Bertolissi del foro di Padova e Luigi Manzi del foro di Roma, elettivamente domiciliata presso lo sudio dell'avv. Luigi Manzi, in Roma, via F. Confalonieri n. 5, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in carica, per regolamento di competenza in relazione al decreto, in data 20 dicembre 1996, del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Venezia, con il quale il consigliere regionale Michele Boato e' stato rinviato a giudizio per diffamazione aggravata a mezzo stampa (r.g. n. 3818/1996 g.i.p.) per aver pubblicato un articolo sul quotidiano "Il Gazzettino" del 20 gennaio 1996 connesso ad interpellanza (n. 8 del 28 giugno 1995) riguardante la valutazione del fenomeno della subsidenza nella laguna di Venezia, in relazione all'estrazione di metano da parte dell'Agip S.p.a. F a t t o 1. - La vicenda di cui qui si tratta si inserisce nel contesto di ripetute, problematiche iniziative che, direttamente o indirettamente, hanno riguardato e riguardano Venezia e la sua laguna. Nessuno ignora - data la risonanza addirittura internazionale del dibattito - la compromessa condizione di questa straordinaria citta' e nessuno puo' sorprendersi del fatto che, ove se ne venga in un modo qualunque a contatto, si rimanga coinvolti nella politica, che e' il seme dal quale debbono ovviamente germinare le varie iniziative volte a preservare Venezia da ulteriori pregiudizi. Senza nulla togliere alla probita' di ciascuno, e' lecito senz'altro condividere - dato il contesto, appunto, ed i precedenti d'ogni specie, che hanno lasciati intatti, se non addirittura aggravati, i problemi - l'ammonimento di Sant'Agostino, secondo il quale anche i bambini non peccant quia non possunt, ma, appena possunt, peccant. Beninteso, e' un mero criterio generale di giudizio, ma giustifica una diffidenza che, come si e' detto e com'e' risaputo, e' doverosa: in ragione dei beni in discussione (Venezia e la sua laguna) e degli interessi economici in gioco (estrazione di metano). 2. - Ragionando, dunque, di queste "cose", i consilieri regionali Boato e Cacciari ebbero a presentare un'interpellanza in data 28 giugno 1995, avente il seguente, non certo equivoco, oggetto: "Esperti ''super partes'' per salvare Venezia, Chioggia e il delta del Po dalla subsidenza irreparabile" (doc. 1). Nell'atto - espressione, ad un tempo, di una funzione di controllo e di indirizzo politico - si opera uno stretto collegamento tra l'imprescindibile imparzialita' degli esperti chiamati a pronunciarsi e l'irreparabilita' dei danni che ne potrebbero seguire, ove gli accertamenti tecnici non fossero adeguati al caso; e, quanto a quest'ultimo aspetto, si afferma coerentemente - che l'istituenda "Commissione ... deve essere composta da geologi esperti sul fenomeno della subsidenza e ''super partes'' (che non abbiano avuto alcun rapporto di lavoro con l'Agip)". In una linea di assoluta continuita' con una simile formale ed istiluzionale presa di posizione, il consigliere Boato elaboro' un testo - pubblicato da "Il Gazzettino" del 20 gennaio 1996, dal titolo: "Quegli esperti sono troppo amici dell'Agip" (doc. 2) - col quale si dava conto, tra l'altro: della rilevanza ambientale dell'argomento; della nomina di una commissione di esperti per valutare l'impatto dell'eventuale estrazione di metano al largo di Venezia e Chioggia; della circostaza che i consigli provinciale e comunale di Venezia avevano avanzato riserve in proposito, anche perche' era stato chiamato a fare parte dell'organo collegiale "un solo geologo", mentre i componenti erano "in gran parte di lunga consuetudine di lavoro per l'Agip" e, proprio questo, Boato riteneva non confacente al caso. D'altra parte - come ha ammesso la dott.ssa Laura Carbognin, membro della commissione - contatti con l'Agip sono necessari e, quindi, inevitabile la frequentazione dell'ente (doc. 3): che e' lecita, anzi, lecitissima, come lecito e lecitissimo e' il beneficio del dubbio (per evitare di credere che esistano mondi meravigliosi, dominati da ideali purissimi, e' il caso di rileggere Machiavelli "Il principe", nella splendida edizione in italiano moderno curata da Piero Melograni, Milano, 1996). 3. - Gli esperti nominati nello scritto del consigliere Boato si sono querelati - asserendo che era stata messa in dubbio la loro onorabilita' - per il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa (doc. 4) e, sulla sua scorta, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Venezia ha disposto il rinvio a giudizio del consigliere regionale (doc. 5): circostanza della quale il consiglio della regione Veneto e' venuto a conoscenza solo in seguito all'invio, all'ufficio di Presidenza, da parte del capogruppo dei Verdi Ivo Rossi, di una nota informativa datata 28 ottobre 1997, pervenuta al Presidente del Consiglio il successivo 29 ottobre (doc. 6). 4. - Sulla scorta di tale iniziativa, il consiglio regionale del Veneto ha sollecitato la giunta a sollevare dinanzi alla Corte costituzionale conflitto di attribuzioni; e la giunta ha provveduto con deliberazione 16 dicembre 1997, n. 4561, avendo ritenuto che "l'iniziativa dell'autorita' giudiziaria viene ... ad incidere in via diretta sull'autonomia di un consigliere regionale ed in via mediata sulla stessa autonomia costituzionalmente garantita della regione, violando gli artt. 121, 122 e 123 della Costituzione e, piu' in generale, il principio secondo il quale l'esercizio delle funzioni di consigliere regionale (stante il rilievo costituzionale dell'autonomia regionale), non puo' essere sindacato da organi giurisdizionali" (doc. 7). D i r i t t o 1. - Non v'e' dubbio che, sul piano strettamente oggettivo, vale a dire della articolazione temporale degli eventi (interpellanza del 28 giugno 1995, articolo comparso su "Il Gazzettino" del 20 gennaio 1996 e decreto di rinvio a giudizio) e della loro connessione causale, la fattispecie poc'anzi descritta configura la piu' classica delle violazioni dell'art. 122, quarto comma, della Costituzione, secondo cui "i consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni": in analogia con cio' che dispone - peraltro in una piu' ampia prospettiva - l'art. 68, primo comma, della Costituzione, per i parlamentari nazionali. Infatti, nel caso in questione e' stata violata "la piu' ampia liberta' di valutazione e di decisione" (per dirla con Martines, Diritto costituzionale, Milano, 1994, p. 294) riservata ad un tempo al membro del Parlamento e del consiglio regionale; ne' il consigliere di cui trattasi ha "commesso un fatto materiale" (op. cit., p. 294), senz'altro perseguibile in sede penale. E' evidente, altresi', come, attraverso la lesione delle prerogative stabilite dall'art. 122, quarto comma, siano state violate ulteriori disposizioni della Costituzione: quelle degli artt. 121 e 123, poiche' l'alterazione delle attribuzioni accordate dalla legge fondamentale al consigliere regionale che esprime opinioni e da' i voti si riverbera sull'intera organizzazione dell'ente e sull'esercizio delle relative funzioni, entrambi costituzionalmente protetti. 2. - Per rendersi conto della fondatezza dell'assunto, basta considerare, infatti, il contenzioso costituzionale cui ha finora dato luogo l'applicazione dell'art. 122, quarto comma, della Costituzione. Stando ad esso, ci si avvede che, pregiudiziale ad ogni pronuncia, e' stato il confronto di "tale norma con le piu' ampie guarentigie concesse ai membri del Parlamento dall'art. 68 della Carta". Dette guarentigie, "eccezionali deroghe all'attuazione della funzione giurisdizionale, considerate necessarie a salvaguardia dell'esercizio delle funzioni sovrane spettanti al Parlamento, risultano legittime in quanto sancite dalla Costituzione. Le attribuzioni dei consigli regionali si inquadrano, invece, nell'applicazione di autonomie costituzionalmente garantite, ma non si esprimono a livello di sovranita'" (Corte cost., sent. 25 marzo 1975, n. 81, in Giur. cost., 1975, p. 786). Questa prima significativa precisazione e' stata successivamente ripresa ed ancor meglio ribadita dal giudice dei conflitti di attribuzione, la' dove ha affermato che "invero la guarentigia" delle opinioni espresse e dei voti dati "dai consiglieri regionali, nel sistema costituzionale, trae fondamento e trova il suo ambito in un determinato modello di funzioni dei consigli regionali, ritenuto meritevole e bisognoso della tutela privilegiata apprestata dall'art. 122, comma 4, della Costituzione. L'esonero da responsabilita' dei componenti dell'organo (sulla scia di consolidate giustificazioni dell'immunita' parlamentare) e' vista funzionale alla tutela delle piu' elevate funzioni di rappresentanza politica, in primis la funzione legislativa, volendosi garantire da qualsiasi interferenza di altri poteri il libero processo di formazione della volonta' politica". E codesta Corte ha aggiunto - significativamente - che "la giustificazione razionale della guarentigia poggia, pertanto, sulla corrispondenza fra il livello costituzionale della guarentigia stessa, ed il livello costituzionale del tipo di funzioni, il cui esercizio si e' eccezionalmente ritenuto opportuno sottrarre al controllo giudiziario. Quello che la Costituzione ha inteso proteggere, con disposizioni derogatorie rispetto al comune regime di responsabilita', e' un modello funzionale che essa stessa ha delineato ed appunto percio' ha potuto valutare meritevole dell'eccezionale protezione" (Corte cost., sent. 20 marzo 1985, n. 69, in Giur. cost., 1985, pp. 493-494). Dunque - ha precisato la Corte - "la carenza di potere giurisdizionale si traduce ... in un'alterazione dell'ordine costituzionale delle competenze, posto che la pretesa di esercitare poteri siffatti comporta l'invasione della sfera di autonomia costituzionalmente riservata alla regione ..., alla quale elusivamente spetta l'esercizio delle funzioni che i magistrati hanno inteso condizionare" (Corte cost., sent. 20 marzo 1985, n. 70, in Giur. cost., 1985, p. 516). 3. - A ben vedere, sono i postulati dell'eguaglianza a fondare il sistema delle guarentigie dei consiglieri regionali, postulati di cui codesto ecc.mo Collegio si e' fatto interprete quando ha sottolineato la circostanza che "l'ampliamento della portata dell'immunita' ridultante dall'ampliamento, rispetto al modello costituzionale, delle funzioni riservate al consiglio regionale puo' essere operato, ove consentito, soltanto con la legge dello Stato, perche' soltanto il legislatore statale puo' assicurare, come e' costituzionalmente necessario, una uguale protezione ai consiglieri di tutte le regioni nell'esercizio delle medesime funzioni e perche' soltanto una sua scelta sarebbe conforme al principio di legalita' che regge compiutamente il sistema penale" (Corte cost., sent. n. 69/1985, cit., p. 495). In buona sostanza, la disposizione dell'art. 122, quarto comma, della Costituzione va interpretata tenendo conto del fatto: a) che essa non e' pienamente assimilabile a quella contenuta nell'art. 68, primo comma, della Costituzione, dal momento che le immunita' dei membri del Parlamento ineriscono alla sovranita' dello Stato, di cui il Parlamento stesso e' organo; b) che essa esprime, relativamente ai componenti dell'organo legilativo della regione, aspetti dell'autonomia di quet'ultima ...; c) ... la quale non soltanto tollera, ma addirittura implica, affinche' sia assicurata "una uguale protezione ai consiglieri di tutte le regioni" (Corte cost. sent. n. 69/1985, cit., p. 495), che ogni allargamento delle immunita' sia deliberato con atto normativo dello Stato. 4. - Quanto alle fonti abilitate a disciplinare legittimamente le immunita' spettanti ai consiglieri regionali ai sensi de|l'art. 122, quarto comma, della Costituzione, codesta Corte ha precisato "la ratio decidendi della pronuncia del 1975"; infatti, "l'affermazione della insindacabilita' delle opinioni e dei voti dei consiglieri regionali nell'esercizio della funzione di organizzazione interna dell'organo non fa che sviluppare coerentemente il parallelismo con le guarentigie dei membri del Parlamento, di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione in relazione al nucleo essenziale comune e caratterizzante delle funzioni degli organi ''rappresentativi'' dello Stato e delle regioni; accanto alla funzione primaria quella legislativa, ed alla funzione di indirizzo politico e di controllo, la funzione di autoorganizzazione interna, pacificamente riconosciuta al consiglio regionale al pari che ai due rami del Parlamento" (Corte cost., sent. n. 69/1985, cit., p. 493). Quanto alle predette funzioni - da determinarsi, come si e' accennato, nel rispetto delle esigenze di uniformita' di regime giuridico imposte dal principio costituzionale di eguaglianza - esse debbono trovare la loro fonte regolatrice nella Costituzione oppure in un atto normativo dello Stato, non dovendosi reputare abilitate a disciplinare fattispecie rilevanti ai fini delle immunita' di cui all'art. 122, quarto comma, della Costituzione ne' la legge regionale e neppure lo statuto (Corte cost, sent. n. 69 e n. 70/1985, cit.). Ma - quanto alla fonte statutaria - il carattere rigido dell'esclusione va temperato la' dove si consideri la funzione di autoorganizzazione interna. 5. - Sul piano pratico sono sorti, peraltro, numerosi interrogativi soprattutto per quanto riguarda le forme in cui si estrinsecano le funzioni di consigliere regionale, ben potendosi articolare, oltre che in atti legislativi, in atti amministrativi. In proposito, e' opportuno dare conto degli orientamenti espressi da codesta ecc.ma Corte costituzionale, che rappresentano un punto di arrivo imprescindibile del quale ci si limita - normalmente ed autorevolmente - a prendere atto (v., per tutti, Paladin, "Diritto regionale", Padova, 1992, p. 322 ss.). Ebbene, se in un primo momento il giudice dei conflitti di attribuzione ha semplicemente affermato come "la forma amministrativa che connota le deliberazioni consiliari ... non valga ad escludere l'irresponsabilita' di coloro che le adottarono nell'esercizio di competenze spettanti al consiglio" (Corte cost. sent. n. 81/1975, cit., p. 786) - con cio' chiarendo, comunque, che pure l'attivita' amministrativa, e non solo quella legislativa, puo' essere coperta da immunita' -, in un secondo momento ha precisato che una simile massima "non implicava una affermazione generale di insindacabilita' in riferimento a qualsiasi atto consiliare in forma amministrativa, bensi', piu' specificamente l'insufficienza della ''forma amministrativa'' dell'atto ai fini di escludere la guarentigia per atti attinenti allo stato giuridico dei consiglieri, e in definitiva all'autoorganizzazione del consiglio stesso" (Corte cost., sent. n. 69/1985, cit., p. 493). Di piu', e' proprio in riferimento all'adozione di atti amministrativi rilevanti ai fini dell'art. 122, quarto comma, della Costituzione che codesta Corte ha avuto modo di precisarne i caratteri relativamente agli atti che esprimono la giurisdizione, essendo in dubbio "che, nel sistema costituzionale, funzione amministrativa e funzione giurisdizionale sono concepite e devono svolgersi in posizione di reciproca separazione" (art. 97, commi 1 e 2, 102, comma 1, 104, comma 1, 113, u.c.). In particolare - ha osservato la Corte nella sentenza n. 150 del 1981 - l'art. 113, u.c., della Costituzione, "rinviando alla legge la determinazione degli organi giudiziari abilitati ad annullare gli atti della pubblica amministrazione", "con cio' stesso" "esclude che spetti alle autorita' giudiziarie ordinarie di annullare gli atti amministrativi in mancanza di una previsione di legge; ed a piu' forte ragione comporta che tali autorita' non possano contrapporsi o sovrapporsi alle autorita' amministrative, arrogandosi poteri che per legge vadano esercitati dall'esecutivo, in forme e con procedimenti prefissati. Alla stregua di tali principi deve (parimenti) negarsi che spetti ad organi giudiziari ... dettare le linee dell'indirizzo amministrativo regionale nella materia de qua (inquinamento delle acque ...), in cio' sostituendosi agli organi regionali competenti nella determinazione sia degli strumenti di intervento che dei tempi e modi di attuazione di tale indirizzo ed addirittura prescrivendo gli alti specifici che si ritiene debbano essere adottati" (Corte cost., sent. n. 70/1985, cit., p. 516). 6. - E' possibile, a questo punto, formulare alcune notazioni di sintesi, strumentali ad una migliore rappresentazione e comprensione del caso di specie. Si puo' affermare, pertanto, che l'ambito di operativita' dell'art. 122, quarto comma, della Costituzione (interpretato secondo i criteri enunciati) e' delimitato, quanto al titolo normativo: a) dalla Costituzione; b) dalla legge e dagli atti aventi forza di legge dello Stato (non - verosimilmente - da atti normativi statali subprimari, quali i regolamenti, quantomeno la' dove si versi in materia penale; Corte cost., sent. n. 69/1985, cit., p. 495); non dalla legge regionale e dallo statuto. Quanto alle funzioni, tale ambito di operativita' riguarda; a) la funzione legislativa; b) la funzione di indirizzo politico e di controllo; c) la funzione di autoorganizzazione interna. Le funzioni suddette possono estrinsecarsi in atti aventi natura formalmente: a) legislativa; b) amministrativa. 7. - L'ampia ripresa della giurisprudenza di codesto Collegio ha come scopo precipuo, da un lato, di inquadrare nitidamente la fattispecie e, d'altro lato, di evitare l'insorgere di equivoci, sempre possibili quando rimangono in ombra elementi senz'altro qualificanti l'istituto delle guarentigie di cui all'art. 122, quarto comma, della Costituzione. Ora, prescindendo da un'indagine incentrata sulla qualifica soggettiva dell'autorita' procedente (magistrato penale, magistrato investito dei giudizi di responsabilita' amministrativa) ed altresi' dalla minuta analisi della tipologia piu' ricorrente di funzioni svolte dai consiglieri regionali, vale la pena di soffermarsi un istante sulla funzione di indirizzo politico e di controllo, cui codesta Corte ha ricondotto - nell'ottica dell'art. 122, quarto comma, della Costituzione - le attivita' ispettive, quelle che si concretizzano nella partecipazione a commissioni di inchiesta o che si traducono comunque in comportamenti preordinati al controllo politico (da ultimo, Corte cost., sent. n. 209/1994), che hanno sicura base costituzionale (nelle disposizioni che disciplinano la forma di governo nei suoi tratti essenziali), quindi svolta a livello statutario e di regolamento d'assemblea (s'intende, in ogni caso, che il titolo normativo che radica l'immunita' e' quello di rango costituzionale). Pertanto, vanno riferite alle funzioni de quibus, ad esempio, la decisione - squisitamente politica - di prendere in esame oppure no un disegno o progetto di legge regionale; il giudizio circa l'ammissibilita' dei referendum proposti si' sulla scorta di specifiche leggi regionali, ma innanzi tutto in ragione di quanto dispone l'art. 123, primo comma, della Costituzione; le attivita' preordinate alla approvazione dei bilanci e dei piani economici della regione: sia quando si estrinsecano in atti di legislazione sia quando si svolgono in forma amministrativa, dal momento che concretizzano senz'altro manifestazioni della funzione di indirizzo politico; le indagini conoscitive e le inchieste consiliari, le quali ultime esprimono un "potere connaturato e implicito nelle funzioni spettanti ai consigli medesimi" (Corte cost., sent. 28 aprile 1966, n. 29, in Giur. cost., 1966, 1, p. 300. Sicche', quantomeno in questo caso, la guarentigia deve considerarsi operante pur in difetto di una clausola costituzionale espressa facoltizzante l'istituizione di commissioni di tal genere); gli atti di nomina alle piu' importanti cariche dell'amministrazione regionale e pararegionale, poiche' nelle regioni di diritto comune l'autonomia politica implica che "la competenza consiliare abbraccia una vasta e mutevole serie di provvedimenti del caso concreto", tra i quali vanno inclusi appunto gli atti di nomina suddetti (Paladin, "Diritto regionale", cit., p. 354). Quanto alla funzione di controllo attribuita al consiglio, l'immunita' si estende ovviamente ad ogni intervento attuato in via legislativa (ad esempio: con legge di approvazione di piani e programmi), e copre senz'altro le questioni poste attraverso interrogazioni, interpellanze, mozioni, risoluzioni, ordini del giorno e via discorrendo, quando questi ineriscono - come nel caso in questione - all'esercizio di competenze spettanti alla regione (ex legge regionale n. 60/1993). 8. - Se, a questo punto, si vogliono trarre alcune puntuali conclusioni in ordine alla vicenda che ha dato luogo al presente conflitto, si puo' agevolmente rilevare: che l'interpellanza ed il successivo scritto presentati dal consigliere Boato individuano uno dei modi secondo cui si estrinseca, in forma non legilativa la funzione di indirizzo politico e di controllo del consiglio sulla giunta regionale; che l'azione svolta non concretizza affatto quel "fatto materiale" che pacificanente fa venir meno l'ambito di operativita' della clausola costituzionale di cui all'art. 122, quarto comma, della Costituzione; che la funzione di indirizzo politico e di controllo va considerata, secondo la costante giurisprudenza di codesto ecc.mo Collegio, rientrante fra quelle protette dall'art. 122, quarto comma, della Costituzione, perche' tipiche del consigliere regionale; che quest'ultimo si e' attivato nell'esercizio di una competenza propria dell'istituzione di cui fa parte. Del resto - e qui davvero il cerchio si chiude -, in margine ad una analoga fattispecie codesta Corte ha affermato espressamente come "altrettanto indubbio e' che tra gli atti consiliari tipici, in quanto strumentale alle funzioni di controllo e di sindacato politico che il consiglio esercita nei confronti della giunta, debba annoverarsi il c.d. diritto d'interrogazione ... che, nel caso in esame, e' stato esercitato dal consigliere regionale mediante la presentazione di un'interpellanza al presidente della giunta su taluni fatti certamente di pubblico interesse ...". Ed ha soggiunto: "Questa Corte ha gia' avuto occasione di rilevare, pur se in riferimento all'analoga guarentigia sancita dall'art. 68, primo comma, della Costituzione per i membri del Parlamento (v. sent. n. 443 del 1993), che non soltanto la riproduzione all'esterno di interpellanze o interrogazioni puo' ritenersi attivita' compresa nella previsione suddetta, ma anche il semplice riferire fatti conosciuti nell'esercizio delle proprie funzioni ovvero manifestare i punti di vista e le opinioni che ispirano il proprio comportamento in sede parlamentare" (Corte cost., sent. n. 274/1995, in Giur. cost., 1995, 1948 ss.): che e' quello che si e' limitato a fare il consigliere Boato. 9. - A conferma della fondatezza dell'assunto - considerato alla luce di quanto premesso sub n. 1 del fatto -, si deve rilevare che, ove cosi' non fosse, la funzione di indirizzo politico e di controllo del consigliere regionale (e, suo tramite, del consiglio) sulla giunta risulterebbe frustrata. E, nel caso, e' proprio la giunta regionale che ha partecipato alla decisione finalizzata alla nomina della commissione di esperti. Da cio', con evidenza, la violazione, attuata dall'atto indicato in epigrafe, dell'art. 122, quarto comma, e, suo tramite, degli artt. 121 e 123 della Costituzione, di disciplina dell'organizzazione e delle funzioni dei supremi organi regionali.