Ricorso della regione Veneto, in persona del presidente pro-tempore
 della  giunta  regionale  autorizzato  mediante  deliberazione  della
 giunta  stessa  n.  4561  in  data  16 dicembre 1997, rappresentata e
 difesa, per mandato a margine del presente atto, dagli  avv.ti  prof.
 Mario  Bertolissi  del foro di Padova e Luigi Manzi del foro di Roma,
 elettivamente domiciliata presso lo sudio dell'avv. Luigi  Manzi,  in
 Roma,  via F.   Confalonieri n. 5, contro la Presidenza del Consiglio
 dei Ministri, in persona del Presidente in carica, per regolamento di
 competenza in relazione al decreto, in data  20  dicembre  1996,  del
 giudice  per  le indagini preliminari presso il tribunale di Venezia,
 con il quale il consigliere regionale Michele Boato e' stato rinviato
 a giudizio  per  diffamazione  aggravata  a  mezzo  stampa  (r.g.  n.
 3818/1996 g.i.p.)  per aver pubblicato un articolo sul quotidiano "Il
 Gazzettino"  del  20 gennaio 1996 connesso ad interpellanza (n. 8 del
 28  giugno  1995)  riguardante  la  valutazione  del  fenomeno  della
 subsidenza  nella  laguna  di Venezia, in relazione all'estrazione di
 metano da parte dell'Agip S.p.a.
                               F a t t o
   1.  -  La vicenda di cui qui si tratta si inserisce nel contesto di
 ripetute,    problematiche    iniziative    che,    direttamente    o
 indirettamente,  hanno  riguardato  e  riguardano  Venezia  e  la sua
 laguna. Nessuno ignora - data la risonanza addirittura internazionale
 del dibattito - la compromessa  condizione  di  questa  straordinaria
 citta'  e nessuno puo' sorprendersi del fatto che, ove se ne venga in
 un modo qualunque a contatto, si rimanga  coinvolti  nella  politica,
 che  e'  il  seme  dal  quale  debbono  ovviamente germinare le varie
 iniziative volte a preservare Venezia da ulteriori pregiudizi.
   Senza  nulla  togliere  alla  probita'  di  ciascuno,   e'   lecito
 senz'altro  condividere  - dato il contesto, appunto, ed i precedenti
 d'ogni  specie,  che  hanno  lasciati  intatti,  se  non  addirittura
 aggravati,  i  problemi  - l'ammonimento di Sant'Agostino, secondo il
 quale anche i bambini  non  peccant  quia  non  possunt,  ma,  appena
 possunt,   peccant.  Beninteso,  e'  un  mero  criterio  generale  di
 giudizio, ma giustifica una diffidenza che, come si e' detto e com'e'
 risaputo, e' doverosa: in ragione dei beni in discussione (Venezia  e
 la  sua  laguna)  e degli interessi economici in gioco (estrazione di
 metano).
   2. - Ragionando, dunque, di queste "cose", i  consilieri  regionali
 Boato  e  Cacciari  ebbero  a  presentare un'interpellanza in data 28
 giugno  1995,  avente  il  seguente,  non  certo  equivoco,  oggetto:
 "Esperti  ''super  partes''  per salvare Venezia, Chioggia e il delta
 del  Po  dalla  subsidenza  irreparabile"  (doc.  1).   Nell'atto   -
 espressione, ad un tempo, di una funzione di controllo e di indirizzo
 politico  -  si  opera uno stretto collegamento tra l'imprescindibile
 imparzialita'   degli   esperti    chiamati    a    pronunciarsi    e
 l'irreparabilita'  dei  danni  che  ne  potrebbero  seguire,  ove gli
 accertamenti tecnici non  fossero  adeguati  al  caso;  e,  quanto  a
 quest'ultimo  aspetto,  si  afferma  coerentemente - che l'istituenda
 "Commissione ... deve essere composta da geologi esperti sul fenomeno
 della subsidenza e ''super partes''  (che  non  abbiano  avuto  alcun
 rapporto di lavoro con l'Agip)".
   In  una  linea  di  assoluta  continuita' con una simile formale ed
 istiluzionale presa di posizione, il consigliere  Boato  elaboro'  un
 testo  -  pubblicato  da  "Il  Gazzettino"  del  20 gennaio 1996, dal
 titolo:  "Quegli esperti sono troppo amici dell'Agip" (doc. 2) -  col
 quale   si  dava  conto,  tra  l'altro:  della  rilevanza  ambientale
 dell'argomento; della  nomina  di  una  commissione  di  esperti  per
 valutare  l'impatto  dell'eventuale  estrazione di metano al largo di
 Venezia e Chioggia; della circostaza che  i  consigli  provinciale  e
 comunale  di  Venezia  avevano  avanzato  riserve in proposito, anche
 perche' era stato chiamato a fare parte  dell'organo  collegiale  "un
 solo  geologo",  mentre  i  componenti  erano "in gran parte di lunga
 consuetudine di lavoro per l'Agip" e, proprio questo, Boato  riteneva
 non  confacente  al caso. D'altra parte - come ha ammesso la dott.ssa
 Laura Carbognin, membro della commissione - contatti con l'Agip  sono
 necessari  e,  quindi,  inevitabile la frequentazione dell'ente (doc.
 3): che e' lecita, anzi, lecitissima, come lecito e lecitissimo e' il
 beneficio del dubbio (per  evitare  di  credere  che  esistano  mondi
 meravigliosi,  dominati  da ideali purissimi, e' il caso di rileggere
 Machiavelli "Il  principe",  nella  splendida  edizione  in  italiano
 moderno curata da Piero Melograni, Milano, 1996).
   3.  -  Gli  esperti nominati nello scritto del consigliere Boato si
 sono querelati - asserendo che era stata  messa  in  dubbio  la  loro
 onorabilita'  - per il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa
 (doc. 4) e, sulla sua scorta, il giudice per le indagini  preliminari
 presso  il  tribunale di Venezia ha disposto il rinvio a giudizio del
 consigliere regionale (doc. 5): circostanza della quale il  consiglio
 della   regione  Veneto  e'  venuto  a  conoscenza  solo  in  seguito
 all'invio, all'ufficio di Presidenza, da  parte  del  capogruppo  dei
 Verdi  Ivo  Rossi,  di  una  nota informativa datata 28 ottobre 1997,
 pervenuta al Presidente del Consiglio il successivo 29 ottobre  (doc.
 6).
   4.  -  Sulla  scorta di tale iniziativa, il consiglio regionale del
 Veneto ha sollecitato  la  giunta  a  sollevare  dinanzi  alla  Corte
 costituzionale  conflitto  di attribuzioni; e la giunta ha provveduto
 con deliberazione 16 dicembre 1997,  n.  4561,  avendo  ritenuto  che
 "l'iniziativa dell'autorita' giudiziaria viene ... ad incidere in via
 diretta  sull'autonomia di un consigliere regionale ed in via mediata
 sulla stessa autonomia costituzionalmente  garantita  della  regione,
 violando  gli  artt.  121,  122  e  123 della Costituzione e, piu' in
 generale, il principio secondo il quale l'esercizio delle funzioni di
 consigliere   regionale    (stante    il    rilievo    costituzionale
 dell'autonomia  regionale),  non  puo'  essere  sindacato  da  organi
 giurisdizionali" (doc. 7).
                             D i r i t t o
   1. - Non v'e' dubbio che, sul piano strettamente oggettivo, vale  a
 dire della articolazione temporale degli eventi (interpellanza del 28
 giugno 1995, articolo comparso su "Il Gazzettino" del 20 gennaio 1996
 e  decreto di rinvio a giudizio) e della loro connessione causale, la
 fattispecie poc'anzi  descritta  configura  la  piu'  classica  delle
 violazioni  dell'art.  122, quarto comma, della Costituzione, secondo
 cui "i consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere
 delle opinioni espresse e dei voti  dati  nell'esercizio  delle  loro
 funzioni":  in  analogia  con cio' che dispone - peraltro in una piu'
 ampia prospettiva - l'art. 68, primo comma, della Costituzione, per i
 parlamentari nazionali.
   Infatti, nel caso in questione e'  stata  violata  "la  piu'  ampia
 liberta'  di  valutazione  e  di  decisione" (per dirla con Martines,
 Diritto costituzionale, Milano, 1994, p. 294) riservata ad  un  tempo
 al   membro   del  Parlamento  e  del  consiglio  regionale;  ne'  il
 consigliere di cui trattasi ha "commesso  un  fatto  materiale"  (op.
 cit., p. 294), senz'altro perseguibile in sede penale.
   E'   evidente,   altresi',   come,   attraverso  la  lesione  delle
 prerogative  stabilite  dall'art.  122,  quarto  comma,  siano  state
 violate ulteriori disposizioni della Costituzione: quelle degli artt.
 121  e  123, poiche' l'alterazione delle attribuzioni accordate dalla
 legge fondamentale al consigliere regionale che  esprime  opinioni  e
 da'  i  voti  si  riverbera  sull'intera  organizzazione  dell'ente e
 sull'esercizio delle relative funzioni,  entrambi  costituzionalmente
 protetti.
   2.  -  Per  rendersi  conto  della  fondatezza  dell'assunto, basta
 considerare, infatti, il contenzioso  costituzionale  cui  ha  finora
 dato   luogo   l'applicazione  dell'art.  122,  quarto  comma,  della
 Costituzione. Stando ad esso, ci si avvede che, pregiudiziale ad ogni
 pronuncia, e' stato il confronto di "tale norma  con  le  piu'  ampie
 guarentigie  concesse  ai  membri  del  Parlamento dall'art. 68 della
 Carta". Dette guarentigie, "eccezionali deroghe all'attuazione  della
 funzione   giurisdizionale,  considerate  necessarie  a  salvaguardia
 dell'esercizio   delle  funzioni  sovrane  spettanti  al  Parlamento,
 risultano  legittime  in  quanto  sancite  dalla  Costituzione.    Le
 attribuzioni   dei   consigli   regionali   si   inquadrano,  invece,
 nell'applicazione di autonomie costituzionalmente garantite,  ma  non
 si  esprimono  a  livello di sovranita'" (Corte cost., sent. 25 marzo
 1975, n. 81, in Giur. cost., 1975, p. 786).
   Questa prima significativa precisazione  e'  stata  successivamente
 ripresa  ed  ancor  meglio  ribadita  dal  giudice  dei  conflitti di
 attribuzione, la' dove ha affermato che "invero la guarentigia" delle
 opinioni espresse e dei voti dati  "dai  consiglieri  regionali,  nel
 sistema  costituzionale,  trae fondamento e trova il suo ambito in un
 determinato modello di  funzioni  dei  consigli  regionali,  ritenuto
 meritevole e bisognoso della tutela privilegiata apprestata dall'art.
 122,  comma  4,  della Costituzione. L'esonero da responsabilita' dei
 componenti dell'organo (sulla  scia  di  consolidate  giustificazioni
 dell'immunita'  parlamentare)  e'  vista funzionale alla tutela delle
 piu' elevate  funzioni  di  rappresentanza  politica,  in  primis  la
 funzione  legislativa,  volendosi garantire da qualsiasi interferenza
 di altri poteri il  libero  processo  di  formazione  della  volonta'
 politica". E codesta Corte ha aggiunto - significativamente - che "la
 giustificazione  razionale  della guarentigia poggia, pertanto, sulla
 corrispondenza  fra  il  livello  costituzionale  della   guarentigia
 stessa,  ed  il  livello  costituzionale del tipo di funzioni, il cui
 esercizio si  e'  eccezionalmente  ritenuto  opportuno  sottrarre  al
 controllo   giudiziario.   Quello   che  la  Costituzione  ha  inteso
 proteggere, con disposizioni derogatorie rispetto al comune regime di
 responsabilita',  e'  un  modello  funzionale  che  essa  stessa   ha
 delineato   ed   appunto   percio'   ha  potuto  valutare  meritevole
 dell'eccezionale protezione" (Corte cost., sent. 20  marzo  1985,  n.
 69, in Giur. cost., 1985, pp. 493-494).
   Dunque   -   ha   precisato  la  Corte  -  "la  carenza  di  potere
 giurisdizionale  si  traduce  ...   in   un'alterazione   dell'ordine
 costituzionale  delle  competenze, posto che la pretesa di esercitare
 poteri  siffatti  comporta  l'invasione  della  sfera  di   autonomia
 costituzionalmente   riservata   alla   regione   ...,   alla   quale
 elusivamente spetta l'esercizio delle funzioni che i magistrati hanno
 inteso condizionare" (Corte cost., sent. 20 marzo  1985,  n.  70,  in
 Giur. cost., 1985, p. 516).
   3.  -  A ben vedere, sono i postulati dell'eguaglianza a fondare il
 sistema delle guarentigie dei consiglieri regionali, postulati di cui
 codesto ecc.mo Collegio si e' fatto interprete quando ha sottolineato
 la  circostanza  che  "l'ampliamento  della  portata   dell'immunita'
 ridultante  dall'ampliamento,  rispetto  al  modello  costituzionale,
 delle funzioni riservate al consiglio regionale puo' essere  operato,
 ove  consentito,  soltanto con la legge dello Stato, perche' soltanto
 il legislatore statale puo' assicurare,  come  e'  costituzionalmente
 necessario,  una uguale protezione ai consiglieri di tutte le regioni
 nell'esercizio delle medesime funzioni e  perche'  soltanto  una  sua
 scelta   sarebbe   conforme  al  principio  di  legalita'  che  regge
 compiutamente il sistema penale"  (Corte  cost.,  sent.  n.  69/1985,
 cit., p. 495).
   In  buona  sostanza,  la  disposizione dell'art. 122, quarto comma,
 della Costituzione va interpretata tenendo conto del fatto:
     a)  che  essa  non  e' pienamente assimilabile a quella contenuta
 nell'art. 68, primo comma, della Costituzione,  dal  momento  che  le
 immunita'  dei membri del Parlamento ineriscono alla sovranita' dello
 Stato, di cui il Parlamento stesso e' organo;
     b) che essa  esprime,  relativamente  ai  componenti  dell'organo
 legilativo della regione, aspetti dell'autonomia di quet'ultima ...;
     c)  ...  la  quale  non soltanto tollera, ma addirittura implica,
 affinche' sia assicurata "una uguale  protezione  ai  consiglieri  di
 tutte  le  regioni" (Corte cost. sent. n. 69/1985, cit., p. 495), che
 ogni allargamento delle immunita' sia deliberato con  atto  normativo
 dello Stato.
   4.  -  Quanto alle fonti abilitate a disciplinare legittimamente le
 immunita' spettanti ai consiglieri regionali ai sensi de|l'art.  122,
 quarto comma, della Costituzione,  codesta  Corte  ha  precisato  "la
 ratio  decidendi  della pronuncia del 1975"; infatti, "l'affermazione
 della insindacabilita' delle opinioni  e  dei  voti  dei  consiglieri
 regionali  nell'esercizio  della  funzione  di organizzazione interna
 dell'organo non fa che sviluppare coerentemente il  parallelismo  con
 le  guarentigie  dei membri del Parlamento, di cui all'art. 68, primo
 comma, della Costituzione in relazione al nucleo essenziale comune  e
 caratterizzante delle funzioni degli organi ''rappresentativi'' dello
 Stato   e  delle  regioni;  accanto  alla  funzione  primaria  quella
 legislativa, ed alla funzione di indirizzo politico e  di  controllo,
 la funzione di autoorganizzazione interna, pacificamente riconosciuta
 al consiglio regionale al pari che ai due rami del Parlamento" (Corte
 cost., sent. n. 69/1985, cit., p. 493).
   Quanto  alle  predette  funzioni  -  da  determinarsi,  come  si e'
 accennato, nel rispetto  delle  esigenze  di  uniformita'  di  regime
 giuridico  imposte dal principio costituzionale di eguaglianza - esse
 debbono trovare la loro fonte regolatrice nella  Costituzione  oppure
 in  un atto normativo dello Stato, non dovendosi reputare abilitate a
 disciplinare fattispecie rilevanti ai fini  delle  immunita'  di  cui
 all'art. 122, quarto comma, della Costituzione ne' la legge regionale
 e neppure lo statuto (Corte cost, sent. n. 69 e n. 70/1985, cit.). Ma
 -  quanto alla fonte statutaria - il carattere rigido dell'esclusione
 va temperato la' dove si consideri la funzione di  autoorganizzazione
 interna.
   5. - Sul piano pratico sono sorti, peraltro, numerosi interrogativi
 soprattutto  per  quanto  riguarda le forme in cui si estrinsecano le
 funzioni di consigliere regionale, ben  potendosi  articolare,  oltre
 che in atti legislativi, in atti amministrativi.
   In  proposito,  e' opportuno dare conto degli orientamenti espressi
 da codesta ecc.ma Corte costituzionale, che rappresentano un punto di
 arrivo imprescindibile del  quale  ci  si  limita  -  normalmente  ed
 autorevolmente  -  a  prendere atto (v., per tutti, Paladin, "Diritto
 regionale", Padova, 1992, p. 322 ss.).
   Ebbene, se  in  un  primo  momento  il  giudice  dei  conflitti  di
 attribuzione ha semplicemente affermato come "la forma amministrativa
 che  connota  le  deliberazioni consiliari ... non valga ad escludere
 l'irresponsabilita' di coloro che  le  adottarono  nell'esercizio  di
 competenze  spettanti  al  consiglio"  (Corte cost. sent. n. 81/1975,
 cit., p. 786) - con cio' chiarendo, comunque,  che  pure  l'attivita'
 amministrativa, e non solo quella legislativa, puo' essere coperta da
 immunita'  -,  in  un  secondo  momento  ha  precisato che una simile
 massima "non implicava una affermazione generale di  insindacabilita'
 in  riferimento  a qualsiasi atto consiliare in forma amministrativa,
 bensi',   piu'   specificamente   l'insufficienza    della    ''forma
 amministrativa''  dell'atto  ai  fini di escludere la guarentigia per
 atti attinenti allo stato giuridico dei consiglieri, e in  definitiva
 all'autoorganizzazione  del  consiglio stesso" (Corte cost., sent. n.
 69/1985, cit., p. 493).
   Di  piu',  e'  proprio  in   riferimento   all'adozione   di   atti
 amministrativi  rilevanti  ai fini dell'art. 122, quarto comma, della
 Costituzione  che  codesta  Corte  ha  avuto  modo  di  precisarne  i
 caratteri  relativamente  agli  atti  che esprimono la giurisdizione,
 essendo  in  dubbio  "che,  nel  sistema   costituzionale,   funzione
 amministrativa  e  funzione  giurisdizionale  sono concepite e devono
 svolgersi in posizione di reciproca separazione" (art. 97, commi 1  e
 2,  102,  comma  1,  104,  comma  1,  113, u.c.). In particolare - ha
 osservato la Corte nella sentenza n. 150 del 1981 - l'art. 113, u.c.,
 della Costituzione, "rinviando alla  legge  la  determinazione  degli
 organi  giudiziari  abilitati  ad  annullare  gli atti della pubblica
 amministrazione",  "con  cio'  stesso"  "esclude  che   spetti   alle
 autorita'  giudiziarie ordinarie di annullare gli atti amministrativi
 in mancanza di una previsione di  legge;  ed  a  piu'  forte  ragione
 comporta  che  tali  autorita' non possano contrapporsi o sovrapporsi
 alle autorita'  amministrative,  arrogandosi  poteri  che  per  legge
 vadano   esercitati  dall'esecutivo,  in  forme  e  con  procedimenti
 prefissati. Alla stregua di tali principi  deve  (parimenti)  negarsi
 che  spetti  ad organi giudiziari ... dettare le linee dell'indirizzo
 amministrativo regionale nella materia  de  qua  (inquinamento  delle
 acque  ...),  in  cio' sostituendosi agli organi regionali competenti
 nella determinazione sia degli strumenti di intervento che dei  tempi
 e  modi  di  attuazione di tale indirizzo ed addirittura prescrivendo
 gli alti specifici che si ritiene  debbano  essere  adottati"  (Corte
 cost., sent. n. 70/1985, cit., p. 516).
   6.  -  E'  possibile, a questo punto, formulare alcune notazioni di
 sintesi, strumentali ad una migliore rappresentazione e  comprensione
 del caso di specie.
   Si puo' affermare, pertanto, che l'ambito di operativita' dell'art.
 122, quarto comma, della Costituzione (interpretato secondo i criteri
 enunciati) e' delimitato, quanto al titolo normativo:
     a) dalla Costituzione;
     b)  dalla  legge  e  dagli atti aventi forza di legge dello Stato
 (non - verosimilmente - da atti normativi statali subprimari, quali i
 regolamenti, quantomeno la' dove si versi in  materia  penale;  Corte
 cost.,  sent.  n. 69/1985, cit., p. 495); non dalla legge regionale e
 dallo statuto.
   Quanto alle funzioni, tale ambito di operativita' riguarda;
     a) la funzione legislativa;
     b) la funzione di indirizzo politico e di controllo;
     c) la funzione di autoorganizzazione interna.
   Le funzioni suddette possono estrinsecarsi in  atti  aventi  natura
 formalmente:
     a) legislativa;
     b) amministrativa.
   7.  -  L'ampia  ripresa della giurisprudenza di codesto Collegio ha
 come scopo  precipuo,  da  un  lato,  di  inquadrare  nitidamente  la
 fattispecie  e,  d'altro  lato,  di  evitare l'insorgere di equivoci,
 sempre  possibili  quando  rimangono  in  ombra  elementi  senz'altro
 qualificanti l'istituto delle guarentigie di cui all'art. 122, quarto
 comma, della Costituzione.
   Ora,   prescindendo   da  un'indagine  incentrata  sulla  qualifica
 soggettiva dell'autorita' procedente (magistrato  penale,  magistrato
 investito  dei giudizi di responsabilita' amministrativa) ed altresi'
 dalla minuta analisi della  tipologia  piu'  ricorrente  di  funzioni
 svolte  dai  consiglieri  regionali,  vale  la pena di soffermarsi un
 istante sulla funzione di indirizzo  politico  e  di  controllo,  cui
 codesta  Corte  ha  ricondotto  -  nell'ottica  dell'art. 122, quarto
 comma, della Costituzione - le attivita'  ispettive,  quelle  che  si
 concretizzano  nella  partecipazione a commissioni di inchiesta o che
 si traducono  comunque  in  comportamenti  preordinati  al  controllo
 politico  (da  ultimo,  Corte  cost.,  sent.  n. 209/1994), che hanno
 sicura base costituzionale (nelle disposizioni  che  disciplinano  la
 forma di governo nei suoi tratti essenziali), quindi svolta a livello
 statutario e di regolamento d'assemblea (s'intende, in ogni caso, che
 il  titolo  normativo  che  radica  l'immunita'  e'  quello  di rango
 costituzionale).
   Pertanto, vanno riferite alle funzioni de quibus,  ad  esempio,  la
 decisione  -  squisitamente politica - di prendere in esame oppure no
 un  disegno  o  progetto  di  legge  regionale;  il  giudizio   circa
 l'ammissibilita'   dei   referendum  proposti  si'  sulla  scorta  di
 specifiche leggi regionali, ma innanzi tutto  in  ragione  di  quanto
 dispone  l'art.  123,  primo  comma, della Costituzione; le attivita'
 preordinate alla approvazione dei bilanci e dei piani economici della
 regione: sia quando si  estrinsecano  in  atti  di  legislazione  sia
 quando   si   svolgono  in  forma  amministrativa,  dal  momento  che
 concretizzano senz'altro manifestazioni della funzione  di  indirizzo
 politico; le indagini conoscitive e le inchieste consiliari, le quali
 ultime  esprimono  un  "potere connaturato e implicito nelle funzioni
 spettanti ai consigli medesimi" (Corte cost., sent. 28  aprile  1966,
 n. 29, in Giur. cost., 1966, 1, p. 300. Sicche', quantomeno in questo
 caso, la guarentigia deve considerarsi operante pur in difetto di una
 clausola  costituzionale  espressa  facoltizzante  l'istituizione  di
 commissioni di tal genere); gli atti di nomina alle  piu'  importanti
 cariche dell'amministrazione regionale e pararegionale, poiche' nelle
 regioni  di  diritto  comune  l'autonomia  politica  implica  che "la
 competenza  consiliare  abbraccia  una  vasta  e  mutevole  serie  di
 provvedimenti  del  caso concreto", tra i quali vanno inclusi appunto
 gli atti di nomina suddetti  (Paladin, "Diritto regionale", cit.,  p.
 354).
   Quanto   alla   funzione  di  controllo  attribuita  al  consiglio,
 l'immunita' si estende ovviamente ad ogni intervento attuato  in  via
 legislativa  (ad  esempio:  con  legge  di  approvazione  di  piani e
 programmi),  e  copre  senz'altro  le  questioni   poste   attraverso
 interrogazioni,   interpellanze,  mozioni,  risoluzioni,  ordini  del
 giorno e via discorrendo, quando questi ineriscono - come nel caso in
 questione - all'esercizio di competenze spettanti  alla  regione  (ex
 legge regionale n. 60/1993).
   8.  -  Se,  a  questo  punto,  si  vogliono  trarre alcune puntuali
 conclusioni in ordine alla vicenda che  ha  dato  luogo  al  presente
 conflitto, si puo' agevolmente rilevare:
     che  l'interpellanza  ed  il  successivo  scritto  presentati dal
 consigliere Boato individuano uno dei modi secondo cui si estrinseca,
 in forma non legilativa  la  funzione  di  indirizzo  politico  e  di
 controllo del consiglio sulla giunta regionale;
     che   l'azione   svolta   non  concretizza  affatto  quel  "fatto
 materiale" che pacificanente fa venir meno l'ambito  di  operativita'
 della  clausola  costituzionale  di  cui  all'art. 122, quarto comma,
 della Costituzione;
     che  la  funzione  di  indirizzo  politico  e  di  controllo   va
 considerata,  secondo  la  costante  giurisprudenza di codesto ecc.mo
 Collegio, rientrante fra quelle protette dall'art. 122, quarto comma,
 della Costituzione, perche' tipiche del consigliere regionale;
     che quest'ultimo si e' attivato nell'esercizio di una  competenza
 propria dell'istituzione di cui fa parte.
   Del resto - e qui davvero il cerchio si chiude -, in margine ad una
 analoga  fattispecie  codesta  Corte  ha affermato espressamente come
 "altrettanto indubbio e' che  tra  gli  atti  consiliari  tipici,  in
 quanto strumentale alle funzioni di controllo e di sindacato politico
 che   il   consiglio  esercita  nei  confronti  della  giunta,  debba
 annoverarsi il c.d. diritto d'interrogazione ...  che,  nel  caso  in
 esame,  e'  stato  esercitato  dal  consigliere regionale mediante la
 presentazione di  un'interpellanza  al  presidente  della  giunta  su
 taluni  fatti certamente di pubblico interesse ...". Ed ha soggiunto:
 "Questa Corte  ha  gia'  avuto  occasione  di  rilevare,  pur  se  in
 riferimento  all'analoga  guarentigia  sancita  dall'art.  68,  primo
 comma, della Costituzione per i membri del Parlamento  (v.  sent.  n.
 443  del  1993),  che  non  soltanto  la  riproduzione all'esterno di
 interpellanze o  interrogazioni  puo'  ritenersi  attivita'  compresa
 nella  previsione  suddetta,  ma  anche  il  semplice  riferire fatti
 conosciuti nell'esercizio delle proprie funzioni ovvero manifestare i
 punti di vista e le opinioni che ispirano il proprio comportamento in
 sede parlamentare" (Corte cost., sent. n. 274/1995, in  Giur.  cost.,
 1995,  1948  ss.):  che  e'  quello  che  si  e'  limitato  a fare il
 consigliere Boato.
   9. - A conferma della fondatezza dell'assunto  -  considerato  alla
 luce  di  quanto premesso sub n. 1 del fatto -, si deve rilevare che,
 ove cosi' non fosse, la funzione di indirizzo politico e di controllo
 del consigliere regionale  (e,  suo  tramite,  del  consiglio)  sulla
 giunta  risulterebbe  frustrata.  E,  nel  caso, e' proprio la giunta
 regionale che ha partecipato alla decisione finalizzata  alla  nomina
 della commissione di esperti.
   Da cio', con evidenza, la violazione, attuata dall'atto indicato in
 epigrafe,  dell'art.  122,  quarto comma, e, suo tramite, degli artt.
 121 e 123 della Costituzione,  di  disciplina  dell'organizzazione  e
 delle funzioni dei supremi organi regionali.